Bleach Soul Society

Summer Vacation

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    Figlia di demoni che trasgredirono le regole del cielo.

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    dal mondo della neve e dell'autunno

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    Summer Forced Vacation
    ( I )

    Sun, Sea, Summer... Sick.

    The Blue of the Sky.
    The Azure of the sea.
    The Scorching rays of sun.
    They said it was Paradise.
    ... But in truth it was Hell.








    Pacific Ocean, Island of Okinawa (JP).
    Nago-shi Beach
    11:35 AM, 32°C in Shade.



    Con uno schiocco, la katana venne rinfoderata.
    L’aria calda entrava nei polmoni, portando con sé il macerato odore dell’Hollow che mi stava davanti: beh, quel che ne rimaneva, in effetti.
    Parlare di quella creatura in presenza dei minuscoli resti, sarebbe parsa quasi un’offesa.
    Non che m’importasse, ma a differenza di molti, io gli Hollow li giudicavo in maniera diversa: forse era anche per quello, che mi davano della debole.
    O della matta.
    Ma anche lì, non m’interessava.
    Per quel che mi riguardava, le uniche persone che volevo, anzi, desideravo, avessero un parere positivo su di me, erano le due ragazze che avevo accanto: Yurika Kuroshi e Sae Kaneko.
    Era strano, come una semplice, prima, missione, potesse intrecciare le sorti: così come, era strano che avessi una particolare attrazione per quelle Shinigami, nel senso che….non so.

    Fino a quel momento, non m’interessavano i legami: avevo mia madre, tanto mi bastava.
    Ma stranamente, man mano che passava il tempo, avevo sviluppato una strana necessità: quella di trovare qualcuno di cui fidarmi.
    O, più semplicemente, qualcuno che mi capisse.
    Mi resi conto che le stavo fissando, lasciando scivolare lo sguardo tra le due, senza degnare di un’occhiata il posto che ci circondava: mi ridestai, scrollando lievemente il capo, provando a concentrarmi ancora sui resti dell’Hollow che avevamo davanti.
    La sabbia dorata e gialla risultava quasi accecante, sotto il sole caldo: il cielo era limpido, di un azzurro troppo intenso, quasi nauseante.
    E poi, poi c’era l’acqua: forse l’unica cosa che apprezzavo, sotto una luce tanto abbagliante da farmi strizzare gli occhi per mettere a fuoco.
    Pensavo di averlo già detto anche agli alberi, ma non avrei mai smesso di ripeterlo: il mondo umano mi affascinava, era così…vario. Così imprevedibile, in ambito naturale, s’intende.

    In ogni caso….

    Soffiai una manciata d’aria, scostando una ciocca di capelli dal volto: alzai il capo, guardandomi alle spalle, inquieta. A poca distanza da noi, una spiaggia gremita di esseri umani: occhi, testimoni, parole…
    Non mi piaceva l’idea di essere così vicina a loro, soprattutto ora che, con il Gigai, potevamo essere viste anche dai occhi umani: per quanto, avevo letto, fosse normale che la gente andasse in giro armata di katana durante le celebrazioni in maschera, dubitavo che, in spiaggia, saremmo passate inosservate.
    Drizzai la schiena, scoccando nuove occhiate nei dintorni: sembrava non ci fosse anima viva nei paraggi, ma nonostante fosse una parte isolata, quella in cui avevamo attirato l’Hollow, ero certa che non sarebbero mancati i classici ficcanaso. Anche perché, puntualmente, arrivavano quando eri impreparata, e meno te l’aspettavi.

    Un. Classico.

    Un’onda s’infranse sulla sabbia, bagnandomi il piede: faceva uno strano contrasto, fredda, contro la pelle calda e accarezzata dal vento bollente. Piacevole, in effetti.
    Era come bere un sorso d’acqua gelida: il caldo si era fatto più pressante, sino a diventare insopportabile. La stoffa della camicetta era incollata la pelle, i capelli appiccicati alla fronte: per un attimo desiderai rifugiarmi in un bosco a caso o tuffarmi in acqua, restandomene al fresco.
    Ma non era tra gli ordini dati dalla Soul Society, quindi dovevo restarmene buona e sopportare.
    Tornai a guardare le mie due compagne, questa volta con un po’ più d’energia: che fosse il potere dell’acqua o meno, fissai le due cercando di constatare se erano rimaste ferite nello scontro e se dovevo intervenire, in quanto unico medico del gruppo.
    Per quanto mi riguardava, avevo solo qualche graffio: non c’era bisogno di usare formule o unguenti, bastava lasciare che si rimarginasse per conto suo.
    Quando trassi un nuovo respiro, l’odore dell’Hollow era coperto dalla salsedine.


    --------------------+--------------------



    L’Hollow si disperse in una nuvola di reiatsu.
    Era sempre uno spettacolo piacevole al quale assistere, sia perché visivamente non era affatto male, sia perché segnava la fine del lavoro.
    In pochi secondi tutto quello che rimase fu il mondo così come appariva agli occhi degli umani.
    Non pensava che la Terra potesse riservare panorami del genere.
    Rimase incantata ad ammirare la distesa d’acqua che pareva infinita davanti a lei.
    Non aveva mai visto il mare.
    Ne conosceva la definizione data sui libri.
    Conosceva le differenze tra oceano e mare.
    Tuttavia, mai aveva potuto osservarlo di persona.
    L’andamento delle onde era ipnotico.
    Avanzavano e si ritiravano.
    Imperterrite.
    Senza mai stancarsi, ripetevano quel movimento all’infinito.
    Per un attimo le sembrò che il suo corpo ne venisse trasportato, cullato dal rumore di quello stesso mare.
    Il riflesso del sole sull’acqua l’accecò all’improvviso, riportandola alla realtà.
    Lasciò correre lo sguardo sulle due compagne di squadra.
    Nessuna pareva aver riportato ferite gravi per fortuna.
    Dal canto suo aveva solo qualche taglio superficiale, ma considerando il fatto che avevano combattuto all’interno di un gigai non se l’erano cavata affatto male.
    Forse era anche merito del gruppo.
    In fondo, avevano già affrontato una battaglia insieme e poteva dire di trovarsi piuttosto a suo agio con loro.

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    Tornò ad osservare il mare che si estendeva davanti ai suoi occhi.
    Doveva ammettere sarebbe rimasta volentieri a godere di quella vista, se solo non vi fosse stato un piccolissimo particolare ad irritarla.
    Fa davvero troppo caldo…
    Decisamente troppo per i suoi gusti.
    Sentiva la pelle bruciare, nonostante la brezza leggera contribuisse a non rendere l’aria troppo pesante.
    Non una nuvola macchiava il cielo e il sole splendeva incontrastato.
    Inoltre, quel caldo sembrava prosciugarle le forze, più di quanto avesse fatto il precedente scontro con l’hollow.
    Voleva solo tornare a casa, al riparo da quel sole invadente.
    Yurika-chan, hai informazioni dalla Soul Society?
    Ora che l’Hollow era stato sistemato, dovevano solo aspettare il Senkaimon che le avrebbe riportate indietro.
    Voci indistinte le arrivavano da lontano, portate dal vento.
    Era stata una fortuna trovare quel luogo deserto dove concentrare lo scontro.
    Dopotutto il gigai si era reso necessario per attirare il divoratore spirituale e non potevano rischiare di essere viste durante la battaglia.
    Lasciò che la Zanpakuto mutasse la sua forma in una lunga piuma bianca e la mise tra i capelli.
    Andare in giro con un’arma avrebbe di sicuro creato problemi.
    E i problemi richiedevano sforzi in più.
    E lei non aveva la minima voglia di fare più di quanto le era stato ordinato.

    --------------------+--------------------



    Il sole accecante.
    Il cielo azzurro, che pare fondersi con il mare.
    Il cristallino colore dello zaffiro.
    Neppure una nuvola in cielo.
    Le palme che si muovono nel vento caldo.
    Il profumo dell'oceano, che copre persino il fetore della morte.
    Spiagge bianche.
    Per molti un paradiso in terra.
    I sandali malfermi nella sabbia, osservo gli ultimi resti dell'hollow.
    Una creatura codarda, in ultima analisi stupida.
    Abbastanza pavida da costringere la nostra squadra ad usare dei Gigai.
    E stupida abbastanza, da crederci una facile preda.
    E' stato un lavoro semplice.
    Pochi colpi, con niente più che dei graffi a testimoniare lo scontro.
    E così se ne è andato.
    Purificato.
    Lasciandoci qui, in mezzo al niente.
    Poco distante orde di umani, intenti in un qualche genere di abluzioni.
    Cosa ci trovino in questo genere di comportamenti, lo ignoro.
    Odio ignorare le cose.
    Mi schermo il volto con un braccio, sollevando lo sguardo.
    Il sole è forte.
    Troppo forte, sento la pelle bruciare sotto di esso.
    E' caldo, saranno almeno 27 gradi, trenta forse.
    Yuuko-sensei lo ha definito il "clima ideale".
    E in mezzo a tutto questo, noi tre.
    Circondate da mare pulito, cielo sgombro e il mare più bello del mondo terreno.
    Posso solo formulare le mie emozioni, se veramente ne ho, in una parola.
    Sibilata a mezza voce.
    Esprimendo tutto il mio sentire verso il panorama.
    Una unica laconica frase.
    ... Odio, questo posto.
    Sto sudando, nonostante sia coperta di poco vestiario.
    Un abito da nuoto, che secondo Yuuko-sensei tutti gli esemplari femminili in età scolare indossano in questa parte del mondo.
    Una leggera giacca per proteggermi le spalle dal sole.
    E sandali di materia plastica.
    Non capisco, che bisogno abbiano gli esseri umani di coprirsi.
    Se anche fosse convenzione sociale coprirsi, ignoro perchè la biancheria non fosse sufficiente.
    Questo genere di cose mi sconcerta.
    "Sono fantasie da maniaci, che si trovano solo nelle doujinshi di quart'ordine..."
    Mi sembra abbia detto.
    Dovrò chiedere spiegazioni più dettagliate al ritorno.
    Poi il fruscio delle zanpakuto delle mie compagne di squadra mi riporta all'ordine.
    Sensato.
    Non dobbiamo attirare l'attenzione.
    Un movimento del braccio e Kurayamihime torna ad essere un piccolo coltello.
    Un "Tanto" di forma rettangolare e relativo fodero.
    Così piccolo da essere facilmente nascosto dalle mie due mani.
    Lo stringo e lo metto nello zaino alle mie spalle.
    Un bizzarro zainetto, dalla forma di coniglio.
    Uno zainetto che le mie compagne conoscono.
    Ma che stavolta, non combinerà casini.
    Apro la cerniera sulla schiena e infilo la mano all'interno.
    Aggrotto le sopracciglia...è caldo.
    Sembra quasi vivo, il che aumenta ancora di più il fastidio.
    Mentre rimetto la mia zanpakuto all'interno, evito con perizia tutti gli strumenti all'interno.
    Non sarà le mie tasche, ma è comunque un certo ordine.
    Un ordine che solo io sono in grado di comprendere.
    Evito i ferri del mestiere.
    Provette, bisturi, compassi, penne e fogli di carta.
    E una piccola scatola nera, al cui interno sono contenute tre piccole pillole.
    In ognuna di esse un'anima.
    Gikongan.
    Anime sostitutive per assicurarsi che le nostre anime possano emergere dai Gigai.
    E una di esse, la mia, la conosco sin troppo bene.
    La voce di Sae è molto più gradita del sibilo di questo vento infame.
    Yurika-chan, hai informazioni dalla Soul Society?
    Dice.
    Attendo un secondo, mentre con pochi gesti afferro un'altro oggetto.
    Relativamente ingombrante.
    E quando lo tiro fuori, scintilla alla luce del sole.
    Sembra una piccola tavoletta di vetro nero... Suma-hon lo chiamano.
    Un terminale, con cui i viventi si connettono alla rete e scambiano informazioni.
    Solo che il mio è molto, molto più avanzato.
    Gonfio il petto di orgoglio.
    Come si confà ad un ufficiale di seggio.
    D'altronde questo, lo abbiamo creato noi.
    Pochi gesti, e invio la conferma di completata missione.
    Ora chiedo...
    Mormoro, la voce affaticata.
    Il respiro pesante.
    Fa caldo.
    Fa dannatamente caldo.
    Fortunatamente rispondono subito.
    Un tintinnio di campanelle, e i nuovi ordini arrivano.
    Li leggo con uno sguardo.
    E rabbrividisco.
    Non è freddo, ma è grottesco.
    E' un orribile scherzo del destino.
    Con voce tremante, lo sguardo inorridito, mi giro con movimenti meccanici verso Sae e Yume.
    Dicono che il Dangai è interdetto per uno spostamento di personale nel mondo dei vivi.
    Non possono venire a prenderci prima di almeno sei-otto ore...

    Continuo a leggere.
    La mente è bianca.
    Oramai parlo meccanicamente.
    La sconfitta, l'orrore sul volto.
    I nuovi ordini sono di attendere sino ad allora...
    Esito qualche istante.
    Poi concludo.
    Potrei mettermi a piangere.
    Che cosa facciamo...ora?

    --------------------+--------------------




    Tirai su i capelli, oramai appiccicati al collo: maledizione, faceva così caldo che quasi non riuscivo a pensare. Ma, più del caldo in sé, quel maledetto sole che non la piantava di brillare, vanesio, nel suo bel cielo: ma dov’erano le nuvole quando servivano?

    Sentii la pelle pizzicare per i raggi diretti: essendo praticamente uno spettro, come carnagione, iniziavo a pensare di aver fatto un tremendo errore, indossando una camicetta arancione chiaro, quadrettata, dalle maniche corte e dei calzoncini di….cavolo, aspetta….ah sì, jeans. Ero combattuta, all’idea di un simile abbigliamento: cicatrici e pelle troppo esposte, ma d’altro canto avrebbe fatto caldo, là dove saremmo andate e, beh, i corpi in dotazione riproducevano sensazioni sulla pelle, paragonabili a quelle di un vero essere umano.
    Sbuffai, seccata.
    O mi adattavo, o ci schiattavo sotto quel sole.
    Inutile spenderci troppe parole.

    Continuavo a scoccare occhiate nei dintorni, anche se adesso, ripensandoci, non saremmo più apparse come delle giovani donne armate di katana: già, perché ritrasformare quelle spade in comodi oggetti era una delle cose che più apprezzavo quand’ero visibile a tutti, anche perché avrei odiavo dare spiegazioni sul perché mi trascinavo dietro una spada affilata e tanto pericolosa.
    Sentii la voce di Sae, mentre si rivolgeva a Yurika per avere informazioni da parte della Soul Society: distolsi lo sguardo da quel mare luccicante, quasi come un gioiello, tornando a osservare le mie due compagne. A quanto pareva, non ero l’unica ad avere problemi con quel posto: tra Yurika che ammetteva di odiarlo e la faccia di Sae, c’è ben poco da lasciare all’immaginazione.

    Ma presto saremmo tornate a casa…..

    ….Anche se un po’ mi dispiaceva, ma già pregustavo il fresco nei corridoi del Sougou Kyuugo Tsumesho, l’aria satura di sangue e medicinali e le mie mani che si davano da fare per rimettere in sesto qualche Shinigami.
    Considerando che tra tutte e tre avevamo solo qualche graffio, la mia abilità medica non era fondamentale.

    Però, d’altra parte, quando avrei avuto l’occasione di stare un po’ con loro?

    Ghgh, bel dilemma.
    A quanto pareva, però, avrebbe scelto il fato per tutte noi: infatti, vidi Yurika irrigidirsi, mentre controllava qualcosa sul suo….come l’aveva chiamato? Suma-hon. Ovviamente riposto all’interno del coniglio che si portava sempre dietro, quello che avevamo visto muoversi e che ora, però, se ne stava zitto come ogni bel peluche.
    Mi affacciai per vedere meglio, come se ci capissi qualcosa di tecnologia appartenente alla Dodicesima: tuttavia, bastò l’espressione di Yurika per mettermi in allarme.

    La sua faccia non lasciava dubbi, e le parole che uscirono dalle labbra non erano
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    tanto un consiglio, quanto un ordine, pregno di orrore e sconfitta, per la piccola: eravamo bloccate lì.

    Lì.

    Per otto, lunghe, ore.

    Sotto il sole cocente.

    La sabbia bollente.

    Le persone, gli umani, che affollavano la spiaggia poco distante da noi: ergo, solo del gran casino, che mi faceva rabbrividire da capo a piedi. Odiavo il caos, quel caos soprattutto: l’idea della pelle sudaticcia, il contatto con esseri viventi, le voci troppo alte, il caldo soffocante….ero ufficialmente k.o.
    Con la coda dell’occhio, guardai le onde ammalianti, fredde, bellissime: e se ci fossimo piazzate nell’acqua, restando lì otto ore, nell’attesa che ci venissero a raccattare? I corpi si sarebbero tanto rovinati, con il fattore salsedine?
    Ma almeno non avremmo più sofferto quella maledetta temperatura.
    Iniziavo a diventare una rottura, ribadendo di continuo che odiavo il caldo.
    Forse mi si era liquefatto il cervello.

    Frugai nella sacca tracolla che avevo portato con me. Il kit di pronto soccorso, quello in dotazione alla Quarta, era ben nascosto sotto la stoffa marrone, decorata da ricami di fiori di ciliegio – grazie Satsuki – che conteneva anche il mio taccuino: era una rottura sia girare con quella cicatrice sulla gola, anche nel mondo umano, che tanto faceva ribrezzo a chi la scorgeva, sia con quell’oggetto, oramai prolungamento della mia mano.
    Mentre tracciavo le parole sulla carta, la mia Zanpakuto, trasformatasi in un anello scuro, come la sua lama, brillava pigramente sul mignolo sinistro.
    Una volta finito, feci schioccare le dita: per morti sarebbe parso un segno di fastidio o di piena superiorità, ma entrambe sapevano che era solo un modo semplice, e conciso, per richiamare l'attenzione.

    “Iniziamo a levarci da questo sole, mi sta uccidendo.” avrebbero letto. “All’ombra, forse, ci verrà in mente qualcosa.”

    Misi via il blocco, e tornai a fissarle, quasi incerta. E alla fine....
    Alla fine avrei dato, come per dar loro coraggio, una pacca lieve sulla spalla di Sae e una carezza sui capelli bianchi di Yurika: mamma diceva che i contatti fisici rafforzavano i legami emotivi, ma non mi sentivo del tutto a mio agio ad abbracciare o simili, e quello mi sembrava un gesto naturale e abbastanza corretto.
    Ma quando lo feci, sentii un lieve brivido percorrermi la schiena: forse un briciolo di emozione, nell'entrare in sintonia con qualcuno.

    Chissà.

    Comunque, era vero: non avevo intenzione di ragionare con loro in quel posto e qualsiasi albero o palma - o libreria umana, dovevo fare compere, ma forse era troppo lontana dal punto in cui sarebbero venuti a prendere -, abbastanza grande da fornire una sufficiente copertura per tutte e tre, sarebbe stato perfetto.
    Raccolsi le scarpe da ginnastica che avevo gettato da una parte, poco prima che iniziasse lo scontro: le stringe penzolarono lievemente, la sabbia si mescolò al vento, quando le alzai da terra.
    Cercai ancora una volta gli occhi delle mie due compagnie: c'era poco da fare, se la Soul Society oramai aveva deciso.

    Tanto valeva trovare una soluzione per passare il tempo....

    --------------------+--------------------



    Sei-otto ore…



    SEI-OTTO ORE??!!
    Sentiva il sole bruciare sulla pelle e solo il pensiero che avrebbe dovuto sopportarlo per un lasso di tempo tanto lungo le toglieva ogni energia.
    Voglio morire...
    Dall’espressione delle sue compagne di squadra poté dedurre che i loro pensieri non erano molto diversi dai suoi.
    Eppure quella era la realtà dei fatti…
    Dovevano adeguarsi e trovare un modo per trascorrere quel tempo senza squagliarsi su quella sabbia bollente.
    Uno schiocco di dita richiamò la sua attenzione e il suo sguardo si posò sul taccuino dove Yume aveva scritto due semplici frasi.
    Semplici ma dirette.
    Chiuse gli occhi lasciandosi scappare un sospiro sconsolato.
    Se dovevano rimanere in quel luogo infernale, almeno avrebbero potuto trovare una sistemazione più accettabile.
    Sollevò le palpebre di scatto quando avvertì un tocco leggero sulla spalla.
    Non si sarebbe mai aspettata un contatto fisico da parte di Yume.
    Per una reazione istintiva il suo corpo si irrigidì un istante.
    Tuttavia, quando se ne rese conto, si rilassò.
    Realizzò che in fondo, non era così male sentire il sostegno di qualcun altro.
    Almeno sapeva che condividevano l'agonia che stava provando sotto quel sole cocente.
    Sono d’accordo.
    Torniamo indietro, c'erano degli alberi e alcune costruzioni che potrebbero fornirci un riparo là dove la spiaggia era più affollata.

    Non che la cosa le tirasse su il morale.
    Troppa gente la faceva sentire a disagio, tuttavia non avevano molta scelta.

    Gli esseri umani erano davvero strani.
    Tanto per cominciare che razza di abbigliamento era quello?
    Sempre che si potesse chiamare abbigliamento qualcosa che copriva a mala pena un quarto del corpo.
    Certo, considerando la temperatura del luogo poteva essere logico indossare il minimo numero di indumenti possibile, ma in quel modo ogni centimetro di pelle sarebbe stato sposto al sole… e al pubblico.
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    Tuttavia, tale moda pareva avere un’utilità, dato che in acqua poteva scorgere davvero molte figure.
    Forse era un abbigliamento ideato per quel preciso fine.
    Di sicuro sarebbe stato un buon modo di combattere la temperatura fin troppo alta, ma se per farlo era necessario indossare un completo del genere…
    Era davvero molto combattuta.
    Osservò con invidia l’acqua fresca a poca distanza da lei.
    Così vicina eppure così lontana.
    No, sarebbe a dir poco imbarazzante vestirsi così.
    Preferì trovare riparo sotto un... un...
    Dannazione come si chiamava?
    Era certa di averne letto il nome su qualche documento prima di partire, ma non vi aveva prestato molta attenzione considerandolo un dettaglio irrilevante.
    E ovviamente non se lo ricordava.
    Sembravano enormi parasole di paglia.
    Ne adocchiò uno libero e si sedette su una lunga sedia che a logica sarebbe anche potuta servire come letto improvvisato.
    Quel... qualunque cosa fosse, non faceva molta ombra, ma sarebbe bastata per tutte e tre.
    Tuttavia il caldo continuava prepotentemente a farsi sentire.
    Avvertiva la pelle riscaldarsi sotto la canottiera che indossava.
    Appoggiò i gomiti alle ginocchia e nascose il viso dalle mani per nascondere gli occhi dalla luce accecante del sole.
    La voce le uscì bassa ma comunque udibile.
    Vi prego ditemi che avete una soluzione a tutto questo o rischio di sciogliermi qui e adesso…
    Nonostante amasse il silenzio, il rumore delle onde era accettabile e piacevole.
    Quello che non poteva sopportare erano le decine di voci che si sovrapponevano l’una all’altra.
    Donne, uomini e bambini.
    Soprattutto i bambini.
    Le mancava il suo tranquillo e silenzioso albero.
    Ombra, quiete e vento fresco.
    Avrebbe dato qualunque cosa per far aprire seduta stante quel dannato portale.

    --------------------+--------------------



    Il caldo è opprimente.
    Le voci dei bambini che gridano sono irritanti.
    Gli adulti che girano attorno come dei pavoni, sono anche peggio.
    Per non parlare di femmine che si aggirano come vacche al pascolo.
    E poi quell'odore.
    Un fetido misto di sudore, pigrizia e ignoranza.
    Ho visto quartieri del rukongai con abitanti più svegli.
    Ed è dire tanto.
    Storco il naso, cercando di distrarmi, ma è inutile.
    Odio questo posto.
    Lo odio con tutte le mie forze.
    E' praticamente l'esatta antitesi di come vivo la mia vita.
    Una continua ricerca e uno studio approfondito nell'ombra.
    Qui invece, qui c'è sole.
    Dappertutto.
    E indolenza, accidia, pigrizia.
    Non riesco a crederci, non riesco a concepire come sia possibile.
    Questa gente, viene qui... per non fare nulla?
    Boccheggerei, se già non lo stessi facendo per il caldo.
    Già.
    E' soffocante.
    Passo una mano sulla fronte, detergendo il sudore.
    E' terribile, posso sentire la pelle che scotta.
    E' impietoso.
    Che qualcuno lo spenga, vi prego.
    Potrei collassare, così, sul posto.
    Poi uno schiocco di dita.
    Il rumore della penna sul foglio.
    Ideogrammi e hiragana che riempiono il bianco.
    Una frase logica.
    Mi piace.
    Poi d'improvviso una mano, tra i capelli.
    Un contatto fugace, niente più di un delicato passaggio.
    Mi irrigidisco, ma è solo un istante.
    E niente di più.
    Sto migliorando, un tempo avrei reagito molto peggio.
    O forse, è semplicemente che so di chi si tratta.
    Dovrei chiederne il motivo...
    Ma ho imparato, alla lunga, che in certi casi è meglio non chiedere.
    Me lo appunterò.
    Mi limito a chiudere gli occhi e ad emettere un leggero lamento.
    Non che non sia piacevole...tutt'altro.
    Ma questo caldo è in grado di rendere sgradevole persino questo.
    Maledetto.
    Però i suggerimenti di Sae e Yume sono sensati.
    Annuisco e le seguo.
    I piedi malfermi che strisciano sulla sabbia.
    I sandali che a malapena si sollevano, affondando sino alla caviglia.
    Kami onnipotenti.
    Inizio a pensare che affrontare un hollow sia stato l'ultimo dei nostri problemi.
    Guadiamo la mandria di umani, prima di accostarci ad un riparo.
    Una struttura artificiale concepita per fare ombra.
    E come un serpente mi accuccio immediatamente alla base.
    La schiena al pilone che lo sostiene.
    Almeno la sabbia, qua sotto è fresca.
    Anche se la temperatura è torrida.
    Uuuuuuuuh...
    Mormoro, lamentandomi debolmente.
    Anche farmi vento con il palmare è inutile.
    Tutto quello che smuovo è aria calda.
    Persino quella volta in Arizona, il clima era caldo, ma almeno non avevo un corpo.
    Avere una struttura fisica tangibile è un incubo.
    Osservo meglio il mio Gigai.
    Se avessi avuto tempo avrei rimosso tutte le funzioni inutili.
    Regolazione della temperatura corporea, limitatori del dolore, ghiandole lacrimari, recettori del tatto e del gusto.
    Questo Gigai è così... inefficiente.
    Perchè i membri della mia divisione debbano perdere tempo dietro a cose così inutili mi sfugge.
    Se avessi voce in capitolo farei qualcosa.
    Ma sarebbe inutile, all'interno della SRT non ho possibilità di esprimermi.
    Il mio essere ufficiale di seggio non ha alcun peso nelle meccaniche interne.
    Maledizione.
    Abbandono la schiena contro il palo, e lascio che la testa si appoggi ad un bracciolo della sedia.
    Fa caldo.
    Fa troppo caldo.
    Non sono mai stata una persona empatica.
    Ma adesso, so per certo che le mie due compagne condividono la mia opinione.
    Questa non è una missione.
    E' una tortura.
    Dischiudo a malapena le labbra, sussurrando.
    Negativo...
    Respiro.
    A fondo.
    A fatica, borbottando stanca.
    Tutto questo sole, fa male agli occhi.
    Mille volte più degli schermi dei miei calcolatori.
    Guardo il palmare sperando in una risposta.
    Ma niente.
    Continua a rimanere muto.
    Gli ordini sono quelli...
    Attendere...e...Pazientare...

     
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  2. Danteh ™
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    Summer work



    Karakura town
    Vizard HQ
    6 hours before


    Lo scontro con il capitano Sanada aveva dato molto su cui riflettere a Shin Kazama.
    In primis, l'essere giunto a scoprire tutte le sue carte fin dal principio, l'aveva esposto più del dovuto agli occhi di una persona che allo stato attuale delle cose non era esattamente quello che si poteva definire un alleato.
    Ciò nonostante Shin aveva la netta sensazione che Felio Sanada si sarebbe trattenuto dal rivelare per intero i dettagli dello scontro in Australia.
    Non che la cosa gli importasse, ma avrebbe preferito di gran lunga mantenere l'anonimato ancora un po'.
    Inoltre da quando era stato recuperato, Shizuku Omaeda non si era fatta viva per linciarlo o altro, cosa alquanto insolita visti i trascorsi tra i due.
    Evidentemente pensò Shin che il dover coprire le loro tracce prima di punirlo per il fallimento di quel semplice incarico era una questione di primaria importanza. Oltretutto conciato com'era, per Shizuku malmenarlo non sarebbe stato abbastanza soddisfacente.
    Il mese di convalescenza passò relativamente presto. Senza la costante ombra della sua padrona a tallonarlo in ogni spostamento all'interno del covo, Shin trascorse il periodo riabilitativo in tranquillità.
    In ogni caso restare rinchiuso per lunghi periodi non era proprio nelle corde del Kazama e quando all'improvviso si presentò l'occasione di movimentare le proprie giornate, colse al volo l'occasione.
    Il telefono squillò un paio di volte, prima che Hanao Koizumi, l'indolente e pigro vizard del gruppo, tirasse su la cornetta per rispondere
    - A-ah... Si certo, capisco...-
    La conversazione al telefono non fu molto lunga, più che altro il vizard si limitò ad ascoltare l'interlocutore dall'altra parte annuendo di tanto in tanto.
    -Va bene perfetto, ce ne occupiamo al più presto Shizuku sama-
    Beh a quanto sembrava c'era un nuovo incarico in vista.
    Il periodo estivo era un po' fiacco di lavori solitamente e visto che la maggior parte del gruppo era stato mobilitato per delle commissioni da Shizuku in persona, ecco che il personale disponibile si era drasticamente ridotto. Al momento della chiamata infatti a parte Hanao e Shin, erano presenti solo Miyuki e il dottore del quale il Kazama, seppur sforzandosi, non ricordava ancora il nome...
    -Pare ci sia un po' di movimento giù ad Okinawa... Shizuku-sama deve aver un po' esagerato con un cliente dell'hueco mundo e questi per ripicca ha mandato un suo scagnozzo in giro per Nago-shi beach. Nulla di davvero preoccupante in effetti, ma sono troppo stanco per fare più di due passi fuori da qui e sinceramente l'idea di passare un'intera giornata sotto il sole cocente non è nei miei programmi... Kazama-san ti andrebbe di sgranchirti un po' le gambe? Immagino tu frema dalla voglia di uscire di qui... -

    [...]


    Il volo da Tokyo a Naha fu abbastanza piacevole, nonostante il budget che il giovane Kazama poteva permettersi, l'avesse costretto ad affidarsi ad una compagnia low-cost. Il suo debito dopo l'ultimo episodio in terra australiana era diventato così elevato che probabilmente nemmeno l'eternità sarebbe bastata per estinguerlo del tutto.
    Ma a lui in fondo andava bene così. Il vero problema semmai in quel momento era riuscire a raggiungere Nago-shi beach senza spendere ulteriori soldi che inevitabilmente sarebbero andati ad aggiungersi a quelli che già doveva alla sua padrona.



    Percorrere l'intera isola a piedi era fuori discussione. Vero, si era ripreso e avrebbe potuto tranquillamente sfruttare le sue abilità per raggiungere la sua meta, ma non era minimamente nelle sue intenzioni.
    L'intuizione la ebbe non appena mise piede fuori dall'aeroporto. In bella vista un poker di harley davidson che sembravano essere li apposta per lui.
    *Oh kami non posso crederci! Una Corona e anche una Forty Eight e...e...Una V-Rod Muscle! Che bomba...*
    Si guardò attorno, furtivo in cerca dei proprietari che intenti a parlottare animatamente nelle vicinanze non sembravano averlo notato avvicinarsi alle loro moto
    -Bene...-
    Ancora un'occhiata intorno e poi con disinvoltura saltò in sella alla Muscle.
    Le chiavi erano inserite, davvero un colpo di fortuna.
    Al primo giro di chiave il motore emise un rombo cupo e avvolgente e il numero di giri salì bruscamente quando Shin diede qualche tocco alla manopola del gas.

    -Ehi bastardo! Quella è la mia moto!-

    Secca la risposta di Shin non si fece attendere mentre, cominciando a sgommare in tondo, sollevò una cortina di denso fumo bianco
    -Lo so, tranquillo! La prendo in prestito, non ti dispiace vero?-

    -Figlio di una grandissima cagna!!! Ti Ammazzo! Ti trovo e ti ammazzo!-

    -Si, come no... Comunque il mio nome è Kazama. Ci si vede e...Grazie per il prestito, ne avrò cura...-
    I tre tipi, gli stettero dietro per una decina di kilometri, poi Shin riuscì a seminarli abilmente godendosi il resto del viaggio lungo la costa ovest, quella che l'avrtebbe portato a Nago.


    Pacific Ocean, Island of Okinawa
    Nago-shi Beach
    11:00 AM



    Tuttofare. La copertura ideale in effetti per passare inosservato in spiaggia. Le informazioni di Hanao san si erano rivelate davvero utili per ottenere quel posto senza troppi problemi. In realtà il gestore del lido era una vecchia conoscenza di Shizuku sama e pur di non avere problemi con quest'ultima aveva acconsentito ad assumere temporaneamente Shin come bagnino, barman o quant'altro in base alle esigenze.
    Dato che Shizuku non c'era a causa di faccende urgenti da sbrigare, sarebbe stata l'occasione perfetta per passare del tempo in assoluto relax in quel luogo.
    Ma prima aveva un compito da assolvere.
    I suoi sensi non l'avevano di certo abbandonato, qualcosa però non gli tornava.
    Oltre alla presenza del suo obiettivo poteva distintamente percepire la presenza di altri tre individui e la loro emanazione di energia spirituale, non poteva assolutamente trarlo in inganno.
    -Shinigami...-
    La faccenda si sarebbe complicata di botto se per caso uno dei tre si fosse accorto della sua presenza o peggio ancora se lo avesse riconosciuto.
    Shizuku sama non avrebbe di certo tollerato un altro episodio come quello nella Route 25.
    In tal caso la cosa migliore da fare sarebbe stata quella di osservare l'evolversi della situazione da lontano, senza dare nell'occhio, intervenendo solo se strettamente necessario. Il suo gigai, ormai divenuto una seconda pelle era differente da quelli prodotti in serie nella Soul society.
    Non solo era completamente identico alla controparte spirituale, ma gli permetteva di sfruttare tutte le sue abilità senza limitazioni, pur mantenendo al minimo la pressione spirituale da lui esercitata.
    In pratica per le capacità percettive di uno shinigami, Shin sarebbe stato considerato alla stregua di un novello studente della Shin'O.
    L'area dove l'hollow era comparso non era fortunatamente affollata, quindi il gruppo di shinigami avrebbe potuto operare con relativa tranquillità.
    A poca distanza dalla spiaggia affollata, lo scontro con l'abominio aveva avuto inizio.
    Shin si affrettò a cambiarsi, desideroso almeno di vedere all'opera qualcuno proveniente dalla society.
    I bermuda lunghi fin quasi al ginocchio ne nascondevano per buona parte la perfetta e tonica muscolatura delle gambe, mentre la canotta color rosso vivo, con la scritta "Lifeguard" fin troppo aderente, ne risaltava l'intera parte superiore del corpo rendendola agli occhi della gente, quasi come fosse stata scolpita nel marmo.
    Senza indugiare oltre sulla gente in spiaggia si tuffò in acqua. La sensazione di contatto con l'oceano era sempre qualcosa di meraviglioso per lui, ma questa volta non si sarebbe soffermato a contemplare quel momento.
    Nuotò rapidamente verso la zona di mare antistante lo spiazzo dove i tre shinigami avevano ingaggiato lo scontro e seminascosto da uno scoglio rimase sorpreso di quel che vide.
    Nessuno dei tre aveva l'aria di essere un ufficiale di alto rango nelle gerarchie del gotei. I loro movimenti seppure non fossero da principianti non li si potevano definire di livello superiore...
    Molto più probabilmente dovevano essere shinigami appena arruolati nei vari gotei, ma erano solo delle supposizioni.
    Ciò nonostante sembravano conoscersi bene, abbastanza per coordinarsi alla perfezione con uno splendido lavoro di gruppo.
    L'hollow non ebbe scampo e ben presto fu messo alle strette e poi purificato. Poco male, voleva dire che avrebbe potuto dedicare più tempo al divertimento.
    Nessuno dei tre era a lui conosciuto e la cosa che probabilmente lo sorprese più di tutte però, fu l'esclusiva presenza di elementi femminili nel trio.
    Una cosa che nel suo periodo di permanenza nel seireitei, non ricordava fosse mai capitata.
    *Accidenti! La piccoletta ci sa fare ed anche le altre due...*
    Le vide riporre i "ferri del mestiere" nei vettori per le zanpakuto. Nulla di più inutile pensò Shin, ma ovviamente le tre non avevano a disposizione un gigai come il suo...
    Rimase qualche istante a contemplare quei pensieri e in men che non si dica le tre giovani scomparvero dalla sua vista
    -Accidenti! Le ho per...ah no eccole li!-
    Non dovevano amare particolarmente il caldo a giudicare dall'evidente disagio palesato, mentre gironzolavano in spiaggia alla ricerca -più che legittima- di un posto dove ripararsi dal sole e quel lettino con annesso ombrellone in paglia a procurare un riparo dall'incessante calura, doveva esser sembrato loro l'unica soluzione immediata da prendere. Forse agli occhi della gente comune sarebbero sembrate un po' strambe, tutto qui, ma Shin aveva altre intuizioni in merito e presto o tardi avrebbe ottenuto le sue risposta...
    In ogni caso era davvero strano che un gruppo di shinigami restasse nel mondo terreno più del dovuto dopo aver eliminato una minaccia come quell'hollow.
    Beh, un motivo in più per avvicinarle e scoprire qualcosa di più su di loro.
    Se avesse giocato bene le sue carte avrebbe ottenuto informazioni interessanti.
    Uscì dall'acqua, il costume e la canotta zuppi d'acqua così come la sua fluente chioma castana. Recuperò un asciugamano dalla postazione dei bagnini e si frizionò con moderato vigore i capelli, poi lo arrotolò per la lunghezza e se lo poggiò attorno al collo, mantenendolo con entrambe le mani.
    Le tre shinigami si erano nel frattempo riparate all'ombra di un parasole in paglia, visibilmente insofferenti alle temperature di quell'afosa giornata.
    -Salve! Grazie per aver scelto questo lido per passare le vostre vacanze.-
    Esordì con un saluto banale, ma carico di tutta la positività che da sempre lo contraddistingueva. Il suo sorriso ben stampato in faccia, pronto ad accogliere le nuove arrivate dando loro il benvenuto.
    - Posso offrirvi qualcosa di dissetante da bere?
    Non deve essere facile resistere al caldo con tutta quella roba addosso...-

    Il classico atteggiamento di Shin in presenza di giovani ragazze, aveva lasciato spazio per il momento ad un insospettabile esempio di professionale cordialità.
    Oltretutto era il tuttofare del lido. Chi se non lui poteva ispirare fiducia?
    Nel frattempo il Kazama si era avvicinato ancora di più alle tre mentre parlava. I suoi modi affabili avrebbero potuto funzionare dato che, per quanto la cosa potesse mettere le ragazze in allarme, la loro posizione attuale impediva di dare nell'occhio in presenza degli umani e per tale motivo reazioni esagerate avrebbero potuto compromettere la loro copertura. Shin ovviamente, pur senza esagerare aveva intenzione di saggiare più che altro le personalità delle giovani shinigami e la più giovane delle tre, durante lo scontro di poco prima, le era sembrata quella più pericolosa in battaglia.
    Chissà chi l'aveva addestrata...
    Si chinò, flettendo le gambe per poi ritrovarsi quasi ad un metro dal viso della più piccola del gruppo
    -E tu piccolina, come ti chiami? Sei la loro sorellina immagino... Ti va un buon gelato?-
    così dicendo la mano destra di Shin si protese con l'intenzione di accarezzare la testa della piccola dando il via a quell'incontro che si sarebbe potuto rivelare interessante per lui quanto bizzarro e nuovo per loro...


     
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    Summer Forced Vacation
    ( IIα )

    That Person: Annoying

    There he stood.
    Muscles glistening, white teeth shining.
    Like a statue from ancient Greece.
    He was... In the way.








    Pacific Ocean, Island of Okinawa (JP).
    Nago-shi Beach
    11:40 AM, 32°C in Shade.





    Contrariamente alle mie preghiere il sole non scompare.
    No, affatto.
    Come una qualche potenza celestiale se ne rimane nel cielo.
    Opulento, privo di nuvole, immobile e placido come un disgustoso despota.
    Se ne stà lassù a bersagliarmi impietoso dall' alto.
    Uno sguardo acido nei suoi confronti.
    E poi un altro.
    E un altro ancora.
    Come se d'improvviso potessi farlo precipitare sulla terra e dare inizio ad un'altra era glaciale.
    Fortunatamente per il mondo, questo non accade.
    E quindi continua a fare caldo.
    Un caldo torrido, afoso.
    Semplicemente insopportabile.
    Socchiudo gli occhi cercando rifugio nell'ombra del parasole.
    E' una tortura.
    Una vera e propria tortura.
    La sabbia entra nelle ciabatte e tra i capelli, negli occhi, resta attaccata al sudore.
    E'... Irritante.
    Inclino disperatamente il piccolo dispositivo nero, cercando di leggere qualcosa nei rapporti di missione.
    Ma è inutile.
    Niente comunicazioni in entrata, nessuna risposta ai miei appelli per un rientro immediato.
    Niente.
    Siamo sole.
    Circondate da una folla urlante e cacofonica.
    Un caldo torrido.
    E' proprio come ho sempre immaginato l'Inferno.
    Le mie dita si muovono rapide sul vetro, lasciando strisciate leggermente unte.
    Sto sudando.
    E la testa è leggera.
    Oltretutto il riflesso mi impedisce di vedere lo schermo correttamente.
    Maledetto sole.
    Rivoglio il neon del laboratorio.
    Rivoglio l'aria condizionata.
    Rivoglio i miei comfort...
    Rivoglio la mia libertà.
    Poi d'improvviso una nuvola copre il sole, frapponendosi tra lui e i raggi.
    E gocce iniziano a bagnare la sabbia.
    Piove?
    Pioggia?!
    Non è possibile...
    E infatti non lo è.
    Non è una nuvola che ha coperto il cielo.
    Magari lo fosse.
    No, tutto quello che si staglia contro l'azzurro cobalto del cielo non è la soffice consistenza bianca di una nuvola.
    No.
    E' carne.
    Un mucchio di inutile carne e ossa.
    Muscoli, tendini e cartilagine.
    Un essere umano.
    Un inutile sacco di carne.
    -Salve! Grazie per aver scelto questo lido per passare le vostre vacanze.-
    Un inutile sacco di carne parlante...
    Altre gocce per terra.
    Parlante, e bagnato, mi correggo.
    E' un esemplare maschio, adulto, sulla trentina.
    Fisico scolpito, allenato e non poco, la postura e marziale, con qualche accenno di primitivo.
    Kami onnipotenti, un picchiatore.
    Uno si chiede perchè l'evoluzione ci abbia dotati di cervello se questo è l'esemplare Alfa del branco.
    Branco che peraltro non pare presente.
    Lo guardo con disprezzo.
    Con la stessa espressione che riserverei alla scimmia che potrei trovare nell'onsen con me...
    Come se fossi mai stata in un vero onsen.
    Mi appunto mentalmente di provarlo una volta.
    Potrebbe essere utile per la mia ricerca.
    Ad ogni modo l'umano mi parla, e anche se non vorrei, devo ascoltarlo.
    Ne approfitto per guardarlo meglio.
    Quel vestito che porta addosso, e con cui ha fatto anche il bagno a quanto pare.
    Ho studiato cosa era, mi pare.
    Sicuramente ricordo l'immagine.
    Una qualche forma di autorità sulla spiaggia.
    Un salvatore, o qualcosa del genere.
    Una sorta di pastore che evita che i membri della mandria anneghino.
    O un qualcosa del genere.
    Kami onnipotenti, nel mondo degli umani ci sono così tante convenzioni e cose inutili.
    - Posso offrirvi qualcosa di dissetante da bere?
    Non deve essere facile resistere al caldo con tutta quella roba addosso...-

    Oh, ho capito.
    Deve starci offrendo qualcosa per ingraziarsi la nostra presenza.
    Certamente non ha idea di chi siamo, ma deve trattarsi di un qualche strano rituale.
    Non mi stupirei se questo animale iniziasse qualche rito di accoppiamento.
    Molte creature iniziano offrendo cibo al partner...
    Ma forse mi sbaglio.
    E' meglio che stia in silenzio.
    Yuuko-sensei mi ha raccomandato di non rendere note osservazioni del genere.
    Dice che molte altre persone, non interessate all'aspetto scientifico della cosa lo trovano... "imbarazzante".
    Cosa ci sia di "imbarazzante" in un qualcosa della vita di tutti i giorni mi è oscuro.
    Un altro insoluto da risolvere.
    Ma Yuuko-sensei ha detto di aspettare "quando sarò più grande".
    Che stranezza.
    Ma certamente ha ragione lei.
    Ha Sempre ragione lei.
    Quindi evidentemente si dovrebbe stare offrendo come servitore.
    Tipico degli esemplari più grossi del branco.
    Poi prosegue, e mi offre un gelato.
    Già.
    Tutto come immaginavo.
    E' proprio uno dei salvatori della spiaggia.
    E' arrivato dal nostro gruppo composto da sole femmine.
    Si è mostrato come un pavone.
    Si è offerto di comprare del cibo e bevande.
    Ha pure offerto a me un gelato.
    E' chiaro.
    D'improvviso mi ricordo come si chiamano.
    E' vero, me l'aveva detto Yuuko-sensei, che li avrei trovati sicuramente in spiaggia.
    Però non voglio sbagliare.
    Sarebbe scortese non rivolgersi ad una autorità con il rispetto che merita.
    Quindi chiedo sottecchi, con aria sospettosa.
    La voce monocorde.
    Signore, per prima cosa sono le mie colleghe
    Stresso particolarmente l'ultima parola.
    Giusto per rimarcare il mio status.
    Sono pur sempre un ufficiale di seggio.
    E poi proseguo.
    Per capire se ho ben compreso il suo ruolo.
    Seconda di poi...
    Tu... sei un molestatore1 vero?




    NOTE:
    Pur essendo un genio Yurika è pur sempre giapponese, e ha confuso la parola inglese
    Life Saver
    ライフ セーバー (Rai-fu Se-ba)
    con
    助平 Sukebe (pronunciato Ske-ba)
    che significa molestatore
     
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    Summer Forced Vacation
    ( II )

    About games, molesters and swimwear

    Can you do like the water?
    Just evaporate.
    ...
    Are you still here?






    Pacific Ocean, Island of Okinawa (JP).
    Nago-shi Beach
    11:35 AM, 32°C in Shade.



    Doveva esserci un motivo per il quale tutta quella gente pareva divertirsi e godersi il caldo abbraccio del sole, mentre loro agonizzavano in silenzio.
    Doveva esserle sfuggito un dettaglio, qualcosa che le permettesse di adattarsi alla situazione nel migliore dei modi.
    Vagò con lo sguardo cercando di assimilare quante più informazioni poteva su quello strano e inquietante ambiente sociale.
    Alcuni ragazzi stavano interagendo con una palla, buttandosi a terra e dimenandosi in aria pur di non farle toccare il suolo, in quello che sembrava un gioco a squadre. La palla veniva poi lanciata sopra una rete e la danza frenetica ricominciava. Sembravano fermarsi solo quando essa toccava terra, fra le grida di vittoria di alcuni e la delusione di altri. Dovevano sudare molto, ma ciò non sembrava importare più di tanto.

    ---Dati---
    Strano gioco a squadre con una palla.
    Incuranza del caldo, probabilmente attenuato dal loro scarno abbigliamento.
    Probabile divertimento grazie all’interazione sociale.


    Poco distante alcuni bambini stavano riempiendo un piccolo secchio con la sabbia che era appena stata bagnata dal mare. Non appena l’onda si ritirava, rapidi la raccoglievano con una piccola paletta. Poi capovolgevano il secchiello appoggiandolo a terra. Una volta risollevato la sabbia aveva mantenuto la sua forma cilindrica. E quelle torrette spuntavano come funghi sulla spiaggia. Sembravano tanti piccoli operai. Non capiva cosa ci fosse di divertente nel giocare a svolgere un lavoro così faticoso. Avrebbero avuto tutto il tempo di gustarselo una volta cresciuti. Ad ogni modo anche loro avevano i requisiti per rientrare nella sua ricerca.

    ---Dati---
    Gioco di costruzione con la sabbia.
    Abbigliamento ridotto al minimo per adattarsi all’ambiente.
    Possibilità di interagire socialmente o giocare in solitaria.


    Ma le urla più forti provenivano dal mare. La gente entrava e usciva dall’acqua come le api entravano e uscivano da un alveare; senza sosta, con un caos che per loro sembrava nascondere un ordine a lei incomprensibile. C’erano uomini che nuotavano, famiglie che giocavano con palloni leggeri e bambini che si tuffavano dalle braccia dei genitori. Di sicuro quella era la soluzione migliore al problema “temperatura”.

    ---Dati---
    Varietà di attività con cui divertirsi.
    Abbigliamento probabilmente fatto apposta per non rovinarsi a contatto con l’acqua salmastra.
    Possibili ma non essenziali iinterazioni sociali


    Più o meno quelle erano le attività che coinvolgevano il maggior numero di persone. Senza contare ovviamente quelli che sonnecchiavano sdraiati al sole. Ma quello all’incirca lo stavano già facendo anche loro senza successo.
    Dai dati raccolti emergeva che l’elemento in comune a tutte quelle attività, che sembravano consentire l’adattamento a quell’ambiente ostile, fosse lo scarno abbigliamento indossato da chiunque nel suo intero campo visivo.
    Mmh… l’idea di denudarmi non mi ispira particolarmente, ma se non ho altra scelta… Inoltre attireremmo meno l’attenzione se ci adeguassimo all’ambiente…
    Stava per dar voce ai suoi pensieri quando avvertì una presenza inquietante davanti a sé.
    Beh, forse molti non lo avrebbero definito inquietante ma per lei, che in quel momento avrebbe preferito che il termometro si alzasse ulteriormente anziché socializzare con un esemplare estratto da quell’ambiente, le sembrò un aggettivo più che adatto.
    Posso offrirvi qualcosa di dissetante da bere?
    Non deve essere facile resistere al caldo con tutta quella roba addosso...

    Iniziò a prestargli attenzione solo quando udì quelle parole.
    E’ gratis?
    2bHTf
    Forse quell’esemplare sarebbe potuto tornarle utile. Se davvero avesse potuto offrire loro qualcosa di fresco gratuitamente valeva la pena di tenerlo in considerazione.
    Inoltre dopo le sue parole era sempre più convita che adattarsi all’abbigliamento di quel luogo avrebbe potuto aiutarle.
    Avrebbe potuto chiedergli dove potevano trovare certi indumenti, ma le parole di Yurika la fecero desistere dal suo intento.
    Tu... sei un molestatore vero?
    Lo guardò come avrebbe potuto guardare un sacco di immondizia comparso improvvisamente davanti a lei.
    Di certo era incredibile come la bambina fosse riuscita a capire le intenzioni di quell’uomo in modo così semplice.
    Yurika-chan è incredibile, come hai fatto a dedurlo con così poche informazioni?
    Di sicuro non avrebbe chiesto ad un maniaco dove trovare quegli indumenti striminziti.

     
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