Bleach Soul Society

The Pride of Russia

Ruolata per Hay Sadeki

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Trinity Tea Party

    Group
    Amministratore
    Posts
    4,164
    Reputation
    +19
    Location
    Will you save me, Sensei?

    Status
    Offline
    SPOILER (click to view)
    Sottotitoli
    Giapponese
    <russo>


    -гордость предлог россия-

    The Pride of Russia

    -поступок (I): снег буря-

    Act (I): Snowstorm






    москва: 5 день позади случайпоиски _
    Mosca: 5 giorni dopo la Event quest_




    Quel giorno l'intera madre russia pianse la perdita di uno dei suoi più grandi compatroti.
    In un corteo quale non si vedeva da anni, una processione di auto nere apparentemente infinita sfilò lungo le strade di Mosca mentre una folla osannante e piangente al tempo stesso versava fiumi di lacrime al passaggio della salma.
    La bara di un bianco accecante avrebbe percorso la capitale per quasi due terzi prima di giungere a destinazione: la capitale di San Basilio, ove le spoglie del defunto avrebbero avuto la degna sepoltura.
    Uomo simbolo della nuova economia russa, pilastro indissolubile dell'impero economico forgiato nel ghiaccio di quei territori... Ed oltre a questo filantropo, finanziatore di innumerevoli imprese umanitarie grazie ai cui fondi centinaia e centinaia di persone avevano ogni giorno di che sfamarsi.
    Si vociferava che le sue innumerevoli proprietà avessero propaggini fino ai più alti vertici politici, nelle file dei servizi segreti... E perfino nelle molteplici organizzazioni criminali che ancora piagavano il territorio.
    Si erano dette molte cose su di lui, e mai un suo avversario o giornalista aveva mai portato uno stralcio di prova sulle sue presunte illecite attività.
    Era una persona misteriosa, si... Ma che grazie al proprio lavoro era stato in grado di dare occupazione ad un numero sempre crescente di persone, e questo il popolo russo non lo avrebbe dimenticato tanto facilmente.
    Uomini, donne, vecchi e bambini tutti erano riuniti attorno al percorso transennato presso cui la bara bianca sfilò quel giorno: per tutti loro se ne andava una leggenda, una di quelle entità che si reputa indissolubili, che mai e per nessun motivo si potrebbe pensare di veder sparire di scena... Le loro lacrime erano genuine, ora ben diversa sarebbe stata la loro vita.
    Uniti nel dolore comune, uniti nell'orgoglio di sentirsi parte della stessa entità: con euguale affetto lo avrebbero accompagnato nel suo ultimo viaggio.
    Radio e televisioni di tutto il mondo avrebbero seguito quell'evento, questo era certo. La notizia -diramata nella quasi totalità del globo alla velocità del fulmine- aveva colto più di una persona di sorpresa, e molte sarebbero state le fonti di informazione che avrebbero fatto di quella morte una notizia da prima pagina.
    Le ripercussioni si sarebbero fatte sentire anche dal punto di vista economico, oh si... Perché la perdita di una persona di tale levatura avrebbe certamente scosso i mercati, gli azionisti avrebbero perso fiducia e le borse di tutto il mondo si sarebbero ritrovate senza la terra sotto i piedi da un giorno all'altro.
    Un picco da poco conto, qualche giorno al massimo... Ma intere economie sarebbero crollate di parecchi punti, qualcuna più piccola e meno preparata -forse- non si sarebbe mai più ripresa dal colpo.
    Era un giorno di lutto quello.
    E la madrepatria avrebbe onorato uno dei suoi figli più illustri.
    Boris Josef Ivanovich.
    Sebbene per il resto del mondo la sua vera natura sarebbe rimasta nascosta, l'Ex Capitano della Settima Divisione dell'Ordine dei Quincy sarebbe stato ricordato, per ben altri meriti, dai suoi fedelissimi.
    Come un solo uomo, irriconoscibili da comuni militari, sfilarono in parata.
    Il dolore nei loro occhi per la perdita del loro leader non era qualcosa che le parole, le fotografie e i filmati potevano rendere appieno

    - "позади случайпоиски москва"-
    -"Cronache dei padri di Mosca"-







    москва: час 05:35пм_
    Mosca: ore 5:35am_



    La macchina, una Mercedes R50 dai finestrini oscurati correva rapida lungo i viali deserti della città di Mosca.
    Le enormi strade, che fino a pochi giorni prima erano intasate dal traffico di di centinaia di migliaia di pendolari adesso erano completamente svuotate di ogni presenza umana se si eccettuavano quei pochi venditori di souvenir e i rari operai disposti a lavorare anche a quell' ora indecente.
    Oltretutto stava per iniziare una nevicata decisamente forte rispetto agli standard come preannunciava da giorni il servizio meteo della capitale, per nulla smentito dalla folta coltre di nubi nere che vorticava da giorni sopra la capitale gravida di ghiaccio e acqua in egual misura.
    Era pieno inverno, e il vento gelido proveniente dal cuore della Siberia portava con se temperature polari nell' ordine delle due cifre sotto lo zero.
    Un sottile strato di ghiaccio ricopriva il manto stradale rendendo estremamente difficoltoso mantenere la tenuta di strada, ma per l'autista della limousine tutto ciò non faceva alcuna differenza, era abituato a guidare in situazioni molto peggiori di quella in cui si trovava, e solitamente alla guida di mezzi molto peggiori di quello che adesso conduceva.
    Avanzando solitaria nella notte la vettura entrò nella piazza del Cremlino, costeggiando le svettanti torri e immettendosi nella lunga arteria autostradale che univa la città di Mosca al porto Baltico di Poljarnyj, principale base della marina russa nel nord del territorio e in definitiva meta ultima di quel viaggio.
    All' interno dell' abitacolo, quattro uomini in uniforme stavano controllando la documentazione in loro possesso.
    Due erano chiaramente identificabili come guardie del corpo, vestite di due uniformi militari di taglio semplice, coperte da un giaccone di lana bianco candido decorato da un colletto di pelliccia del medesimo colore.
    Il terzo portava invece una divisa da ammiraglio della flotta russa, carica di medaglie ed onoreficenze mentre il quarto era vestito in maniera molto semplice, con una uniforme bianca decorata con orli color azzurro mare e recante greche intrecciate a filo d' oro.
    Sul suo petto luccicava invece un monile d' argento cucito sulla giubba, un distintivo rappresentante una spada a forma di croce e attorno ad essa un cerchio su cui erano incise numerose parole con una calligrafia ed una precisione degna di un maestro del cesello.
    La tensione era palpabile nelle persone sedute sui comodi sedili di pelle, ognuno di loro sembrava a disagio...questo perchè sapevano cosa li aspettava.
    Quando il mezzo giunse all' ingresso della autostrada la nevicata era già iniziata e grossi fiocchi candidi cadevano pigramente dal cielo volteggiando nell' aria, andando a formare una coperta pallida sul manto stradale.
    Dunque il mezzo si fermò per un istante, i suoi freni grattarono pericolosamente sino a quando le ruote non riuscirono finalmente a mordere l' asfalto arrestando la corsa della vettura.
    Attese un paio di minuti, poi da due rimesse ai lati della strada uscirono due trasporti truppe APC dipinti di nero, che si misero a protezione della macchina ponendosi uno sul fronte e l' altro sul retro del veicolo; chiunque avesse voluto assalire il convoglio adesso sarebbe stato adesso ben accolto, e questo era poco ma sicuro, i suoi occupanti volevano viaggiare nella più completa sicurezza.
    Con la sua scorta al completo la macchina riprese il suo lungo cammino, l' arrivo al porto sul mare era previsto in due ore.
    Nessuno degli occupanti chiuse comunque occhio per riposarsi o anche per rilassarsi un poco dalle fatiche del viaggio, non ne sarebbe stato in grado.



    курятина гавань
    волнорез: час 07:40пм_

    Base di Poljarnyj
    Base di attracco: ore 7:40am_




    Il gruppetto di veicoli giunse dopo un lunghissimo viaggio alle porte della base navale di Poljarnyj dove venne rapidamente fermato al primo posto di blocco.
    Una mezza dozzina di sentinelle uscì dalle proprie baracche per scortare l' ufficiale comandante che uscì dal proprio loculo e si avviò verso la macchina al centro.
    L' ufficiale si chiamava Aleksej Nabrokov, non aveva più di ventisette anni, e serviva a guardia di quella base da quando ne aveva diciotto; solitamente a quell' ora sfidava Poljakov ad una partita a scacchi e subito dopo si faceva la barba nell' attesa di una ispezione che in dieci anni non era mai arrivata.
    Quando gli giunse notizia che un convoglio straordinario era arrivato direttamente dalla capitale non perse nemmeno un istante e indossato il pesante cappotto di lana e calzato il cappello con le mostrine da tenente uscì di corsa bestemmiando in dialetto contro chiunque avesse avuto la bella idea di presentarsi a quell' ora indecente senza nemmeno un minuto di preavviso.
    Il giovane sbattè la porta dell' aloggio facendo penetrare una ventata di aria gelida e si strinse nel colletto di pelliccia facendo cenno a due dei suoi umini di seguirlo.
    I suoi stivali affondarono pesantemente nella neve mentre si muoveva con difficoltà andando verso la vettura.
    Sbattè la mano guantata bussando su uno dei neri finestrini, ma non ricevendo risposta alcuna si preparò ad ordinare ai suoi uomini di irrompere nell' auto, almeno sino a quando uno dei vetri oscurati non si abbassò facendo fuoriuscire una mano inguainata in un morbido guanto di belle bianca, che reggeva un documento che ondeggiava pericolosamente nella bufera montante.
    Aleksej prese con un gesto rabbioso il documento, lo lesse un paio di volte per essere sicuro e poi fattosi terreo in volto lo rese agli occupanti della vettura.
    Meno di un minuto dopo i mezzi entravano nella base navale lasciando il giovane a chiedersi se potesse esistere un posto ancora più freddo di quello in cui avrebbero potuto spedirlo.
    I passeggeri all' interno adesso avevano un sorrisetto divertito sulle labbra mentre sfrecciavano lungo le banchine del porto militare di Poljarnyj sede centrale della oramai distrutta marina russa, che la caduta del comunismo ed enormi tagli nel budget avevano trasformato nella più fallimentare istituzione della storia.
    Enormi sagome stazionavano come dita protese dai moli, navi da guerra delle taglie più disparate, dai piccoli dragamine agli enormi incrociatori di classe Schuda grandi come piccoli edifici costellati di cannoni di varia caratura e tubi lanciamissili e lanciasiluri oramai divorati dalla ruggine e dall' impietosa mano del tempo.
    Le navi da battaglia oramai abbandonate a se stesse e coperte di ruggine erano uno spettacolo desolante, che proseguiva per svariati chilometri mentre il convoglio si inoltrava verso il cuore pulsante di quella installazione.
    Tre sagome nere, immense, stazionavano al centro della baia, affossate dentro i bacini di carenaggio.
    Enormi balene spiaggiate nere come la pece, sormontate da piccole torrette a goccia sproporzionate rispetto a quei corpi immensi.
    Si trattava di sottomarini, ma non di un tipo qualunque, no, quelli troneggiavano persino sulle altre navi.
    Si trattava di navi da guerra di classe Tifone.
    I sottomarini nucleari lanciamissili Progetto 941 Akula (in russo: Акула, squalo), meglio conosciuti in Occidente con il nome in codice NATO di classe Typhoon erano ii più grandi sottomarini mai costruiti. Lunghi una volta e mezza un campo da calcio, possedevano un dislocamento in immersione di circa 33.000 tonnellate potevano caricare fino a 200 testate nucleari.
    Ma ciò che effettivamente li rendeva l' incubo di tutte le forze occidentali era la loro silenziosità.
    Potevano girare attorno a tutti gli Stati uniti d' america, sganciare due o tre testate su ogni città importante del continente e tornare indietro, il tutto senza mai mettere la testa fuori dall' acqua.
    Si trattava del mezzo perfetto per una operazione sotto copertura...ed era proprio per quello che una di quelle unità , una delle sei esistenti, adesso aveva un nuovo motto,un nuovo padrone ed un nuovo simbolo dipinto sulla torretta.
    Una spada a forma di croce, una scritta recante il motto "Nihil sine nefas" intorno al castello prodiero...
    E infine sulla fiancata troneggiava un nuovo nome scitto con vernice dorata in caratteri gotici
    Xрабрый Pовсова
    Boris Ivanovich.
    Era stata una vera impresa compiere quell' operazione sotto l' occhio sempre vigile del Cremlino, un sottomarino di quella stazza non scompariva facilmente tuttavia era sempre uno spettacolo incredibile vedere come certe somme di denaro riuscivano a chiudere istantaneamente bocche, occhi ed orecchie persino dell' osservatore più attento.
    Adesso nessuno, neppure i potenti servizi segreti americani, potevano sapere a chi apparteneva davvero quel mezzo.
    In quel momento la rombante Mercedes giunse alla fine della banchina del porto militare e con uno stridio si fermò davanti ad una lunghissima striscia di asfalto, che si perdeva oltre l' orizzonte.
    Sulla pista dell' areoporto militare erano parcheggiati una decina di caccia d' assalto ed una mezza dozzina di aerei cargo, immensi e torreggianti giganti dei cieli che rifornivano abitualmente la base militare di ogni genere di mezzo di sostentamento, dal carburante alle provviste.
    Eppure vi era una ampia area di pista sgombra, sul quale non vi era assolutamente niente.
    Non un velivolo, non un addetto al decollo, solo numerosi bengala e luci al neon che illuminavano la zona di atterraggio.
    Quella era una zona riservata ad una sola persona, l' autorità che stava arrivando dal giappone, e che presto sarebbe giunta trovando i suoi ospitanti pronti a riceverla.
    Un puntino luminoso, intermittente e tenue si accese in distanza nella notte, seguito dal rombo tipico dei turbogetti a reazione di un velivolo supersonico.
    I portelloni posteriori degli APC si spalancarono, facendo fuoriuscire da ognuno dei grossi corazzati di metallo e acciaio una dozzina di soldati in alta uniforme, che si disposero immediatamente in un ordinatissimo corridoio.
    Sembravano statue, erti nei loro cappotti neri come la pece, con i loro colbacchi bianchi tipici dei fanti di marina.
    Non facevano una piega, nè quando il vento siberiano li sferzò, nè quando il piccolo aviogetto da trasporto recante la livrea della croce bianca passò loro accanto, fermandosi esattamente in mezzo alle due ali di militari.
    Due delle guardie si mossero immediatamente appoggiando una scaletta accanto alla portiera dell' aereo che si aprì lentamente.
    Nello stesso istante le porte dell' auto si aprirono, facendo uscire prima due nerboruti giapponesi in uniforme completamente bianca e due piccole croci al polso.
    Poi altre due figure, un possente ufficiale di origini tipicamente russe in alta uniforme, ed un tipo più magrolino, dall' aria però infinitamente più pericolosa.
    Alla mano portava un guanto bianco e nero, sottobraccio una cartellina con dei documenti e sul volto una espressione di assoluta felicità.
    I lineamenti sino-nipponici invece, assieme alle sue decorazioni, lo identificavano come Kurokiri Mishima, il responsabile della Settima divisione di arcieri spirituali di stanza in Russia.
    Il quartetto di uomini si fece dunque avanti con passo marziale.
    Proprio mentre Hay Sadeki, inviata dal consiglio dei Quincy, scendeva gli scivolosi gradini della scaletta dell' aereo.




    курятина гавань
    иллюминатор: час 07:40пм_

    Base di Poljarnyj
    Areoporto militare: ore 7:40am_







    Mentre la giovane scendeva l' aereo Mishima le si pose dvanti, con il suo sorriso migliore sul volto.
    Era rimasto sorpreso nello scoprire che si trattava di una ragazza così giovane, quando lo aveva scoperto, circa sei mesi prima, gli era quasi preso un infarto.
    Sul momento si era sentito preso in giro,lui, con oltre dieci anni di esperienza alle spalle, veniva rimpiazzato al comando da una mocciosa? Avrebbe dovuto obbedire ad ogni suo ordine?
    Aveva inviato proteste a chiunque gli fosse stato possibile, ma la sola risposta che aveva avuto era stato il suo ruolino di servizio.
    A quello erano immediatamente seguite le sue più profonde scuse.
    Se avesse solo immaginato cosa avrebbe passato quella povera ragazza si sarebbe sentito male, non avrebbe certo voluto essere nei suoi panni.
    Dopotutto però, aveva pensato, se è stata addestrata da Takamichi-san in persona potrà certamente badare a sè stessa...e poi avendo fatto parte della missione in Siberia, beh, probabilmente il suo soggiorno nelle gelide terre di Russia sarebbe stato molto più breve del previsto...forse.
    Giunto davanti alla ragazza fece un leggero inchino e le porse la mano per stringerla, prima di dirle in perfetto giapponese con gentilezza ed educazione frutto di tanti anni di allenamento.
    Miss Sadeki, le dò ufficialmente il benvenuto alla base di Poljarnyj.
    Spero che abbia fatto un buon riposo e che il viaggio sia stato di suo gradimento.

    Si girò dunque verso l' altro ufficiale, il russo, e invitando la giovane inviata la fece avvicinare mentre il suo compare le stringeva la mano a sua volta, con una stritolante presa da orso.
    Il nerboruto caucasico sorrise da sotto la barba rispondendo a sua volta con un marcatissimo accento.
    < Benvenuta in nostra terra di Russia Miss Sadeki, sono grandemente onorato di fare la vostra conoscenza>
    Mishima proseguì dunque a parlare indicando con un gesto l'uomo che aveva appena parlato
    Miss Sadeki, le presento l'Ammiraglio Grigorji Grimka, della marina russa, e comandante dell' incrociatore pesante Straghov.
    E' lui che si è offerto di offrirci la base come punto di appoggio per farla atterrare in tutta sicurezza.

    Poi si chinò un poco e sempre con il sorriso sulle labbra e senza cambiare espressione proseguì con tutta la naturalezza possibile.
    Il generale è convinto che lei sia una osservatrice dei servizi segreti, ignora completamente l' esistenza di noi Quincy, quindi faccia finta di nulla, ma non si preoccupi, i suoi ordini sono di rimanere qui alla base navale, dunque non ci darà alcuna noia.
    E sollevandosi verso il suo corrispettivo sovietico fece un rigido sluto militare, sperando che la nuova arrivata facesse lo stesso.
    Al saluto rispose anche il generale, che subito dopo si infilò assieme ai suoi uomini in uno degli APC e si perse nella nebbia mattuttina, sorta pochi minuti prima, mentre il sole, con un suggestivo spettacolo sorgeva illuminando le sterminate pianure innevate e la distesa placida color grigio piombo del mar baltico.
    Mishima sollevato tornò con lo sguardo verso la sua, adesso, superiore e le indicò la macchina che pian piano stava venedo coperta di un sottile strato di neve.
    Prego, si accomodi, qua fuori si gela e immagino non sia abituata al gelido tempo del continente, nella vettura staremo certamente più caldi.
    Così si incamminarono entrambi verso il veicolo, seguiti dalle due guardie del corpo.
    Come furono entrati nella vettura e si furono posti a sedere, con le guardie del corpo rivolte sui sedili verso di loro l' ufficiale spinse un piccolo bottone posto sopra un pannello in argento che si trovava tra lui e la giovane quincy, che scomparve immediatamente per venire sostituito da un fornitissimo arsenale di bevande di ogni tipo.
    Desidera qualcosa da bere? Sherry, Gin, Sakè,Vodka? O forse preferisce qualcosa di caldo, tipo thè, caffè o cioccolata? Altrimenti se lo desidera ho anche della normalissima acqua minerale, mi dica lei se naturale o frizzante.
    Poi dopo aver eseguito diligentemente i comandi ricevuti si appoggiò al sedile di pelle, e sempre rimanendo girato verso il suo neo-superiore si massaggiò un secondo le mani prima di proseguire con la solia espressione bonaria.
    Prima di tutto perdoni la mia scortesia di prima.
    Non mi sono ancora presentato.
    Mi chiamo Kurokiri Mishima, sono, o meglio ero, l'ufficiale responsabile della Settima divisione quincy.
    Questi due invece sono Dokuro Iwazawa e Chigeo Koijima, due dei miei ex-attendenti, sono tipi di poche parole, ma le posso assicurare che le loro abilità marziali sono di prim'ordine.
    Ovviamente come lei e io appartengono entrambi alla prima divisione.
    Il loro compito sarà badare essenzialmente alla sua sicurezza e di vigilare che non le accada nulla di male nel corso della sua permanenza qui nella terra degli Zar.

    Mentre diceva quelle parole estrasse da sottobraccio il pesante faldone in pelle nera.
    Era una enorme raccolta di fogli, documenti di ogni generi, racchiusi in una voluminosa copertina di cuoio su cui era stata incisa una spada-croce in argento puro.
    Lo custodisca con cura e con prudenza, Miss Sadeki.
    Quello è il database cartaceo della settima divisione; in esso sono contenuti tutti i dati fondamentali dell' organico, tra cui tutte le schede tecniche e comportamentali di tutti i settecento quincy della divisione sparsi per il territorio Russo con allegati i loro file personali e il relativo status di servizio, a cui segue un elenco dettagliato di tutti i resoconti finanziari e di tutte le proprietà e i beni immobili dell' ordine nella nostra area di competenza.
    Immagino sia superfluo ricordarle che quel fascicolo non deve assolutamente cadere in mano nemica.
    Lo impari a memoria, le sarà fondamentale.
    Ah, spero che non le dispiaccia se mi sono preso la briga di tradurlo tutto in giapponese, ho pensato che le avrebbe facilitato il compito.
    Nel caso le servisse saperlo la prima metà sono le 320 pagine di traduzione, le altre sono gli originali.

    Sperò ardentemente che la ragazzina capisse l'importanza dei documenti che teneva in mano.
    In essi vi era tutta la storia della divisione e tutti i suoi bilanci, così come la fonte di tutte le sue entrate e informazioni in grado di far cadere ben più di un governo Moscovita.
    Nonostante la sua fastidiosa venuta Mishima stava inizando a rivalutare la nuova arrivata.
    Era tutto quello che gli occorreva: semplice, ingenua e facilmente manipolabile.
    Sarebbe stata perfetta, oh sì, tutto sommato uno schermo del genere poteva fargi decisamente comodo.

    Poche centinaia di metri più in là Grimka estrasse da una delle tasche del cappotto una piccola e compatta trasmittente nera.
    Regolò un poco l' antenna e dopo le prime scariche statiche una voce dura e tagliente gli rispose.
    Con il gelo che si condensava in ampie volute attorno alla sua bocca mormorò poche lapidarie parole in russo al suo interlocutore.
    <-Da- , tutto procede secondo i piani, голубьбелый ha lasciato l'area e si dirige verso F3, passo e chiudo.>
    Poi abbaiò un paio di ordini ai suoi uomini e tutti salirono dentro uno dei due APC rombanti.
    Come si fu seduto gli furono subito porti un bicchiere di vodka con del ghiaccio, un sigaro e un accendino.
    Si fece accendere il grosso sigaro da uno dei soldati aspirando due grandi boccate di fumo.
    Poi sollevò il bicchiere al cielo e ridacchiando borbottò allegramente.
    < Alla tua salute compagno Mishima, buon viaggio!>
    E la sua risata si perse nel nulla mentre i due mezzi si dirigevano alla volta degli uffici della sorveglianza.


    большойдорога железная дорога МКАД
    улица северный, гостиница "император"
    крыша: час 08:15пм_

    Grande svincolo autostradale di MKAD
    Raccordo nord, Hotel "Imperator"
    Tetto: ore 8:15am_








    Il vento soffiava impietoso sopra la cima piatta del grande tetto dell' hotel "Imperator"; un colosso di ferro e acciaio che giganteggiava sopra l'esigua striscia di asfalto che rappresentava la principale linea di comunicazione di Mosca con il resto di Europa.
    Tra le grate e i camini del riscaldamento la luce del sole nascente generava lunghe ombre tra le casematte di cemento e le lunghe bandiere dei vari paesi.
    Solo un osservatore molto attento avrebbe potuto individuare un'ombra fuori posto tra di esse.
    Un'ombra che con rapidi movimenti si spostò a ridosso del muro prima di estrarre dal grosso zaino che portava con sè numerosi oggetti, tra cui una trasmittente, un binocolo a visione infrarossa e termica, un lungo telo mimetico, una scatoletta di acciaio e un tubo di metallo estremamente pesante.
    Mentre il sole adesso proiettava una tenue luce rosata i contorni divennero più definiti, rivelando una sagoma robusta, alta più di un metro e ottanta, inguainata in una tuta nera come la notte correlata di anfibi dalla suola in gomma cerata, guanti, giubbotto antiproiettile e passamontagna dello stesso medesimo colore.
    La misteriosa entità si passò una mano accanto alla testa e sfiorò l'orecchio due volte, attirando l' attenzione di uno dei suoi compagni con pochi tocchi dell' auricolare che portava al canale uditivo.
    <сокол, il bersaglio è in vista,l' ETA stimato alla portatata di tiro più efficace è di circa un minuto e diciassette, la visuale è sgombra e il vento è praticamente assente, avrò gioco facile. >
    Due colpi secchi furono tutto ciò di cui aveva bisogno per sapere che la conferma dei dati c'era.
    Il bersaglio era quasi a portata di tiro.
    Il misterioso soldato -poichè il suo atteggiamento e i suoi gesti meccanici non potevano provenire da nessun'altro tipo di addestramento- prese quindi la scatola metallica e aperte le due chiusure l' aprì.
    Al suo interno vi era un altro cilindro metallico, un sostegno e un paio di altre cose, oltre ad una piccola sagoma ogivale anch'essa di acciaio cromato.
    Mani esperte presero il piccolo cilindro e lo montarono su quello più grosso, facendo seguito poi ad una decina di altri piccoli pezzi che rapidamente presero la forma di un mirino e di un complicato sistema di stabilizzatori e smorzatori di fiamma.
    image
    Una trentina di secondi dopo l'uomo in nero teneva in mano un lanciamissili RPG che scintillava debolmente sotto il riflesso della luce.
    Estrasse dunque anche il piccolo e compatto missile e lo introdusse nell' apposito alloggiamento, nel quale scivolò con un leggero sbuffo d'aria calda; i sistemi di riscaldamento interni stavano già preparando la camera di scoppio alle elevatissime temperature che avrebbe dovuto sopportare.
    Dunque, terminati i preparativi si sporse leggermente oltre il massiccio cornicione e puntò l' arma sulla strada avanti a sè.
    Mentre un unico occhio azzurro come il mare d'inverno scrutava attraverso la lente dello zoom, le ghiere ruotarono leggermente adattandosi e mettendo a fuoco automaticamente il bersaglio.
    Il misterioso militare abbassò dunque una levetta posta a lato del mirino che iniziò a ronzare debolmente mentre il laser di puntamento si fissava sul serbatoio della macchina che stava transitando inquel momento.
    Un sorriso terrificante di trionfo si dipinse sul passamontagna mentre i due mirini di collimazione andavano a sovrapporsi.
    Poi con voce atona, rivolto più a sè stesso che ai suoi compagni l'uomo disse in tono freddo e irrisorio.
    < Dasvidanja, compagno Mishima.>
    Un ultimo sussulto, poi trattenne il fiato diventando immobile.
    Con un beep appena accennato l' arma inquadrò il bersaglio, e praticamente nello stesso istante un dito guantato premette il grilletto.
    image
    Il missile, una testata guidata al laser da 8 chili di esplosivo volò a velocità folle dal tubo lanciamissili accompagnata una lunga voluta di fumo bianco latte.
    Dopo un secondo circa di volo il proiettile ogivale estroflesse le alette direzionali mentre compensava leggermente la rotta da seguire di pochi gradi per adeguarsi allo spazio percorso dal Mercedes nero.
    Il pilota si accorse troppo tardi del pericolo e tentò invano di sterzare, ma non era in grado di stare dietro alla intelligenza artificiale del missile, che con un sonoro cozzo impattò contro gli sportelli antiproiettile del lato sinistro dell' auto.
    Le portiere rinforzate in acciaio della vettura potevano resistere facilmente all'impatto di una gratata a frammentazione e dunque l'impatto avrebbe dovuto causare niente di più che un violento scossone ai passeggeri.
    Ma non fu così.
    La testata ogivale del missile era stata caricata con oltre quattro chili di materiale esplosivo ad alto potenziale di tipo T-4, una quantità sufficiente ad abbattere un palazzo di cinque piani senza troppo sforzo, che deflagrò con uno scoppio subsonico avvolgendo l'automezzo in una palla di fuoco ruggente proiettandolo ad oltre cinque metri di altezza prima di farlo ricadere a terra ridotto a niente di più che ad un cumulo di metallo informe e fuso dall' intenso calore.
    Dopo una rapida ispezione il misterioso figuro sul tetto dell' albergo smontò rapidamente la sua arma, la rimise nello zaino e iniziò a scendere con rapidità la scala di corda che portava fino a terra, qaranta metri e dieci piani più in basso.
    Giunto a terra si avvicinò ai resti fumanti della vettura e ne osservò i cadaveri bruciati all' interno.
    Uno di essi ancora stringeva una cartellina intonsa, che nemmeno il fuoco osava sfiorare.
    La afferrò e la mise nello zaino, non prima però di avere estratto una piccola pistola semiautomatica e di avere freddato con efficenza tutti i cadaveri all' interno dell' abitacolo con un singolo preciso colpo alla tempia per essere sicuro, dunque si girò e con passo svelto si inoltrò nei vicoli della periferia di Mosca.
    Estraendo dunque un cellulare mentre correva fece rapporto
    <сокол qui è ворона-3, missione completata, il bersaglio primario è stato eliminato con successo, così come i due obbiettivi secondari, come programmato non ci sono testimoni, il lavoretto è pulito, adesso rientro alla zona di estrazione, ETA 1 minuto e 30>


    Poco più in là, spinta fuori dall' abitacolo da una delle due guardie del corpo, Hay Sadeki riprendeva a fatica conoscenza, leggermente ustionata dalla esplosione con la divisa strappata, sporca di sangue e con un paio di costole rotte... ma tutto sommato ancora viva.



    PoV - Turno (I):


    Benvenuta all' inferno...

    Come hai potuto facilmente intuire la tua visita alla divisione non è certo iniziata nel migliore dei modi, sei rimasta coinvolta in un attentato, i tuoi unici contatti sono stati uccisi e tu ti ritrovi ferita in modo più o meno grave su una autostrada a circa -5° centigradi mentre rischi di perdere conoscenza da un momento all'altro.
    Tuttavia non disperare, la strada è ancora lunga: nuove sorprese, nuovi intrighi, cospirazioni e sfide impensabili ti attendono nella morsa del gelo della terra degli Zar, laddove un coltello nel buio vale più di cento spade alla luce del sole.
    Perchè non tutti i nemici si possono affrontare con l' arco, e spesso il sotterfugio e la menzogna sono i tuoi più importanti alleati.

    -In questo post dovrai descrivere il viaggio di andata, i tuoi pensieri e le tue emozioni approfonditamente davanti all' incognita di quello che ti aspetta, poi il tuo arrivo, le tue reazioni nei confronti di Mishima e di Grimka, il viaggio sino al momento dell' esplosione, nel quale Iwasawa ti spinge disperatamente fuori dalla macchina prima che questa esploda e i secondi successivi all' arrivo dell' uomo, che non ti vede e termina gli occupanti ancora vivi prima di andarsene.. .poi finalmente perdi conoscenza
    Ci sono inoltre un paio di fattori che verranno spiegati adesso

    °Hay è stata sottoposta ad un corso intensivo di russo della durata di 6 mesi. Adesso sà intavolare una conversazione decente in un russo incerto, ma comprende e sa esprimersi in maniera abbastanza semplice.
    Da adesso in poi le frasi in russo saranno contrassegnate da <questo> tag di scrittura, le parole sconosciute invece rimarranno in russo cirillico ^_^

    °L'identità di Hay e il motivo della sua presenza in Russia sono state taciute ai quincy della settima, pertanto essi ignorano chi lei sia e quale sia il suo ruolo e il suo grado.

    °Il computer di Ivanovich ha rivelato poco e nulla, se non alcuni documenti di scarsa importanza. Si ritiene dunque che il vero database si trovi ancora da qualche parte nel suo ufficio, in una zona non ispezionata e che contenga informazioni importanti, se non addirittura fondamentali.
    Recuperarlo ha priorità assoluta nel caso si dovesse entrarne in possesso

    °Mosca in questo momento è nel caos più totale ed è preda della guerra tra mafie rivali.
    Queste ultime ignorano chi i quincy siano, e pertanto li considerano alla stregua di qualunque altro gruppo criminale







    Glossario:
    -голубьбелый: Colomba bianca
    -сокол: Falco
    -ворона: Corvo
    -Dasvidanja: Addio
    -Trasporto APC[+]
    La sigla APC stà per Armoured Personnel Carrier.
    Con questa denominazione si intendono tutti i mezzi corazzati da trasporto truppe dotati di una corazzatura completa e solitamente provvisti di una rampa di accesso posteriore
    Inoltre spesso montano in dotazione una arma medio-leggera in torretta e trasportano squadre da dieci elementi più il pilota e l'artigliere.
    -ETA: Established Time Arrival, gergo militare per indicare
    il tempo stimato per l' arrivo sul bersaglio





     
    Top
    .
  2.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Group
    Amministratore
    Posts
    2,705
    Reputation
    +8
    Location
    Right behind you ... ~

    Status
    Offline
    - Parlato -
    « Parlato Russo »
    § Pensato Hay §
    Voice


    » Prologue
    The silent howling of the Snow.

    wolf0



    Casa Sadeki, Karakura, Tokyo.
    Ore 15:00.




    Yori Kazura stava seduto sul letto in camera di Hay Sadeki, con aria divertita.
    Lo divertiva il fatto di pensare al grande cambiamento di quella ragazzina.
    Pensare che era passato così tanto tempo da quando la vedeva correre e giocare con Haru, lì per lì gli venne quasi nostalgia.
    Yori era stato designato dalle autorità come suo tutore, essendo l'unico a quel tempo con cui la piccola Hay riusciva a parlare, l’unico che in un certo senso faceva parte della sua famiglia.
    Era stato lui a tenerla d’occhio, lui che l’aveva cresciuta come se fosse sua sorella, o una figlia, finché non era stata in grado di badare a se stessa e scegliere la sua via.
    In fondo era questo che il fratello di Hay-chan gli aveva chiesto: e lui non aveva fatto altro che portare a termine questa missione, finita proprio quel giorno.
    Era stata proprio la sera prima, era stata lei ad andare da lui, a suonare il suo campanello, a presentarsi con una torta dall'aspetto invitante e chiedergli di poter entrare in casa.
    Era rimasto interdetto, visto che da tanto non accadeva una cosa simile: adesso erano vicini di casa, e nonostante gli anni che avevano passato insieme, a lungo andare Hay si era resa responsabile e aveva scelto di vivere da sola, anche in relazione al suo essere diventata Quincy. Così gli incontri fra i due diminuirono ad una volta a settimana, un giorno festivo, per questo quella sera era rimasto stupito da tale visita.
    L’aveva guardata, e un senso di agitazione come un padre avrebbe nei confronti di una figlia, allarmandosi.
    Chiedendosi cosa ci potesse fare e altre domande simili, ma lei lo tranquillizzò con la sua solita voce pacata.
    Così spiegato il motivo di quella visita, una chiacchierata fra amici, la face accomodare in casa.
    Non aveva neanche fatto in tempo a chiederle di accomodarsi su una sedia in cucina che lei iniziò ad assumere un aspetto serio, strano, che lui non le aveva mai visto. Poi quelle parole, se le ricordava tutt'ora perfettamente: quelle parole che gli gelarono il sangue nelle vene.
    - Haru-nii. Lui era un Quincy, come lo sei, o per lo meno lo sei stato, tu. Non è vero? Yori-chan.-
    Non seppe cosa risponderle all'inizio. Si limitò a fare un sorriso ebete che si spense poco alla volta.
    Non poté fare altro che abbracciarla e stringerla a sé, non poté fare altro che frenare il rimorso che lo attanagliava, la tristezza e allo stesso tempo la gioia che provava in fondo al cuore.
    Aveva taciuto. Sì, era colpevole di non averle rivelato niente. Di aver portato quel segreto dentro di sé.
    Lo aveva fatto perché una bambina come lei non potesse mai fare parte di quel mondo. Che dopo quello che era successo ad Haru, lui non avrebbe permesso che anche lei potesse fare una simile fine. Lei che faceva parte della loro famiglia. Lei che Haru amava quanto lui.
    Si era sbagliato.
    Non era assolutamente giusto negarle di far parte di quel mondo dove c’era Haru, e dove vi era anche lui.
    Ma non ne aveva mai avuto il coraggio. Non aveva mai avuto il coraggio di dirle tutto, di raccontarle tutto quello che era successo. Di dirle chi erano, di portarla nella I Divisione, di tenerla con sé, di farle da maestro: perché potesse essere addestrata e allo stesso tempo tutelata.
    Ma non fece niente di tutto ciò. Aveva paura. Paura di non poter specchiarsi più in quegli occhi profondi come quelli di Haru: era stata una scelta sofferta, che l’aveva tormentato anche nelle notti seguenti.
    Perché lui non era forte. Era chiamato da tutti 'Otomen' ragazzo dal cuore fragile. Lui non era forte quanto Haru Sadeki ed era per questo motivo che non riusciva a separarsi da lui, per questo motivo lo avrebbe voluto proteggere sempre. Perché una volta che lui se ne sarebbe andato la sua vita sarebbe crollata, il suo mondo si sarebbe estinto. E lui con questo.
    Invece Hay aveva preso proprio tutto da suo fratello, una copia perfetta in corpo femminile.
    Una forza di volontà unica per una ragazzina normale, e un coraggio incredibile che lui ammirava.
    Era stato questo, vederla tutti i giorni, fare la spesa per lei e averne cura come se fosse sua sorella. Guardandola giorno dopo giorno, sentendola parlare, sentendo che il suo spirito non era certo qualcosa che potesse essere piegato facilmente, questo fece sì che alla fine, dopo tanto tempo, lui riprendesse in considerazione la decisione che aveva preso per trasformarla in un’altra più giusta e più importante della sua vita.
    Mascherò la sua identità e la prese come allieva. Le insegnò le basi per essere un vero Quincy, le mostrò la via da seguire, quella via che tanto attendeva, poi si era dileguato tornando Yori Kazura, il suo tutore.
    E quello stesso giorno in cui aveva lasciato Hay-chan a proseguire verso quella strada, lui se ne era andato dall'Ordine.
    Aveva poi iniziato a fare un lavoro normale, come disegnatore per una casa di moda maschile molto importante in Giappone e nonostante i turni di lavoro e i tour in giro per il mondo che era costretto a fare, trovava sempre un giorno alla settimana per invitare la ragazzina a stare un giorno intero da lui, come ai tempi in cui lui doveva fargli da babysitter per colpa della testa calda di suo fratello.
    Sì. Quell’atmosfera che respirava in quei giorni in cui stava con lei, in cui si lasciava raccontare le vicende di amicizia e di amori perduti, in cui pranzava e cenava con lei accanto.
    Quell’atmosfera aveva il gusto semplice, dolce e gioioso di ‘famiglia’.
    Così adesso si trovava là, a sedere sul letto di Hay Sadeki, con le braccia conserte, aspettando che la ragazza entrasse nella stanza.
    Aveva confezionato lui stesso i vestiti per lei: un ordine speciale.
    Perché lo aveva chiesto a lui? perché semplicemente aveva bisogno di abiti degni di un incarico come le era stato affidato dall’Ordine Quincy in persona.
    Abiti semplici ma eleganti, seri, che un po’ prendevano spunto da uniformi da uomo.
    E Hay sapeva che in fatto di gusti Yori le era un passo avanti. Così le aveva preparato tutto e glieli aveva portati in tempo.
    Sorrise.
    - Come sto, così?- Yori venne risvegliato di soprassalto dai suoi pensieri e si girò in direzione della porta dove Hay Sadeki aveva appena fatto il suo ingresso.
    La ragazzina lo guardò con un volto sorridente girandosi su se stessa con le braccia aperte mentre i capelli lunghi e neri volteggiavano liberi da ogni legamento.
    Si fermò per poi attendere con agitazione il responso di Yori.
    - Perfetto. E' un completo molto carino, e allo stesso modo elegante. La camicia vedi di abbottonartela, farà un certo freddo laggiù, e non hai motivo di impressionare nessuno. Lasciati l'ultimo bottone sganciato, così almeno non sembri rigida come un paletto. Per il resto, i capelli ti stanno meglio se li tieni legati dietro da una crocchia, ma lasciane alcuni scivolare liberi. Niente collane o oggetti vari. La croce dei Quincy è meglio se la lasci qui. La fondina che hai sul comodino mettila sottobraccio, in modo che non si veda. Non è molto carino per una signora andare in giro armata.- gli disse per poi assumere uno sguardo sereno, sorridendo.
    Sì, era perfetta.
    Ed era anche diventata una bella ragazza, nel fior fiore della sua gioventù. Solo un deficiente non poteva apprezzarla. Fece spallucce ai suoi pensieri e la guardò mentre le si buttava al collo ringraziandolo.
    Questa volta era lei a stringerlo a sé.
    Sì, era proprio cambiata. E adesso era pronta per intraprendere la sua strada.
    -Mi raccomando. Stai attenta, e cerca di tornare a trovarmi qualche volta.-
    Lei annuì, glielo promise. Non poteva non negare la sua inquietudine ma sapeva, che Hay non si sarebbe mai arresa di fronte a niente. Che se la sapeva cavare, anche meglio di lui.
    - Penserò io ad Haru-san.Vedi di portarmi un souvenir dalla Russia...- gli disse per poi trattenerla per le spalle esili e darle un bacio sulla fronte.
    - Sono fiero di te. E so che anche tuo fratello lo è. Continua così Hay-chan. E mi raccomando. Fai vedere a chiunque ti attenda in quel posto sperduto chi sei veramente.- finì e le strinse la mano, così fece lei sorridendo.
    Questa era la sua strada. Una strada che aveva scelto lei, e che di certo l'avrebbe portata lontano.
    Lontano dal suo passato, lontano da Tokyo.
    L'importante era che lei andasse avanti. Sempre e solo avanti.
    Questo voleva lui per lei. Questo avrebbe voluto Haru Sadeki.

    Casa Sadeki, Karakura, Tokyo.
    Ore 17:00.



    Hay Sadeki uscì fuori dalla doccia.
    Era stranamente stanca anche se non aveva fatto molto durante il giorno.
    Probabilmente quella spossatezza era dovuta più che altro all'agitazione: dopo cena Takamichi l'avrebbe accompagnata all'aeroporto, dove un aereo privato l'avrebbe portata in Russia.
    Lei sapeva il motivo di quella chiamata, il motivo di quel viaggio: L’Ordine dei Quincy le aveva affidato il vero e proprio incarico di sovrintendente dell’operato di un certo Mishima, adesso ufficiale responsabile della 'ricostruzione' della VII Divisione.
    Si mise davanti allo specchio, con l'asciugamano lungo che le copriva i lineamenti del corpo maturi, tipici di una ragazza della sua età, mentre sul braccio destro si potevano vedere ancora le varie cicatrici che lo attraversavano.
    Così mentre pensava un po’ del più e del meno di quell’incarico, che le aveva un po’ sconvolto e allo stesso tempo rallegrato i giorni da un po’ a quella parte, iniziò ad asciugarsi i lunghi capelli neri con il phon.
    Sì era proprio agitata, ogni poco le gambe le tremavano.
    Eppure nonostante quella strana paura non vedeva l'ora di arrivare là, in Russia.
    Rivedere quel territorio, sentire nei propri polmoni e sulla pelle l'aria gelida, ascoltare il silenzio e vedere cadere la neve.
    Rivedere quel posto che le aveva cambiato la vita.
    Ancora non riusciva a credere che davvero le avrebbero affidato il compito di supervisionare la ricostruzione della VII Divisione.
    Cosa avrebbe fatto una volta arrivata là? Come si doveva comportare con quelli della Divisione Russa...cosa avrebbe detto, come avrebbe agito?
    Sarebbe poi stata davvero all'altezza di quel compito che Ivanovich le aveva assegnato? Sarebbe stata capace di lottare per quel sogno...?
    Domande che restavano sospese, nella sua mente, che la mettevano in una condizione di voler sapere ma temere anche la risposta.
    Ogni cosa ha il suo tempo, si disse, cercando di pensare ad altro.
    C'era anche un'altra cosa che la metteva a disagio ma che non la spaventava del tutto, ed era il fatto che lei adesso non poteva usare i suoi poteri da Quincy.
    Facendo il calcolo della situazione portava con sé sei ginto, che avrebbe voluto lasciare a casa, e in più la pistola di Boris Ivanovich con 12 proiettili.
    Sospirò lasciando andare la mano con il phon pendente al suo fianco.
    Non era una situazione molto buona, lo sapeva.
    Si guardò allo specchio. Alzò la mano destra, si osservò le cicatrici.
    Ma questa volta non avrebbe avuto neanche uno strumento di difesa, o meglio ce l’aveva ma non poteva farci gran che.
    Sperava davvero in cuor suo che tutto filasse liscio, che per una volta avrebbe preferito le parole alle armi.
    Si mise una mano alla destra come per dire ‘ è tutto inutile’.
    Si pettinò i capelli e li fece scivolare sulle spalle, lisci e lucenti come la seta.
    Lo specchio mezzo appannato rifletteva la sua immagine, e per la prima volta Hay Sadeki si trovò cambiata.
    Normale, comune. Ma cambiata.
    Non ci aveva mai fatto caso anche perché insomma, i suoi pensieri erano sempre altrove, ma adesso poteva vedersi finalmente per come era. Nell'aspetto e nella forma.
    Sorrise dolcemente.
    Eppure lei lo sapeva. Ci sarebbe stato qualcuno a quel mondo o nell'altro capace di apprezzarla per quello che era in tutto e per tutto.
    Si legò i capelli e uscì dal bagno aprendo la porta che dava in camera sua facendo uscire una vampata di vapore: adorava moltissimo il bagno caldo - bollente- .
    Si asciugò, si mise biancheria intima pulita e profumata, una camicetta per stare in casa di quelle di suo fratello (-una delle poche che Yori non aveva trafugato-) e poi dei pantaloni lunghi da ginnastica.
    Fatto ciò adesso poteva seguire la lista delle cose da fare prima della partenza, e soprattutto le cose da portare.
    Il letto sarebbe stato un campo di battaglia, lo sapeva già.
    Ma prima di iniziare a mandare tutta la sua camera all’aria, e quella di suo fratello visto che con gli anni aveva colonizzato anche quella, avrebbe prima fatto qualche telefonata a varie persone.
    Così iniziò a comporre prima il numero di cellulare di Sven con cui ci stette a parlare almeno mezz'ora parlando del più e del meno, continuò poi con Makie e infine sentì Takamichi a telefono per chiedergli se gli orari erano stati cambiati o era tutto rimasto come prima.
    Infine doveva fare un'ultima cosa.
    Si mise a sedere sul letto, con le ginocchia attaccate al petto mentre mangiucchiava un biscotto della fortuna con recante scritta una delle tante frasi senza senso.
    Tenette il cellulare fra le mani e ci giocherellò un po’ sospirando ogni poco.
    Poi si decise e iniziò a digitare freneticamente delle parole, cancellandone alcune per poi riscriverne altre che a quanto le pareva le sembravano più giuste.
    Alla fine rilesse quello che aveva scritto, con una nota di nostalgia nel cuore.
    ' Grazie per quei giorni passati insieme come compagni di squadra, non li dimenticherò mai. Non nego che avrei voluto che questi potessero diventare qualcosa di più. Ma non importa. Abbiamo fatto delle scelte e le porteremo avanti. Ti saluto. Partirò domani per un posto lontano e non so quando potrò ritornare a Tokyo, se mai vi potrò di nuovo mettere piede. Ti volevo salutare e dirti: grazie davvero di tutto. E se...noi non ci vedremo più, almeno ti prego di non dimenticarti di me. Perché io non lo farò. ' - Send to Shinji Kuno -
    Sorrise dolcemente, e inviò il messaggio: era la cosa giusta, si sentiva in dovere di dirglielo. Chissà come sarebbero andate le cose se Shinji avesse preferito vivere la sua vita al suo fianco.
    Probabilmente lei in Russia non ci avrebbe nemmeno messo piede. Ma il passato non si può cambiare e in fondo ad Hay andava bene così.
    Il mondo era troppo vasto per restare chiusi dentro il proprio.
    Fatto questo distese sul letto il completo, il giubbotto, la sciarpa e tutto l’occorrente che si sarebbe messa per il viaggio. Poi era la volta dello zaino, e di tutto il resto.
    Una volta preparato tutto si mise finalmente a fare la cena: non che fosse brava ma ormai aveva anni di esperienza ai fornelli, e per lei le cose che si preparava erano buonissime. L’importante era questo.
    Mangiò, si fece un caffè e lo bevve per poi salire in camera.
    Era troppo agitata per poter star ferma un attimo, considerato che la sua partenza sarebbe stata a breve.
    Aprì l'anta dell'armadio dove sulla portiera vi era infisso un grande specchio che mostrava tutta la sua persona e iniziò per la seconda volta a spogliarsi e a rivestirsi con il completo disteso sul letto.
    Camicetta bianca, fondina sotto il braccio sinistro in pelle, giacchettina elegante blu scuro che le arrivava a cingere i fianchi per poi allargarsi un po' sopra la gonna mettendo in risalto le sue forme, una gonna lunga fino alle ginocchia dello stesso colore della giacchetta che presentava un piccolo spacco sul lato destro, calze del colore della pelle e stivali dello stesso colore del completo in pelle fin sotto la gonna.
    Mise poi nello zaino la sciarpa di lana bianca, e dei guanti per poi togliere dall’armadio il lungo cappotto che arrivava fin sotto le ginocchia.
    Forse le avrebbe fatto freddo. Sperava davvero di non stare troppo fuori al freddo altrimenti si vedeva già morta assiderata.
    Si pettinò i capelli e il suo sguardo cadde sulla pistola che aveva sul comodino e su quello che Yori le aveva detto quando lei gliel'aveva mostrata.
    '' Non ti preoccupare! La userò solo in caso di estrema necessità. Ti sembro una che possa uccidere una persona a sangue freddo, in questo modo? '' aveva detto mettendo la cosa sullo scherzoso. In fondo quei proiettili non potevano essere usati contro creature spirituali. In pratica non sarebbero serviti a niente se puta caso si trovasse ad affrontare un Hollow.
    Ma la risposta di Yori la fece per un attimo tremare.
    ''Eppure il tuo sguardo dice tutto il contrario.''
    Aveva visto in lei lo stesso bagliore che, dopo quella missione in cui aveva sprigionato tutti i suoi poteri, vedeva anche lei nel suo stesso riflesso allo specchio.
    Gli aveva detto di non preoccuparsi, che era solo tesa e agitata, in fondo nessuno l'avrebbe accompagnata fin là per cui era logico avere un po' di timore.
    Già, stavolta non aveva nessuno a cui appoggiarsi tranne lei.
    Ora che ci pensava avrebbe preferito essere accompagnata da Takamichi ma alla fine si convinse che quella cosa doveva farla da sola.
    Che doveva veramente dimostrare a se stessa che era degna di prendere nelle mani la VII Divisione.
    Un compito non facile, ma ce l’avrebbe fatta. Ne era sicura.
    Annuì decisa davanti allo specchio, prese un lungo stecco di legno intagliato e si acconciò i capelli sopra la testa, lasciando che alcuni ciuffi cadessero liberi sulla sua schiena facendo della sua pettinatura qualcosa di carino che tagliava la rigidezza del suo vestiario.
    Iniziò poi a parlare in Russo cercando di trovare le giuste parole per una degna presentazione.
    Tutto doveva essere perfetto.
    Pensi davvero...che tutto andrà bene?
    Sì. Ecco quella era una delle tante cose che non le mancavano affatto.
    Quella voce beffarda e velenosa che ogni poco le saltava alla mente.
    - Non ho motivo di dubitare...- disse rigida, ripartendo da capo con la presentazione interrotta a metà.
    Ah sì? Guardati. Sei debole adesso e fragile. Come pensi di riuscire a sopravvivere in caso di pericolo? No...non ce la farai.
    - No. Ti sbagli.- disse ferma lei, posando lo sguardo sul comodino e sull'arma che lì aveva.
    - E poi, chi ti dice che devo sopravvivere? Devo semplicemente fare il mio dovere. Dimostrare di essere all'altezza del compito che Ivanovich-sama mi ha affidato. Semplicemente questo.- disse mostrando un volto stizzito.
    Dopo il silenzio.
    - Fantastico. Mi ritrovo a dover parlare con una probabile parte di me che non nutre la minima fiducia in se stessa più di quanto non lo faccia io...interessante e complicato. Ma perché proprio a me devono capitare sempre cose simili?- disse con aria rassegnata, facendo spallucce e sospirando.
    Lo sapeva perfettamente, avrebbe dovuto andare da uno psicologo, o da qualche altro medico.
    Non solo quella voce la turbava nei sogni e negli incubi, ma da quel giorno in cui aveva rotto il suo artefatto aveva iniziato a sentire quella voce anche nella vita di tutti i giorni.
    Così, dal nulla usciva fuori, e nel nulla rientrava.
    La cosa interessante era che quella voce sembrava proprio essere di quella parte di lei che meno mostrava alla gente, lo sapeva.
    Quello che era successo in Africa, quello che le sue mani avevano fatto era opera sua . E il fatto di aver perso quei ricordi di quei fatti, le dava profondamente sui nervi.
    Se lo avesse rivelato a qualcuno, specialmente a Takamichi, Hay si sarebbe trovata come minimo uno psichiatra in casa 24 ore su 24.
    Però doveva ammetterlo: avere qualcuno con cui condividere pensieri e soprattutto verità per lei era utile.
    Seconda personalità? Allucinazioni? Pazzia?
    Forse.
    Non sapeva effettivamente come definire quell'entità, neanche a dargli un nome.
    La voce della verità di certo non era. Perché lei non era debole, e neanche fragile.
    Era cambiata in tutto e per tutto, come la convinzione di non essere debole, e il passo più grande lo avrebbe compiuto proprio quella sera.

    Aereoporto di Narita, Tokyo.
    Ore 21:50.


    Cellulare, pistola accuratamente posta nella fondina sotto l'ascella sinistra, giubbotto, nello zaino sciarpa, guanti e sei ginto infilati dentro la tasca esterna, pasticche per un buon sonno, e tanta determinazione.
    Sì. Aveva preso tutto.
    Takamichi la venne a prendere sotto casa e la portò dritta all’aeroporto di Narita dove la stava attendendo già il suo aereo, privato, sulla pista di atterraggio pronto per portarla lontano da casa.
    Per tutto il viaggio in macchina parlò un po’ di quelle che erano le sue preoccupazioni, ascoltò cosa aveva da dirle, le dette dei consigli, le spiegò un po’ la situazione della VII Divisione o almeno le informazioni a cui lui aveva acceduto, poi scherzarono insieme per gli ultimi minuti.
    Alla fine era là, davanti a lui e un senso di nostalgia le gravò sullo stomaco, e ancora non era partita, dietro alle sue spalle la scalinata verso il ventre dell’aereo.
    Le augurò buona fortuna, gli dette infine dei consigli su come presentarsi davanti all'autorità che aveva preso il comando provvisorio della VII Divisione e alla fine la salutò, come un vero senpai.
    Un inchino profondo e cordiale, e un sorriso.
    Lei invece non riuscì a trattenere una piccola lacrima di commozione e si avventò su di lui cingendogli il bacino.
    - Thank you for everything...Senpai...- sghignazzò. Bé almeno un po' di inglese lo aveva imparato, anche se in realtà sapeva solo quelle parole. Così lo tenne per qualche secondo abbracciato a sé, si voltò e corse velocemente con lo zaino che conteneva il giubbotto e salì i gradini del velivolo velocemente per non pentirsi di andarsene e restare là, poi arrivata alla porta si voltò indietro con il fiatone.
    Hay Sadeki sorrise dicendosi che sarebbe tornata, che di certo avrebbe fatto poi ritorno, non prima di aver avuto ciò che desiderava, e con un secco saluto militare che fu ricambiato dal suo senpai, si addentrò nel ventre dell'aereo.
    Si addentrò nell’antro buio del aereo, e non c’era nessuno oltre a lei e ad un addetto.
    Si mise a sedere su uno dei comodi sedili, il più vicino all’uscita.
    Si tolse tutto quello che non era necessario adesso, come il giubbotto pesante che la stava facendo morire di caldo, e buttò tutto quanto – zaino compreso – nel sedile vuoto accanto al suo.
    Si mise la cintura anche se il segnale non era ancora acceso e se la strinse come per assicurarsi che sarebbe stata salda durante il volo.
    Guardò verso il finestrino dove ancora poteva vedere la figura di Takamichi Takahata.
    Aveva salutato suo fratello, in quella foto dove appariva sorridente metre teneva lei abbracciata. C'era stata però un po' di più davanti a quel comodino. Perchè accanto a quella vi era la foto di lei, Sven, Shinji e Takamichi.
    Tutti quanti avevano contribuito a renderla ciò che era.
    Sbuffò sorridendo.
    Sarebbe stato davvero un grande passo avanti quello, sperava che non fosse più lungo della sua gamba.
    Spense il cellulare e lo ripose in una tasca interna dello zaino tirando fuori una scatolina azzurra.
    Si guardò un po' intorno e chiese all’assistente di volo - che era anche carino come ebbe modo di notare - di svegliarla non appena erano atterrati.
    La sua voce era tremante e le sue mani erano pure. Purtroppo la fobia del volo sarebbe stata una cosa che non le sarebbe mai andata via.
    Il ragazzo capì, guardando la pallida figura femminile che tremante si portava alle labbra una pasticca di sonnifero.
    Sospirò e sprofondò nel sedile mentre il torpore del sonno iniziava già a farsi sentire.
    Allora vuoi dormire...eh? Non temere, ci sarò io a farti compagnia.
    Davvero una cosa allettante, pensò, prima di sorridere beffarda a quell’altra parte di sé, perché in fondo lei sapeva una cosa...
    ...che quel sonno era senza sogni.

    Base di Poljarnyj, Russia.
    Ore 7:40.



    « Signorina Sadeki, siamo arrivati. La prego di svegliarsi. » quella a conti fatti era la terza volta che provava a svegliare la ragazzina sopita su uno dei sedili dell’aereo privato.
    Senza ombra di dubbio quei sonniferi, che aveva ingerito prima che il velivolo potesse decollare dal suolo nipponico, erano stati molto pesanti.
    « Signorina Sadeki, la stanno aspettando, è da 3 minuti e 17 secondi...18, che siamo atterrati. La prego gentilmente di svegliarsi.» questa volta aveva adottato un tono di voce più alto del previsto cercando con la mano di scuoterle la spalla in modo che potesse destarsi.
    Niente da fare, missione fallita.
    « Non sono mai arrivato a questo con nessuna donna, e con nessuno sconosciuto...ma c’è sempre una prima volta...» sospirò avvicinando la sua mano alla guancia della ragazza e iniziò a schiaffeggiarla leggermente, ripetutamente finché non ebbe ottenuto l’effetto desiderato.
    - Mh...?- Hay Sadeki aprì ancora in uno stato di semi-incoscienza le palpebre e tenendole socchiuse osservò il giovane che nel frattempo si era rimesso in ordine, impettito con il volto sorridente che annunciò per l’ennesima volta –sperando che fosse quella buona- l’arrivo nella base militare russa.
    « Signorina Sadeki, siamo arrivati. Prego di seguirmi, la stanno aspettando.» ci volle un bel po’ prima che le parole russe arrivassero nelle sue orecchie e venissero tradotte.
    La ragazzina si stiracchiò e si stropicciò gli occhi ancora un po' assonnati, ancora non aveva compreso la situazione, poi mentre si ricomponeva notò, posando lo sguardo sull'oblò accanto a lei, il candore dell'aria.
    « Siamo arrivati...» un'affermazione che aveva il tono di una domanda.
    Il suo sguardo quasi incredulo gravitò verso il ragazzo che annuì con un sorriso facendole cenno di mettersi qualcosa addosso.
    « La temperatura esterna è di -5° gradi, farebbe meglio a coprirsi.» le disse guardandola per poi andare verso il portellone d'uscita.
    Hay presa dall'agitazione e da una gioia che non riusciva quasi a contenere svuotò lo zaino velocemente e si mise addosso il cappotto, si legò attorno al collo più e più volte la sciarpa, mise alle mani i guanti, prese il cellulare e lo infilò nella tasca esterna del cappotto, e senza accorgersene, dall'emozione lasciò i ginto e i sonniferi nello zaino e quest'ultimo lo abbandonò nel sedile.
    Si alzò e si dette una pettinata veloce e una risistemata, mentre il torpore del sonno ormai l'aveva abbandonata.
    Con mani tremanti e frenetiche si mise apposto i capelli e si diresse verso il portellone d'uscita.
    Sei pronta?
    Hay sorrise di cuore.
    Il ragazzo prima di aprire il portellone le fece un segno di assenso. Sì. Era più che pronta.
    Prese un grande respiro, come se fosse un astronauta che mette piede per la prima volta su un pianeta sconosciuto, e mentre il suo cuore batteva forte nel suo petto il portellone si aprì su un nuovo mondo, il suo mondo.
    L'aria fredda e pungente le bruciò quasi la pelle e le fece chiudere gli occhi dalla violenza con lui l'aveva accolta.
    Prese aria nei polmoni, la fece sua, e aprì di nuovo gli occhi a ciò che la stava aspettando.
    La prima cosa che notò, oltre alla neve che le si parava davanti agli occhi, era la fila di uomini in uniforme nera, con i colbacchi bianchi che impettiti formavano le mura di un corridoio dove avanzavano verso di lei altri due uomini.
    Non riuscì a vedere chiaramente chi erano, anche perché gli occhi iniziavano a lacrimarle dal freddo, ma dopo qualche istante di esitazione, strofinatasi le palpebre decise finalmente di scendere i gradini.
    Hay Sadeki fece un passo e uscì dall'abitacolo dell'aereo mentre i suoi capelli vennero spazzati da un'ondata di freddo, neve e vento gelido: ma nonostante ciò non si scompose.
    Guardò con attenzione i gradini davanti a sè, per non cadere visto e considerato che erano scivolosi.
    Il suo cuore batteva all'impazzata, sentiva il calore bruciarle il petto.
    Lì, in quella terra desolata, fredda e gelida. Lì il suo destino l'aveva portata a conoscere la sua via.
    Sorrise e scese i primi gradini.
    Davanti a lei continuavano ad avanzare i due tipi, e adesso poteva benissimo vedere le due figure: un uomo di origine assolutamente russa vestito in uniforme, e l'altro, un uomo magro come uno stecchino che Hay riconobbe come Kurokiri Mishima, colui a cui era stato affidato il comando momentaneo della VII Divisione.
    § Allora è lui...§ la figura di Mishima rapì l'attenzione di Hay Sadeki che si fermò reggendosi al corrimano per non cadere.
    Qualcosa le iniziò a dare fastidio allo stomaco, come se avesse delle formiche dentro: irritazione.
    Sì, quell'uomo la irritava.
    Eppure era la prima volta che lo vedeva, la prima volta che lo conosceva.
    Ma lui aveva occupato un posto che non gli spettava.
    Per nessuna ragione.
    Questo era abbastanza per lei, e questo le era servito già per catalogarlo nella sua lista.
    Scese i rimanenti scalini e quasi non scivolò sull'ultimo grazie ad un'altra ondata di vento, ma per fortuna si era tenuta salda allo scorrimano se no a quell'ora era già per terra dolorante.
    Si sentiva un po' a disagio anche perchè non sapeva proprio come comportarsi, ma alla fine decise di adottare una tecnica che non aveva mai usato.
    La disinvoltura.
    Inutile dire che il tentativo fallì sul nascere, quindi attese ferma là che le due figure arrivassero fino a lei.
    Nel frattempo ebbe modo di dare un'occhiata fugace a ciò che aveva intorno oltre a quegli uomini in uniforme tutti di un pezzo.
    Quella dove l'aereo era atterrato non era altro che una vecchia base militare a quanto aveva sentito da Takamichi, e la cosa si poteva notare benissimo visto che dalla neve poteva intravedere le mute sagome di carri armati mentre da un lato sorgevano imponenti le figure di sottomarini ancorati al porto: sublime. Era qualcosa che le incuteva timore eppure l’affascinava al tempo stesso.
    Sorrise.
    Era finalmente arrivata.
    Anche se doveva un po' abituarsi al paesaggio era finalmente tornata nel suo posto.
    Si voltò verso i due che le vennero incontro e tentò di mostrare un sorriso cordiale, e un atteggiamento altrettanto cordiale e caloroso come era nel suo genere.
    Quella neve d'altronde scendeva solo fuori da lei.

    Base di Poljarnyj, Russia.
    Ore 7:50.


    Hay Sadeki fremeva, mentre scendeva dall’aereo, vedendo che le due figure la stavano attendendo in fondo alla scalinata scivolosa. Più del freddo e del vento gelido che sferzava la sua pelle, la ragazzina tremava dall’agitazione.
    Sospirò, più e più volte cercando di darsi una calmata, che in quelle condizioni difficilmente avrebbe potuto fare qualcosa.
    Così attese in fondo alla scalinata che i due la raggiungessero.
    § Non so perchè ma la sua presenza...§
    ...mi irrita...
    Continuò quella voce, ma ormai Hay non ci faceva più caso dato che la sua attenzione era solo e soltanto per quei due uomini che a passi quasi cadenzati stavano venendo verso di lei.
    Non sapeva il perchè di quella sensazione. Non era disagio, non era neppure una leggera sfumatura di odio.
    Era qualcosa di innaturale e infondato, visto che non lo aveva mai visto prima: ma come aveva già pensato quando stava scendendo gli scalini, probabilmente ciò era dovuto al ruolo che ricopriva quell'uomo.
    Hay si schiarì la voce, si ricompose i capelli ancora una volta perchè il vento glieli scompigliava.
    Sfoggiò un sorriso solare, che stonava un po' in quell'ambiente.
    Ma non se ne curò, in fondo quel sorriso era lo sfoggio di tutta quella felicità che scorreva nel suo essere, nonostante i suoi pensieri.
    Non appena erano vicini, Hay si mosse verso di loro, accennando un breve inchino di saluto a entrambi.
    Mishima seguì il suo movimento e le prese la mano, facendola un po' arrossire (come se per il freddo non fosse già bella rossa in volto) mentre con gentilezza e delicatezza le dette il benvenuto.
    Miss Sadeki, le dò ufficialmente il benvenuto alla base di Poljarnyj.
    Spero che abbia fatto un buon riposo e che il viaggio sia stato di suo gradimento.

    Hay sorrise.
    - La ringrazio vivamente e sono felice che sia venuto Lei in prima persona a venirmi a prendere e a darmi il benvenuto. Ne sono molto onorata. Per il viaggio sì. E’ stato molto rilassante e di mio gradimento.-
    Certo. Hai dormito per tutte quelle ore e se non fosse stato per quel poveretto, TU ancora saresti sull'aereo. Ovvio che è stato di tuo gradimento...
    Se fosse stata una persona in carne ed ossa o avesse avuto anche solo per un attimo la possibilità di vederlo davanti a sè lo avrebbe come minimo fulminato con lo sguardo e poi cacciato.
    Doveva capitarle proprio a lei una sua doppia personalità che la prendeva in giro, si beffava di se stessa e sopratutto aveva una voce maschile?!
    Fece una smorfia con la bocca per poi tornare sorridente. Cercando di non destare troppo l'attenzione sui suoi atteggiamenti che agli occhi degli altri erano privi di senso.
    In quel mentre Mishima la fece avvicinare all'uomo che vi era dietro di lui che strinse la mano della ragazzina a sua volta.
    Una presa così salda e stretta che sembravano essere pronti per un duello di 'braccio di ferro'.
    Ricambiò la sua stretta con quella più forte che aveva: un millesimo della sua.
    < Benvenuta in nostra terra di Russia Miss Sadeki, sono grandemente onorato di fare la vostra conoscenza>
    Disse continuando a tenerla stretta per mano in quella morsa salda.
    Come notò dai suoi lineamenti, senza ombra di dubbio era un tipo cresciuto in quelle terre.
    Hay si schiarì la voce.
    « L’onore è tutto mio. Grazie per la calorosa accoglienza, posso dire che ciò mi riscalda più di qualsiasi altra cosa. Grazie davvero.»
    Il suo russo sentiva ancora un po’ influenze del suo accento giapponese ma in compenso aveva preso dimestichezza nel parlare, sciolta senza pensare troppo alle parole da usare: quei sei mesi di duro allenamento erano serviti a qualcosa.
    E nelle sue parole si riscontrava la pura e semplice sincerità. Sì, quel benvenuto le faceva divampare il fuoco dentro di sé, e la riscaldava, la proteggeva dal freddo esterno.
    Miss Sadeki, le presento l'Ammiraglio Grigorji Grimka, della marina russa, e comandante dell' incrociatore pesante Straghov.
    E' lui che si è offerto di offrirci la base come punto di appoggio per farla atterrare in tutta sicurezza.

    Così Mishima presentò quel nerboruto signore che ancora le stringeva la mano.
    Hay rimase a bocca aperta, interdetta: no, certo non avrebbe mai pensato che quel tipo potesse ricoprire un incarico così importante.
    Rimase per un attimo senza parole per poi fare un altro leggero inchino sia di rispetto verso la sua persona che di rinnovato ringraziamento mentre la sua presa si allentava fino a lasciare la sua mano.
    Quando tornò nella sua posizione normale Mishima si abbassò lentamente e con il suo sorriso stampato in volto, con una disinvoltura esemplare proseguì il suo discorso a bassa voce.
    Il generale è convinto che lei sia una osservatrice dei servizi segreti, ignora completamente l' esistenza di noi Quincy, quindi faccia finta di nulla, ma non si preoccupi, i suoi ordini sono di rimanere qui alla base navale, dunque non ci darà alcuna noia.
    Osservatrice dei Serivizi Segreti. . .Eh?
    Le disse e quasi non le fece saltare i nervi.
    § Zitto. Che detto da te e da lui suona davvero male.§ quei sotterfugi sebbene potessero servire per mantenere l’anonimato dell’ordine dei Quincy le suonavano immensamente inappropriate.
    Ma non ci dette molto peso, d’altronde tutto ciò accadeva anche su suolo nipponico: ne era convinta.
    § Quale assurdo potere ha, o chi per lui, per far credere ad un generale d’esercito che io, una ragazzina venuta dal giapponese sia un’osservatrice dei servizi segreti?§ poteva essere davvero una bella domanda.
    A quanto pare la vodka non è la sola cosa che si bevono.
    Questa doveva ammetterlo, era davvero buona.
    La giovane Quincy infatti a stento riuscì a tenere dentro di sè una risatina, divertita.
    Almeno quella presa in giro non era rivolta verso di lei.
    Cos'era? Stava forse ammettendo che in tutta quella storia avere un'altra 'voce' o 'personalità' opposta a sè poteva avere i suoi lati positivi?
    No. Era troppo presto per dirlo.
    Tornando alla realtà, fece un movimento quasi impercettibile verso Mishima come cenno di assenso: le dava fastidio dire di ' sì ' ad alta voce, anche se il generale non conosceva il giapponese. Era qualcosa che non sopportava.
    Si portò le mani ai capelli e dette una sistemata a due ciuffi volanti che si erano allontanati dalla crocchia e in quel momento Mishima fece il saluto militare verso l'ammiraglio come fosse un ciocco di legno rigido, e Hay dopo poco - per non mancare di rispetto - seguì i suoi movimenti anche se non le piaceva proprio un gran che fare da specchio a Mishima.
    Il generale ricambiò il saluto con un saluto altrettanto rigido e fiero, per poi allontanarsi assieme ai suoi uomini nella nebbia che si era da poco alzata ad invadere l’aria gelida, mentre all’orizzonte era appena sorto pallido il sole illuminando la zona circostante: la pianura bianca e coperta di neve, il mare che teneva nel suo abbraccio plumbeo le figure imponenti, bellissime e terrificanti allo stesso tempo, dei sottomarini ancorati in quel porto.
    Un paesaggio magnifico.
    Le neve continuava a cadere, senza sosta, come se quel moto fosse eterno fin da quando quella terra fu creata.
    Hay fu presa da tutto questo adesso che poteva vedere tutto ciò che c'era attorno a lei, rapita dalla bellezza di questo: ancora non c'era abituata e appariva come una bambina piccola che per la prima volta vede nevicare.
    Una sensazione di tenerezza e di gioia abbracciò la sua anima e fu veramente felice di essere lì.
    Prego, si accomodi, qua fuori si gela e immagino non sia abituata al gelido tempo del continente, nella vettura staremo certamente più caldi.
    Hay si riprese e annuì sorridendo per poi seguire Mishima.
    § Già...penso che mi ci abituerò presto...§ sospirò, ingoiando altra aria gelida.
    Così seguiti da due uomini, probabilmente di Mishima, Hay si mosse con l’ufficiale Quincy verso il veicolo che li stava attendendo e che nel frattempo era stato cosparso da un lieve strato di neve candida.
    Mishima la fece entrare e Hay prese posto sul sedile destro, Mishima accanto a lei mentre davanti a loro due presero posto i due uomini, che non aprirono bocca per tutto il tempo.
    La vettura attese ancora un po’ prima di partire, il tempo necessario per l’ufficiale Quincy di premere un bottone, sotto lo sguardo incredulo e affascinato della ragazzina, e far uscire dal pannello argenteo, ove prendeva posto, quella che poteva essere una mini tavola imbandita di bevande di ogni genere.
    Desidera qualcosa da bere? Sherry, Gin, Sakè,Vodka? O forse preferisce qualcosa di caldo, tipo thè, caffè o cioccolata? Altrimenti se lo desidera ho anche della normalissima acqua minerale, mi dica lei se naturale o frizzante.
    Hay rimase per un attimo a pensarci su, ancora sorpresa da quello che era appena accaduto.
    Bè non era da tutti i giorni sedere in un macchina di lusso come quella, almeno non per lei.
    - Ehem...un bel thé caldo sì, lo gradirei molto volentieri, grazie.- disse sorridendo mentre Mishima le porgeva un bicchiere di fumante thé verde e si sentì per un po’come a casa sua.
    I muscoli fin’ora in tensione si rilassarono e Hay sorridendo teneramente all’uomo che le stava davanti iniziò a sorseggiare mentre il veicolo iniziò a muoversi e Mishima a parlarle.
    Prima di tutto perdoni la mia scortesia di prima.
    Non mi sono ancora presentato.
    Mi chiamo Kurokiri Mishima, sono, o meglio ero, l'ufficiale responsabile della Settima divisione quincy.

    § Ero...?§ fu la prima considerazione che le sovvenne ad Hay, per quanto riguardava il nome lo sapeva già.
    Però strano. A lei le avevano detto che sarebbe andata a vedere il suo operato, insomma, avrebbe fatto da 'osservatrice' del suo operato. Non che prendesse il suo posto.
    In realtà lo avrebbe voluto, ma forse non era ancora pronta.
    - Piacere di conoscerla. Takamichi-sama mi ha parlato di Lei prima che prendessi l'aereo, per cui non si preoccupi. Non è stato scortese.-
    Questi due invece sono Dokuro Iwazawa e Chigeo Koijima, due dei miei ex-attendenti, sono tipi di poche parole, ma le posso assicurare che le loro abilità marziali sono di prim'ordine.
    Ovviamente come lei e io appartengono entrambi alla prima divisione.
    Il loro compito sarà badare essenzialmente alla sua sicurezza e di vigilare che non le accada nulla di male nel corso della sua permanenza qui nella terra degli Zar.

    - Piacere. – Hay fece un lievissimo inchino con la testa in direzione dei due.
    § Sono vere e proprie guardie del corpo allora, per giunta mie...secondo me sto ancora dormendo sull’aereo...§ si disse pensando a quanto stavano facendo per lei, e a...tutto quanto.
    Insomma era quasi un sogno ad occhi aperti se non fosse per il fatto che quelle sensazioni che la invadevano erano fin troppo reali.
    - La ringrazio infinitamente per tutto questo.- sorrise verso Mishima. Bé, anche se non doveva ringraziare lui, si sentiva in dovere di dirlo a qualcuno.
    Ma in fondo sì, per quanto potesse invidiarlo o provare qualche risentimento infondato per lui doveva ammettere che ci sapeva davvero fare con tutto.
    Anche con lei, anche se fingeva che le stesse simpatica.
    Hay sorseggiò l’ultima boccata di thè verde e si sentì quasi rinata, e le sue membra un po’ infreddolite iniziarono lentamente a scaldarsi.
    Mentre riposava il bicchierino notò che Mishima estrasse dal suo sottobraccio qualcosa che sembrava simile ad un libro rivestito di pelle nera.
    Ad una vista più attenta Hay notò che era stracolmo di fogli racchiusi in questo involucro di pelle dove spiccava un incisione in argento puro raffigurante una croce ed una spada.
    Il cuore iniziò a batterle all’impazzata come se quello che avesse davanti a sé fosse una bomba che stesse per esplodere da un momento ad un altro.Lo custodisca con cura e con prudenza, Miss Sadeki.
    Hay alzò lo sguardo verso l’ufficiale la cui voce era cambiata di tono, severa, seria come quella di un comandante, e scoprì già da questo primo impatto con quel mondo, quanto avesse ancora da imparare.
    Quello è il database cartaceo della settima divisione; in esso sono contenuti tutti i dati fondamentali dell' organico, tra cui tutte le schede tecniche e comportamentali di tutti i settecento Quincy della divisione sparsi per il territorio Russo con allegati i loro file personali e il relativo status di servizio, a cui segue un elenco dettagliato di tutti i resoconti finanziari e di tutte le proprietà e i beni immobili dell' ordine nella nostra area di competenza.
    Immagino sia superfluo ricordarle che quel fascicolo non deve assolutamente cadere in mano nemica.
    Lo impari a memoria, le sarà fondamentale.
    Ah, spero che non le dispiaccia se mi sono preso la briga di tradurlo tutto in giapponese, ho pensato che le avrebbe facilitato il compito.
    Nel caso le servisse saperlo la prima metà sono le 320 pagine di traduzione, le altre sono gli originali.

    Hay lasciò parlare Mishima. Lo ascoltò prestando la massima attenzione. Ogni tanto annuiva e già le sue mani rosse per lo sbalzo termico iniziarono a tremare.
    Quello che aveva davanti era davvero qualcosa di importante, anzi no, di vitale importanza.
    Inestimabile: Hay comprese subito il valore di quel mucchio di fogli. Un valore che poteva anche essere un gradino sopra la sua stessa vita.
    Quelli erano dati importantissimi, frutto di anni di lavoro. Frutto, forse, anche dell’operato di Ivanovich.
    Impararlo a memoria. Difficile, le ci sarebbe voluto un bel po' di tempo ma lo avrebbe fatto. E avrebbe custodito fino alla morte quei dati.
    In quel momento Hay ripensò a quella password, quelle parole.
    Aveva davanti il suo sogno, le sue speranze e la sua responsabilità.
    Davanti a sè aveva ciò che Boris Ivanovich le aveva consegnato nelle sue mani.
    § Ci sono quasi...lo sento. Ancora qualche passo e potrò dire di averla raggiunta. Io ci sono.§
    Ebbe un tuffo al cuore ripensando all'enorme fiducia che quell'uomo aveva riposto in lei.
    § Non so perché...ma ho voglia di piangere...§ un senso di commozione la prese, le strinse l’anima.
    Era qualcosa che non potevano capire, che nessuno poteva capire tranne lei.
    Non lo fare, sarai ridicola.
    Difficile resistere, difficile non dare retta a quelle parole. Bloccò tutto quanto in gola, mentre un nodo iniziava quasi a strangolarla.
    - Non si preoccupi. Intanto La ringrazio per avermi tradotto le pagine, anche se ho seguito dei corsi di lingua russa non riesco ancora a leggerla correttamente, ci avrei impiegato una vita.- disse scherzando per poi sfiorarsi l’occhio destro con un dito impedendo ad una lacrimuccia di comparire.
    - Lo custodirò come se valesse più della mia stessa vita. So cosa significa, so qual è l’importanza di tutto questo per cui non si preoccupi. Sarò degna della fiducia che sta riponendo in me.- disse assumendo poi un volto serio, decisa nelle sue parole e ferma come una montagna.
    Ma c’era qualcosa che ancora non le tornava.

    “Non farla cadere in mano nemica”.


    Ah...ha...certo. E' come dire ad un albero di ciliegio: vedi di non far cadere le foglie in inverno. No, forse l'albero ha più probabilità di te...
    § Baka...§
    Sospirò guardando Mishima negli occhi, per poi tornare a vedere ciò che il Quincy teneva in mano.
    Doveva ancora forse entrare nell'ottica che era in Russia e non in Giappone, ma quelle parole avevano qualcosa che non le tornava.
    Insomma non erano in guerra...o forse sì?
    C'era qualcosa che non le avevano accennato?
    Non lo sapeva ma lasciò tutto quanto sospeso.
    Si mise a guardare fuori dal finestrino con aria un po' pensierosa e osservò il paesaggio che passava veloce al di là del vetro della macchina.
    Neve, freddo e vento gelido.
    Era un posto inospitale e affascinante allo stesso tempo.
    § Che suono farà...la neve da queste parti?§

    ?? , Russia.
    Ore 8:18



    Silenzio


    Riusciva a sentire rimbombare nella sua testa il suo cuore, e ancora il frastuono dell'esplosione.

    Buio


    I suoi occhi sebbene fossero aperti non riuscivano a vedere niente, ma sentiva qualcosa pungerle le pupille.

    Freddo


    La invadeva, si inoltrava nella sua pelle, la bruciava.
    Tremava.

    Dolore


    Non riusciva bene a localizzarlo ma ne sentiva la sua morsa, terribile e spietata.
    Tutti i suoi sensi erano ovattati, e l'avevano posta in uno stato di distacco semi totale dalla realtà.
    Era stato tutto così veloce, sembrava che tutto quello che era appena successo si fosse speso tutto in un singolo, misero istante.
    Si era messa a guardare il paesaggio, pensando a varie cose, restando in silenzio perché parlare non le sembrava proprio il caso ed era come distruggere l'atmosfera che si era creata.
    Così passò un'ora, forse. Non lo sapeva.
    Poi durante il viaggio qualcosa cambiò.
    Un rumore strano, un sibilo sinistro che si avvicinava sempre di più. Hay voltò lo sguardo verso sinistra, normalmente, incuriosita dalla fonte di simile suono.

    a41jpx


    I suoi occhi si sbarrarono e la sua voce le morì in gola. Mishima sobbalzò stringendo a sé la cartellina di pelle, mentre Hay non riuscì a gridare e neanche a tentare di toccare il Quincy, che delle mani la presero di peso e un attimo dopo si trovò lanciata fuori dalla vettura mentre questa, davanti ai suoi occhi, esplose.
    Un'onda d'urto infuocata la travolse come un fiume in piena, inarrestabile, e la fece sbalzare via come un giocattolo, per farla cadere poi nella neve, sprofondando per un po' in essa.
    Perse i sensi nell’istante in cui la sua testa sbatté sul suolo: solo un istante le era stato concesso per sentire in lontananza il boato di una seconda esplosione e la carcassa della macchina che si schiantava al suolo.
    Avevano lanciato un missile.
    Qualcuno aveva attentato alla vita di tutti quelli che vi erano nell'abitacolo della macchina, ed era un miracolo se Hay Sadeki era ancora viva.


    Un miracolo che era costato la vita ad una delle sue guardie del corpo, che con una prontezza di riflessi straordinaria l'aveva gettata fuori dall'auto prima che l'esplosione potesse coinvolgere anche lei.
    Respirava a fatica, e ogni respiro era interrotto da rantoli che derivavano dal dolore che sentiva stringerle il petto, le gambe e le braccia.
    Poi colpi di tosse si susseguivano, facendole arrivare in bocca il sapore ferroso del sangue.
    Il suo corpo era percorso da violenti fremiti che diventavano sempre più frequenti man mano che i minuti passavano.
    La vista, dal buio che riusciva a percepire, iniziò lentamente a mettere a fuoco ciò che aveva davanti.
    Rosso e bianco...
    ...sangue e neve.
    Restò immobile mentre si riprendeva da quello stato in cui era caduta.
    Era stesa sulla neve, prona, una guancia che poggiava sulla neve fredda. Sguardo fisso sul ghiaccio insanguinato che aveva davanti a sé.
    Non si chiese che cosa diavolo fosse successo, neppure il perché era successo tutto quello che l'aria silenziosa venne trafitta da uno sparo.
    Il cuore della ragazzina ebbe un sobbalzo, mentre il rimbombo le scosse la testa.
    Di istinto cercò di alzarsi, ma l'unico movimento che riusciva a fare era quello di graffiare la neve e stringerla saldamente in un pugno fino a farla sciogliere.
    Un altro sparo riecheggiò nell'aria, e Hay capì che era poco distante da dove il suo corpo era caduto.
    Chiuse gli occhi e strinse i denti, e in quel momento ebbe paura.
    Perché era sola. Perché era inerme.
    Un altro sparo.
    Cercò di non pensare a chi erano rivolti quei colpi, anche se lo sapeva, anche se lo poteva immaginare, si mise a piangere sommessamente sia dal dolore che sentiva che dall'idea che quelle pallottole erano state destinate a quelli che erano in macchina con lei.
    In quello stesso momento qualcosa le balenò alla mente: i fogli, la cartellina di Mishima.
    Non poteva permettere che potessero cadere nelle mani di sporchi bastardi come quelli, chiunque fossero. Non poteva permetterlo.
    Con un enorme sforzo puntellò il braccio destro nel terreno e tentò di tirarsi su, ma un dolore allucinante proveniente dallo sterno la fece desistere da quel tentativo suicida.
    Così avrebbe peggiorato le cose, e avrebbe messo in pericolo la sua vita.
    Si sarebbe semplicemente fatta un altro bersaglio da eliminare.
    E allora cosa doveva fare?
    Si mise su un fianco, affannata come se avesse combattuto mille battaglie e attese.
    Guardò la neve cadere, e sentì che qualcosa si scioglieva nel suo corpo.
    Perché era andata così?
    Era stato tutto maledettamente perfetto. Tutto maledettamente normale, per una buona volta.
    E tutto era peggiorato. In un istante. Un semplice maledetto istante.
    Freddo, sentiva il freddo glaciale coprirla tutta. Tenerla nella sua stretta.
    Non sentiva neanche la voce. Non lo sentiva più.
    L'avrebbe mai trovata qualcuno?
    In quel posto sperduto dimenticato dai Kami?
    Chi prendeva in giro...sarebbe stato terribile e allo stesso modo dolce.
    Pensare che tante persone avevano fatto così tanto per lei per poi finire la vita in mezzo al niente sotto la neve.
    No, in realtà non sarebbe stato male. Scomparire immersa nella neve che cadeva senza sosta su di lei.
    Ma non voleva, non adesso. Non adesso che era così vicina al suo obiettivo.
    No. Non adesso.
    Le sue palpebre si chiusero mentre pensava a ciò.
    Lasciarsi andare così non era da lei, eppure...stava accadendo.
    Era come se anche la neve stessa con il suo candido e lento moto la invitasse a lasciarsi cullare dal vento gelido e dal freddo inverno.
    Un parola soffocata si perse in uno sbuffo di vapore dalle sue labbra.
    No
    Sì, adesso lo sentiva.
    Il rumore della neve che cadeva crudele su di lei...

    ...aveva la voce dell'ululato tenue di un lupo.
    2qn8k1y



    Edited by ~Hay Sadeki - 25/2/2012, 12:36
     
    Top
    .
  3.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Trinity Tea Party

    Group
    Amministratore
    Posts
    4,164
    Reputation
    +19
    Location
    Will you save me, Sensei?

    Status
    Offline
    SPOILER (click to view)
    Sottotitoli


    -гордость предлог россия-

    The Pride of Russia



    -поступок (II): в волк гнездо-

    Act (II): Into the wolf's nest






    с раздел больница казармы_
    7th Division Medical barracks_





    Quando riprendi conoscenza tutto quello che vedi avanti a te è un anonimo soffitto color antracite.
    Di seguito, le pale di un ventilatore appeso al soffitto ruotano lentamente, con un ronzio rilassante, che unito all' odore di disinfettante e antisettico della stanza tinteggiata con un delicato colore pastello hanno del tutto l' aspetto di una infermeria.Non ricordi niente dei due giorni appena trascorsi, nè delle dieci ore di intervento chiururgico a cui sei stata sottoposta, nè dei tre disperati tentativi di salvarti la vita con immediate e copiose trasfusioni di sangue.
    Agitandoti tra le bianche coperte di lino un lancinante dolore al fianco destro ti costringe ad un leggero mugolio di dolore, e scostando le coperture e il camice ospedaliero in cui sei avvolta puoi vedere una lunga rete di cicatrici che si intersecano sulla tua pelle, segni del recente e lungo lavoro degli esperti medici della Settima divisione.
    Serie lesioni interne all' altezza dello sterno e perforazione di un polmone dovuta a schegge metalliche oltre a varie costole rotte in uno o più punti...
    Senza contare la benda sulla tua fronte, che nasconde un lungo sfregio orizzontale parallelo al tuo sopracciglio.Niente male, sono passate appena due giorni dal tuo arrivo e già puoi contare una vasta pletora di sfregi da veterano.
    Passi i minuti successivi ad abituarti alla penombra che irempie l' aria, e a poco a poco inizi a distinguere i dettagli dell' arredamento.
    E' un loculo spartano, di dieci metri per dieci, tutta l' illuminazione deriva da una piccola griglia posta in alto e da una lampada al neon, che tuttavia promana una luce del tutto simile a quella diurna, rendendo l' ambiente estremamente simile a quello che potrebbe essere in superficie.
    Già, perchè se una cosa ti è chiara è che ti trovi molto al di sotto del livello del suolo, a giudicare dalla assoluta mancanza di rumori esterni e dalla sensazione di oppressione che ti pervade.
    Il resto del mobilio invece è essenziale per una infermeria: due armadietti carichi di medicinali, un comodino a fianco al lettino che ti accoglie sul quale si trovano una lampada e un libro dalla copertina nera come la pece, ed un tavolo dalla parte opposta della stanza sopra il quale sono adagiati quelli che chiaramente sono i tuoi effetti personali...laceri, sporchi di fuliggine e sangue.
    Del tuo sangue.
    Nei minuti successivi al tuo risveglio, quando ti senti meglio inizi a chiederti come ingannare il tempo...
    Non c'è nessuno con cui parlare, o forse sì?
    Fatto stà che dopo circa trenta minuti la porta della stanza si apre, e lascia entrare una figura avvolta nell' oscurità.
    Nel più completo silenzio si avvicina alla parete al tuo fianco, e cliccando su un pannello quasi invisibile a fianco della parete attiva uno strano schermo, che proietta immagini di un grande parco attorno ad un determinato edificio...
    Sembrsa quasi essere una vista vera.
    Poi con la nuova luce che riempie la stanza la ragazza, perchè di questa si tratta, si accorge del fatto che sei sveglia, e ti si avvicina sorridendo e presentandosi con un leggero inchino.
    image
    -Ben svegliata Miss Sadeki, temevamo non avrebbe più riaperto gli occhi dopo l' incidente-
    Adesso che la osservi più attentamente ti rendi conto che avrà più o meno la tua età, se non meno.
    I suoi lunghi capelli sono raccolti in una lunga coda che le arriva sino al bacino, mentre il corpo, che tradisce anni di intenso ed estenuante allenamento, è vestito di una uniforme dal taglio pratico e militare color verde oliva.
    La spilla che ha sul petto all' altezza del cuore, di argento puro, rappresenta il simbolo della settima divisione tuttavia a differenza di quella indossata da Mishima questa invece di racchiudere la croce con un anello di metallo, è racchiusa dalla sagoma stilizzata di un dragone orientale che si morde la coda.
    Con voce ferma ma melodiosa aggiunge, estraendo dal cassetto un bicchiere d'acqua e alcune pastiglie di antidolorifico e passandotele
    -Sono Sanya Litvnaak, sottotenente della VII divisione quincy, divisione "дракон."
    Lieta di fare la sua conoscenza...
    Prego, prenda un paio di queste, la aiuteranno a sopportare il dolore post-operatorio-

    Nonostante la gentilezza che con impegno stà cercando di mettere nella sua voce puoi comunque percepire la durezza derivante da anni di addestramento militare...
    Quando tocchi la sua mano, fasciata da un paio di guanti neri ne puoi sentire la tensione, e le profonde occhiaie sul suo viso ne testimoniano le pochissime ore di sonno che ha avuto negli ultimi giorni.
    Eppure nella sua postura non vedi traccia di stanchezza: che sia per pura forza di volontà o per anfetamine poco importa, quella ragazza è stata sveglia tutto il tempo, e probabilmente anche a badare a te e alla tua incolumità visto che sembra aver lasciato suoi oggetti a giro per tutta la stanza.
    Un paio di occhiali, qualche bottiglia di alcolico, una scatola di proiettili e...una Katana?
    Strano, per essere una russa sembra si interessi parecchio alla cultura orientale.
    Nel frattempo dopo aver rassettato la stanza e aver regolato la luce all' interno dell'infermeria in maniera più lieve la sottotenente afferra una sedia e vi si siede sopra a fianco del ttuo giaciglio.
    Estrae una risma di documenti e dopo aver inforcato i suoi occhiali inizia a leggerti gli ultimi rapporti con aria estremamente professionale.
    -Se non le è di disturbo e si sente meglio procederò a leggerle gli ultimi sviluppi sulla situazione attuale nel periodo in cui lei è stata incosciente...approssimativamente 53 ore dopo l' "incidente"
    A TOW 0800 Le nostre squadre sono giunte sul posto, non trovando altri sopravvisuti che lei, viste le gravi condizioni in cui versava, l'abbiamo caricata d'urgenza su un elivelivolo di soccorso e condotta immediatamente sotto operazione chirurgica.
    DaTOW 0800 a 1200 è stata tenuta sotto i ferri sino a quando le sue condizioni non si sono stabilizzate, e fino a TOW 1700 le è stato praticato un trattamento lenitivo mediante iniezioni di reishi ultraconcentrate per favorire la rigenerazione cellulare.
    Contemporaneamente a TOW 1700, le squadre d'assalto F,G,K,M e T hanno rispettivamente assaltato e distrutto con successo altrettanti centri di controllo appartenenti ad organizzazioni a cui potevano far capo i vostri possibili assalitori.
    Le perdite ammontano a tre quincy, dei quali due sono morti, e uno e ricoverato con ferite gravi, ma guaribile in tredici giorni.
    Gli obbiettivi sono stati completamente neutralizzati, nessun superstite.-

    Una dimostrazione della fredda e spietata logica della divisione di cui dovrai prendere il comando.
    Occhio per occhio, dente per dente, nessuna pietà per i propri nemici.
    E' tempo di abbandonare i sentimentalismi, quello in cui ti trovi adesso è un ambiente spietato, dove solo i forti sopravvivono...
    E presto imparano a rispettare una ferrea disciplina.
    Incurante delle atrocità che sta narrando il sottotenente Litvnaak procede nella sua esposizione.
    -a TOW 1900 hanno dunque avuto luogo gli interrogatori che si sono conclusi a 2200, i resti sono poi stati smaltiti secondo la solita e consueta procedura.
    Tuttavia siamo riusciti ad ottenere alcune preziose informazioni riguardo ai responsabili.
    I nostri informatori ci hanno assicurato che quelli che vi hanno assalito appartengono ad un gruppo indipendentista ceceno salafita che risponde al nome di "Figli di Dagestan".
    Si tratta di un piccolo gruppo ben equipaggiato attivo nell' area mediorientale con numerosi legami con alcune celule della mafia locale, credevamo di averli eliminati tutti alcuni mesi fa, ma evidentemente dobbiamo aver sottovalutato la minaccia. -

    Si schiarisce la voce e dopo essersi assicurata che tu stia relativamente attenta prosegue
    -Per quanto riguarda invece la situazione attuale della divisione non è esattamente ottimale, più del 70% dei nostri effettivi è attualmente è disposto sul territorio per eliminare hollows e pacificare la situazione interna con le autorità del mondo reale.
    Il presidente ed il primo ministro ci hanno assicurato tutto il loro pieno appoggio, ma per quanto riguarda l' interno beh...la situazione mi duole dirlo non è proprio ottimale-

    Nel suo viso puoi leggere un'ombra di indecisione, tuttavia presto scompare quando si alza in piedi.
    Poi te ne accorgi, qualcuno si stà avvicinando alla porta.
    Sanya la apre con consumata precisione e viene accolta da un paio di voci basse e profonde, a cui se ne sovrappongono due più infantili e squillanti.
    image
    Alcuni istanti e la porta si richiude, lasciando la ragazza con in mano un grande bouquet di rose.
    Un sospiro e l'ufficiale si siede nuovamente al suo posto non prima di avere chiuso la porta a chiave.
    Poi con voce bassa ti sussurra.
    -Adesso dovremmo essere soli, ma non si sà mai, mi ascolti ma faccia finta di non capire quello che le stò per dire, potremmo essere ascoltati-
    Una frase piuttosto strana visto il luogo e il momento, comunque non puoi fare altrimenti
    -Sarò sincera Miss Sadeki, siamo in pochi a conoscere la sua vera identità, e io sono una di questi.
    Io, e l' uomo che rappresento.
    Deve sapere che se formalmente esiste una e una sola settima divisione, al nostro interno esistono quattro principali..."fazioni", chiamiamole così.
    La divisione орел, responsabile dei rapporti con la seconda divisione.
    La divisione медведь, al cui capo vi era il Capitano Boris Ivanovich
    La divisone скорпион, responsabile della zona del Medio Oriente
    E infine la divisione дракон, a cui io appartengo, che ha il compito di cooperare congiuntamente con la divisione cinese.
    Ora, alla morte di Ivanovich la divisione медведь si è trovata allo sbando, e di questo ne ha approfittato il Colonnello
    Saermak, a capo della divisione Medio-Orientale.
    Lui e i suoi uomini hanno tagliato tutti i contatti con il resto dei nostri compagni, rendendosi colpevoli dell' omicidio dei pochi lealisti e oppositori che ancora militavano tra le sue fila.
    Stando agli ultimi rapporti quel traditore ha iniziato ad operare in proprio vendendo i suoi servigi come mercenario prezzolato al miglior offerente.
    Al momento tuttavia, sebbene rappresenti un pericolo costante non è il nostro più pressante problema.
    La divisione stazionata qui a Mosca manca di un comandante valido, ed è qui che necessitiamo del suo aiuto-

    Il sottotenente ti porge dunque il bouquet di rose rigorosamente bianche e assieme ad esso ti passa di nascosto un biglietto, del tutto simile a quello posto tra i fiori, tuttavia questo spicca tra i petali candidi per via della decorazione a filo di argento che corre lungo tutta la sua lunghezza.
    Quando lo leggi vedi che è stato scritto in perfetto giapponese, con una scrittura fluente eppure allo stesso tempo rigida, tipica di tutti gli occidentali che si cimentino con la calligrafia dell' altro emisfero.
    CITAZIONE
    Miss Sadeki

    Sono terribilmente spiacente di non potermi presentare a lei di persona, ma se tutto è andato come previsto il sottotenente Litvnaak dovrebbe trovarsi con lei in questo momento.
    Lei non mi conosce, ben poche persone esterne alla divisione possono vantare questo privilegio, tuttavia avrà conosciuto certamente il mio vecchio commilitone Boris Ivanovich, essendo presente nei suoi ultimi istanti.
    E la menzione del termine "Epyon" dovrebbe convincerla della veridicità e della sinceritò delle mie parole.
    Questo per rassicurarla della bontà delle mie intenzioni.
    Detto questo sono stato incredibilmente dolente del fatto che le nostre misure di sicurezza si siano rivelate terribilmente inadeguate, e di questo non potrò mai fare ammenda.
    Tuttavia lei è viva, e questo significa che vi è ancora una speranza per noi.
    So di chiederle molto, ma le chiedo di fidarsi di me e di collaborare con il sottotenente Litvnaak per ricostruire questa divisione dalle fondamenta ed eliminare chi desidera la nostra completa e assoluta distruzione.
    Non posso dirle altro per il momento, posso darle solo due consigli.
    Faccia un buon uso delle capacità del sottotenente, che la proteggerà a costo della vita...
    E si guardi dallo scorpione, perchè spesso adora pungere la mano che lo nutre.

    Cordialmente e con la speranza di poterci vedere in tempi meno bui
    Il Maggiore.

    Una lettera criptica, che apre più domande di prima, e che fornisce ancora meno risposte.
    Tuttavia quella parola, "Epyon", la stessa mormorata da Ivanovich nei suoi ultimi momenti sembra indicare uno stretto rapporto tra il vecchio e questo fantomatico maggiore.
    Come hai letto la lettera la rimetti nel bouquet, che viene preso dal sottotenente e appoggiato sul comodino al tuo fianco.
    La lettera non è più lì.
    Con un saluto militare la ragazza ti si presenta nuovamente, stavolta con tutto il rispetto e l'importanza che il tuo grado effettivo comporta.
    -Sottotenente Sanya Litvnaak ai suoi ordini Capitano Sadeki.
    Da adesso in poi avrò l'onore di essere la sua guardia del corpo e guida per la settima divisione.
    Nel caso abbia bisogno di qualunque cosa chieda pure a me, proteggerò la sua vita a qualunque costo.
    Si serva di me per rimuovere qualunque ostacolo e agirò senza indugio.
    La mia vita le appartiene.-

    Un cane da guardia fedele ed obbediente, decisamente quello che ti serviva.
    Almeno adesso puoi stare più sicura no?
    Mentre sei persa nei tuoi pensieri la tua nuova sottoposta estrae dalle tue vecchie vesti una pistola annerita e scheggiata dai detriti dell' esplosione.
    -Ah, quasi dimenticavo, ho pensato che questa le avrebbe potuto fare comodo...
    Si tratta della sua pistola, il calcio ha fermato gran parte delle schegge dirette al petto salvandole la vita...è stata decisamente fortunata se mi posso permettere! -

    Dice sorridendo affettuosamente.
    Poi da uno dei due armadietti estre una uniforme bianca bordata di blu, del tutto simile a quella indossata da Mishima.
    -Quando si sentirà meglio la accompagnerò a fare un giro della base, così da avere una idea dell' ambiente in cui si troverà ad operare.
    Ah, mi ero completamente scordata, ufficialmente per contribuire alla sua protezione abbiamo comunicato che lei altri non era se non la nuova segretaria di Mishima...
    Almeno questo dovrebbe bastare a giustificare la sua attuale mancanza di poteri.
    Comunque non tema, ho schierato numerosi membri del mio reparto operativo all' interno della struttura sotto la copertura di esercitazioni condivise.

    Non c'è che dire, se non altro adesso sai di poter essere più al sicuro...
    Sempre che tu ti possa fidare di questo Maggiore.
    Adesso comunque le tue ferite sembrano essere sulla via della guarigione, ed in un paio d'ore potresti essere in grado di camminare e muoverti senza troppi problemi.
    Fino ad allora però, ti conviene riposare e risparmiare le forze.
    Oltre a trovare un buon modo per ingannare il tempo.




    PoV - Turno (II):



    E così hai fatto la conoscenza con il primo dei tuoi sottoposti.
    La domanda è una però...potrai fidarti?
    Sicuramente però hai bisogno di alleati in un momento come questo, e agire come un lupo solitario non è sicuramente la tua scelta più saggia.

    -Descrivi pure tutto quello che vuoi a proposito di pensieri e azioni, almeno sino al momento in cui decidi di farti accompagnare a fare un giro per la base.

    °Il libro sul tuo comodino è un vecchio manuale nel quale sono annotate alcune informazioni a proposito del distretto di Zelenograd e della storia Russa e di Mosca in generale (Fai pure riferimento ad internet se vuoi riportare delle informazioni tratte dalle pagine).






    Glossario:

    -орел: Aquila
    -медведь: Orso
    -скорпион: Scorpione
    -дракон: Drago

    TOW: Tactical Operation Window, l' ora prefissata di inizio di una determinata operazione





     
    Top
    .
  4.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Group
    Amministratore
    Posts
    2,705
    Reputation
    +8
    Location
    Right behind you ... ~

    Status
    Offline
    - Parlato -
    « Parlato Russo »
    § Pensato Hay §
    Orihara


    » Act I
    All in your hands.


    msf9c6



    You have the world at your fingertips
    No one can make it better than you
    You have the world at your fingertips
    So many changes have all just begun
    I know you're sleep.
    Wake up.



    VII Divisione Quincy, Infermeria





    239oop

    Era stato un solo istante. Qualcosa aveva turbato i suoi sogni, il suo naufragare in quella pace irreale.
    Come un colpo, una caduta, qualcosa ruppe il suo stato di incoscienza e si apprestò a svegliarsi.
    Aprì lentamente gli occhi.
    Ci volle un po' prima che potesse mettere a fuoco ciò che si presentava davanti a lei.
    Con le palpebre semichiuse mormorò qualcosa simile ad un flebile gemito, per il risveglio e lo stato confusionale in cui ancora si trovava.
    Passarono cinque minuti in cui un le tempie iniziarono leggermente a farle male mentre continuava a fissare il vuoto, o meglio quello che era ad occhio e croce un soffitto, di colore scuro.
    I suoi sensi iniziarono di nuovo a lavorare, e lentamente si accorse dell’odore di disinfettante che permeava l’aria, un odore ormai inconfondibile per lei.
    Silenzio. Sembrava che in quel posto dove era finita ella era sola.
    Dopo qualche secondo un rumore iniziò a ronzarle nelle orecchie, e a giudicare dalle deboli correnti d’aria era un ventilatore.
    Rimase per un attimo intontita come se si fosse risvegliata da un lungo letargo e ci volesse un bel po’ prima che tutte le funzioni vitali tornassero attive e scattanti come sempre.
    Trasse un profondo respiro e ci rimase quasi male perché sentì che c’era qualcosa di strano.
    Si sentiva tirare, e soprattutto provava un leggero indolenzimento nella parte destra proprio in corrispondenza del polmone, come se qualcuno le avesse tirato un pugno proprio lì.
    Continuò a respirare lentamente e ci volle ancora un altro po’ di tempo prima che si rendesse conto della situazione in cui era, prima che la sua mente iniziasse a formulare domande.
    - Dove...sono?- fu la prima, di una lunga serie.
    Già. Dove era finita?
    Sentiva di essere su un letto, era stesa, la sua testa poggiava su un morbido cuscino, era coperta da un lenzuolo.
    Un odore strano e conosciuto arrivava fino alle sue narici. Lo sentiva, l’inconfondibile odore del disinfettante.
    Quindi un’infermeria?
    Ma come poteva essere finita là?
    Si portò una mano alla testa.
    E le sue dita scivolarono sui capelli corvini poi sulla fronte.
    - Mh...?- fino a che non incontrarono qualcosa: una benda che le cingeva la fronte.
    Doveva aver battuto la testa da qualche parte, poteva essere un suo istantaneo pensiero ma qualcos’altro iniziò a lavorare nella sua mente.
    Si prese il suo tempo, con calma e iniziò a scavare nella sua memoria, tentando di ricordare quello che era successo, tentando di ricordare per quale ragione era finita lì.
    Chiuse gli occhi, iniziò a elaborare le immagini che la sua mente non aveva rimosso.
    La macchina, Mishima.
    La valigetta, i fogli...e poi...
    Come un lampo, le immagini seguenti le balenarono di fronte agli occhi e balzò a sedere sul letto quasi si fosse riscossa da un incubo.
    Questo scatto veloce non fece altro che provocarle delle fitte di dolore al fianco destro che si propagarono per tutto il suo ventre.
    -...Ngh...- gemiti uscirono dalle sue labbra mentre si stringeva il ventre con entrambe le braccia, ansimando e cercando di restare immobile per impedire che le fitte continuassero a massacrarla.
    L'esplosione.
    Il dolore.
    Il sangue, la neve.
    Gli spari.
    Adesso si ricordava pochi, brevi tratti di quello che aveva passato.
    Tutto era confuso ancora, e forse ci sarebbe voluto un po' prima che la sua mente riacquistasse la lucidità.
    Ma si ricordava ciò che era successo, e la cosa non le piaceva affatto.
    Quando le fitte si erano leggermente fatte meno intense, rilassò il corpo e i muscoli.
    Con il volto un po’ pallido prese coraggio, anche se un po’ aveva paura di vedere cosa vi fosse là in corrispondenza di quel dolore che aveva sentito, e alzò la coperta.
    Un camice bianco da ospedale, da paziente le copriva il corpo.
    Si sbottonò lentamente e allargò la stoffa.
    Il suo volto si rabbuiò ed iniziò a tremare.
    Cicatrici si diramavano su tutto il suo busto, alcune leggere altre profonde.
    Era uno spettacolo raccapricciante, nonostante di cicatrici ne avesse già.
    La sua mano, ancora priva della forza che aveva sempre avuto andò a sfiorarle, e sentì in alcuni punti quanto esse facevano ancora male, specialmente quelle vicino al fianco destro, anche se erano ferite oramai rimarginate.
    Era stata l'esplosione a ridurla così. Ne era sicura.
    A giudicare da tutte quelle cicatrici era un miracolo se era ancora viva, se qualche scheggia non le avesse trapassato il cuore o la testa.
    Si sentì un po' male, d'altronde quella vista non era sicuramente rassicurante dato anche il fatto che, comunque, quello era il suo corpo.
    Si abbottonò di nuovo il camice e si coprì con le lenzuola in fretta per non guardare un minuto di più quel bel quadro di cicatrici da veterano che le frastagliavano la pelle.
    Si portò le mani alla testa, per sorreggere quel peso, come se i pensieri che si affollavano avessero anche loro una massa.
    Magari quella benda che aveva era perché anche lì era stata ferita.
    Quindi adesso era in un’infermeria di chissà quale ospedale, senza nessuno che sapesse chi diavolo era, con gente fuori che aveva tentato di ucciderla e forse aveva ucciso chi era con lei, per quanto ne poteva sapere poteva essere pure stata catturata e salvata soltanto perché creduta una valida fonte di informazioni, per non parlare della valigetta, quella cosa importantissima chissà dove diavolo era finita, in più era rimasta sfregiata, con chissà quali complicazioni al riguardo, e tanto per chiudere in bellezza era troppo debole anche solo per decidere di scendere da quel lettino.
    Si rannicchiò lentamente per evitare di non sentire altre fitte allucinanti come quelle che aveva appena sperimentato e mise la testa sopra le braccia e queste sulle sue ginocchia.
    Un attimo di smarrimento la prese, la attanagliò nel profondo.
    Era una situazione che difficilmente riusciva ad accettare, era una situazione pessima, in cui non riusciva a vedere neanche la fine.
    Quasi la fece scoppiare in lacrime, se non fosse per qualcosa che venne a confortarla.
    Coraggio...siamo vivi no? Questo è quello che conta.
    - Mh?...- quella voce così familiare la risvegliò.
    Alzò la testa, mentre i suoi occhi gonfi di lacrime si posavano sul lenzuolo bianco.
    - Allora ci sei?...- disse con voce flebile, un po’ rincuorata.
    Le iniziò a parlare nella sua testa: in quel momento così terribile quella voce che non rappresentava altro che la parte di sé nascosta nelle sue tenebre le suonò come il ricordo lontano della voce del fratello che la confortava nei momenti più tristi.
    Non sapeva quanto aveva bisogno di lui, adesso.
    Certo che ci sono. Non posso mai abbandonarti. Andiamo, perché fai così? Siamo vivi. Questo è ciò che conta alla resa dei conti.
    - Secondo te conta soltanto questo? Abbiamo rischiato di morire. C’è mancato poco, anzi niente. Un secondo in più o in meno ed eravamo spacciati. E poi...hai sentito anche tu gli spari vero?- Hay si ricordò, sprofondò di nuovo sulle braccia, chiusa come un riccio.
    Lo so. E’ difficile da comprendere e da accettare ma è così. Dobbiamo ringraziare i Kami e qualcuno se siamo sopravvissuti, poi prendere quest’esperienza e andare avanti. Gli abbiamo sentiti gli spari. Per fortuna non erano per noi.
    - Come ragioni?...Sei un egoista sfacciato. Non erano per noi...e noi? Noi adesso dove siamo? Per quanto ne sappiamo potremmo essere uccisi da un momento ad un altro.-
    Si sfogò a bassa voce.
    Egoista? Sai che sono fatto così. No? Ma lasciamo perdere. Ti stai preoccupando inutilmente.
    - E tu come lo sai?-
    E tu, invece? Preoccuparsi per qualcosa che non è certo al cento per cento è da stupidi ed è controproducente.
    Hay restò in silenzio. Si asciugò le lacrime agli occhi.
    Non controbattere e non cercare altre scuse. Sai che è così.
    Come una bambina capricciosa Hay mise il broncio.
    Ma aveva ragione. Sì.
    Su questo non doveva dire niente: anche se la cosa un po’ la irritava.
    - Cosa faremo...?-
    Non ne ho idea.
    Hay rimase in silenzio. Alzò lo sguardo e adesso che si era abituata a quella penombra che invadeva tutta quella stanza iniziò a pensare a dove era finita.
    Era un luogo molto austero, piccolo, se uno fosse claustrofobico avrebbe tirato le cuoia da un pezzo.
    L’illuminazione era bassissima, come poté notare, e l’unica fonte di luce era una lampada al neon posta sul soffitto.
    Bhè quasi la stessa luce che vi era all’esterno, quando era arrivata in quel posto dimenticato da tutti.
    Siamo nel sottosuolo.
    - L’ho notato...- era scontata come cosa dato che non vi erano finestre, né rumori.
    Adesso che ci aveva fatto caso la cosa la inquietava, e non poco.
    Una sensazione che aveva già provato.
    - Siamo nei laboratori di Ivanovich-sama...?- domandò ricordando perfettamente quel senso di sopraffazione che adesso sembrava schiacciarla sul letto.
    Probabile.
    No. Qualcosa ad Hay diceva quel posto si trovava proprio là.
    La giovane Quincy voltò lo sguardo, verso i lati del letto, tornando a guardare gli arredamenti di quella stanza.
    Quella era un’infermeria senza ombra di dubbio: armadietti colmi di medicine, pasticche e altre cose simili, un comodino vicino al suo letto con una lampada e un libro dalla copertina nera, e infine dall’altra parte della stanza vi era un tavolo con sopra i suoi vestiti.
    Li riconosceva. Erano lacerati, erano stati fatti quasi a brandelli, neri di bruciature e sporchi di sangue.
    Un brivido le corse lungo la schiena.
    Il dolore era stato così forte che solo adesso ne risentiva gli effetti o solo adesso si ricordava di ciò.
    Chissà chi doveva ringraziare, chi l’aveva strappata alla morte. Per l’ennesima volta.
    Sospirò.
    - Mi domando se la nostra è solo fortuna...- disse a bassa voce come per paura che qualcun altro potesse sentire.
    Che intendi dire?
    - E’ da poco che parliamo insieme, ma...tu sai quante volte ho rischiato la pelle?-
    Lo so. Tante.
    - Allora secondo te...è solo fortuna questa? o pensi che sia anche qualcos’altro...-
    Non mi piace quello che stai pensando in questo momento, Hay.
    Il suo nome la riscosse dai suoi pensieri. Era davvero strano sentire qualcuno nella tua testa chiamarti.
    - Ahah...meglio così. Neanche a me piace quello che pensi tu a volte.-
    E’ da un po’ di tempo che ci parliamo, perché hai deciso di non andare a farti vedere da uno che potesse estirparmi?
    Hay si bloccò, il suo volto prima contratto dalla risatina sommessa si stese.
    All’inizio ci aveva pensato, lui lo sapeva. Però alla fine aveva capito una cosa importante.
    - Probabilmente perché sono stanca di essere sempre sola. –
    Avere me credi che possa essere una qualche sorta di conforto?
    Hay ci pensò su. In effetti avere qualcuno che ti parla nella testa, che non è altro che la tua ombra in tutto e per tutto non era una cosa molto carina, non poteva neanche essere di conforto.
    Lo odiava, e questo odio non faceva altro che farlo continuare a vivere, ad essere quello che era.
    Il negativo della sua anima.
    Eppure da quando lo sentiva, da quando aveva iniziato a conoscerlo, aveva imparato cose di lei che prima non riusciva a capire, che prima non riusciva a sentire.
    Aveva imparato a conoscersi.
    Affrontare i suoi fantasmi l’aveva portata a incontrarlo ed essere cosciente che da qualche parte dentro di lei vi era qualcosa che non aveva mai riconosciuto sua.
    Adesso sì. Forse era per questo che si sentiva così sicura di sé.
    Perché adesso di lei conosceva tutto.
    - Sì. Sei noioso, sei terrificante, a volte mi fai paura. Potresti essere un incubo o qualcosa di peggio. Tu sei tutti i miei sentimenti negativi. Tu sei una parte di me.- sottolineò le ultime parole con fermezza e convinzione.
    - Come potrei rinunciare ad una parte della mia essenza? La risposta è che non posso. Accettarti significa accettare me. Comunque tu sia. Probabilmente è per questo che nonostante tutto io non ho cercato di eliminarti. E poi la cosa è strana ma da quando ti sento non ti sopporto quando parli, ma odio ancora di più quando non ti fai sentire. Sai...adesso che mi ci fai pensare...tu non hai un nome. Dovrò cercartene uno adatto...in fondo anche tu esisti.- sorrise teneramente.
    Un silenzio irreale la pervase.
    Quasi si domandò se lui stesse ancora seguendo il flusso delle sue parole.
    Restò per qualche secondo ad ascoltare. Finché lieve, non sentì qualcosa che poteva assomigliare a:
    Grazie...
    La ragazza sorrise serenamente.
    I dubbi che la turbavano fino a pochi minuti prima erano scomparsi, o almeno per adesso, assopiti.
    Il momento di decidere cosa fare era arrivato.
    Si domandò se fra i suoi vestiti vi fosse ancora la sua pistola ed il suo cellulare. Non che le speranze di trovarli integri fossero tante, come quelle di trovarli, visto che potevano essere stati presi da qualcuno in custodia, ma tanto valeva andare a controllare.
    Per il cellulare non le che importasse tanto, anche se in una situazione simile era quasi di vitale importanza.
    Ma le sarebbe dispiaciuto veramente tanto perdere la pistola. Soprattutto quella pistola.
    Così decise di alzarsi e andare a controllare.

    2dqpxsg



    Si portò lentamente sul bordo del lettuccio e fece scivolare un piede finché questo non ebbe sfiorato il pavimento freddo.
    Lo appoggiò del tutto e fece la stessa cosa con l’altro.
    Ammetteva di avere un po’ di timore. Non sapeva come alla fine ne era uscita da quell’esplosione, tutte quelle cicatrici non le avevano premesso niente di buono.
    Ma se era sveglia e non sentiva altro che un leggero dolore nella parte destra del fianco probabilmente le sue condizioni erano migliorate.
    Lo sperava.
    Comunque aveva ragione il suo essere doppio: l’importante alla resa dei conti era che lei fosse viva.
    Pensare così egoisticamente la metteva in dubbio sul fatto di aver battuto violentemente la testa.
    Forse era per quel motivo che aveva la fascia alla testa, ecco un’altra cosa che avrebbe controllato se avesse trovato in quella stanza uno specchio.
    Sospirò. Si fece coraggio e facendosi forza con entrambe le braccia lentamente tentò di alzarsi.
    Quando spostò tutto il corpo sulle gambe sentì che il suo equilibrio non era dei più stabili, ma non si accasciò di nuovo sul letto.
    Tremando con molta calma alzò la schiena un po’ incurvata e tentò di restare in piedi.
    Dopo un minuto riuscì a ritrovare la sua solita posizione e nel mentre sentì quanto le cicatrici le tiravano la pelle, mentre un dolore acuto, ogni poco, come punte di spillo si insinuava nel suo fianco in profondità.
    Lentamente trasse grandi respiri, e questo non attenuò quelle punture. L’idea che qualcosa fosse accaduto a quel polmone diventò sempre più tangibile.
    Scosse la testa.
    Portò avanti un piede e poi l’altro. Tranquillamente, senza fare sforzi, per riacquisire stabilità, per sciogliere un po’ i suoi muscoli che sentiva informicolati, sempre stando a ridosso del muro così in caso di caduta vi si sarebbe appoggiata.
    Chissà davvero da quanto tempo era stesa su quel letto.
    Si avvicinò al tavolo, e ciò che vide dinanzi ai suoi vestiti le fece fare un sobbalzo, tanto che si trovò a fare uno sforzo per non cadere all’indietro.
    Una katana era posta su di esso, che prima non aveva visto.
    Si avvicinò ancora, la sfiorò.
    Non aveva segni di bruciature né di intaccature, a regola questa non era reduce di quella esplosione.
    E allora di chi diavolo era? Forse di chi l’aveva portata fin lì?
    In quel momento anche il dubbio di essere in covo nemico la abbandonò.
    Probabilmente chi l’aveva soccorsa ed era stata accanto a lei in tutto quel tempo l’aveva lasciata lì, sì. Non vi erano dubbi.
    La lasciò lì dove era e i suoi occhi si spostarono ai suoi vestiti, che di certo adesso non potevano neppure più definirsi tali.
    Erano sì e no un ammasso di brandelli, affumicati e insanguinati.
    Pensare che c’era stata lei dietro questi le fece per un attimo tremare le mani.
    Iniziò a rovistarvi, tentò di ricordare dove aveva messo quel dannato cellulare, e la pistola.
    Ritrovò sotto quella pila la fondina dell’arma ma come poteva immaginare era vuota.
    Un senso di tristezza l’avvolse e rassegnata gettò l’oggetto sopra gli stracci.
    Era una pistola, niente di più e niente di meno.
    No. Non era semplicemente un’arma quella.
    Non per lei almeno.
    Era un oggetto a cui teneva, un oggetto che le ricordava quanto fragile fosse la sua vita.
    Sbuffò irritata.
    - Dannazione...come se non bastasse ho perso anche i miei effetti...perso, magari sono andati distrutti per quanto ne so io.- tentare di trovare il cellulare era pressoché inutile.
    E comunque come pensò lei stessa, alla fine non sarebbe riuscita a chiamare Takamichi.
    Perché alla fine quella era una cosa che doveva fare da sola.
    Era stata davvero una bomba l'inizio di quel lungo viaggio.
    Già subito aveva rischiato di lasciarci la pelle...che cosa avrebbe trovato poi? Che cosa avrebbe fatto?
    E comunque anche se non si sarebbe arresa di fronte a niente, cosa poteva fare lei, Quincy senza poteri?
    Scosse la testa per scacciare quei pensieri che iniziavano a tormentarla.
    Una cosa per volta.
    Come diceva il suo doppio, non serve a niente preoccuparsi quando non ce ne era bisogno.
    Portò il suo sguardo verso la porta.
    Era chiusa.
    Una cosa però era certa adesso. Chiunque l’aveva salvata non era suo nemico.
    Neanche uscire da quella porta sarebbe stato conveniente. Se non c’erano pericoli era inutile uscire da lì.
    Poi, per andare dove? Non sapendo che posto era quello magari si poteva anche perdere, e lì che avrebbe fatto senza cellulare né niente?
    Essendo un’infermeria qualcuno comunque sarebbe entrato prima o poi, per cui tanto valeva aspettare quel qualcuno, anche per chiedere spiegazioni su tantissime cose.
    Si appoggiò con la schiena al tavolo e incrociò le braccia.
    - Che cosa faccio adesso? – si portò la mano destra alla testa.
    Si ricordò di avere una benda che le cingeva la fronte che adesso, visto che stava cominciando un po’ a sudare, le dava fastidio.
    La slegò e la mise sul tavolo.
    Si tastò la nuca, pensando di trovarci qualche ferita, o qualche cicatrice.
    Niente di niente.
    Lentamente trascinò le mani fino ad arrivare alle tempie senza sentire niente o avvertire qualche cambiamento di spessore della pelle.
    Poi passò alla fronte e lì le sue dita incontrarono qualcosa.
    Si tastò e proprio sopra il ciglio destro sentì che vi era una cicatrice, abbastanza profonda da potersi vedere pensò.
    Si guardò attorno alla ricerca di uno specchio, lentamente si mosse verso il mobiletto dove aveva notato qualcosa di simile e accanto a strumenti che servivano a mettere e a togliere punti di sutura, oltre ad un paio di occhiali neri e una bella bottiglia di chissà quale alcolico, dato l’odore che esso emanava, trovò quello che cercava.
    Prese lo specchio anche se era in condizioni non certo ottime e lo portò all’altezza degli occhi.
    Un bello sfregio orizzontale si allungava parallelo per tutto il suo sopracciglio.
    - Ah! Fantastico...-
    Almeno ti da un tocco più intrigante, non trovi?
    Hay vide le sue guance arrossirsi allo specchio.
    - Intrigante?...in quale mondo? Di certo non in questo.-
    Invece penso proprio di sì e a giudicare dal tuo comportamento e anche dalla tua reazione penso che tu sia d’accordo con me.
    - Io, bhè...bisogna sempre vedere il bicchiere mezzo pieno, no? Mi da un’aria più seria...- disse tenendosi i ciuffi di capelli neri con la mano per vedere meglio la cicatrice.
    In realtà adesso aveva proprio l’aria di un veterano di guerra, più che una ragazza.
    Allora non credi che abbia ragione?
    Sbuffò con una smorfia. Era triste ammettere certe cose. Soprattutto quanto si parlava di sfregi.
    Due centimetri più in là e forse quella scheggia le sarebbe stata fatale.
    A passi lenti tornò a stendersi sul letto sopra il lenzuolo.
    Tornò a guardare come all’inizio il soffitto aspettando che qualcuno entrasse in quella stanza, sentendo dolori muscolari su tutto il corpo e leggere fitte al ventre.
    - Ehi...ti ricordi...quando ci siamo visti per la prima volta?- cercò di non pensare al dolore, e quello era un ottimo metodo.
    Sì, me lo ricordo.
    - Tu avevi le sembianze di un lupo.- tentò di ricordare mettendosi le mani dietro la testa.
    Già.
    - Perché avevi le sembianze di quell’animale...?- domandò come se non trovasse da prima una connessione logica a tutto ciò.
    Che fosse un animale che le piaceva, non c’erano dubbi. Che fosse un animale che in qualche modo la rappresentava non lo negava ma, era talmente legata a questo tanto da riuscire a farlo personificazione di quel doppio io?
    Perché tu hai voluto che apparissi così.
    Sì, alla fine era davvero così. Poi quella storia, quella storia che Yori-kun le aveva raccontato.
    La storia del vecchio Cherokee che parlava a suo nipote dei lupi che dimoravano nel cuore di ogni uomo.
    Una storia che non sapeva il perché l’avesse raccontata a lei, prima di poter partire per l’Africa.
    Se la ricordava, l’aveva tenuta dentro il suo cuore e nella sua mente.
    L’aveva impressionata e l’aveva fatta riflettere.
    Pensava che non potevano esserci due lupi dentro di lei, invece si sbagliava. Si sbagliava di grosso.

    "Nonno, perché gli uomini combattono?"
    Il vecchio, gli occhi rivolti al sole calante, al giorno che stava perdendo la sua battaglia con la notte, parlò con voce calma.
    "Ogni uomo, prima o poi, è chiamato a farlo. Per ogni uomo c'è sempre una battaglia che aspetta di essere combattuta, da vincere o da perdere. Perché lo scontro più feroce è quello che avviene fra i due lupi."
    "Quali lupi nonno?"
    "Quelli che ogni uomo porta dentro di sé."
    Il bambino non riusciva a capire. Attese che il nonno rompesse l'attimo di silenzio che aveva lasciato cadere fra loro, forse per accendere la sua curiosità. Infine, il vecchio che aveva dentro di sé la saggezza del tempo riprese con il suo tono calmo.
    "Ci sono due lupi in ognuno di noi. Uno è cattivo e vive di odio, gelosia, invidia, risentimento, falso orgoglio, bugie, egoismo."
    Il vecchio fece di nuovo una pausa, questa volta per dargli modo di capire quello che aveva appena detto,
    "E l'altro?",
    "L'altro è il lupo buono. Vive di pace, amore, speranza, generosità, compassione, umiltà e fede:"
    Il bambino rimase a pensare un istante a quello che il nonno gli aveva appena raccontato. Poi diede voce alla sua curiosità e al suo pensiero.
    "E quale lupo vince?"
    Il vecchio Cherokee si girò a guardarlo e rispose con occhi puliti.
    "Quello che nutri di più."



    Recitava così. Se la ricordava, impressa nella memoria, probabilmente perché l’aveva terrorizzata.
    Soprattutto per il fatto che potesse esserci anche l’altro lupo dentro di lei, che lei stessa alla fine provasse simili sentimenti.
    - Mi aveva impressionato quella storia che mi aveva detto Yori-kun prima della partenza per quella missione in Africa. – ammise mentre le sue palpebre si abbassarono.
    La storia dei due lupi?
    - Già. Ebbi timore, quasi mi vennero i brividi. Io non potevo immaginare la tua esistenza, o meglio...forse sapevo ma non volevo ammettere. Il che forse è ancora peggio.-
    Non mi hai mai accettato e mi hai legato in fondo alla tua anima.
    - Mi dispiace. Sono stata una stupida a negare. E’ che pensavo davvero di non essere così...Probabilmente avevo paura di ammetterlo, per non avvicinarmi a loro.- disse e nella sua mente due immagini sbiadite si fecero largo.
    Hai paura di essere come loro? O forse avevi paura che ascoltando i miei sentimenti, essi potessero portarti a seguirli.
    - Io...- le palpebre si schiusero di nuovo, un senso di inquietudine l’avvolse.
    Hai mai pensato alla risposta a quella domanda che stavi per fare a quel Capitano Shinigami?
    Hay rimase in silenzio, consapevole che erano andati a intricarsi in un discorso che non avrebbe voluto tornarci sopra per un bel pezzo.
    - No. Preferisco non pensarci. Ti dispiace?...in fondo ho affari più importanti a cui pensare adesso. Tipo questa situazione in cui siamo precipitati. Cosa avverrà nel futuro questo non lo so. Preferisco adesso agire nel presente. Io non ho risposte, e neanche certezze. L’hai detto tu no? ‘ Preoccuparsi per cose cui non si ha la certezza che siano vere è inutile e controproducente ’.-
    Lui si ammutolì.
    Ci furono pochi minuti di silenzio in cui Hay sentiva lo stomaco formicolarle, una sensazione orribile forse perché in effetti aveva fame.
    Probabilmente era da un po’ di tempo che non metteva cibo in bocca, e il sentirsi così debole di certo non la faceva stare meglio.
    - Senti, posso chiederti una cosa?- le sfuggì una domanda di curiosità.
    - Chi di noi due ha vinto quella battaglia?- era arrivata a domandarsi chi aveva vinto la battaglia dei due lupi.
    Nessuno. Abbiamo perso entrambi.
    Hay si aspettava questa risposta.
    Avrebbe voluto chiedergli se ci sarebbe stata anche un’altra battaglia fra di loro ma non disse niente.
    Probabilmente quell’entità aveva sentito quel pensiero ma forse nel rispetto della ragazza non mosse parola.
    - Orihara. -
    Mh?
    - Ti piace questo nome? -
    Non è male.
    - Era il nome del mio primo migliore amico. -
    E’ stato lui quello che hai visto per prima?
    - Sì, è stato strano e ricordo ancora lo sguardo di mio fratello quando glielo dissi. -
    Non ci pensare.
    Hay Sadeki sospirò.
    - Hai ragione. Però almeno così posso chiamarti per nome. Ne? - disse per sbuffare continuando a guardare il soffitto.
    Sì, hai ragione. Ti ringrazio.
    Secco e maledettamente freddo. Come sempre.
    Ma almeno adesso poteva definirlo con un nome, in fondo anche lui era in qualche modo ‘vivo’.
    Hay Sadeki sorrise.
    In effetti da sorridere c’era poco considerando come era messa, almeno adesso il suo morale si era un po’ alzato.
    E questo era merito anche suo.
    - Mh? - il turbinio dei suoi pensieri venne interrotto da un rumore di una maniglia che si abbassava: qualcuno stava entrando dentro la stanza.
    Voltò lo sguardo e in silenzio, con il respiro bloccato in gola, osservò la porta che si apriva all'interno.
    Pochi istanti dopo fece la sua comparsa una ragazza, sì e no della sua stessa età.
    Non sembrava avere cattive intenzioni anche se il suo aspetto e il suo portamento la mettevano un po' in soggezione.
    Hay non proferì parola. In realtà neanche lei sapeva perché non gli avesse fatto qualche domanda come: Chi sei?
    Un silenzio quasi irreale scese fra le due e sebbene lei continuasse a guardarla, la ragazza fece tutt'altro come se non si fosse accorta della sua presenza, o meglio che non si fosse accorta che lei era sveglia.
    La ragazza si portò alla parete al suo fianco e digitando in un pannello che Hay fece fatica a notare qualcosa prese a brillare nella stanza.
    Uno schermo venne attivato e questo iniziò a proiettare immagini di un meraviglioso parco attorno ad un edificio.
    Hay rimase a guardarlo estasiata: non aveva mai visto niente di simile, per giunta in un’infermeria.
    Restò a guardare quella pace riflessa nello schermo, una pace che di certo non avrebbe avuto. Almeno non per il momento.
    Ma quella vista la fece stare bene.
    Si alzò lentamente a sedere sul letto per poi posare lo sguardo sulla ragazza che le si fece vicino e con un leggero inchino si presentò.

    -Ben svegliata Miss Sadeki, temevamo non avrebbe più riaperto gli occhi dopo l' incidente-

    Quindi aveva ragione. Se quella ragazza l’aveva chiamata per nome allora conosceva la sua identità. E ciò soltanto Mishima e i suoi sottoposti della VII Divisione sapevano quindi il suo nome.
    Un sorriso sbocciò sulle labbra della ragazza che leggermente arrossì e le sue preoccupazioni in quel momento diventarono pure emozioni.
    - Grazie, non so come ringraziarvi. Se non fosse stato per voi, io probabilmente non sarei qui. Mi avete salvato la vita, grazie.- disse abbassando leggermente la testa in segno di gratitudine.
    Le avevano salvato la vita.
    Quella ragazza con cui stava parlando aveva forse qualche anno in meno di lei, capelli belli, lunghi tenuti legati dietro la nuca che le arrivavano alla cintola, un corpo femminile che lasciava intravedere anni di intenso e duro lavoro coperto da un’uniforme olivastra, dal taglio militare.
    Una spilla all’altezza del cuore, come tutti gli appartenenti alla VII Divisione, ma a differenza di quella di Mishima questa sfoggiata dalla ragazza aveva in metallo una sagoma di un dragone stilizzato che si mordeva la coda, un oroboro.
    Soltanto adesso, accorgendosi di quel piccolo gioiellino di metallo, qualcosa le iniziò a stringere il petto.
    Alla fine, nonostante il pericolo che aveva passato era riuscita ad arrivare a destinazione.
    Era giunta all’interno della Divisione Russa, di quella che avrebbe voluto farla sua.
    Gli occhi di Hay scivolarono presi un po’ dalla commozione sulle mani della ragazza che, mentre lei se ne stava fra i suoi pensieri, le aveva porto un bicchiere d’acqua e alcune pastiglie da ingerire.
    -Sono Sanya Litvnaak, sottotenente della VII divisione quincy, divisione "дракон."
    Lieta di fare la sua conoscenza...
    Prego, prenda un paio di queste, la aiuteranno a sopportare il dolore post-operatorio-


    Divisione ‘дракон’. Mmh…interessante. Secondo te che significa? Che hanno divisioni interne alla Divisione stessa?

    Hay non gli prestò la minima attenzione, era colpita dal suono della voce della ragazza. Doveva fare un grandissimo sforzo per parlarle con quel tono gentile, ma sentiva benissimo nonostante gli sforzi della Quincy la nota di durezza nella voce, derivante forse da quegli anni di duro addestramento militare a cui era stata sottoposta.
    - Bhè il mio nome lo sa già, comunque il piacere è tutto mio. Ah, grazie. disse prendendo lo pastiglie per poi ingoiarle e buttarci dietro tutta l’acqua contenuta nel bicchiere.
    Era rimasta alquanto sorpresa dal sentire la tensione nelle mani guantate della giovane ragazza, e assieme alle occhiaie erano un vistoso segno di notti passate in bianco. Per non essere scortese nel continuare a guardarla e non crearle disagio, senza fiatare aveva preso le medicine.
    Non sapeva come faceva a restare ancora in piedi e ad avere una postura simile, se quello che aveva pensato, ovvero che la ragazza era rimasta a vegliarla finché non avesse riaperto gli occhi, era vero.
    Lasciò piantato lì quel pensiero e tornò invece su come si era presentata la ragazza.
    Un sottotenente.
    Sapeva perfettamente che la Divisione Russa era a stampo militare, però sentirsi veramente dentro le faceva un effetto strano. Ne rimaneva intimorita e affascinata.
    Perché tutto quello era diverso dal suo mondo.
    La ragazza si mosse a riordinare la stanza, mentre Hay si prendeva le sue medicine.
    Hay non le tolse gli occhi di dosso, e scoprì pure che la katana che aveva visto prima era la sua.
    La ragazza aggiustò la luce all’interno dell’infermeria abbassando la luminosità in modo da non far sforzare troppo gli occhi di Hay per poi prendersi una sedia, mettendosi sopra accanto al suo letto.
    Hay la guardò incuriosita, e doveva ammetterlo quella presenza era rassicurante ma le metteva anche un po’ di agitazione allo stesso tempo.
    Lei era una di quelle ragazze di cui parlava Ivanovich...
    Si sistemò per bene sul letto mentre un sorriso calmo accompagnava i suoi occhi che guardavano la risma di fogli che la ragazza della VII aveva tirato fuori.

    -Se non le è di disturbo e si sente meglio procederò a leggerle gli ultimi sviluppi sulla situazione attuale nel periodo in cui lei è stata incosciente...approssimativamente 53 ore dopo l' "incidente". –

    Disse con aria professionale per poi rivolgerle uno sguardo che richiedeva la sua approvazione.
    - Proceda pure senza problemi.- immaginava che aveva da dirle un sacco di cose e lei aveva da chiederle dei chiarimenti su tutto, ma preferì rimandare le sue domande a dopo.
    53 ore. Niente male, ma aveva recuperato abbastanza in fretta date le profonde cicatrici che aveva sul corpo e non più le ferite.
    Restò ad ascoltare in silenzio, tenendo strette fra le mani due lembi del lenzuolo.

    - A TOW 0800 Le nostre squadre sono giunte sul posto, non trovando altri sopravvissuti che lei, viste le gravi condizioni in cui versava, l'abbiamo caricata d'urgenza su un elivelivolo di soccorso e condotta immediatamente sotto operazione chirurgica.-
    Il sorriso sbiancò sul volto della Quincy, come tutto il suo volto.
    Nessun altro sopravvissuto. Ancora quelle parole le misero i brividi.
    Significava allora che quello che aveva sentito e quello che poi aveva pensato erano verità.
    Gli avevano uccisi.
    Mishima e le guardie del corpo erano decedute, anzi no, erano state ammazzate.



    Un senso di colpa l’avvolse e non sapeva neppure il motivo. Forse perché lei era sopravvissuta e loro no, forse perché l’avevano salvata a costo della loro vita.
    Osservò un attimo di silenzio a loro.

    - DaTOW 0800 a 1200 è stata tenuta sotto i ferri sino a quando le sue condizioni non si sono stabilizzate, e fino a TOW 1700 le è stato praticato un trattamento lenitivo mediante iniezioni di reishi ultraconcentrate per favorire la rigenerazione cellulare. –

    Continuò la ragazza.
    Reishi ultra concentrate? Non aveva mai sentito niente di simile, come procedura per rigenerare in fretta le cellule, forse lo avevano fatto anche perché lei non aveva più poteri, ma era troppo presa del pensiero precedente per porsi altre domande su quello che la ragazza le aveva detto in quell’istante.

    - Contemporaneamente a TOW 1700, le squadre d'assalto F,G,K,M e T hanno rispettivamente assaltato e distrutto con successo altrettanti centri di controllo appartenenti ad organizzazioni a cui potevano far capo i vostri possibili assalitori.
    Le perdite ammontano a tre quincy, dei quali due sono morti, e uno e ricoverato con ferite gravi, ma guaribile in tredici giorni.
    Gli obbiettivi sono stati completamente neutralizzati, nessun superstite.-


    Hay rimase congelata da quelle parole.
    Precise, schiette, spietate, fredde.
    Una logica che per lei era del tutto aliena, inconcepibile e crudele, aveva sentito rapporti simili solo in film di guerra, e adesso che qualcuno le rivolgeva quelle parole a lei, la ragazza non sapeva che dire.
    Preferì il silenzio.
    Strinse i lembi del lenzuolo per sfogare tutto quel malessere, senza alcun risultato.
    Organizzazione che poteva far capo ai loro possibili assalitori.
    Da una parte provava un leggero moto di soddisfazione perché erano stati ripagati della stessa moneta con cui avevano eliminato Mishima e suoi, dall’altra, pensando che si parlava di vite umane, le faceva quasi ribrezzo sentire con quanta freddezza era trattato quell’argomento.
    Due Quincy erano morti e uno ferito gravemente, anche se a quanto diceva non ci erano state grosse perdite quella notizia non era confortante.
    Nessuna pietà.
    Aveva avuto a che fare e si era già scontrata con questa logica quando era arrivata là per la prima volta, quando si era trovata di fronte il Capitano Ivanovich in persona.
    Che sia donna o uomo, giovane o vecchio che andasse sotto il titolo di nemico non era riservata alcuna pietà.
    § Non voglio pentirmi della scelta che ho fatto...sarà terribilmente dura però...non so se ce la farò a resistere.§
    Nessuno come lei al suo posto ce l’avrebbe fatta.
    Ma lei non era come gli altri, lei era diversa.
    Era venuta lì con un sogno sul cuore, una speranza nella mano, un ricordo nella mente e un fuoco ardente nell’anima.
    Ammetteva che sarebbe stata dura, un autentico suicidio ma da lì non se ne sarebbe andata, se non da anima.

    -a TOW 1900 hanno dunque avuto luogo gli interrogatori che si sono conclusi a 2200, i resti sono poi stati smaltiti secondo la solita e consueta procedura.-

    La ragazza continuò il suo freddo discorso, gettando in faccia ad Hay la cruda verità.
    Interrogatori.
    Smaltimento rifiuti.
    Qua si parlava di esseri umani, ancora una volta.
    Quincy, terroristi, assassini, ma pur sempre esseri umani.
    Come avrebbe fatto lei ad entrare in quella logica?
    Come avrebbe fatto lei ad abituarsi a tutto questo?
    Lei che pur essendo partita con una pistola carica non aveva mai premuto quel grilletto contro qualcuno.
    Non sai sparare.
    Non poteva sapere quanto aveva ragione.
    Non perché le fosse difficile premere il grilletto, un gioco da ragazzi.
    Lei non sapeva prendere la mira e premere il grilletto contro qualcuno e vederlo morire davanti ai suoi occhi.
    Loro magari erano stati addestrati, loro magari erano anche nati nei campi di battaglia, loro erano abituati a farlo, lei no.
    Era una cosa a cui faticava al solo pensiero di dovere accettare qualcosa di simile.
    Si lasciava prendere troppo dai sentimenti, lo sapeva, lo sapeva benissimo.
    Ma se avrebbe voluto restare lì, se avrebbe voluto andare avanti, doveva abituarsi ad essere come loro.
    Doveva lasciare alle spalle i suoi sentimentalismi.
    C'è una legge in questo posto a cui noi non possiamo sottrarci.
    Aveva ragione.
    Doveva cambiare mentalità.
    Era una cosa che doveva affrontare, a testa alta.
    Perchè qualcosa stava prendendo campo in lei adesso, qualcosa che non riusciva a spiegarsi ma che la convinceva che quello era il suo unico vero posto.
    Lo sguardo di Hay si fece serio e continuò ad ascoltare le parole della giovane ragazza.

    -Tuttavia siamo riusciti ad ottenere alcune preziose informazioni riguardo ai responsabili.
    I nostri informatori ci hanno assicurato che quelli che vi hanno assalito appartengono ad un gruppo indipendentista ceceno salafita che risponde al nome di "Figli di Dagestan".
    Si tratta di un piccolo gruppo ben equipaggiato attivo nell' area mediorientale con numerosi legami con alcune cellule della mafia locale, credevamo di averli eliminati tutti alcuni mesi fa, ma evidentemente dobbiamo aver sottovalutato la minaccia. –


    Di male in peggio.
    Figli di Dagestan, gruppo indipendentista ceceno salafita, mafia.
    C’era da dire che la situazione non era certo all’acqua di rose, era proprio un bel casino.
    § Sembra davvero un film...o un brutto incubo.§
    E tu ci sei dentro fino al collo.

    La ragazza continuò il suo discorso dopo essersi schiarita la voce assicurandosi con una breve occhiata che stesse attenta.

    -Per quanto riguarda invece la situazione attuale della divisione non è esattamente ottimale, più del 70% dei nostri effettivi è attualmente è disposto sul territorio per eliminare hollows e pacificare la situazione interna con le autorità del mondo reale.
    Il presidente ed il primo ministro ci hanno assicurato tutto il loro pieno appoggio, ma per quanto riguarda l' interno beh...la situazione mi duole dirlo non è proprio ottimale-


    Espose così altri problemi, come se non bastassero quelli che aveva detto prima, solo che questi ultimi si prospettavano peggiori dei primi, considerando che erano interni.
    Hay si portò una mano alla fronte e iniziò a massaggiarsi la cicatrice sopra il ciglio destro con un moto di nervosismo.
    - Se mi è permesso dirlo, vedo che la situazione non è delle più facili. Penso anzi che sia davvero una faccenda piuttosto complicata, su tutti i fronti. Riguardo a quello che mi ha detto prima c’è un dubbio, anzi una preoccupazione che mi assale e non posso fare a meno di pensarci. Ha detto che nell’incidente non avete trovato nessun sopravvissuto tranne me, giusto? Potrei avere delle informazioni più dettagliate riguardo a quello che...avete trovato? Mi spiego. C’è stato un momento dopo l’esplosione in cui vagamente ricordo di aver sentito dei rumori di spari. E non erano lontani da me, cosa che...mi fa tristemente presupporre che Mishima-san e gli altri siano stati uccisi, ovvero una totale eliminazione di chiunque potesse fornire degli indizi per risalire al colpevole. Per quanto quindi riguarda ciò, avete per caso trovato una raccolta di fogli racchiusa in una…specie di involucro di pelle nera? Ricordo perfettamente che Mishima-san me l’aveva mostrata, dove vi erano racchiuse delle informazioni riservatissime e importanti che riguardavano l’intera Divisione. E se non l’avete trovata non so se pensare che sia rimasta bruciata nel rogo o...caduta in mano nemica. Se la seconda opzione è vera, temo che la situazione sia più grave di quanto dice lei, almeno che non l’abbiano recuperata da qualche parte.-
    Disse e nelle sue parole vi era una vena di apprensione, anche se il discorso fu portato con la massima serietà.
    Se non era stata recuperata pregava i kami che fosse bruciata o che ancora fosse lì.

    [...]



    Qualcuno si stava avvicinando alla porta, Hay intravide una figura e Sanya si alzò andando a vedere chi stava arrivando.
    Non riuscì a scorgere nessuno ma potè sentire toni di voci diverse che andavano dal basso allo squillante.
    Dopo alcuni attimi di attesa Sanya richiuse la porta alle sue spalle a chiave e si portò vicino ad Hay con un meraviglioso bouquet di rose bianche come la neve.
    - Sono meravigliose.- Hay non riuscì a trattenersi dal dirlo.
    La ragazza si accomodò di nuovo sulla sedia questa volta però invece di parlare con il suo solito tono iniziò a sussurrarle.

    -Adesso dovremmo essere soli, ma non si sà mai, mi ascolti ma faccia finta di non capire quello che le stò per dire, potremmo essere ascoltati-

    Hay venne un po’ colta alla sprovvista ma fece un breve cenno di assenso con la testa e i suoi occhi si posarono sul mazzo di rose come se fosse attratta più da quelle che dalle sue parole, anche se in realtà non era così.

    -Sarò sincera Miss Sadeki, siamo in pochi a conoscere la sua vera identità, e io sono una di questi.
    Io, e l' uomo che rappresento.-


    Non che non lo sapesse, anche Mishima glielo aveva fatto capire in qualche modo che la sua identità per adesso pochi la conoscevano, e forse era un bene così.
    Almeno per adesso.

    - Deve sapere che se formalmente esiste una e una sola settima divisione, al nostro interno esistono quattro principali..."fazioni", chiamiamole così.
    La divisione орел, responsabile dei rapporti con la seconda divisione.
    La divisione медведь, al cui capo vi era il Capitano Boris Ivanovich
    La divisone скорпион, responsabile della zona del Medio Oriente
    E infine la divisione дракон, a cui io appartengo, che ha il compito di cooperare congiuntamente con la divisione cinese. –


    Hai sentito? Avevo ragione io.
    Sì, quindi veramente la VII Divisione era divisa internamente in altre per così dire ‘fazioni’.
    Hay annusò i magnifici fiori, ma Sanya poteva vedere benissimo l’espressione un po’ turbata sul suo volto.

    - Ora, alla morte di Ivanovich la divisione медведь si è trovata allo sbando, e di questo ne ha approfittato il Colonnello
    Saermak, a capo della divisione Medio-Orientale.-


    Quelle parole la misero in allarme.
    Già l’aveva irritata il fatto che Mishima aveva preso quel posto...adesso si parlava perfino di ‘approfittarsi’ del posto lasciato vuoto dal Capitano, cosa che iniziò a farle bruciarle lo stomaco.

    - Lui e i suoi uomini hanno tagliato tutti i contatti con il resto dei nostri compagni, rendendosi colpevoli dell' omicidio dei pochi lealisti e oppositori che ancora militavano tra le sue fila.-

    Quindi oltre ad aver approfittato del posto vacante si è anche ritenuto colpevole di omicidio.
    Pensare che c’era gente così a piede libero le metteva i brividi.

    - Stando agli ultimi rapporti quel traditore ha iniziato ad operare in proprio vendendo i suoi servigi come mercenario prezzolato al miglior offerente.
    Al momento tuttavia, sebbene rappresenti un pericolo costante non è il nostro più pressante problema.
    La divisione stazionata qui a Mosca manca di un comandante valido, ed è qui che necessitiamo del suo aiuto-


    Hay restò a guardala, incantata. Quello che aveva appena detto, del mercenario traditore passò in seconda posizione al: ‘ manca di un comandante valido, ed è qui che necessitiamo del suo aiuto.’
    Certo che era stata lei a decidere di intraprendere quella via ma...sentirsi dire certe parole era qualcosa di estremamente impagabile.
    Anche se doveva ammetterlo, secondo lei era anche fin troppo presto.
    § Hanno bisogno di me...§ si ripetè nella testa mentre accettava con un sorriso calmo e gli occhi lucidi le rose bianche. In quel momento mentre i suoi occhi ammiravano le rose Sanya le passò assieme ad esse un biglietto. Molto simile a quello che vi era già fra i fiori ma con una piccola leggera differenza che correva su un filo argentato.
    Lo aprì lentamente e tutto d’un fiato lesse cosa dicevano quei caratteri nella sua lingua madre.

    CITAZIONE
    Miss Sadeki

    Sono terribilmente spiacente di non potermi presentare a lei di persona, ma se tutto è andato come previsto il sottotenente Litvnaak dovrebbe trovarsi con lei in questo momento.
    Lei non mi conosce, ben poche persone esterne alla divisione possono vantare questo privilegio, tuttavia avrà conosciuto certamente il mio vecchio commilitone Boris Ivanovich, essendo presente nei suoi ultimi istanti.
    E la menzione del termine "Epyon" dovrebbe convincerla della veridicità e della sinceritò delle mie parole.
    Questo per rassicurarla della bontà delle mie intenzioni.
    Detto questo sono stato incredibilmente dolente del fatto che le nostre misure di sicurezza si siano rivelate terribilmente inadeguate, e di questo non potrò mai fare ammenda.
    Tuttavia lei è viva, e questo significa che vi è ancora una speranza per noi.
    So di chiederle molto, ma le chiedo di fidarsi di me e di collaborare con il sottotenente Litvnaak per ricostruire questa divisione dalle fondamenta ed eliminare chi desidera la nostra completa e assoluta distruzione.
    Non posso dirle altro per il momento, posso darle solo due consigli.
    Faccia un buon uso delle capacità del sottotenente, che la proteggerà a costo della vita...
    E si guardi dallo scorpione, perchè spesso adora pungere la mano che lo nutre.

    Cordialmente e con la speranza di poterci vedere in tempi meno bui
    Il Maggiore.

    Mentre la leggeva mille domande affollarono al sua testa e si sovrapponevano alle altre mentre scorreva le parole.
    Quel messaggio le forniva più domande che risposte.
    Come faceva a sapere che lei era presente alla morte del Capitano Ivanovich? Certo le informazioni correvano ma, non pensava così velocemente.
    Qualcosa però le diceva che si poteva fidare di questo Maggiore. Solo per quella semplice, unica parola che Ivanovich le aveva sussurrato attimi prima di spirare.
    Epyon.
    Sorrise. Costruire di nuovo da capo la VII Divisione assieme a quella ragazza e a lui?
    Una cosa semplice a dirsi e complicata a farsi, ma non era proprio quello che Hay aveva intenzione di fare? Sarebbe stata davvero dura ma lo avrebbe fatto. Quello era il suo sogno, e non solo il suo. Sì sentì orgogliosa del ruolo che aveva scelto, e soprattutto della fiducia che essi riponevano in lei.
    Lei, che sapevano benissimo che non era come loro.
    Forse per questo avevano scelto quella ragazza come sua guardia del corpo, a quanto aveva letto.
    - Lo scorpione, eh? – sussurrò, immaginava a cosa si riferissero quelle parole così archiviò quelle parole e le tenne bene a mente.
    Hay posò di nuovo il biglietto dentro il mazzo di fiori che Sanya portò sul comodino, e per un attimo notò che esso era sparito.
    In quello stesso momento la ragazza con un saluto militare fra la sorpresa della ragazza si presentò di nuovo ad Hay con rispetto e importanza tali a quelle riservate ad un alto in grado..

    -Sottotenente Sanya Litvnaak ai suoi ordini Capitano Sadeki.
    Da adesso in poi avrò l'onore di essere la sua guardia del corpo e guida per la settima divisione.
    Nel caso abbia bisogno di qualunque cosa chieda pure a me, proteggerò la sua vita a qualunque costo.
    Si serva di me per rimuovere qualunque ostacolo e agirò senza indugio.
    La mia vita le appartiene.-


    Hay rimase senza parole.
    Non sapeva cosa fare, cosa dire. Non sapeva neanche come comportarsi.
    Le sue mani tremarono, un nodo si strinse alla sua gola, ma nessuna lacrima uscì dai suoi occhi.
    Era felice, emozionata. Nessuno le aveva mai rivolto parole simili e nessuno l’aveva chiamata a quel modo.
    Capitano Sadeki.
    Non ci avrebbe fatto così facilmente l’abitudine.
    Sentirsi chiamare così era un po’ prematuro ma, non negò di essere felice di quel titolo che le avevano dato, non negò di esserne orgogliosa.
    - E’ un onore essere entrata a far parte della vostra Divisione, e un onore essere al vostro fianco per riportarla a ciò che era un tempo. Mi riempie il cuore di gioia sentirmi chiamare così anche se, io per adesso non ho fatto niente per meritarmi tale titolo e tale grado, anche se ce la metterò tutta perché possa un giorno fregiarmi di tale titolo. Per questo la pregherei di chiamarmi in tale modo solo quando sarà il momento. Anche se per lei lo rappresento comunque. Vorrei aggiungere che la ringrazio per la fiducia che ripone in me, che riponete in me. Per quanto al servizio, la ringrazio, conterò sul suo aiuto se necessario. Anche se farò il possibile per non mettermi troppo nei guai. – disse portando la mano alla fronte rispondendo al saluto militare della ragazza, con voce decisa anche se carica di emozioni.
    Certamente adesso si sentiva più sicura, Sanya aveva molta più esperienza di lei in campo di battaglia e anche in combattimento, quindi contare sul suo aiuto per Hay poteva anche essere indispensabile per andare avanti. Considerato che lei adesso non era altro che una semplice umana.
    Mentre riportava la mano sul lenzuolo il sottotenente le porse qualcosa che Hay conosceva benissimo: una pistola scheggiata e annerita, reduce anche lei dell’esplosione.
    Quella pistola.
    - L’ha...l’ha ritrovata.- disse con voce tremante dall’emozione come se non fosse vero ciò che aveva davanti. Hay la prese con entrambe le mani e accarezzò il freddo metallo.

    -Ah, quasi dimenticavo, ho pensato che questa le avrebbe potuto fare comodo...
    Si tratta della sua pistola, il calcio ha fermato gran parte delle schegge dirette al petto salvandole la vita...è stata decisamente fortunata se mi posso permettere! -


    Sorrise dolcemente mentre Hay la guardò con occhi lucidi e carichi di sorpresa, tornando poi a fissare la pistola.
    Quell’arma le aveva salvato la vita, fermando delle schegge che potevano esserle fatali.
    - Arigatou...- disse stringendosi l’arma al petto.
    Sorrise dolcemente: quello di certo poteva assomigliare anche ad un segno. Anzi ne era certa.
    - Sottotenente, mi dispiace correggerla ma...questa non è la mia pistola.- disse sorridendo, no quella non era sua.
    – Sanya-san, io...mi vergogno ad ammetterlo ma...io non so sparare. Questa è più una compagna dal quale non voglio separarmi, più che un’arma vera e propria. Mi serve per non dimenticare. Però avrei bisogno che qualcuno mi insegni ad usarla, lei...sarebbe così gentile da aiutarmi? E comunque grazie per avermela riportata, non sa quanto ci tengo, avevo quasi perso ogni speranza che fosse ancora integra. Grazie davvero. –
    Disse tornando a guardarla con sguardo sereno e carico di energia, quell’energia che Hay sentiva di aver recuperato, a poco a poco.
    Adesso non ti manca niente, ne?
    §Mpf...vero§
    Per non dimenticare, ma non disse niente riguardo al vero proprietario, ma forse la ragazza aveva già capito di cosa si trattava.
    Adesso l’aveva di nuovo fra le mani, l’arma che poteva averla mandata all’altro mondo se il proiettile invece della gamba avesse avuto la testa come bersaglio.
    Non si sarebbe mai scordata quel giorno, e la sua impotenza di fronte a Yamato e al Capitano Ivanovich.
    ...noi per cosa combattiamo adesso? Per un sogno o qualcosa di più?
    La voce di Orihara si fece sentire nella sua testa e le pose un bel quesito.
    § Se combattessi per il mio sogno cosa sarei disposta a sacrificare? Sarei davvero disposta ad offrire la mia stessa esistenza? Probabilmente no. §
    Loro hanno bisogno di noi
    Hay sorrise, aveva perfettamente ragione.
    § A volte riesci anche a sorprendermi con le tue parole, ma sì, hai ragione. Hanno bisogno di qualcuno che possa prendere il comando, di qualcuno che li guidi e di qualcuno che sia disposto a dare loro un nuovo futuro. Io per questo sarei disposta a sacrificare la mia vita. Io per questo combatto. E per questo sarei disposta a...§
    ...premere il grilletto e uccidere.
    Concluse anche se quelle parole le fecero venire quasi i brividi. Sperava davvero tanto che non ve ne fosse necessità.
    Mentre era partito il discorso fra loro due la ragazza era andata a tirare fuori da uno dei due armadietti presenti nella stanza una uniforme bianca, bordata di blu, molto simile a quella che indossava il povero Mishima.

    -Quando si sentirà meglio la accompagnerò a fare un giro della base, così da avere una idea dell' ambiente in cui si troverà ad operare.
    Ah, mi ero completamente scordata, ufficialmente per contribuire alla sua protezione abbiamo comunicato che lei altri non era se non la nuova segretaria di Mishima...
    Almeno questo dovrebbe bastare a giustificare la sua attuale mancanza di poteri.
    Comunque non tema, ho schierato numerosi membri del mio reparto operativo all' interno della struttura sotto la copertura di esercitazioni condivise.-


    - Ottimo lavoro.- commentò con un sorriso, complimentandosi con la ragazza delle manovre attuate per la sua protezione.
    § Hanno trovato pure una scusa plausibile per la mia mancanza di poteri. Fantastico.§ non nascondeva di essere profondamente emozionata da tale cosa, ma si trattenne.
    Adesso doveva entrare più nella logica che un Capitano di tale Divisione necessita di avere.
    - Devo dire che, adesso mi sento in ottima forma, quindi credo che mi cambierò adesso e potremo iniziare già da subito il giro della base. – disse mettendo per un attimo la pistola sul comodino prendendo i vestiti dalle mani della ragazza e appoggiandoli sul letto per poi cercare di alzarsi lentamente e iniziare a vestirsi.
    Il suo equilibrio non era proprio migliorato come le fitte di dolore, per non parlare di dolori muscolari e l’intorpidimento degli arti, quindi decise di restare a riposo un altro po’ almeno finché le pastiglie non avessero fatto effetto.
    - Va bene...la fretta non è buona consigliera e non credo cambierà qualcosa, per cui forse è meglio se resto un altro po’ qui, almeno fino a che non riesco a stare in piedi per bene. Una segretaria che cammina male e ha un equilibrio precario non fa davvero un’ottima figura di fronte agli altri. – disse sbuffando per poi mettersi di nuovo a sedere sul letto.
    - Sanya-san, io mi fido di lei.- disse per affermare il concetto.
    - Vorrei chiederle alcune cose, più curiosità mie che altro. E’ libera di rispondermi o no. – disse prendendo il libro che vi era sul comodino aprendolo ad una pagina a caso e fingendo di leggerne il contenuto.
    - Come...come era il Capitano? Vorrei sapere qualcosa di più sulla sua storia. Sa...io non ho avuto l’onore e neanche il tempo di conoscerlo. Purtroppo so poche cose su di lui e su di voi. Se mi potrebbe raccontare qualcosa di più ne sarei felice. Considerando il fatto che potrebbe anche essermi d’aiuto tutto ciò, potrebbe servirmi per evitare di commettere i suoi stessi errori. Di cosa si occupava, poi la sua Divisione e in che rapporti era con le altre e soprattutto con quella del Colonnello Saermak? -

    [...]



    – Bene, penso che adesso sia arrivato il momento di cambiarmi.- così dicendo schiuse di botto il libro e lo appoggiò sul comodino.
    Si alzò e sentì già che le sue gambe stavano riacquistando vigore, così andò a prendersi la fondina della pistola arrostita e dopo essersi spogliata delle candide vesti da ospedale la agganciò sotto l’ascella e lì vi pose la pistola, poi senza badare troppo alle cicatrici che le solcavano il petto si sistemò nella sua nuova uniforme.
    Era soddisfatta.
    Se la tua copertura è essere una segretaria, allora vedi di esserlo in tutto e per tutto.
    Non aveva poi tutti i torti.
    Si portò vicino all’armadietto delle medicine ed iniziò a frugare per bene in giro. Trovò uno spillo lunghissimo o quello che vagamente gli assomigliava, chissà a cosa serviva.
    - mmh…questo potrebbe andare bene. - disse prendendo i suoi capelli neri e facendo una crocchia li fermò con l’asticella di metallo che aveva trovato, lasciando un ciuffo nero cadere sull’occhio destro per coprire la cicatrice sul ciglio.
    Almeno così aveva più un aspetto da segretaria.
    - Sono pronta per andare. si voltò verso la ragazza facendo un cenno di assenso con la testa.

    Gwwwoooaar.



    Il volto della ragazza si coprì d’imbarazzo, si massaggiò la nuca.
    - Ehem...se potrebbe anche portarmi dopo il giro a mangiare mi farebbe davvero un grandissimo favore.-
    Sorrise, mentre il suo stomaco mugolava come un lupo affamato.


    Edited by ~Hay Sadeki - 25/2/2012, 12:37
     
    Top
    .
  5.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Trinity Tea Party

    Group
    Amministratore
    Posts
    4,164
    Reputation
    +19
    Location
    Will you save me, Sensei?

    Status
    Offline
    Sottotitoli


    -гордость предлог россия-

    The Pride of Russia



    -поступок (III): ба́нда брат.-

    Act (III): Band of brothers





    с раздел больница казармы_
    7th Division Medical barracks_





    Nell' udire la tua relazione La sottotente appare sempre più preoccupata, la sua espressione si corruccia sempre di più, ad ogni tua parola.
    A poco a poco, puoi vedere la preoccupazione che si dipinge a tinte fosche sul suo volto, e puoi persino vedere i suoi pugni che si stringono sino a farle sbiancare le nocche.
    Ma è solo quando parla, che ti accorgi veramente di quanto sia veramente adirata.
    Se quello che dice è vero, la situazione è preoccupante...
    Non voglio immaginare cosa stesse pensando Mishima quando ha preso quei documenti.
    Si trattava di file riservati, e ve ne è una copia nei nostri archivi, ma portarsi dietro una copia cartacea è da irresponsabili.

    Lentamente si mette la faccia tra le mani, chiaramente stressata e provata da quello che ha appena scoperto.
    Nella sua voce senti tutto l' odio ed il disprezzo di un militare abbandonato dal suo paese, dai propri capitani, che sà di non avere più nessuno su cui contare.
    Ma quello che ti ferisce di più, è la chiara mancanza di fiducia in tutto ciò che dovrebbe guidare lei e i suoi commilitoni.
    Tipico di quei burocrati, sempre dietro alle cifre e mai a quello che conta...
    Vorrei che avessero fatto i sei mesi di JTC come gli uomini che comandano, e allora sì che avrebbero capito cosa c'è di importante.
    Sempre dietro ad una scrivania, e mai a provare cosa significa versare sangue altrui.
    Mi auguro che lei non sia come loro,signore...

    Quest' ultima frase ti colpisce come un macigno.
    Fa male da sentire, ma cosa ti potevi aspettare?
    Anche lei, come gli altri, fa parte di una divisione che è stata lasciata a sè stessa dal consiglio per troppo troppo tempo.
    E altrettanto tempo dovrà passare, prima che le loro ferite si rimarginino...
    E che la loro fiducia nel consiglio, ritorni.
    POi realizza anche lei quello che ha lasciato trasparire e si scusa immediatamente, in tono marziale e perfettamente compassato.
    Da vero militare.
    Ah, mi scusi, sono andata oltre le righe.
    Mi perdoni per questa insubordinazione e prenda le misure necessarie e che ritiene appropriate!

    POi dopo aver udito la tua risposta si schiarisce la voce e prosegue, dopo essersi annotata un paio di particolari sul piccolo palmare che tiene in mano.
    Comunque, per quanto concerne i dati sottratti abbiamo avviato una indagine sia sul fronte interno che su quello esterno alla divisione ed il reparto analitico si stà occupando di tracciare eventuali segnali, anche se riteniamo che sia stato schermato contro tentativi di analisi delle reishi da parte di eventuali inseguitori.
    Comunque non appena avremo delle tracce glie lo faremo sapere.

    Ciò che la interrompe però, è una tua frase, che pare sorprenderla abbastanza.
    CITAZIONE
    Però avrei bisogno che qualcuno mi insegni ad usarla, lei...sarebbe così gentile da aiutarmi?

    Ti rivolge una occhiata che non sai interpretare, se di pietà o di curiosità.
    Poi si massaggia il mento ed ammette, con una punta di dispiacere, realizzando la pura e semplice verità.
    Suppongo che in Giappone non abbia mai avuto occasione di usarne una, e in effetti contro gli hollows queste non servono...
    Tuttavia ha ragione, qui il pericolo è dietro ogni angolo, e lei avrà bisogno di tutta la preparazione disponibile.
    Sarà un onore per me, anche se l' esperto nel tiro di precisione non sono io ma il sergente Keverich.
    Ma avrà modo di incontrarlo in seguito, non tema.

    Un altro nome da ricordare, un altro tassello di quella enorme costruzione che diventerà la tua nuova famiglia.
    Poi la tua domanda successiva, sembra in un qualche modo distrarla dalla sua malinconia.
    CITAZIONE
    - Come...come era il Capitano? Vorrei sapere qualcosa di più sulla sua storia. Sa...io non ho avuto l’onore e neanche il tempo di conoscerlo. Purtroppo so poche cose su di lui e su di voi. Se mi potrebbe raccontare qualcosa di più ne sarei felice. Considerando il fatto che potrebbe anche essermi d’aiuto tutto ciò, potrebbe servirmi per evitare di commettere i suoi stessi errori. Di cosa si occupava, poi la sua Divisione e in che rapporti era con le altre e soprattutto con quella del Colonnello Saermak? -

    LA tua attendente ci pensa alcuni secondi e poi comincia a raccontare, con aria pensierosa.
    E' una storia un po' lunga, e io personalmente non ho mai avuto l' onore di stare a stretto contatto con il colonnello Ivanovich, essendo stata trasferita solo da poco in questa divisione...sino a pochi mesi fa militavo nella дракон, sotto il comando del Maggiore.
    Comunque il rapporto tra le nostre divisioni è una vera e propria leggenda tra i nostri uomini, quindi suppongo che anche per lei conoscerlo non sarà certo negativo...

    Compie un gesto con la mano, infilandola in tasca ed estraendo un secondo palmare, sul quale appare un simbolo alquanto bizzarro, un distintivo, del tutto simile a quello che porta lei, tuttavia con enorme squalo che emerge dalle acque al posto del dragone.
    Tutto ha avuto inizio circa trent'anni fa, ai tempi della guerra in Afghanistan.
    L' esercito russo durante la guerra fredda aveva sviluppato un certo interesse per le questioni spirituali, e nel corso di anni aveva organizzato tutti coloro che sembravano possedere particolari poteri spirituali in una squadra ad hoc, priva di un nome particolare, non ne avrebbe avuto bisogno, semplicemente denominata акула-00.
    Non aveva un comandante, era un piccolo nucleo di specialisti che si coordinava internamente, senza seguire le direttive di un caposquadra, e tra essi vi erano il Maggiore, il capitano Ivanovich, il capitano Saermak e il maresciallo Kolaevich, che adesso è al comando della divisione орел

    Accidenti, quindi a quanto pare si conoscevano tutti già da tempo.
    E per di più militavano ognuno di essi nell' esercito già da molti anni...
    Era una squadra coperta dai più elevati controlli e protocolli di sicurezza.
    Si trattava di professionisti della guerra, di soldati senza pari, sopravvissuti ad addestramenti infernali ed addestrati all' uso delle più moderne armi a disposizione dell' epoca.

    E neppure di soldati normali.
    Ognuno di essi era un esperto nel suo campo, era una squadra di Elite, formata dai migliori elementi di ognuno dei reparti dell'allora formidabile macchina da guerra della russia comunista.
    Erano loro che facevano tremare l' alto comando americano.
    Erano loro i signori della morte che gli stati capitalisti temevano dopo ogni cosa.
    Per un semplice motivo, l' arsenale nucleare era posseduto da entrambi, loro no.
    Insieme affrontarono decine di missioni che sembravano impossibili da realizzare: assassinii, sabotaggi, da soli praticamente dimezzarono e devastarono la struttura di comando dei ribelli afghani, e probabilmente la guerra sarebbe potuta finire solo grazie a loro, ma allora qualcosa accadde...
    Ovviamente, leggi nei suoi occhi in ogni cesto, vi è una mela marcia.
    E per quanto essa sia di buona qualità, persino sul frutto migliore può attecchire la muffa.
    La squadra stava perlustrando un villaggio sulle montagne, inseguendo dei ribelli che si erano asserragliati nelle caverne, e avevano lasciato al capitano Saermak l' ordine di occupare un villaggio in cui si riteneva fossero asserragliati dei guerriglieri.
    Tuttavia nessuno avrebbe potuto immaginare quello che sarebbe successo dopo.
    Il colonnello infatti aveva altri piani, e mentre il resto dei suoi compagni erano impegnati nell' aggiramento del villaggio, quel maniaco fece arrivare tre elicotteri d'assalto e radere al suolo il villaggio con missili e bombe al fosforo.
    Quando poi vennero ispezionate le rovine furono trovati solo i corpi di donne, vecchi e bambini, non c'era un solo terrorista, le uniche armi che nascondevano erano i bastoni che gli anziani usavano per camminare.

    Un gesto crudele, spregevole e spietato.
    Un atto che aveva trasformato una semplice ricognizione in un crimine contro l' umanità.
    E' vero, si dice che la guerra sia crudele ed ingiusta, ma anche in essa, ci sono limiti che l' essere umano non deve superare, per continuare ad essere trattato come tale.
    Tutti lo sapevano, ma Saermak aveva comunque ucciso tutti, senza distinzioni.
    E da allora i rapporti tra loro sono sempre più peggiorati, persino quando ad ognuno di loro è stato affidato il comando di una divisione.

    Eppure ovviamente, in guerra, non si richiedono sentimenti.
    Sarebbero solo di impiccio.
    E' per questo, che solo i migliori vengono scelti, a prescindere da qualunque sia la loro condizione.
    Siano essi mostri o santi, l' importante è che svolgano bene il loro compito.
    Poi Sanya tace per un momento, radunando le idee, e poi prosegue con il suo racconto.
    sanya03
    Il capitano Ivanovich, beh, non posso essere sicura di raccontarle tutto, visto che io personalmente non lo conoscevo bene, dovrebbe chiedere ai suoi vecchi sottoposti, tuttavia una cosa è indubbia.
    E nei suoi occhi leggi una nuova emozione.
    Era un uomo di grandissime capacità, integerrimo e fedelissimo al codice militare, un vero e proprio cavaliere d'altri tempi...
    Non credo di averlo mai sentito definire in altro modo se non...

    Rispetto, onore, orgoglio di avere servito sepur per poco tempo sotto un uomo del genere.
    Ecco, un "patriota"
    Un uomo che ha servito il suo paese in ogni modo.
    Ricorrendo ad ogni mezzo.
    Sono sicura che non esista termine migliore.
    Avrebbe sicuramente fatto di tutto per il suo paese e la sua divisione, e gli uomini lo idolatravano, specialmente le ragazze della squadra Epyon, per loro era come un padre.
    So bene che per lei non sarà semplice raccogliere il suo mantello, ma le assicuro che io e i miei uomini faremo il possibile per aiutarla.

    Nel sentire poi la reazione piuttosto spontanea del tuo stomaco la ragazza si concede un risolino soffocato, e ti prende con delicatezza, cosa che il suo aspetto assolutamente non farebbe supporre, e sollevandoti per la mano ammette con un pizzico di allegria, che inizia a poco a poco a cancellare dalla sua espressione quella malinconia che l' aveva accompagnata tutto il tempo.
    mpf, non si preoccupi, non mi stupisce che sia affamata, dopotutto non mangia da più di due giorni, se non attraverso la flebo, ma non si preoccupi, la mensa rientra nel giro della base nel frattempo prenda questo, dovrebbe aiutarla a calmare la fame, ci varranno almeno due ore per essere sicura che il cibo non le faccia male...
    E ti allungua due pillole, che stavolta riconosci immediatamente come integratori di vitamine, sebbene una minuscola stilla di reiatsu brilli in ognuna di esse.
    Si tratta di integratori spirituali estremamente blandi, ma che aiutano a superare i disagi post-intervento.
    Prego, venga con me, e se dovesse sentirsi male me lo faccia sapere immediatamente.
    Detto questo aspetta che tu ti sia vestita, e poi apre la porta premendo un pulsante accanto agli infissi, che scorrono su di un pannello laterale rivelando un lungo corridoio, leggermente più largo di quelli di un sottomarino, ma dallo stesso identico aspetto, se si eccettua le onnipresenti luci soffuse, così diverse dai pesanti neon di superficie.
    Queste lampade generano invece una luce del tutto simile a quella che filtra dalle finestre, attenuando in gran parte il disagio da sottosuolo.
    Come oltrepassi l' apertura vedi la sottotente rivolgersi ad un uomo sulla trentina, dai marcati tratti orientali.
    Olake, vieni, avvisa il resto dei ragazzi che ci muoviamo, voglio il percorso prefissato coperto da ogni possibile interferenza, e se puoi, riserva tre posti al tavolo ufficiali in mensa
    Questi udite le parole della superiore si allontana con un saluto preciso e con aria annoiata mormora
    Aye aye, sottotenente, conti pure su di me...
    POi si riolge verso di te, e ti saluta in maniera cortese, ma trattandoti come quello che ora come ora sei, una civile, in abiti militari, ma pur sempre una civile.
    Miss Sadeki, i miei rispetti...
    E lo sguardo che ti rivolge è quello che si da ad una segretaria.
    Niente di più niente di meno.
    Prego, venga con me, iniziamo pure il nostro giro.
    Ma a quanto sembra, la tua storia di copertura regge.
    Così segui la tua guida attraverso i meandri e quel dedalo di compartimenti che è la base della settima divisione, una distesa senza fine di corridoi grigi e monotoni, interrotti solo ogni tanto da indicazioni dipinti sui muri.
    Mentre procedi Sanya indica di volta in volta ulteriori particolari di quello che ti circonda, soffermandosi su quei particolari che sembrano attirare di più la tua attenzione.
    Come può notare dalla illuminazione, gran parte del complesso si estende sottoterra per oltre venti kilometri quadrati, il ricambio dell' aria è affidato ad un avanzato sistema di ricircolo dell' aria, questo anche per prevenire eventuali attacchi con agenti chimici o biologici per via aerea
    Parla di attacchi con armi chimiche e batteriologiche come se fosse una cosa di tutti i giorni.
    Sapevi che tra Quincy ed esseri umani non corre buon sangue, ma da qui all' uccidersi con tanta facilità...beh, in effetti era inimmaginabile, almeno a questi livelli.
    Come se non se ne curasse affatto la tua guida prosegue tranquilla.
    Apparentemente l' intera struttura in superficie è costituita da un unico grande edificio, una scuola per elementi dotati, ovviamente si tratta di una facciata di copertura, sebbene sia utile per scoprire eventuali nuovi candidati a divenire quincy.
    E ovviamente il tutto in maniera indipendente dal concilio.

    L' enfasi e tutto il disgusto che mette in questo termine sono sufficienti a farti trasalire, tanto è l' astio che percepisci essere rivolto verso la massima autorità degli arcieri spirituali.
    Nel vederti impressionata con un ampio gesto si scusa ancora del suo comportamento e ti spiega accoratamente il perchè della sua appassionata invettiva.
    Come avrà capito, la settima divisione nel suo insieme è una delle poche unità esistenti ad essere separata dal consiglio e dalla prima divisione; i nostri antenati sono vissuti a lungo tempo isolati dai loro commilitoni di oltreoceano, e hanno scoperto di poter vivere tranquillamente badando ai propri affari.
    Non abbiamo mai sopportato le ingerenze del consiglio, e se deve assumere il comando della divisione dovrà ricordarselo attentamente.

    Il transito lungo i corridoi però rivela continue sorprese, locali di ogni tipo si affacciano dalle aperture nei fianchi delle pareti di pietra, se si eccettuano le onnipresenti palestre ed arene da addestramento che si aprono ad intervalli regolari, puoi scorgere anche locali che sembrano usciti tranquillamente da un centro benessere o da un albergo di russo.
    Comunque come può vedere, sebbene celati agli occhi del mondo non ci facciamo mancare nulla: abbiamo palestre, piscine, sale da addestramento, persino una sala per la simulazione virtuale.
    Nel dirti questo ti indica quella che sembra una sala giochi, solo che quello che passa sugli schermi altro non è che una rappresentazione di voli di elicotteri o di guida di jeep e camion blindati da trasporto.
    Non avresti dovuto aspettarti neint'altro.
    Questi uomini e donne vivono per la guerra, sia essa contro esseri umani o contro hollows.
    Non fa differenza.
    Poi un rumore sordo ed un alto sibilo attirano la tua attenzione, così come quella di Sanya, che ti accompagna dietro un vetro di sicurezza a vedere una mezza dozzina di nuove reclute, indistintamente tra loro vi sono donne e uomini di mezza età e persino adolescenti, che si addestrano con l' arco a mirare a sagome di cartone.
    Qui invece abbiamo il poligono di tiro, è qui la prima fermata del nostro giro.
    Nonostante l' utilizzo della Fangzshwert sia abitualmente incentivato tra i nostri uomini, molti di essi portano ancora armi a proiettili per difendersi da eventuali assalti da parte di esseri non spirituali.

    Come era prevedibile e ti era già stato accennato, senti da una parte il sordo e pesante rimbombo dei proiettili da nove millimetri che impattano contro bersagli mobili.
    Poco oltre le reclute infatti scorgi due quincy intenti ad addestrarsi, mentre, cosa abbastanza strana, una ragazzina di poco più di quindici anni li prende in giro, sparando con perizia con un fucile grande quanto lei.
    Nemmeno stà guardando i bersagli, eppure il suo punteggio è di gran lunga superiore a quello degli altri due.
    E nel vedere la sua espressione rabbrividisci.
    E' allegra, e spensierata, proprio come se stesse giocando con una bambola...
    Solo che nella sua vita, giocare alla guerra, è l'unico divertimento che le rimane.
    Come se niente fosse la tua istruttrice prova a proseguire
    Pochi tra noi, se non le reclute, usano ancora l' arco, anche perchè una simile reliquia è diventata rara da procurarsi al giorno d' ogg....hyah!!!
    Ma la sua spiegazione si interrompe quando un paio di mani guantate la afferrano da dietro afferrandole con rapidità e intensità il petto prorompente.
    La tua sorpresa raddoppia quando un ammasso di capelli biondi sbuca alle sue spalle, e con tono allegro, ma venato di nostalgia esclama.
    Sorellona, mi sei mancata sai?
    Le notti sono così fredde senza di te lo sai?

    Assume quasi un tono patetico mentre si avvia sul finale della frase, e per un attimo hai una fugace visione di un paio di splendidi occhi azzurri come il cielo d' estate, ma che subito affondano nella schiena della sottotenente, quasi vi volessero affondare.
    La voce tipicamente maschile adesso ha assunto un timbro offeso, e prosegue.
    Uffa, non hai idea di che sofferenza rimanere da solo con quei buzzurri....
    No, la compagnia che mi si addice è solo quella di belle donne, l' ho sempre detto!

    Quando finalmente riesci a vederlo però, capisci che effettivamente un tipo del genere è fuori posto.
    Se esistesse un termine adatto a definirlo sarebbe...Affascinante.
    Alto un metro e ottanta, i capelli biondo grano e gli occhi azzurri come il ghiaccio, questo quincy è decisamente uno dei più lontani dall' aspetto del truce militare che sei abituata a vedere in questo posto.
    Dal fisico perfettamente bilanciato e tonico lo vedi cercare di abbrancare disperatamente la sottotonente mentre questa cerca di divincolarsi.
    Poi questi si immobilizza e ti fissa con uno sguardo magnetico, sussurrando.
    kurtz01
    Oh, ma cosa vedono le mie fosche pupille!
    Quale angelica visione, quale fiore che spunta nelle gelate distese siberiane...

    Poi in un lampo potresti anche arrossire mentre ti si inginocchia davanti, afferandoti in un lampo la mano destra e stringendola tra le sue esclamando con trasporto.
    Oh, la tua sola presenza scalda il mio cuore di bollente amore, oh, questo freddo non è niente in confronto all' ardore della passione che scorre nelle mie vene.
    Porgimi la tua mano, o dea, lascia che le mie indegne labbra sfiorino le tue delicate e perfette dita.
    Per te farei qualunque cosa o diivina, anche morir...gekoh!

    La sua voce muore in gola, quando la mano di Sanya si serra attorno al suo collo sollevandolo di svariati centimetri da terra.
    Il gelido reiatsu della ragazza riempie la stanza mentre più di una recluta cessa le proprie fatiche per osservare con perplessità la scena che si stà svolgendo.
    Morire eh?
    Sibila la giovane con un luccichio omicida negli occhi, il fiatone che improvvisamente è scomparso.
    La sua presa inizia a farsi sempre più serrata, al punto che le vene sotto la pelle del quincy iniziano a contorcersi ed il suo volto a farsi cianotico.
    Vediamo subito di mettere in pratica questa tua idea...
    Disperatamente il ragazzo cerca di liberarsi, prima di indicarti con trasporto.
    Aspetta, aspetta sorellona...io sono un cecchino....
    Colpire al cuore le persone, è il mio mestiere, ma cosa posso fare se è stata lei stavolta, a colpire il mio!

    Per un momento la sottotenente allenta la presa.
    Il suo sguardo corre a te, poi al cecchino, a te, di nuovo al cecchino.
    ...
    Poi torna a premere con più forza di prima.
    argh, aspetta aspetta ti prego!
    Ho ancora così tante cose da fare, così tante donne da amare!...
    Ah, non ci presenti?
    Gah!

    Con un gesto rapido e brutale il biondo quincy è mandato a volare contro un muro diversi metri più in là.
    La ufficiale si rassetta l' uniforme e prosegue l' introduzione, indicandoti la figura adesso prona a terra.
    Miss Sadeki, questo è il sergente Sasha Keverich.
    Cecchino insuperabile, ottimo sottufficiale, piantagrane di prim'ordine e donnaiolo impenitente.
    Non troverà un esperto nel tiro di precisione più bravo di lui in tutta la base...

    COme se avesse voluto cogliere la palla al balzo, è subito in piedi, e di nuovo in ginocchio avanti a te dice con tono languido.
    Visto visto?
    Io ho anche i miei meriti....
    Se vuoi dei consigli, vieni pure da me mia divina, per me sarà un onore ed un privilegio avere con te...
    Delle lezioni private...

    Senza degnarlo di uno sguardo la tua sottoposta ti prende sotto braccio e cerca di allontanarsi il più possibile.
    Arrivati all' uscita della stanza si ferma un secondo e sibila inviperita.
    E una faccia di bronzo più palese...
    Venga, andiamo!

    E con un colpo secco del polso preme l' interruttore che abbassa le porte di sicurezza, facendo scendere tra voi due e lui una pesante serranda d'acciaio antiproiettile.
    Mentre vi allontanate lo senti uggiolare disperato mentre batte i pugni alla parete.
    Aspettate, Sanya, Hay, tornate indietro!
    Come farò a vivere senza i miei fiori preferiti del giardino!
    Ooooh, andiamo, rischio di appassire!

    Lo sguardo del sottotenente Litvnaak è gelido, anche più delle gelide steppe della Siberia menzionate poco prima.
    Sembra quasi che voglia lasciarsi alle spalle questa storia il più presto possibile.
    Ti rassicura con un gesto, e ti indica una stanza separata, contrassegnata da una croce rossa, chiaramente una zona adibita ad ospedale.
    Stai per entrare quando ti ferma inspirando profondamente e commenta.
    Non si preoccupi, è già marcio...
    Comunque non tema, è un idiota, ma è anche un professionista.
    Si fidi di lui, quando dovrà imparare a sparare, comunque proseguendo, qui abbiamo l' ospedale.
    E' qui che si trova una delle due personalità principali che deve incontrare.
    Mi raccomando, non parli del capitano Ivanovich, neache un accenno, o potrebbe finire male.
    Qualunque cosa le chiedano, lei non sà niente e non era presente ok?

    Come ha ricevuto il tuo assenso precisa, dimostrando tutto il suo dispiacere per questo tuo disagio.
    Mi creda, è per il suo bene
    POi prosegue, cambiando di volta in volta il suo piede d'appoggio tradendo tutto il suo nervosismo.
    Questo non è affatto un buon segno.
    Diciamo che si tratta di un soggetto un po' particolare...
    Non ha preso bene la morte del capitano, per lei era come un padre.

    Lei, dunque si tratta di una ragazza.
    Beh, a questo punto dovresti avere già chiaro in mente di chi si tratti.
    Prima però che tu possa muoverti o raggiungere la maniglia la tua nuova guardia del corpo ti blocca, e con aria seria sussurra.
    Aspetti...
    Poi bussa due volte.
    Un gesto semplice, normale.
    Ma in questo posto niente è come sembra, e a riprova di questo una lucente lama di reishi, tipica delle Vorgshwert fuoriesce da una fessura, sfiorando la guancia della ragazza, che sospira tristemente, mentre una voce giovanile e squillante sibila minacciosa dall uscio socchiuso
    Chi è?
    Così giovane, eppure così minacciosa e carica di istinto omicida...
    Inoltre l'accento di questa voce...è forse giapponese?
    No puoi dirlo con certezza, ma di sicuro non è il primo dei tuoi dubbi.
    Chi mai potrebbe infatti puntare la propria arma ad un membro così rispettato della divisione?
    Questa ala dell' infermeria è interdetta a tutto il personale non autorizzato
    LA ragazzina parla ancora, prima di venire zittita da una pronta e ferma, quanto educata risposta di Sanya.
    Calma, sono io Shiori-chan
    In un istante la porta si apre, e ti trovi davanti ad uno spettacolo decisamente inaspettato.
    Una ragazzina, ancora più giovane di quella di prima, dai capelli castani vi squadra entrambe con uno sguardo preoccupato, prima di mettersi istantaneamente sull' attenti, in maniera quasi comica, riconoscendo il proprio errore.
    Ah, sottotenente, perdoni la mia scortesia!
    Come se niente fosse, la graduata allontana la lucente e vibrante lama di reishi dal suo collo, restituendola alla ragazzina con nonchalance.
    Riposo, riposo...allora, come stà?
    Quest'ultima annuisce imbarazzata e fà per mormorare qualcosa come
    Ecco...
    Quando una voce nettamente più decisa la interrompe, una voce proveniente da uno dei lettini.
    setsuna01
    E' un voce stanca, la voce di chi, a diciassette anni ha visto il peggio che il mondo potesse offrire, ma che non si è piegato.
    E' la voce di una ragazza che si è trovata a reggere sulle proprie fragili spalle una divisione sull' orlo del baratro, e che in un qualche modo è riuscita a tirarla di nuovo oltre il bordo del precipizio.
    Falli pure entrare Shiori, non stà bene far aspettare ospiti fuori dalla porta, ce l'ha insegnato il capitano no?
    E aggiunge in un soffio.
    Prego, venite pure
    Quando varchi la porta, ti trovi davanti a lei, le foto sono inconfondibili.
    Setsuna Aokiri, la sottotenente e più intima conoscente del defunto Boris Ivanovich.
    Non sembra neppure la terribile quincy di cui hai sentito parlare, adesso che è seduta sul letto ospedaliero, bendata e a curarsi dalle ferite...
    Sembra così esile, così fragile...
    Un errore che la Fangzshwert poggiata sul comodino ti ricorda di non fare.
    La quincy veterana saluta il vostro arrivo con un cenno del capo e saluta l' altra ufficiale con un breve gesto cameratesco mentre un'altra ragazzina le finisce di sistemare le bende sul braccio destro.
    Yo!
    UN saluto secco ma amichevole, e a giudicare dalla reazione sorpresa e sollevata di Sanya puoi dedurre che le due siano ottime amiche, sebbene tra loro debbano intercorrere almeno più di dieci anni di differenza.
    Ma sul campo di battaglia una decina di anni non sono una differenza a cui prestare attenzione.
    Secchan, come è andata? Ho sentito che è stato un bello schifo
    Probabilmente si riferesce alle azioni militari che ti ha nominato poc'anzi.
    A quanto pare uno dei tre feriti deve proprio essere stata lei.
    Già, come al solito, siamo entrati, abbiamo ripulito l' edificio e come al solito ci hanno sparato addosso...
    A me non è andata troppo male...ma a Griskov, beh, probabilmente perderà una gamba se è fortunato.

    Mormora indicando una tenda del reparto di terapia intensiva pochi metri più in là e da cui provengono lamenti e mugugnii di dolore.
    Sanya scuote la testa intristita alla notizia.
    Per un soldato perdere una gamba non è affatto un bene, significa non poter più proteggere i propri compagni e divenire un peso per loro, rischiando di mettere in pericolo anche le loro vite.
    Dannazione, non deve averla presa bene, tu invece?
    Chiede poi con un briciolo di curiosità guardando la sua cartella medica.
    Quanto ti hanno dato di prognosi?
    La quincy dai capelli blu scuote la testa con tranquillità.
    Ha subito ferite peggiori, ma la sua domanda in realtà è un' altra.
    Due giorni, ma sono stata fortunata, il proiettile ha mancato il fegato di un soffio, e le reishi fanno il loro lavoro.
    E lei?

    Chiede a sua volta, indicando proprio te con il dorso della mano.
    Chi, questa ragazza? Ah, lei è Hay Sadeki, la segretaria di Mishima, la nuova arrivata dal consiglio.
    Una frase così la gela sul posto, lasciando il suo corpo a mala pena coperto dalle lenzuola immobile come una statua preda della sorpresa.
    La ragazza ti squadra da capo a piedi e poi sibila con astio.
    setsuna02
    Tch, allora potevamo lasciarla laggiù, se è come quell' altro idota.
    Furiosa Sanya sbatte con violenza le mani sul comodino facendo sussultare la Fangzshwert ed esclama con violenza riprendendola duramente.
    Sottotenente Aokiri!
    Sfortunatamente per lei, loro due sono parigrado, dunque non c'è niente che possa fare per costringerla a cambiare registro.
    Non c'è che dire, evidentemente le stai davvero simpatica, nel senso peggiore del termine.
    Così sempre indolente ai richiami prosegue, carica del più comleto disprezzo.
    Non rompere Sanya, spero almeno che la signorina qui presente si dimostri meglio di quell' altro str....*Ehm*, del...del...
    Dire quel nome le costa una fatica indicibile, ed è solo la vista dell' arma della sua parigrado a persuaderla a cambiare termine a metà strada.
    Ma lo puoi leggere nei suoi occhi.
    Per lei quel titolo, è riservato solo ad una persona, a colui che le ha salvato la vita.
    CAPITANO Mishima....
    POi si ferma nuovamente.
    Inspira in profondità e si scusa con un inchino appena accennato, il massimo che le sue condizioni di salute le permettono.
    Comunque non è bene giudicare prima di conoscere gli altri...
    Sono il sottotente Setsuna Aokiri, piacere di conoscerla Miss Sadeki, e benvenuta in questa gabbia di matti.

    Appparentemente soddisfatta il'ufficiale Litvnaak si incammina con te verso la porta, scortata da due ragazzine dai tratti orientali, che vi accompagnano sull' uscio.
    OK, ti lascio alle tue cure, ci rivediamo dopo alla mensa?
    Setsuna sorride contenta, o almeno così ti pare, mentre replica.
    Ci conto...
    E ad onor di cronaca aggiunge.
    Non vedo l' ora di mangiare qualcosa di decente, questi brodini proteici mi stanno uccidendo peggio delle pallottole.
    E con quest'ultima frase la porta si richiude alle vostre spalle, lasciandovi sole ancora una volta negli sterminati meandri della base della VII divisione Quincy.
    QUasi volesse legittimare il comportamento della sua amica la tua neo-attendente ti spiega, mentre proseguite, le ragioni di tutto questo astio.
    Mi spiace se il sottotente è stata un po' brusca con lei Miss Sadeki, ma il Capitano Ivanovich è stato il faro di riferimento delle ragazze per tutta la loro vita, e la sua morte le ha davvero provate.
    In fondo le puoi capire, se la sua scomparsa ha molto provato te, che a malapena lo conoscevi, cosa può avere comportato per queste ragazzine così giovani, per le quali era ben più di un semplice comandante?
    Se poi aggiungiamo che sono stati dei quincy ad eliminarlo, beh, non posso biasimarle se non si fidano di un membro della prima divisione.
    Inoltre il loro rapporto con Mishima è stato...come dire...non dei migliori.

    Ma dal suo tono capisci che desidera glissare rapidamente su questa parte, quasi fosse uno scabroso segreto da tenere secluso agli occhi del mondo.
    Non mi chieda di parlarne però, è avvenuto tutto prima che io arrivassi, quindi non ne sò molto.
    Ho solo una raccomandazione, non cerchi mai di mettersi contro la squadra Epyon, nonostante gli sforzi dell sottotente, che un po' ha iniziato a mostrare segni di miglioramento, le altre sono ancora...instabili.

    Instabili, un eufemismo per descrivere delle bombe ad orologeria ambulanti.
    Hai letto i rapporti e le notazioni sui periodici resoconti di Mishima al consiglio, mine vaganti, piccole psicopatiche, errore imperdonabile, sono solo alcuni dei numerosi termini usati per riferirsi a queste ragazzine, residuato di uno dei più brutali e crudeli campi di addestramento del KGB ai tempi della guerra fredda.
    Povere anime salvate dalla loro triste sofferenza da quello che si può definire forse l' atto più umano di un eroe come era Boris Ivanovich.
    Un eroe, sceso a patti con il diavolo, con ciò che più disprezzava per salvare il suo paese, e forse anche queste fanciulle.
    Mentre il peso della responsabilità inizia a gravare sulle tue spalle come nuovo capitano ed inizi a realizzare la magnitudine del compito che ti è stato affidato, giungi infine ad un'altra delle tappe del tuo viaggio.
    Il laboratorio scientifico di ricerca e sviluppo, il cuore pulsante della settima divisione.
    Tuttavia l'espressione perplessa di Sanya pare sufficiente ad accantonare momentaneamente la tua ansia
    Uh? Come mai è aperto e senza sentinelle?
    Si chiede, mentre spinge con fermezza la pesante porta antiscoppio del laboratorio verso l' interno, entrando assieme a te con cautela nell' oscurità più totale.
    Avvolta dalle tenebre come un sudario la sua voce ferma ma stentorea risuona nell' enorme vano vuoto delle dimensioni di un hangar, costellato di banche date e di torri di processori elettronici, oltre che da una filiera di attrezzi meccanici ed elettronici il cui utilizzo ti è sconosciuto.
    Dottore, dottor Grebyich? E' qui?
    Improvvisamente una voce fredda e metallica risuona contemporaneamente da ogni angolo della stanza.
    Ad un volume talmente forte da essere in grado di farti dolere i timpani.
    hal9000ue4

    TI VEDO E TI SENTO SANYA, FORTE E CHIARO!
    Perplessa e preoccupata per la tua incolumità, la tua sottoposta si stringe a te, e nella sua mano compare immediatamente una pistola, carica e amata.
    Dottore, dove si trova?
    Chiede in tono perfettamente naturale mentre esamina l' area circostante in cerca di pericoli.
    Poi la voce esplode alle tue spalle facendoti sussultare e togliendoti il fiato mentre le orecchie ti iniziano a fischiare come sirene impazzite.
    DIETRO LA SIGNORINA SADEKI ADESSO!
    Poi come se si accorgesse di un tragico errore la voce si acquieta, venendo sostituita da un tono imbarazzato, ma spigliato, non il duro gergo gutturale del russo dei soldati, ma più appartenente ad una voce aristocratica, da salotto quasi.
    OH, DIAVolo, scusate, ho ancora problemi a settare il volume...
    Quando ti giri ti ritrovi, con tua somma sorpresa, a fissare una telecamera semisferica di colore rosso intenso, quasi come lo Hal 9000 di Odissea nello spazio.
    Solo che questo sembra molto più bendisposto
    Salve Miss Sadeki, o dovrei dire capitano Sadeki, piacere di conoscerla, io sono, o è meglio dire ero il Dottor Vladislav Grebyich...
    Il dottore, il vero genio dietro alle costanti e continue innovazioni tecnologiche sviluppate dalla settima divisione negli ultimi anni, la mente responsabile della creazione di geniali macchine come le vorgshwert o le fangzshwert o ancora di piu' il computer pensante attorno al quale sono organizzate tutte le funzioni della base.
    Gia', il computer quantico a matrice biologica...
    Forse e' quella la spiegazione dietro al bizzarro comportamento del processore interno.
    Piu' passa il tempo e piu' inizi a pensare che forse i deliranti rapporti di Mishima sui folli esperimenti di Grebych forse non erano tanto lontani dalla realta.
    Ma se vuole può chiamarmi "д.о.к" o "D.O.C" se preferisce
    La voce varia dal timbro metallico di prima, ad un più cortese volume e tono, quasi come se tu stessi parlando con l' uomo in carne ed ossa, ma tutto quello che appare è un ologramma che fluttua a mezz' aria cercando disperatamente di stringerti la mano, ma essendone impossibilitato rinuncia, accontentandosi di un semplice inchino.
    Le stringerei la mano se potessi, ma temo di non averne più
    Dice quasi in un tono di scuse.
    Ora, la faccenda si fa strana davvero, e puoi stare sicura che le sorprese non sono finite, almeno per ora....

    -----



    наумдa международный иллюминатор_
    8 час перед _
    Narita International Airport_
    8 hours before_






    La professoressa Kagami per la terza volta in meno di trenta minuti contò nuovamente i ragazzi che componevano la sua scolaresca: qualcosa non tornava.
    A molte sue compagne di lavoro ogni tanto capitava di ritrovarsi con un paio di ragazzi mancanti, e lei stessa più di una volta si era ritrovata a dover sgridare uno dei suoi alunni per essersi allontanato troppo.
    Ma questa era la prima volta in assoluto che si trovava con il problema di avere uno studente in più.
    Con un sospiro contò di nuovo i ragazzi schiamazzanti davanti a lei...
    E si girò soddisfatta, stavolta erano veramente tutti.
    Pochi metri più indietro, schermata dalle alunne che portavano la sua stessa uniforme, Kyoko Ishiyama, nome in codice "Flonne", membro attivo della squadra Epyon, era già scivolata tra le sue "compagne" oltre il Check In e si era diretta verso i bagni dell' areoporto.
    Strtta tra le mani aveva la cartella dentro la quale era occultato un fucile d'assalto svizzeroin lega plastica, l'ultimo modello della fortunata serie Heckler e Koch, non più lungo di una trentina di centimetri ma caricato con proiettili calibro nove millimetri in grado di superare qualunque giubbotto di Kevlar.
    Davanti a lei si trovava i suo obbiettivo, circondato da quattro energumeni in tenuta da guardie del corpo, giacca e occhiali neri, trasmittente e pistola occultata sul petto, diretto al bagno, per l' ultima sosta della sua vita.
    C'erano voluti mesi per organizzare quell' attacco.
    Mesi di programmazione, cucire le uniformi, copiare i piani di volo delle scolaresche, customizzare il fucile per farlo entrare nella cartella senza farlo perdere di funzionalità.
    E soprattutto memorizzare la pianta dell' areoporto.
    Tutto per eliminare un singolo personaggio, Anton Grilenko.
    Un influente petroliere Kazako...il cui vero nome era Iljushin Korkovich, ex quincy della settima divisione, adesso traditore ricercato, terrorista, assassino e infiniti altri capi d'accusa che pendevano sul suo capo.
    Come un'ombra "Flonne" si mosse tra i passeggeri in attesa del loro volo.
    Era facile, troppo facile.
    Mesi e mesi di addestramento concentrati sul penetrare nei bagni e silenziare il bersaglio e le sue guardie del corpo.
    La CIA avrebbe usato del veleno
    Il Mossad avrebbe usato dell' esplosivo
    Il KGB di un tempo probabilmente entrambi, ma il sottotenente Aokiri voleva una uccisione pulita.
    Voleva avere un trofeo da mostrare, una piccola vendetta per il capitano Ivanovich.
    Nel frattempo due dei quattro energumeni si erano appostati davanti ai bagni mentre gli altri due ed il suo bersaglio erano entrati al loro interno.
    Agile come la volpe di cui prendeva il nome la giovane killer si avvicinò ad una delle grate di areazione che erano state in precedenza svitate, la svelse dai bulloni e vi entrò.
    A carponi procedette lungo il tubo di areazione sino a giungere esattamente sopra i lavandini, e sopra le teste delle due guardie del corpo.
    Inspirò a fondo, e poi si lasciò cadere a piedi uniti contro la grata.
    Cadde a terra davanti ai due uomini che la guardarono con un misto di sorpresa e terrore.
    Sorpresa, perchè era il bagno degli uomini.
    Terrore perchè sapevano chi fosse, e perchè fosse venuta.
    Cercarono di estrarre le pistole ma vennero imediatamente falciati da una raffica di proiettili ad alto potenziale che attraversarono i loro giubbotti in kevlar come fossero stati di burro, aprendo numerosi fiori scarlatti sulle loro camicia immacolate.
    Il silenziatore aveva ridotto quella scarica di proiettili a niente più che un breve sussurro.
    Con lo stesso fluido movimento poi "Flonne" si girò sul tallone destro e lasciò partire un'altra raffica che perforò entrambe le porte di plastica dura delle toilettes.
    Alle sue spalle la porta si aprì di scatto mentre gli altri due entravano.
    Sicuramente dovevano aver percepito il suo reiatsu.
    I due avevano le pistole spianate, ma non ebbero mai tempo di usarle.
    Facendo affluire le reishi alle braccia l'assassina quincy afferrò le due Fangzshwert sulla sua schiena, e più rapida di quanto l' occhio umano potesse seguire le scagliò entrambe alla gola dei due rimanenti nemici, i quali caddero a terra, la trachea lacerata da una lama di particelle spirituali affilata come un rasoio.
    Con metodica calma la giovane raccolse i due pugnali e si avvicinò alla porta del bagno spalancandola con un calcio.
    Non c'era nessuno.
    Fece appena in tempo a girarsi che una mano la strinse al collo attaccandola alla parete del bagno ed iniziò a strozzarla.
    Con un rivolo di bava che le colava dalla bocca e gli occhi umidi di lacrime la quincy fece appena in tempo a scorgere il volto del suo assassino.
    C'era stato un errore, nella scelta del bersaglio.
    Qualcuno aveva fatto un errore, un dannatissimo errore.
    Kyoko cercò disperatamente di arrivare con la mano alla cintura, per scagliare un ultimo pugnale, ma il gelido acciaio della canna di una pistola iniziò a pruderle sulla pancia scoperta, sotto l' uniforme.
    Le ultime parole che udì furono pronunciate da una voce tagliente come un rasoio, una voce che grondava veleno...
    Peccato...mossa sbagliata.
    Poi il mondo assunse i colori del sangue e l'odore della polvere da sparo, mentre i proiettili sparati a bruciapelo le laceravano le interiora.
    La vista del suo cadavere, scoperto ore più tardi, fu la cosa più agghiacciante che l'ispettore Nagezawa della polizia di Tokyo avesse mai visto.

    -----



    Nel frattempo, pochi minuti dopo lo scontro a fuoco, una singola figura si avvicinò alla hostess del volo 7825 in partenza per Mosca.
    Inizialmente questa non lo notò, era troppo stanca, quella scolaresca di ragazzini le stava facendo venire l' emicranea...
    saermak01
    Uff...
    Poi si accorse del nuovo venuto e lo salutò con il solito saluto di cortesia.
    Salve, desidera?
    Si trattava di un uomo alto almeno un metro e novanta, robusto, il cui fisico possente traspariva persino dalla anonima giacca da impiegato di ottima fattura che portava.
    C'era in quell' uomo qualcosa, qualcosa di pericoloso.
    E il suo sguardo, era magnetico, come quello di un serpente, o di un drago.
    Ragazzini...
    BOrbottò l' uomo guardando la scolaresca schiamazzante.
    E aggiunse qualcos'altro che si perse nel fragore delle risate scaturite da una battuta piuttosto salace di uno degli studenti.
    Erano davvero irrequieti oggi.
    Come prego?
    Chiese insicura di quello che aveva udito.
    L' uomo le rispose con una voce suadente, ma che allo stesso tempo era tagliente come un rasoio.
    saermak02
    Ripensavo a quanto sanno essere fastidiosi i ragazzini
    Lei si schermì, non le piaceva quel tipo.
    Proprio no, però aveva in sè qualcosa di stranamente affascinante, come poteva essere attraente un rettile.
    Beh, non è poi così terribile...
    Lui non sembrava della stessa opinione.
    Dice? Io invece sarei dell' idea di buttarli giù tutti una volta raggiunti gli 8000 metri di quota.
    Per l'appunto sono proprio i ragazzini che non sanno stare al loro posto a crearmi i grattacapi maggiori in questi giorni.

    E c'era qualcosa in lui che faceva capire che sarebbe stato capacissimo di attuare questo suo proposito.
    Poi lei gli porse la mano guantata per leggere i documenti.
    Prego...I suoi documenti di imbarco, grazie.
    Il passeggero inquietante le allungò una carta di imbarco perfettamente conservata dentro del cellophan con un gesto che ne denotava l' intenso addestramento militare.
    Atteggiamento che ben stonava con il completo che lo sconosciuto indossava.
    Diede una letta veloce alla carta di imbarco, ai documenti dell' uomo e vedendo che tutto era in regola lo condusse al suo posto.
    Perfetto,arriveremo a mosca tra circa quattro ore, il suo posto è quello laggiù, si goda il viaggio signor Saermak.
    Sedutosi sulla poltroncina di stoffa, con quattro posti liberi intorno, quelli dei suoi patetici sottoposti morti, e a causa di una ragazzina sola per di più, Gorislav Saermak, terrorista e genocida pluriricercato, Maestro quincy e capitano della divisione "Skorpio" della VII Divisione sorrise con il sorriso velenoso di un cobra.
    Presto sarebbe partita l'operazione "Drago a nove teste"
    Quattro ore eh? Sarà un lungo viaggio...
    Disse, prima che la sua mente fosse attraversata da un pensiero.
    Perchè erano sempre le ragazzine a procurargli i grattacapi maggiori?


    PoV - Turno (III):



    E così la tua cerchia di conoscenze si allarga, poco alla volta, sempre di più.
    Ma potrai davvero fidarti di loro? Potrai affidare loro la tua vita?
    Quanti di coloro che hai incrociato in realtà nascondono un pugnale dietro le loro schiene, mentre ti mostrano un volto cordiale e affabile, o la maschera dell' indifferenza?
    E ancora, se molte domande hanno trovato risposta altre ancora rimangono insolute...
    Poichè il gelo in Russia non si trova solo nelle gelide distese Siberiane, ma anche nei cuori dei suoi abitanti:
    In un mondo dove il forte e lo scaltro sopravvivono, infinite avventure e colpi di scena ti attendono.

    Il Test di Hay Sadeki continua, nel prossimo episodio

    ползучий хаос
    Creeping Chaos

    Non perdetelo.






    Glossario:

    J.T.C = Junior Training Camp
    Un campo di addestramento propedeutico per tutti coloro che vogliono entrare nell' esercito.
    Negli ultimi dieci anni questa denominazione si è riferita ai campi da addestramento delle forze speciali.
    акула = Squalo
    д.о.в = дапасной. Oрганический. вычислитель (Vedi sotto)
    (D.O.C) = Deuterion.Organical.Computer
    Trattasi di un innovativo sistema di computer creato da Vladyslav Grebych nei sotterranei della base centrale della settima divisione.
    Questa meraviglia tecnologica sfrutta isotopi di Deuterio per stimolare i collegamenti elettrici presenti nelle cellule cerebrali umane, garantendo prestazioni fantasmagoriche alla memoria del computer, che così diviene in grado di registrare ogni cosa, persino la mente e i ricordi del soggetto.
    In uno dei suoi rapporti Mishima ha più volte riportato come i tentativi del dottore di riversare la propria mente nel sistema di controllo centralizzato della base fossero pure illazioni scientifiche ed inapplicabili allo stato pratico.
    Ma forse si sbagliava...







    Edited by Allen92 - 12/9/2011, 18:05
     
    Top
    .
  6.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Group
    Amministratore
    Posts
    2,705
    Reputation
    +8
    Location
    Right behind you ... ~

    Status
    Offline

    » Act II
    Comrades


    2e3n1ih




    What's a wild heart made of?
    It's born in a quest for truth
    and in the search for a reason
    it goes with its chest filled with courage
    the blue sky after the storm
    and the joy of a song
    in this strange world
    the time that slips so fast
    cannot silence your voice
    lights, rivers, sounds, lighthouses
    the world today dawned wild
    as if challenging
    this heart.


    VII Divisone Quincy






    Hay Sadeki non poteva affatto negare di essere preoccupata.
    Stando a quello che le avevano detto, quei fascicoli erano caduti in mano nemica.
    Era un bel problema, di certo da non sottovalutare o prendere troppo sottogamba dato che in quei pezzi di carta vi erano informazioni delle più importanti riguardanti la VII Divisione.
    Hay Sadeki espose il problema alla giovane ragazza che aveva al fianco e note di preoccupazione iniziarono a tingerle il volto già stremato da tutte quelle notti passate in bianco per lei.

    Se quello che dice è vero, la situazione è preoccupante...
    Non voglio immaginare cosa stesse pensando Mishima quando ha preso quei documenti.
    Si trattava di file riservati, e ve ne è una copia nei nostri archivi, ma portarsi dietro una copia cartacea è da irresponsabili.


    Hay Sadeki non sapeva il perché ma in quel momento a quelle parole si sentì in colpa, dato che avrebbe dovuto proteggerli a costo della vita e non le era stata data la possibilità.
    - Mi dispiace. Li aveva portati apposta per me, penso che nessuno di noi si aspettava quell’attacco o ci avrebbe pensato due volte prima di portarli con sé. Ciò non toglie affatto che il suo atto sia stato sconsiderato, neppure io sapevo cosa stesse per darmi altrimenti avrei impedito che quelle informazioni lasciassero la Divisione stessa. Avrei dovuto prenderli ma a quanto la mia mente si ricorda non ho avuto il tempo neanche di darci uno sguardo che...mi hanno gettato fuori dalla vettura prima...- Hay Sadeki si fermò e trasse un profondo respiro.
    - Prima che accadesse quello che è accaduto.- concluse con tono affranto.
    - Ha ragione lei, io di questa cosa non ne sapevo niente, altrimenti anche io sarei stata contro a portare una così grande fonte di informazioni con me. Almeno sapete che questi fascicoli sono in mano nemica. – sospirò.
    Non tutto il male poteva venire per nuocere ma questa storia proprio aveva dell’incredibile.
    Hay. Sai vero che tu sei una sopravvissuta e quindi un valido testimone?
    § Per questo dovremo guardarci le spalle.§
    Ammutolì la sua voce.
    La ragazza lentamente sprofondò il volto tra le mani, avrebbe voluto dirgli di riposarsi almeno per un po’ finché non avrebbe ripreso le forze ma...
    Fin dove arrivava il suo orgoglio di soldato?
    Preferì tacere.
    Tipico di quei burocrati, sempre dietro alle cifre e mai a quello che conta...
    Vorrei che avessero fatto i sei mesi di JTC come gli uomini che comandano, e allora sì che avrebbero capito cosa c'è di importante.

    Hay non fiatò, restò in silenzio ad ascoltare quelle parole.
    Quelle parole cariche di odio, di risentimento e di profondo abbandono. Come se al mondo ci fossero poche persone che avrebbero potuto veramente prendere in mano quella situazione che era tutto fuorché rosea.
    Hay Sadeki era una delle candidate a farlo, e ancora si chiedeva se veramente avrebbe avuto la forza per prendere in mano la situazione.

    Sempre dietro ad una scrivania, e mai a provare cosa significa versare sangue altrui.
    Mi auguro che lei non sia come loro,signore...


    Quelle parole la toccarono, come uno spillo dritto al cuore.
    Hay ebbe un attimo di esitazione ma solo un istante, il tempo per vedersi davanti sfilare una moltitudine di immagini.

    Ah, mi scusi, sono andata oltre le righe.
    Mi perdoni per questa insubordinazione e prenda le misure necessarie e che ritiene appropriate!


    Si scusò per il tono che aveva avuto fino ad adesso in tono da subordinato.
    La mancanza di fiducia che trapelava dalle parole di Sanya era arrivata come un ‘altra pietra sul peso che Hay già si doveva portare dentro.
    Quello di Sadeki era un compito gravoso: non si trattava di diventare Capitano di una Divisione Quincy.
    Si trattava di diventare la nuova colonna portante di una famiglia oramai allo sfacelo, di ricostruire prima della Divisione stessa una fiducia che oramai sembrava essere perduta.
    § Boris-sama...ora capisco perché la sua era una scommessa. §
    In effetti era davvero una bella scommessa quella.
    Hay Sadeki era partita dal presupposto che non aveva i requisiti che avevano fatto di Boris J. Ivanovich il Capitano della VII Divisione.
    Lei non li aveva.
    Era diversa, forse qualcosa aveva di simile ma non era certamente un soldato. Non aveva mai sparato a nessuno.
    Ma...lei era lei.
    Non una copia, e neanche un’usurpatrice di quella persona che le aveva cambiato totalmente la vita.
    Lei era semplicemente Hay Sadeki, e di questo ne avrebbe fatto il suo punto di forza.
    Le sarebbe bastato imparare a vedere tutto con occhi diversi.
    - No. Non c’è bisogno di scusarsi. Posso capire come si sente. Ma no. Io non sono come loro.- iniziò mettendo una mano sulla spalla di quella che adesso poteva definire compagna.
    - So cosa significa combattere per i propri compagni. So cosa significa essere feriti in battaglia, o essere sull’orlo di rimetterci la vita. So cosa significa proteggere il prossimo e so...cosa significa vedere morire davanti ai propri occhi qualcuno, che sia un tuo compagno o che non lo sia. Di certo io non mi nascondo dietro un tavolo a mandare a combattere i miei compagni, perché io non chiamerò mai sottoposti quelli che combattono al mio fianco. Leggere carte su carte e restare indifferente se essi perdono la vita, o un arto o il proprio onore, è qualcosa che io non farò mai. Quindi su questo non ha di che preoccuparsi. –
    Quasi a sentirsi si fece paura da sola.
    Non aveva mai parlato a quel modo, a nessuno. Mai.
    Neanche con quel tono.
    Risoluzione e pura e semplice verità, la stessa che si poteva leggere nei suoi occhi.
    Non c’era inganno nelle sue parole, non vi era esitazione.
    Il suo volto si era fatto serio, come non lo era mai stato per tutto questo tempo.
    Sperava davvero che le sue parole arrivassero al suo cuore più che alle sue orecchie.
    Ascoltato ciò che Hay aveva da dire Sanya Litvnaak proseguì il suo discorso dopo essersi schiarita la voce e ed aver scritto qualcosa sul palmare che recava in mano.

    Comunque, per quanto concerne i dati sottratti abbiamo avviato una indagine sia sul fronte interno che su quello esterno alla divisione ed il reparto analitico si sta occupando di tracciare eventuali segnali, anche se riteniamo che sia stato schermato contro tentativi di analisi delle Reishi da parte di eventuali inseguitori.
    Comunque non appena avremo delle tracce glielo faremo sapere.


    Hay Sadeki abbassò per un attimo lo sguardo sulle mani e sospirò.
    Si portò le braccia incrociate al petto e si chiese quanto quella storia stesse scombussolando non solo la sua vita, ma anche quelle già incasinata dei membri della VII Divisione.
    - Capisco. Bene, mi fido di lei. Mi metta a conoscenza di qualsiasi cosa che le venga pervenuto riguardo a questa faccenda.-
    Da quando ti atteggi a grande capo, non è da te.
    § Prima o poi dovrò imparare no? e poi, penso di aver imparato dal migliore in questo campo.§
    La schermaglia si fermò con una risatina sommessa da parte di lei: come faceva a trovare ancora la forza di scherzarci su, questo non lo sapeva ma le sue stesse parole le mettevano più paura di quelle che sentiva nella sua mente.
    Prese fra le mani la pistola di Boris Ivanovich che le aveva dato pochi minuti prima la ragazza.
    E così quella pistola le aveva salvato la vita, peccato che in mano sua era solo un oggetto da conservare e non un’arma vera e propria.
    Una richiesta semplice, imparare a sparare.
    La ragazza che le stava a fronte le aveva rivolto uno sguardo che Hay Sadeki non seppe decifrare.
    Certo sentire qualcuno chiedere qualcosa di simile in una Divisione dove si nasce o si arriva con la pistola in mano doveva essere una richiesta alquanto strana.

    Suppongo che in Giappone non abbia mai avuto occasione di usarne una, e in effetti contro gli hollows queste non servono...
    Tuttavia ha ragione, qui il pericolo è dietro ogni angolo, e lei avrà bisogno di tutta la preparazione disponibile.
    Sarà un onore per me, anche se l' esperto nel tiro di precisione non sono io ma il sergente Keverich.
    Ma avrà modo di incontrarlo in seguito, non tema.


    Sì, aveva proprio fatto centro.
    - Esatto, in Giappone armi simili non mi sono mai servite. Anche perché potevo vantarmi di altre armi a disposizione ma...adesso come può sentire la situazione è cambiata. Radicalmente. Per questo mi serve anche saper sparare, perché semplicemente non voglio farmi trovare inoffensiva al cento per cento.- la sua voce chiara commentò le prime parole della ragazza aggiungendo in seguito:
    - La ringrazio per aver scelto di insegnarmi, e se non lo farà lei ma questo sergente Keverich allora ne sarò felice lo stesso. L’onore è solo mio, di poter imparare da voi.- e così un altro nome in quella immane e imponente scacchiera era stato rivelato.
    Ce ne sarebbero stati altri, molti altri.
    Bianchi o Neri?
    Chissà, lei sapeva di giocare la partita dei bianchi, una Regina che sarebbe avrebbe cambiato le sorti della partita proteggendo un Re che ancora non aveva nome.
    Probabilmente era perché si era soffermata un attimo su quel pezzo della scacchiera così importante che gli era sovvenuto di chiedere a quella ragazza qualcosa.
    Come era il Capitano che l’aveva preceduta?
    Una domanda che le aveva messo una malinconia tremenda, glielo aveva chiesto più per qualcosa di personale che altro.
    Lui le aveva cambiato la vita, e neanche adesso riusciva a capire perché, perché proprio lui l’aveva così tanto presa quella volta, perché aveva deciso di impiegare tutta sé stessa per riportare sulla retta via quell’uomo che voleva ucciderla e di cui ne portava una vistosa cicatrice.
    Perché quel giorno non aveva smesso di pensare che...
    che forse era più simile a te di quanto tu potessi credere.
    E lei sapeva bene a cosa si riferiva.
    Smise di pensare a ciò, tornando a guardare la ragazza ma sopratutto a sentirla.
    Sanya rimase un attimo in silenzio per poi risponderle alle domande che la ragazza le aveva appena posto.

    E' una storia un po' lunga, e io personalmente non ho mai avuto l' onore di stare a stretto contatto con il colonnello Ivanovich, essendo stata trasferita solo da poco in questa divisione...sino a pochi mesi fa militavo nella дракон, sotto il comando del Maggiore.
    Comunque il rapporto tra le nostre divisioni è una vera e propria leggenda tra i nostri uomini, quindi suppongo che anche per lei conoscerlo non sarà certo negativo...


    Hay Sadeki rimase in silenzio, meditando per conto suo sulle parole della ragazza.
    Aveva la netta impressione che avrebbe scoperto molte cose dalle sue parole: poteva essere semplice curiosità la sua ma la Hay sapeva che probabilmente quello che le avrebbe detto poteva essere utile a mettere insieme gran parte dei pezzi di quel rompicapo che aveva in testa.
    In quello stesso istante la ragazza estrasse dalla tasca un secondo palmare sul quale vi è inciso un altro simbolo, un distintivo simile a quello che portava lei ma a differenza di quello, questo portava il simbolo stilizzato di un enorme squalo che esce dall’acqua, al posto del grande dragone.

    Tutto ha avuto inizio circa trent'anni fa, ai tempi della guerra in Afghanistan.
    L' esercito russo durante la guerra fredda aveva sviluppato un certo interesse per le questioni spirituali, e nel corso di anni aveva organizzato tutti coloro che sembravano possedere particolari poteri spirituali in una squadra ad hoc, priva di un nome particolare, non ne avrebbe avuto bisogno, semplicemente denominata акула-00.


    Hay annuì ascoltando con interesse le parole della giovane ragazza e la storia che le stava narrando.

    Non aveva un comandante, era un piccolo nucleo di specialisti che si coordinava internamente, senza seguire le direttive di un caposquadra, e tra essi vi erano il Maggiore, il capitano Ivanovich, il capitano Saermak e il maresciallo Kolaevich, che adesso è al comando della divisione орел

    § Quindi già a quei tempi il capitano Ivanovich conosceva tutti quelli che adesso occupavano un ruolo importante all’interno della VII Divisione Quincy § dedusse.
    Ed infine tutti quanti militavano nello stesso esercito.
    La cosa l’aveva lasciata un po’ stupita, soprattutto perché tutti quanti si conoscevano già da molto tempo.
    § Allora perché, quale motivo ha scatenato i dissapori che anche adesso continuano a minare la stabilità della Divisione?§ si chiese e decise di continuare ad ascoltare il racconto, magari la ragazza avrebbe risposto alle sue domande.

    Era una squadra coperta dai più elevati controlli e protocolli di sicurezza.
    Si trattava di professionisti della guerra, di soldati senza pari, sopravvissuti ad addestramenti infernali ed addestrati all' uso delle più moderne armi a disposizione dell' epoca.


    Tu non sarai mai come loro.
    La voce di Orihara le arrivò come un missile dritto nella sua spina dorsale.
    Aveva ragione, loro si erano guadagnati titoli prestigiosi all’interno dell’esercito russo e della Divisione attraversando l’inferno stesso e divenendo loro stessi parte di questo.
    Uomini che potevano vantarsi di un titolo come signori della morte,
    Uomini speciali, dalle doti fisiche e spirituali imponenti.
    Insormontabili.
    E lei invece era solo una ragazzina, con in mano qualcosa che le era stato affidato, e nulla più.
    Sarebbe stata davvero capace di tenere testa a qualsiasi cosa le si sarebbe posto davanti?
    Lei non aveva la più pallida idea di cosa fosse un inferno.
    Il suo volto si rabbuiò. Forse non aveva avuto tutti i torti Ivanovich a vederla come una stupida idiota che si atteggia a voler cambiare le sorti di qualcosa che è più grande di lei.
    Ma forse proprio in questa stupidità aveva visto qualcosa risplendervi.
    La capacità e la determinazione di mettere in gioco tutto quello che aveva per quello strano sogno.

    Insieme affrontarono decine di missioni che sembravano impossibili da realizzare: assassinii, sabotaggi, da soli praticamente dimezzarono e devastarono la struttura di comando dei ribelli afghani, e probabilmente la guerra sarebbe potuta finire solo grazie a loro, ma allora qualcosa accadde...

    La storia continuò a venire narrata,e fu così che si arrivò a quel ‘qualcosa’ che aveva rovinato tutto.
    Hay glielo vide riflesso negli occhi mentre aveva narrato per adesso quelle gesta che sembravano quasi storie scritte su carta bianca più che vissute veramente.

    La squadra stava perlustrando un villaggio sulle montagne, inseguendo dei ribelli che si erano asserragliati nelle caverne, e avevano lasciato al capitano Saermak l' ordine di occupare un villaggio in cui si riteneva fossero asserragliati dei guerriglieri.
    Tuttavia nessuno avrebbe potuto immaginare quello che sarebbe successo dopo.
    Il colonnello infatti aveva altri piani, e mentre il resto dei suoi compagni erano impegnati nell' aggiramento del villaggio, quel maniaco fece arrivare tre elicotteri d'assalto e radere al suolo il villaggio con missili e bombe al fosforo.


    Quelle parole arrivarono come saette.
    Già si immaginava il continuo di quella raccapricciante storia.
    Dei brividi le corsero lungo la schiena, e le sue dita si serrano sulla fredda arma che teneva fra le mani.

    Quando poi vennero ispezionate le rovine furono trovati solo i corpi di donne, vecchi e bambini, non c'era un solo terrorista, le uniche armi che nascondevano erano i bastoni che gli anziani usavano per camminare.

    Che brutto figlio di...
    La frase di Orihara non ebbe fine ma era proprio quello che passava per la testa di Hay Sadeki.
    Come può una mente umana fare qualcosa del genere, anche solo pesare a qualcosa di simile.
    Avevano ucciso genti innocenti, dei bambini...
    Quella non poteva definirsi ‘guerra’, quello era stato un atto dettato dalla pura follia.
    Non aveva giustificazioni.
    Ancora una volta ad Hay venne posta davanti un’altra cruda verità.
    Pensare che era convinta che gli Hollow fossero il male peggiore dell’umanità, invece esistevano esseri umani che in quanto a bestialità e depravazione superavano di gran lungo i suoi acerrimi nemici.
    Hay Sadeki rimase in religioso silenzio, sospirando, senza aggiungere o interrompere quella storia.

    Tutti lo sapevano, ma Saermak aveva comunque ucciso tutti, senza distinzioni.
    E da allora i rapporti tra loro sono sempre più peggiorati, persino quando ad ognuno di loro è stato affidato il comando di una divisione.


    I soldati sono uomini che sono stati creati per non provare sentimenti. Lo sai questo, vero ?
    Eppure si sbagliava.
    Loro erano stati addestrati a non provare sentimenti come la compassione, che potevano renderli deboli e quindi facili prede, ma non tutti erano così.
    Non a tutti avevano tolto quel qualcosa che gli rendeva ‘esseri umani’.
    Sanya fermò il suo racconto, ma Hay non alzò lo sguardo.
    I suoi occhi erano fissi sul riflesso sfocato e tagliato dell’arma che teneva in pugno.

    Il capitano Ivanovich, beh, non posso essere sicura di raccontarle tutto, visto che io personalmente non lo conoscevo bene, dovrebbe chiedere ai suoi vecchi sottoposti, tuttavia una cosa è indubbia.

    Gli occhi della ragazza si alzarono fino ad incontrare quelli della sua attendente.
    Una strana e nuova luce brillava negli occhi di Sanya.

    Era un uomo di grandissime capacità, integerrimo e fedelissimo al codice militare, un vero e proprio cavaliere d'altri tempi...
    Non credo di averlo mai sentito definire in altro modo se non...
    Ecco, un "patriota"


    Hay Sadeki quasi si emozionò nel sentire quelle parole, sorridendo dolcemente.
    In quella voce vi era un profondo rispetto verso quella persona.
    § Già...proprio un patriota. §

    Sono sicura che non esista termine migliore.
    Avrebbe sicuramente fatto di tutto per il suo paese e la sua divisione, e gli uomini lo idolatravano, specialmente le ragazze della squadra Epyon, per loro era come un padre.


    Improvvisamente qualcosa si risvegliò nella ragazza a sentire quella parola.
    Quindi Epyon era il termine per identificare una squadra di ragazze che erano sotto il suo comando.
    Adesso riusciva a comprendere, quelle ultime parole.
    Probabilmente sì, per loro quell’uomo era davvero come un padre.
    E lei cosa avrebbe fatto?
    Sarebbe stata capace di dare anche a loro un nuovo futuro?
    Sarebbe stata accettata da loro?
    Domanda che iniziarono a logorarle la mente.
    E proprio in quel momento, come se Sanya avesse letto nella sua mente che aggiunse parole che le andarono a confortare un poco l’agitazione che le stava crescendo.

    So bene che per lei non sarà semplice raccogliere il suo mantello, ma le assicuro che io e i miei uomini faremo il possibile per aiutarla.

    Hay Sadeki rimase un attimo a fissarla mentre i suoi occhi si erano fatti umidi e profondi.
    - Ed io farò di tutto per poterne esserne degna.- disse di rimando, eppure sebbene fosse certa di quelle sue parole un fantasma di incertezze e di inquietudini si aggirava furtivo dentro di sé.
    Io so che ci riuscirai, ma se non credi di farcela non ci riuscirai e questi significa che sei morta ammazzata nel tentativo ed io non voglio questo, e non te lo permetterò. Quindi metti da parte quelle tue stramaledette preoccupazioni, prendi in mano le situazioni che verranno con calma e sangue freddo e fai l’impossibile per portare a termine quella scommessa. Io e quel vecchio la vogliamo vincere, idiota, e tu?
    Il volto di Hay venne passato da un tremito di rabbia nel sentire quelle parole rivolte a lei con tanta arroganza ma...detestava per l’ennesima volta ammetterlo.
    Aveva ragione.
    Torturarsi con domande inutili era controproducente, bisognava ragionare, affrontare volta per volta ciò che le avrebbe riservato quella storia.
    I suoi pensieri vennero scossi da un terremoto che si agitava nel suo stomaco.
    Ora che ci pensava chissà da quanto non metteva sotto i denti qualcosa
    .§ Grazie...Orihara§
    Sanya rise e la prese per mano e delicatamente la sollevò.
    Era allegra, e vedendola così anche Hay si rallegrò. Era sempre felice di vedere qualcuno sorridere e ridere così.
    La malinconia e la tristezza aveva abbandonato i volti delle due ragazza, e Hay si era quasi stupita nel vedere quel cambiamento così repentino, e quasi non ringraziò il suo stomaco per quello.

    mpf, non si preoccupi, non mi stupisce che sia affamata, dopotutto non mangia da più di due giorni, se non attraverso la flebo, ma non si preoccupi, la mensa rientra nel giro della base nel frattempo prenda questo, dovrebbe aiutarla a calmare la fame, ci varranno almeno due ore per essere sicura che il cibo non le faccia male...

    - Meno male, ne sono molto felice. Mh. Bene! In queste due ore mi farà da guida all’interno della Divisione, giusto? Perfetto. Credo che per due ore potrò benissimo resistere.-
    disse prendendo dalla mano della sua attendente due pillole, integratori vitaminici a quanto pareva anche se poteva vedere in questi una piccola scintilla di Reiatsu in ognuna.
    Li buttò giù in un sol colpo prendendo di seguito una boccata d’acqua che vi era nel bicchiere sul comodino.
    Trasse un respiro profondo e anche se ancora le pillole non avevano fatto effetto, Hay Sadeki si sentiva già meglio.

    Prego, venga con me, e se dovesse sentirsi male me lo faccia sapere immediatamente.

    - Lo farò, senz’altro.-disse pensando a tutte quelle volte che aveva mentito a se stessa e agli altri sulle sue condizioni.
    Questa volta era differente.
    Così Hay Sadeki si cambiò, si dette una ripulita e una sistemata veloce, prendendo l’aspetto di una segretaria, che per tale doveva passare.
    Così Sanya aprì la porta della sua stanza.
    Una volta varcata quella soglia sarebbe andata incontro al proprio destino.
    Un sorriso di sfida le inarcò le labbra.
    § Bene andiamo. §
    Hay Sadeki uscì dalla porta dell’infermeria per uscire in un corridoio illuminato da luci soffuse che la fecero sentire a proprio agio piuttosto dei neon della stanza che aveva lasciato alle spalle.
    Mentre pensava a questo notò che la ragazza si era rivolta ad un uomo: sui trent’anni, tratti molto orientali.

    Olake, vieni, avvisa il resto dei ragazzi che ci muoviamo, voglio il percorso prefissato coperto da ogni possibile interferenza, e se puoi, riserva tre posti al tavolo ufficiali in mensa

    Hay Sadeki fece finta di non ascoltare dando occhiate in giro: da una parte però era rimasta davvero stupita dalle parole che aveva detto soprattutto per quanto riguardava il ‘coperto da ogni possibile interferenza’. Dall’altra parte invece era incuriosita dal sapere chi ci sarebbe stato oltre a loro due al tavolo degli ufficiali alla mensa.

    Aye aye, sottotenente, conti pure su di me...

    Non sembrava avere l’aria contenta, ma d’altronde ricevere ordini da un superiore doveva fare questo effetto.

    Miss Sadeki, i miei rispetti...

    Invece a lei si era rivolto con fare gentile, trattandola però come un civile.
    Non te la prendere...d’altronde adesso sei una segretaria.
    § Grazie. § pensò con aria altamente offesa anche se quell’uomo l’aveva trattata proprio come aveva detto Orihara, né più né meno, anche se almeno quel Quincy aveva avuto molto più tatto di quella voce che gli girava in testa.
    Almeno la copertura stava reggendo, e di questo se ne compiaceva.

    Prego, venga con me, iniziamo pure il nostro giro.

    Hay Sadeki annuì iniziando a seguire la ragazza lungo i corridoi della VII Divisione.
    Corridoi che parevano fossero quelli di un labirinto, monotoni, monocromatici dai tratti freddi e cupi, solo ogni tanto comparivano delle indicazioni dipinte sui muri.
    Come posto non era il massimo, no, ma d’altronde ancora non avrebbe potuto fare niente per dare qualche risistemata.
    Lungo il percorso Sanya le indicava volta in volta particolari, luoghi di ciò che circondava la ragazza.

    Come può notare dalla illuminazione, gran parte del complesso si estende sottoterra per oltre venti kilometri quadrati, il ricambio dell' aria è affidato ad un avanzato sistema di ricircolo dell' aria, questo anche per prevenire eventuali attacchi con agenti chimici o biologici per via aerea

    - Molto interessante.- non male doveva ammettere.
    Aveva sviluppato un progetto molto interessante: tutto aveva il suo scopo e niente era stato tralasciato o trascurato.
    Assolutamente perfetto.
    Poi alla mente passarono in osservazione le sue ultime parole.
    Già come se attacchi chimici e biologici fossero il pane quotidiano da queste parti.
    Per come Sanya l’aveva detto pareva proprio di sì.

    Apparentemente l' intera struttura in superficie è costituita da un unico grande edificio, una scuola per elementi dotati, ovviamente si tratta di una facciata di copertura, sebbene sia utile per scoprire eventuali nuovi candidati a divenire quincy.
    E ovviamente il tutto in maniera indipendente dal concilio.


    - Ottima idea, avete proprio pensato a tutto. Molto interessante devo dire. -pensare che nella magione della I Divisione lei neanche c’era stata.
    Non commentò il fatto che nell’ultima parola aveva riversato quasi tutto il disgusto che un essere umano può provare parlando di una cosa.
    Non sembrava stessero simpatici i membri della massima autorità Quincy e se doveva essere sincera lei per prima non li aveva mai sopportati.

    Come avrà capito, la settima divisione nel suo insieme è una delle poche unità esistenti ad essere separata dal consiglio e dalla prima divisione; i nostri antenati sono vissuti a lungo tempo isolati dai loro commilitoni di oltreoceano, e hanno scoperto di poter vivere tranquillamente badando ai propri affari.
    Non abbiamo mai sopportato le ingerenze del consiglio, e se deve assumere il comando della divisione dovrà ricordarselo attentamente.


    Hay Sadeki le sorrise, mettendole una mano sulla spalla per commentare quello che aveva appena detto.
    - Sì, riesco a capire perfettamente quello che sta dicendo. Se devo essere sincera per quanto riguarda me, le regole e le decisioni del consiglio non le ho mai digerite. Anche se ero della Prima Divisione può star tranquilla in quanto a questo. Mi fa piacere di aver trovato qua molte persone che la pensano al mio stesso modo. Quindi me lo ricorderò, molto, molto bene.- disse a bassa voce, per poi lasciare la presa sulla sua spalla e guardare avanti, sorridendo.
    Oh sì, quelli là non li aveva mai sopportati, fin da quando era diventata Quincy.
    Mentre continuavano a camminare Hay si accorse solo dopo pochi istanti di una cosa a cui non aveva prestato la minima attenzione.
    Aveva detto ‘ero’. Come se già da adesso, senza neanche un riconoscimento, si sentisse parte della VII Divisione in tutto e per tutto.
    Sorrise a se stessa mentre i luoghi e locali di ogni tipo e grandezza si susseguivano lungo il corridoio.
    Palestre, arene di addestramento, stanze che sembrano essere uscite da un centro benessere e altre ancora da un hotel dei più prestigiosi di Russia.
    C’era davvero di tutto in quel posto.
    Comunque come può vedere, sebbene celati agli occhi del mondo non ci facciamo mancare nulla: abbiamo palestre, piscine, sale da addestramento, persino una sala per la simulazione virtuale.

    - Fantastico!- non si lasciò scappare quella parola colma di entusiasmo e di sorpresa.
    Sanya le aveva indicato una specie di sala giochi dove sugli schermi altro non vi era che una rappresentazione perfetta di voli di elicotteri, guida di jeep, camion e tanto altro ancora.
    Sebbene fossero tutti velivoli e veicoli da guerra Hay ne rimase totalmente affascinata.
    Guerra. Già, loro vivevano con essa che fosse contro umani o contro Hollow, per loro non faceva alcuna differenza: pensare che doveva abituarsi a tutto questo la metteva un po’ sotto soggezione ma almeno non era da sola.
    Rimase un attimo a rimuginarci su prima che un rumore sordo e allo stesso modo familiare non attirò al sua attenzione lasciando i suoi pensieri svanire nel nulla.
    Sanya la accompagnò dietro una vetrata che probabilmente era stata eretta per sicurezza, mentre dall’altra parte vi erano una dozzina di nuove reclute, donne, uomini, giovani e anche persone di mezz’età. Alcuni fra quelli ricordavano ad Hay Sadeki il tempo in cui lei era diventata Quincy ad un età giovanissima.
    La ragazza sorrise guardando quelle persone che come lei e come Sanya avevano deciso di intraprendere la via dei Quincy, reclute che avrebbero contribuito alla rinascita della VII Divisione.
    Si addestravano al tiro con l’arco contro delle sagome, e quasi ad Hay non venne nostalgia di quell’artefatto, quando ancora ne possedeva uno.
    Avesse avuto anche lei quelle sagome...le uniche cose a cui mirare e tirare erano Hollow e poveri alberi. Avrebbe dato un bel po’ per avere una stanza da tiro come quella.
    Ancora si ricordava quanto aveva imprecato.
    Sospirò.
    § Una cosa è certa. IO gli archi non li prenderò mai più in mano. § pensò e sentì che anche Orihara era d’accordo con lei.

    Qui invece abbiamo il poligono di tiro, è qui la prima fermata del nostro giro.
    Nonostante l' utilizzo della Fangzshwert sia abitualmente incentivato tra i nostri uomini, molti di essi portano ancora armi a proiettili per difendersi da eventuali assalti da parte di esseri non spirituali.


    Come poteva vedere Hay stessa oltre alle reclute che lanciavano frecce spirituali vi erano anche quelli che sparavano con proiettili veri e propri.
    Erano in due e la cosa più inquietante era che una piccola ragazzina di più o meno una quindicina di anni che sembrava beffarsi della loro mira, e con una tranquillità estrema aveva sparato colpi senza neanche guardare i bersagli con un espressione felice stampata in volto come se stesse giocando con una bambola più che sparare con un fucile più grande di lei stessa.
    Hay rimase a guardarla con un espressione che sarebbe stata difficile da decifrare, accorgendosi poco dopo solo guadando il riflesso sulla vetrata che Sanya era ripartita.
    Così Hay si rimise in cammino a seguirla.

    Pochi tra noi, se non le reclute, usano ancora l' arco, anche perchè una simile reliquia è diventata rara da procurarsi al giorno d' ogg....hyah!!!

    Sanya si era girata verso di lei fermando un attimo il passo.
    Hay la stava ascoltando con il solito interesse, prima che il discorso della ragazza finì con un urlo stridulo.
    - Ma che cos . . . – non finì la frase che scorse due mani guantate che erano andate ad afferrare con rapidità ed intensità il petto della ragazza che gli stava a fronte.
    Hay rimase a bocca aperta cercando di capire cosa stesse succedendo, e fu così che dopo pochi secondi notò una massa di capelli biondi che sporgeva dalle spalle della ragazza.

    Sorellona, mi sei mancata sai?
    Le notti sono così fredde senza di te lo sai?


    2u9li7s
    La sorpresa e lo stupore di Hay raddoppiarono quando sentì quella voce dal tono assolutamente patetico.
    Hay rimase immobile, di sasso mentre il suo sguardo mutava dalla sorpresa al ribrezzo.
    Questo è proprio un maniaco.
    Per un attimo Hay scorse due profondi occhi azzurri scorgere dalle sue spalle per poi inabissarsi in queste.
    § Ma....da dove è venuto fuori questo tipo?!? §

    Uffa, non hai idea di che sofferenza rimanere da solo con quei buzzurri....
    No, la compagnia che mi si addice è solo quella di belle donne, l' ho sempre detto!


    Hay Sadeki istintivamente fece un passo indietro.
    La voce dell’individuo era mutata, come se si sentisse profondamente offeso e solo in quel momento Hay potè scorgere interamente la sua persona.
    § Da dove diavolo è venuto fuori un tipo del genere?§sinceramente non sapeva più cosa pensare.
    Doveva ammetterlo,quello era il classico uomo dei sogni.
    Capelli biondi, occhi azzurri come il ghiaccio, alto e dal portamento che si confà ad un militare.
    Affascinante, questo avrebbero pensato altre ragazze al suo posto, ma...c’era qualcosa che non convinceva Hay.
    Poteva essere il fatto che non le era piaciuto molto il suo modo di ‘approcciarsi' alle ragazze, sì, probabilmente era proprio per quello.
    Ciò non toglieva però che quel tipo era davvero stupendo, quasi stonava in quell’ambiente come membro della VII Divisione.
    Sospirò mettendosi con le braccia incrociate, se fosse stata Sanya, che adesso stava tentando di divincolarsi, gli avrebbe dato una manata che difficilmente si sarebbe dimenticato.
    In quello stesso istante lo sconosciuto la fissò con lo sguardo di chi aveva individuato la prossima preda.

    Oh, ma cosa vedono le mie fosche pupille!
    Quale angelica visione, quale fiore che spunta nelle gelate distese siberiane...


    Il volto di Hay era rimasto immobile sull’imbarazzo più totale.
    ‘ Angelica visione’
    ‘ Fiore’

    nz0svd

    -...huh?! -
    Hay non aveva parole per commentare.
    Guarda che razza di tipo assurdo! Non mi dirai che gente del genere è all’interno di questa Divisione vero?
    La risposta che Hay non dette ma che guardando la divisa del tipo poteva dedurre, era: sì.
    In quel momento prima che potesse anche solo pensare ad altro il tipo le si inginocchiò davanti e le afferrò di scatto la mano stringendola fra le sue, come un principe che è pronto a fare la dichiarazione alla sua principessa.
    Hay rimase immobile, mentre un brivido le correva lungo la schiena.
    Cheeeeeeee???!!! Che cosa diavolo sta facendo...?!

    Oh, la tua sola presenza scalda il mio cuore di bollente amore, oh, questo freddo non è niente in confronto all' ardore della passione che scorre nelle mie vene.

    Hay rimase a bocca aperta mentre il ragazzo le faceva quella strana dichiarazione.
    Il volto della ragazza era improvvisamente mutato dal pallore al rosso fuoco.
    Non ... NON pensarci. Bene . . . d’accordo, stavolta l'hai voluto tu.
    2uxy3v6
    Porgimi la tua mano, o dea, lascia che le mie indegne labbra sfiorino le tue delicate e perfette dita.

    Il volto della ragazza mutò d’un tratto mentre il tipo continuava il suo discorso.
    Con la mano ancora nella sua, gli occhi di Hay si trasformarono subito dall’imbarazzato al freddo.
    - Tu...-le mani della giovane si irrigidirono e quasi la sua bocca stava per pronunciare parole che di certo non sarebbero sembrate naturali per una ragazza come lei.
    Prima che potesse farlo qualcun altro pensò a zittirlo.

    Per te farei qualunque cosa o diivina, anche morir...gekoh!

    Il ragazzo venne afferrato al collo da Sanya alzandolo di vari centimetri da terra, ponendo fine al discorso che stava facendo ad Hay, prima che Orihara potesse dire qualcosa di molto sconveniente.
    Meno male che ci ha pensato lei.
    Disse mentre lo sguardo di Hay dal freddo divenne sorpreso.
    Doveva ammettere che non ci stava capendo più niente: sembrava quasi essersi risvegliata da un breve attacco di sonno.
    Prima aveva visto il ragazzo in ginocchio davanti a lei e adesso lo stesso era stato alzato da terra e tenuto per il collo da Sanya.
    §Sei...stato tu? Da quando ti intrometti...Che cosa diavolo è successo?? Che cosa diavolo hai detto??§
    Prima che potesse sentire qualsiasi tipo di risposta o di scusa un gelido Reiatsu invase la stanza, alla quale anche Hay rabbrividì, più dal terrore che dal freddo.
    Sembrava fra l’altro che non fosse la sola a guardare con aria molto perplessa la scena che si consumava davanti a lei.
    Rimase muta senza dire neanche una parola.

    Morire eh?

    In quel momento Hay scosse la testa quasi fosse destinata a lei quella domanda, mentre un bagliore omicida attraversa gli occhi della sottotenente.
    La presa sul collo del ragazzo si fece sempre più forte tanto da farlo diventare pallido, forse più pallido di Hay.

    Vediamo subito di mettere in pratica questa tua idea...

    Hay mise le mani avanti agitandole come per far cessare quel diverbio prima che potesse accadere qualcosa di male, cosa che temeva moltissimo, credendo fra l’altro che tutto quello fosse per colpa sua.
    - No no, lascia perdere . . . – sussurrò cercando di farla smettere, mentre il ragazzo stava cercando di liberarsi per poi indicarla con l’aria di chi ha una scusa per il suo comportamento dettato dai propri ‘sentimenti’.

    2rn7g9k
    Aspetta, aspetta sorellona...io sono un cecchino....
    Colpire al cuore le persone, è il mio mestiere, ma cosa posso fare se è stata lei stavolta, a colpire il mio!


    - Eh? . . .-
    Hay fermò le mani guardando il tipo,nel mentre sentì qualcosa esplodere in lei, i suoi occhi diventarono simili a quelli di una vipera.
    Gettò uno sguardo a Sanya e l’indice della mano destra di Hay andò a delineare il contorno del collo.
    - Sì . . . fallo fuori.- disse fra i denti sorridendo sadicamente.
    Solo dopo tre secondi si riprese quasi si fosse svegliata dal sonno.
    - Eh?. . .grrr . . . adesso basta mi hai rotto, se lo fai un’altra volta giuro che ti estirpo veramente. E’ chiaro?- sussurrò fra i denti, un po' alterata.
    Hay Sadeki aveva realizzato dopo pochi secondi cosa era successo, di nuovo, e la cosa non le era piaciuta affatto.
    Cambi di personalità, era da quel giorno che non faceva cose simili.
    - Ti odio.-stavolta il tono era venuto fuori un po’ più alto del normale.
    - Ah! Nonono! Non lei, non si preoccupi. - disse coprendosi di imbarazzo e cercando di scusarsi con il tipo che ancora stava sollevato da terra nella morsa della giovane.
    Dopo ciò Sanya allentò la presa, rivolgendo lo sguardo prima a lei poi al tipo ripetendo la cosa almeno per un paio di volte.
    Prima però che Hay potesse aggiungere qualcosa lei tornò a stringerlo con più forza di prima nella sua morsa.

    argh, aspetta aspetta ti prego!
    Ho ancora così tante cose da fare, così tante donne da amare!...
    Ah, non ci presenti?
    Gah!


    - Ehem…sì!! Perchè non ci presenta? Forse abbiamo cominciato un po’ male. Ricominciamo da capo con le presentazioni, è meglio.- disse mentre la sua pelle sembrava essere cotta al vapore.
    Perché non lasci perdere, quel tipo mi sembra un caso proprio senza speranza. E non posso credere che un pervertito del genere possa starti simpatico. Attenta o potrebbe davvero fare centro.
    § Ti puoi fare gli affari tuoi tu? e come ti permetti di intrometterti in queste faccende?? §
    Mia cara mi rincresce deluderti ma, gli affari miei sono anche tuoi. Idiota. Non è lui, devo ricordartelo io?
    Le dava profondamente sui nervi il suo atteggiamente. Pensare che lei da qualche parte fosse davvero così le metteva i brividi.
    Sbuffò stizzita.
    § Ah ah. Molto divertente. Perchè mi resta simpatico non significa che devi per forza pensare a qualcos'altro, no? Stupido. Questo qui...E’ bello, incredibilmente affascinante, alto, ha un aspetto strepitoso...biondo con gli occhi azzurri. Uno per cui le ragazze ci perdono la testa come quell'altro Francese, Ref..Refu...insomma Tan-kun. Anche se devo ammettere che effettivamente è un bel ragazzo. . .lui non ha i suoi stessi occhi.§
    Un tenero sorriso inarcò le sue labbra e lo mise a tacere, proprio nello stesso istante in cui Sanya decise di passare alle presentazioni, non prima di averlo scaraventato contro un muro.
    Ma prima di ciò scaraventò il cecchino addosso al muro e dopo essersi risistemata la divisa velocemente, Sanya indicò il Quincy prono a terra.

    Miss Sadeki, questo è il sergente Sasha Keverich.
    Cecchino insuperabile, ottimo sottufficiale, piantagrane di prim'ordine e donnaiolo impenitente.
    Non troverà un esperto nel tiro di precisione più bravo di lui in tutta la base...


    - Lui...è...cosa? – Hay non credeva alle sue orecchie.
    Cecchino insuperabile, ottimo sottufficiale. Insomma una figura molto importante all’interno della Divisione, peccato per il suo piccolo difetto.
    Proprio in quell’istante il ragazzo si rimise subito in piedi e si gettò di nuovo in ginocchio davanti a lei.

    Visto visto?
    Io ho anche i miei meriti....
    Se vuoi dei consigli, vieni pure da me mia divina, per me sarà un onore ed un privilegio avere con te...
    Delle lezioni private...


    23604n

    Lezioni private?? Ma guarda tu . . . va bene, così almeno so quale sarà il bersaglio a cui sparare.
    § Smettila maledizione. Non ricominciare. §Il volto di Hay era rosso come un peperone, e sfoggiava un sorriso profondamente imbarazzato.
    - Ehm...molto...molto piacere. Hay Sadeki. –disse mostrandosi cordiale pensando che quello a cui aveva fatto riferimento Sanya per imparare a sparare era proprio lui.
    Un brivido le corse lungo la schiena.
    Prima che lui potesse dire qualcos’altro Sanya si avvicinò ad Hay e ,come se il cecchino non esistesse, la prese per un braccio e la trascinò via da quel posto e lontano dal tipo.
    Sulla soglia della porta, prima di uscire completamente dalla stanza si fermò un secondo per lanciargli nuovamente uno sguardo che avrebbe fatto tremare anche Hay.

    E una faccia di bronzo più palese...
    Venga, andiamo!


    - Ah...sì, va bene. disse.
    E con un colpo secco fece abbassare le porte di sicurezza e fra loro e il tipo stava calando una pesante e spessa serranda di acciaio.

    Aspettate, Sanya, Hay, tornate indietro!
    Come farò a vivere senza i miei fiori preferiti del giardino!
    Ooooh, andiamo, rischio di appassire!


    Non demorde proprio quel tipo. Tsk, senza speranze.
    Commentò con sarcasmo Orihara mentre Sasha con tono da cucciolo bastonato cercava di fermarle e farle tornare indietro.
    Hay doveva ammettere che era simpatico, e che era un tipo che proprio non demordeva mai.
    Uno di quelli che porta sempre un tocco di vivacità all’interno di luoghi come quello.
    Lo sguardo di Sanya era più gelido di quello che lei stessa poteva assumere in certe occasioni.
    Il suo passo era aumentato come se volesse trascinarla via più lontano possibile.
    Hay non commentò, forse non era il momento adatto a dire qualcosa riguardo a quello strano tipo.
    Dato che oramai avevano lasciato un bel po’ addietro il cecchino Hay stava quasi per dirle una cosa prima che lei le indicasse una croce rossa segnata sulla porta di una stanza, probabilmente una zona adibita ad ospedale, o qualcosa di inerente.
    Così la ragazza si avviò verso questa e prima di entrare le disse con tono di chi cerca di rassicurare il turbamento creatosi in tutto quello che era appena accaduto.

    Non si preoccupi, è già marcio...
    Comunque non tema, è un idiota, ma è anche un professionista.


    Hay sorrise e quasi non le sfuggì il pensiero che in fondo lei provasse qualcosa per quel tipo, e dato che Orihara si era inabissato commentò la frase della giovane ragazza.
    - E’ lei che non si deve preoccupare. E’ un tipo strano e particolare ma divertente. Ha degli atteggiamenti un po’ strani nei confronti delle ragazze, e, bhè non è un genere di persona che può piacere a tutti...- disse per poi voltarsi verso di lei.
    - Non è vero?- disse rivolgendole un sorriso con un pizzico di curiosità e malizia, ammiccando con l’occhio destro.
    Si fidi di lui, quando dovrà imparare a sparare, comunque proseguendo, qui abbiamo l' ospedale.
    - Quindi dovrò davvero prendere lezioni da lui?. . . uff. . . sarà una bella sfida. ooh sì.-
    Così erano giunti anche all’ospedale.
    Prima che potesse aggiungere qualcos’altro osservò lo sguardo della ragazza che le stava davanti vicino alla porta: era tornato serio come quello che aveva sempre tenuto.
    Il tempo degli scherzi era finito.

    E' qui che si trova una delle due personalità principali che deve incontrare.
    Mi raccomando, non parli del capitano Ivanovich, neanche un accenno, o potrebbe finire male.


    A sentire quel nome Hay si bloccò di colpo, il sorriso le svanì dalle labbra, e si sentì congelare il poco calore che aveva in corpo.
    Di che cosa stava parlando?
    Hay annuì ed ebbe la strana sensazione che chiunque fosse là dentro era qualcuno di profondamente legato ad Ivanovich, o al contrario profondamente nemico.
    Non sapeva niente, ma decise di non chiederglielo subito.
    - Va bene.- annuì.
    Qualunque cosa le chiedano, lei non sà niente e non era presente ok?
    - D’accordo.- disse annuendo ancora una volta.
    Mi creda, è per il suo bene
    § Immagino.§ le rivolse un tenero sorriso facendole capire che lo sapeva benissimo.
    Quella situazione la stava mettendo in profondo disagio.
    E sembrava proprio che non fosse la sola a sentirsi nervosa.

    Diciamo che si tratta di un soggetto un po' particolare...
    Non ha preso bene la morte del capitano, per lei era come un padre.


    Quelle parole la fecero quasi trasalire e sentì una fitta attraversarle lo stomaco.
    Adesso che le aveva detto questo avrebbe voluto non entrare là dentro.
    Una ragazza e per di più era stata attaccata a Ivanovich al tal punto da vederlo come un padre.
    Iniziò a non sentirsi bene.
    Lei sapeva chi era. Lo sapeva benissimo.
    Cos’è hai paura? Hai paura di affrontare la realtà?
    Hay tentò di sfuggire a quelle parole.
    Hai paura di affrontarla? Anche solo di vederla? E’ così che ti comporti?
    Ovviamente Orihara si faceva sentire nei momenti meno opportuni, ma nonostante ciò era l’unico che la faceva ragionare in quei momenti.
    Quello era uno dei tanti.
    Era consapevole fin dall’inizio che prima o poi avrebbe dovuto affrontare anche ciò, il vedere e il conoscere quelle persone che erano la famiglia del suo predecessore.
    Quel momento era arrivato.
    Se ti ritiri adesso e non entri in quella stanza allora possiamo anche tornarcene via, significa che non sei degna neanche di calpestare per un minuto di più questo suolo.
    Hay sentì una morsa roderle dentro.
    La paura di dovere affrontare quella situazione la poteva quasi sentire.
    Non era infondata, non sapeva come avrebbe reagito, e cosa avrebbe fatto in presenza di quella o di quelle ragazze.
    Era agitata, iniziò a sudare.
    § No. Io non ho paura.§ si diceva cercando di mantenere il controllo di sé, e in cuor suo tremava.

    Aspetti...

    Sanya bussò un paio di volte alla porta ma nessuno le rispose.
    Prima che potesse anche solo ribattere un’altra volta una lama di reishi fuoriuscì dalla fessura della porta sfiorando appena la sua guancia.
    Hay deglutì facendo un piccolo passo indietro.
    § Ma chi diavolo c’è là dentro? §
    In realtà poteva immaginare chi c’era ma non era pronta a vedere una tale reazione.
    Prima di porre anche solo una domanda a Sanya una voce da ragazzina penetrò dalla porta semichiusa, una voce minacciosa e inquietante che la fece quasi rabbrividire.

    Chi è?

    Quella voce era carica di istinto omicida.
    La cosa le metteva ansia, ogni minuto che passava, quasi non fece caso all’accento giapponese di quella voce.

    Questa ala dell' infermeria è interdetta a tutto il personale non autorizzato

    Hay era quasi indecisa se strattonare la ragazza e andare via da quel posto che le incuteva timore più di quanto non lo potesse fare già qualcun altro, o restare lì in attesa di vedere come si evolveva la faccenda.
    Adesso più di prima era titubante sull’entrare effettivamente dentro quella stanza.

    Calma, sono io Shiori-chan

    A quelle parole Hay si rilassò un pochino, in fondo cosa aveva da temere?
    Sanya era sempre al suo fianco, qualsiasi cosa fosse successa.
    Allora perché tremava e aveva paura?
    Probabilmente per tutta una serie di motivi che riguardavano Boris Ivanovich, come la colpa che si sentiva addosso di non aver fatto niente per proteggerlo.
    In quello stesso istante mentre vagava tra i suoi pensieri la porta si aprì e una piccola ragazzina dai capelli castani fece la sua comparsa con uno sguardo molto preoccupato.
    Quasi non sembrava essere la stessa persona che aveva pronunciato le parole di prima.
    In maniera del tutto strana e imbarazzata per l’errore commesso si mise sugli attenti.

    Ah, sottotenente, perdoni la mia scortesia!

    Qua sono tutti matti.
    Sanya allontanò come se niente fosse la lama di reishi e la restituì alla sua giovane proprietaria.

    Riposo, riposo...allora, come stà?

    Hay si tenne un po’ lontana da quel discorso, attendendo che la sottotenente le desse il via libera ad entrare.
    La tensione salì vertiginosamente tanto che Hay sentì che le proprie mani iniziavano a tremare.

    Ecco...

    La voce della ragazzina venne momentaneamente soppressa da un’altra ancora più decisa proveniente da uno dei lettini che Hay poteva vedere con la coda dell’occhio nella stanza.
    Una voce che ancora una volta fece credere ad Hay che lei proprio non sapeva niente di ciò che loro avevano visto, non sapeva niente di ciò che avevano sperimentato sulla propria pelle, non poteva sapere quanto la loro infanzia fosse stata un inferno, e neanche la loro vita.

    Falli pure entrare Shiori, non stà bene far aspettare ospiti fuori dalla porta, ce l'ha insegnato il capitano no?

    Hay sospirò, cercando di stare calma, cercando di convincersi che sarebbe andato tutto bene.

    Prego, venite pure

    Sanya entrò e Hay rimase un attimo impietrita al proprio posto.
    Entra Hay o te ne pentirai. Non credi sia la cosa più giusta? Vederla già da adesso? So che ti è difficile, ti costa più fatica questo di qualsiasi altra cosa adesso. Ma è proprio ADESSO che devi tirare fuori il coraggio di guardarla negli occhi.
    Hay abbassò lo sguardo e strinse i pugni sospirando.
    Aveva ragione.
    Così trattenendo il respiro seguì Sanya all’interno della stanza.
    E la vide.
    Gli occhi di Hay incrociarono quelli di Setsuna Aokiri.
    Un senso di tristezza la scosse nel profondo.
    Le mani le tremavano come una foglia, e non erano le sole.
    Lei, era lei l’ultimo nome che Boris Ivanovich aveva pronunciato, quella che più si avvicinava ad una figlia per lui.
    Non trovò assolutamente giusto che fosse stata lei, Hay Sadeki, a stargli vicino durante gli ultimi momenti della sua vita.
    La cosa le stringeva il cuore.
    E adesso era lì, di fronte a lei, distesa sul lettino bendata a curarsi le ferite.
    La ragazzina salutò entrambe con un breve accenno del capo mentre un’altra stava finendo di medicare il braccio destro.

    Yo!

    Hay non sapeva proprio come rapportarsi.
    Si sentiva in profondo disagio e ogni poco per far passare la tensione tratteneva il respiro, cosa che le iniziò a far male al petto là dove aveva le cicatrici.
    Sanya invece, d’altro canto, era tranquilla e rilassata come se quella che aveva davanti fosse una sua più cara amica.

    Secchan, come è andata? Ho sentito che è stato un bello schifo

    Hay rimase ad ascoltare senza dire una parola.

    Già, come al solito, siamo entrati, abbiamo ripulito l' edificio e come al solito ci hanno sparato addosso...
    A me non è andata troppo male...ma a Griskov, beh, probabilmente perderà una gamba se è fortunato.


    Quelle parole arrivarono alle orecchie di Hay e non riuscirono a smuoverla.
    La ragazza indicò una tenda posta poco più in là dove era lei da dove provenivano lamenti di dolore.
    Hay non riuscì però a staccare lo sguardo dalla ragazza, il resto per lei non esisteva.
    In quella stanza non vi era nessuno e niente, se non lei, Setsuna e Sanya.

    Dannazione, non deve averla presa bene, tu invece?
    Quanto ti hanno dato di prognosi?


    Hay Sadeki corse con lo sguardo sulle bende che avvolgevano gran parte del corpo della ragazza.
    Doveva essere stata una missione non poco rischiosa.

    Due giorni, ma sono stata fortunata, il proiettile ha mancato il fegato di un soffio, e le reishi fanno il loro lavoro.

    Era stata fortunata. Questo fu l’unico commento che attraversò la mente di Hay dopo aver sentito quelle parole: in realtà non riusciva a capire neanche cosa le stava passando per la mente.
    Neanche se era preoccupata per le condizioni di quella ragazzina.
    Fino a che la sua voce non richiamò la sua attenzione, e come se le avessero puntato la pistola contro Hay Sadeki alzò lo sguardo.

    E lei?

    Indicò proprio lei con la mano e sentì una scossa attraversarle tutto il petto.
    Hay non rispose, non riusciva quasi neanche a sentire la voce salirle dalla gola.

    Chi, questa ragazza? Ah, lei è Hay Sadeki, la segretaria di Mishima, la nuova arrivata dal consiglio.

    Hay Sadeki abbassò la testa in segno di saluto e di rispetto.
    Sembrava però che quelle parole avessero preso alla sprovvista la ragazzina che si impietrì sul letto.
    Setsuna la squadrò da capo a piedi.

    Tch, allora potevamo lasciarla laggiù, se è come quell' altro idota.

    A quelle parole Hay trasalì, mentre una nuova scossa le attraversò il petto.
    Ebbe un tuffo al cuore che quasi le fece perdere il fiato per un istante.
    Sanya dal canto suo sbattè violentemente le mani sul comodino della ragazza facendo sussultare l’arma che giaceva sopra di essa.

    Sottotenente Aokiri!

    La riprese con un tono di voce molto più alto del normale.
    Le due erano parigrado, quindi neanche Sanya poteva rimproverarla a dovere.
    Hay rimase in silenzio, cercando di resistere a quella situazione.
    Devi stare calma e tranquilla. Cosa ti ho detto prima?
    Ma stavolta quella voce si perse nel buio.
    Il tono con cui Setsuna si era rivolta ad Hay era stato carico di disprezzo, come se quella che aveva davanti fosse il peggiore individuo che potesse capitarle.
    E questo la faceva stare male.

    Senza star dietro alle parole di Sanya, la ragazzina proseguì con lo stesso tono di voce.

    Non rompere Sanya, spero almeno che la signorina qui presente si dimostri meglio di quell' altro str....*Ehm*, del...del...

    Continuò e come se quel nome le costasse una fatica incredibile prima di finire la frase, solo alla vista dell’arma che Sanya aveva iniziato a mostrare che Setsuna cambiò il termine che stava affibbiando al defunto Mishima.
    Solo in quel momento Hay Sadeki comprese.
    Quel titolo era riservato ad una sola persona per lei.
    Lo sapeva, Hay Sadeki lo sapeva.
    La guardò con gli stessi occhi con cui probabilmente suo fratello l’aveva guardata alla morte dei suoi genitori.

    CAPITANO Mishima....

    Si fermò nuovamente ed inspirò scusandosi poi con un leggero inchino.

    Comunque non è bene giudicare prima di conoscere gli altri...

    Già, conoscere.
    Setsuna non aveva proprio la più pallida idea di chi avesse veramente davanti.
    Hay tentò di sostenere quello sguardo ancora una volta, ma non sarebbe riuscita a farlo per molto.

    Sono il sottotente Setsuna Aokiri, piacere di conoscerla Miss Sadeki, e benvenuta in questa gabbia di
    matti.


    Non le strappò neanche un sorriso.
    Hay Sadeki si limitò a fare un cenno di assenso con la testa, e non riuscì a dire neanche una parola.
    La voce si era congelata là dove aveva il nodo, in gola.
    Prima che Hay potesse anche solo desiderare di fuggire Sanya si incamminò di nuovo verso la porta scortata da due ragazzine che accompagnarono anche lei verso l’uscita.
    Hay rivolse un ultimo sguardo alla ragazza per poi voltarsi e uscire dalla stanza, prima però che potesse varcare la soglia sentì la sottotenente Litvnaak che le aveva rivolto un invito per la mensa.

    OK, ti lascio alle tue cure, ci rivediamo dopo alla mensa?

    Così sarebbe stata lei la terza persona.
    Hay sentì che lo stomaco non avrebbe retto, e già si era chiuso.

    Ci conto...
    Non vedo l' ora di mangiare qualcosa di decente, questi brodini proteici mi stanno uccidendo peggio delle pallottole.


    Fu così, con quest’ultima frase che la porta si richiuse alle loro spalle, lasciando ancora una volta loro due da sole.
    Hay Sadeki seguì muta, e chiusa dietro una barriera che non sarebbe stata facile da abbattere, Sanya.
    Probabilmente per questo motivo la ragazza cercò di rassicurarla.

    Mi spiace se il sottotente è stata un po' brusca con lei Miss Sadeki, ma il Capitano Ivanovich è stato il faro di riferimento delle ragazze per tutta la loro vita, e la sua morte le ha davvero provate.

    Non sembrava aver migliorato per niente la situazione, anche se le sue intenzioni erano quelle.
    Hay procedeva con il volto basso accanto alla sottotenente cercando di prestare attenzione alle sue parole.

    Se poi aggiungiamo che sono stati dei quincy ad eliminarlo, beh, non posso biasimarle se non si fidano di un membro della prima divisione.
    Inoltre il loro rapporto con Mishima è stato...come dire...non dei migliori.


    Hay procedeva lentamente e quelle parole iniziarono a roderla dentro, e quello che la ragazza proferì poi si perse nel nulla.
    Iniziò ad ansimare, e sentiva di stare per perdere l’equilibrio.
    Si fermò di colpo e si trascinò un attimo verso la parete per poi appoggiarsi con la schiena.
    Chiuse gli occhi.
    - Solo...un attimo.-disse cercando di spiegare il motivo di quella sosta.
    E così pensavano davvero che fossero stati dei Quincy ad eliminarlo.
    Loro non sapevano.
    Loro non sapevano niente.
    wkpt8y
    Tremava come una foglia e respirare le faceva quasi male, si tenne il petto con entrambe le mani e cercò di calmarsi, cercò per un attimo di distrarsi da tutto quello.
    Da come quella ragazzina si era riferita a lei, da quello che non sapevano, dallo sguardo di Setsuna.
    Scosse la testa in segno di rassegnazione.
    Si portò la mano destra al volto davanti agli occhi, e così vi restò per qualche secondo.
    Hay. Non devi stare così male. Vedrai che arriverà il momento di liberarci di quel peso, devi sopportarlo. Ognuno di noi ha i propri fardelli da tenere sulle spalle. Tu hai un’intera Divisione. Non puoi permetterti di farti vedere debole. Perchè tu non lo sei.
    Iniziò lentamente a tranquillizzarsi, grazie anche a quelle parole, una fonte di verità anche se lui lo odiava. Il tremito svanì, come la sua voglia di piangere.
    Non aveva la minima intenzione di voler apparire debole, di fronte a nessuno.
    Trasse profondi respiri e anche se il nodo alla gola non aveva deciso di sciogliersi Hay Sadeki sembrava essere tornata alla normalità.
    - Sto bene...ho avuto un po’ di calo di pressione ma tutto apposto.- cercò di tranquillizzare Sanya, ma a stento era riuscita a formulare quella frase.
    Detto questo senza neanche aspettare una parola dalla giovane si rimise in cammino, sfoggiando un sorriso che nascondeva molte più cose di quelle che poteva immaginarsi.
    Continuarono il loro viaggio, e sebbene quello che aveva dentro Hay lo avrebbe voluto urlare a tutti decise di tenerlo per sé, sarebbe arrivato il momento anche per quello. Ma di certo non adesso.
    Il peso delle responsabilità andava quasi di pari passo a quello che già aveva sull’anima.
    Arrivarono dopo pochi minuti all’altra tappa del viaggio nella VII Divisione.
    Il laboratorio scientifico di ricerca e sviluppo.
    Il cuore pulsante dell’intera Divisione.
    Nonostante tutto il volto di Sanya non era per niente rassicurante.

    Uh? Come mai è aperto e senza sentinelle?

    Si chiese mettendo in allarme i sensi di Hay, che iniziò a guardarsi attorno.
    Se Sanya aveva detto che non vi erano sentinelle che normalmente dovevano presidiare quella porta, bhè la cosa non era proprio normale.
    La sottotenente spostò la pesante porta del laboratorio verso l’interno per poi entrare con cautela, mentre Hay la seguì come un’ombra facendo attenzione a tutto quello che la circondava.
    Il laboratorio era privo di luci, e la voce di Sanya rimbombò in quella stanza.
    Inquietante.
    Hay sembrava aver superato momentaneamente la situazione di prima e adesso era preoccupata per la nuova situazione che si era venuta a creare.
    Si portò una mano verso la sua divisa pronta a estrarre l’arma anche lei se fosse stato necessario, anche se non sapeva minimamente sparare.
    Il laboratorio aveva le dimensioni di un hangar, immenso, e dovunque si innalzavano colonne di macchinari elettronici accesi, e non vi erano solo quelli ma anche altri attrezzi che Hay non conosceva né la forma né l’utilizzo.
    Era qualcosa di sbalorditivo.
    Meraviglioso, anche se in quella situazione era a dir poco inquietante.

    Dottore, dottor Grebyich? E' qui?

    A quella domanda una voce metallica e priva di alcun tono rimbombò da ogni parte della stanza ed aveva un volume così alto tanto che Hay dovette portarsi le mani alle orecchie per il dolore provocato.
    Quindi doveva esserci qualcuno là dentro.

    TI VEDO E TI SENTO SANYA, FORTE E CHIARO!

    Le sue orecchie fischiavano dolorosamente e quasi pregò perché chiunque fosse stesse zitto.
    In quel momento, mentre Hay cercava invano di tapparsi le orecchie sentì Sanya che la strinse a sè e Hay poté notare il luccichio di una pistola stretta fra le mani della sottotenente.

    Dottore, dove si trova?

    Chiese con tono naturale iniziando ad esaminare l’area lasciando Hay Sadeki dove era, e lei non si mosse di un centimetro.
    Hay attese la risposta di questo Dott. Grebyich ed essa non tardò ad arrivare.
    Una voce esplose alle sue spalle tanto da farla sobbalzare.

    DIETRO LA SIGNORINA SADEKI ADESSO!
    - ...!!-

    Non ebbe neanche il tempo di urlare che le sue orecchie iniziarono a fischiare dolorosamente, e quasi le sue mani non riuscirono a schermare il volume di quella voce.
    Probabilmente accortosi del terribile errore la voce si attenuò venendo repentinamente sostituita da un tono un po’ imbarazzato, una voce che non si addiceva certo ad un soldato, più ad un uomo aristocratico, delicata quasi.

    OH, DIAVolo, scusate, ho ancora problemi a settare il volume...

    La voce proveniva proprio dalle spalle della ragazza che attese che i fischi nelle orecchie passassero per potersi girare.
    Si voltò lentamente, cercando quasi di immaginare cosa vi fosse alle sue spalle.
    Non appena si voltò completamente rimase sorpresa a fissare il vetro rosso di quella che sembrava una grossa telecamera.
    - E...- disse indicando la strana cosa che aveva di fronte con forte perplessità, quasi a voler dare un nome alla cosa.
    Prima però che potesse finire la frase lo strano macchinario parlò rompendo ogni dubbio.

    Salve Miss Sadeki, o dovrei dire capitano Sadeki, piacere di conoscerla, io sono, o è meglio dire ero il Dottor Vladislav Grebyich...

    Hay rimase a bocca aperta.
    Non aveva mai visto una cosa del genere prima d’ora, era la prima volta che uno strano macchinario le si rivolgeva così, e pure lui l’aveva chiamata ‘Capitano’.
    Si sentì un attimo a disagio, non sapeva come relazionarsi con lui, o quella cosa.
    - Dottor Grebyich . . .? Piacere di conoscerla.- disse un po' titubante per poi sorridere alla telecamera come se stesse venendo ripresa.
    Probabilmente il dottore in carne ed ossa doveva essere da qualche altra parte per parlare.
    Guardò un attimo il macchinario con curiosità.

    Ma se vuole può chiamarmi "д.о.к" o "D.O.C" se preferisce

    Disse con tono cortese, e ad Hay venne proprio il dubbio che l’uomo in carne ed ossa non fosse proprio dentro quella macchina, ma che in qualche modo il suo corpo fosse la macchina stessa, dato che in quel momento lo strano macchinario aveva proiettato un ologramma davanti a lei che stava tentando di darle la mano inutilmente.
    Il dottore scelse così di fare un inchino.
    Hay si domandò quindi, cosa diavolo fosse in realtà questo Dottor Grebyich, e dato che lui stesso aveva usato il passato per definirsi come tale, cosa era quindi quell’oggetto che aveva davanti?
    - Ah. Bene a sapersi, lei invece potrebbe gentilmente, almeno per adesso, non riferirsi a me con quell’appellativo? Io non sono capitano, non ancora. Miss Sadeki o Hay Sadeki vanno benissimo. La ringrazio.- disse sorridendo cortesemente.
    Cercò lo sguardo di Sanya per poi concentrarsi sull’ologramma.

    Le stringerei la mano se potessi, ma temo di non averne più

    Disse con tono di scuse.
    - Non si deve preoccupare. E' davvero molto gentile, mi basta il pensiero. si rivolse di nuovo a lui con tono gentile.
    - Mi scusi in anticipo se la domanda è inopportuna ma lei cioè...insomma, lei era un uomo, voglio dire in carne ed ossa. E insomma almeno che lei non sia da qualche altra parte a manovrare questo oggetto e a parlarci...come...bhè insomma è una cosa davvero insolita, non ho mai visto niente di simile prima d’ora. Per cui...che cos’è esattamente questo?- disse indicando tutto quanto il macchinario con una nota di curiosità stampata in volto.
    In quella giornata aveva conosciuto molti di quelli che avrebbe chiamato compagni. Alcuni probabilmente sarebbe stato più difficile farsi accettare, altri invece la stavano già vedendo come se fosse davvero una di loro.
    Ma andava bene così per adesso.
    Sebbene quella visita a Setsuna Aokiri l'avesse turbata, tutto sembrava al momento essere tornato alla normalità, e ad un sorriso puro che certamente nessuno, al momento, le avrebbe tolto.


    Edited by ~Hay Sadeki - 25/2/2012, 12:40
     
    Top
    .
  7.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Trinity Tea Party

    Group
    Amministratore
    Posts
    4,164
    Reputation
    +19
    Location
    Will you save me, Sensei?

    Status
    Offline
    Sottotitoli


    -гордость предлог россия-

    The Pride of Russia



    -поступок (IV): ползучий хаос.-

    Act (IV): Creeping Chaos




    с раздел информация центр_
    7th Division Research center_






    [QUOTE] Mi scusi in anticipo se la domanda è inopportuna ma lei cioè...insomma, lei era un uomo, voglio dire in carne ed ossa. E insomma almeno che lei non sia da qualche altra parte a manovrare questo oggetto e a parlarci...come...bhè insomma è una cosa davvero insolita, non ho mai visto niente di simile prima d’ora. Per cui...che cos’è esattamente questo? [/QUOTE]

    La tua domanda non sembra sorprendere la voce elettronica del dottore che chioccia tutta contenta, come un bambino a cui abbiano chiesto di parlare dell'attore preferito.
    Eccome se è contento, tutto allegro ti stordisce di termini tecnici astrusi ed incomprensibili, dei quali capisci a malapena alcuni termini come Terabyte, connessione, modem e pochi altri, il resto sembra preso paro paro da un libro di fantascienza di alto livello, misto ad un libro fantasy quando parla di connessioni al reiatsu o cose del genere
    Mi fa piacere che l' abbia chiesto...questo è il centro di controllo di tutto il sistema informatico della settima divisione quincy, è uno dei molteplici terminali di interfaccia operativa del network wireless che monitora la base...
    Qui non c'è niente che passi inosservato: le riprese delle telecamere, gli sbocchi dell' aria, l' illuminazione, i file dei computer, tutto passa da qui, viene analizzato e rielaborato dal computer a matrice quantica, una invenzione geniale a mio dire, un sistema organico basato attorno ad un nucleo pensante che si evolve, si aggiorna e amplifica le proprie capacità con ogni interscambio di dati.

    Poi rendendosi conto dalla vostra espressione del fatto che non ci state capendo un acca, educatamente si schiarisce la voce con un suono simile allo stridere del metallo torturato e prosegue mentre la sua sagoma in forma di ologramma procede avanti e indietro a spiegare.
    Mi spiego meglio, per voi biologici...
    Biologico, decisamente il termine giusto per chi è divenuto un tutt'uno con una macchina.
    Eppure non riuscite a togliervi dalla testa una idea.
    "Biologico" suona tanto come "stupido".
    Però in effetti non c'è termine migliore nell' opinione di chi, udite, ha oltrepassato il confine tra essere umano e meccanismo elettronico.
    Ho interfacciato il mio cervello al computer della base, adesso io SONO la base.
    Posso percepirne gli occupanti, sentire cosa dicono e cosa fanno...
    Ma era scritto tutto nei rapporti che Mishima le inviava periodicamente, lo sò perchè li ho letti.

    In effetti era così, ma chiunque avesse letto i rapporti sarebbe stato certamente sviato dai commenti di Mishima.
    Era chiaro, come si poteva dargli torto?
    Per chiunque li avessi sentiti i progetti del dottore erano i vaneggiamenti di un pazzo, frasi sconnesse e prive di senso e forse addirittura eresie in alcuni punti.
    Riversare la mente umana dentro ad un computer, una follia, una cosa impossibile.
    Eppure la risposta è davanti ai vostri occhi.
    Vladislav è riuscito dove infiniti prima di lui avevano fallito.
    E' divenuto un essere perfetto, almeno in teoria.
    E non solo, questo significa anche un'altra cosa...
    Ecco perchè sono a conoscenza del suo segreto Capit... ehm, voglio dire, Miss Sadeki.
    Lui sa tutto di te, e dei tuoi compagni, che diamine, forse conosce tu stessa più di quanto possa fare tu.
    potendosi collegare in ogni momento alla rete, alle telecamere, ai sistemi di sicurezza, il D.O.C adesso è in grado di sapere tutto sulla base, o meglio, su quello che ora è il suo corpo, visto che la sua coscienza adesso è solo un flusso ininterrotto di dati.
    Tuttavia così come la sua mente è ascesa ad un livello superiore, lo hanno fatto anche i suoi desideri.
    E ne hai la conferma quando dice, quasi canticchiando e grattandosi il mento leggermente barbuto virtuale
    Ma non si preoccupi, non rivelerò a nessuno il suo piccolo segreto, io non sono un sentimentale come il resto dei miei commilitoni, basta che chiunque comandi non si intrometta nelle ricerche che svolgo e mi dia i fondi necessari, e potrà certamente contare su di me.
    Eppure pare proprio che l' essere diventato una macchina non abbia affatto influito sulla sua sete di conoscenza.
    E' pur sempre uno scienziato, e come tutti deve sperimentare, scoprire nuove cose, andare oltre ciò che è già conosciuto.
    Per lui non esiste niente che sia tutto, davanti a lui vi sono sempre nuove frontiere da esplorare...
    E quella che può aprirle, sei tu.
    Beh, detto questo non vedo l' ora che prenda il comando, così le potrò mostrare i risultati delle mie ricerche...
    E subito dopo il suo ologramma assume una posa meditativa, prima di schioccare le dita allegramente ed esclamare tutto contento.
    Se non sbaglio avete detto che vi dirigerete in sala mensa giusto? Credo proprio che vi farò compagnia...
    Compagnia, in sala mensa?
    E come pensa di farlo, con il suo ologramma?
    Mistero, anche se capisci dall' espressione del suo avatar che è serissimo, tanto da farvi cenno di seguirlo.
    Ancora perplesse entrambe fate per seguirlo, quando un piccolo piedistallo si solleva dal pavimento, e sopra di esso riesci a scorgere un minuscolo auricolare, così sottile da essere quasi invisibile, se si eccettua un piccolo elemento di materiale plastico di colore bianco simile ad un piccolissimo cerchio, che ha tutta l' aria di essere un interruttore, abbastanza inconsueto nella forma, da passare tranquillamente per un orecchino.
    Nello stesso istante in cui lo afferri la voce elettronica del D.O.C trilla contenta.
    Prego, prenda questo, è una trasmittente interfacciata direttamente al mio banco di memoria principale così se lo desidera potrà parlare con me in qualunque momento, d'altro canto per me adesso mangiare e dormire non hanno più alcun significato.
    Inquietante, non c'è altro modo di definirlo.
    Inquietante è sicuramente la parola giusta, ma bene o male è un nuovo alleato, per quanto incostante, e gli alleati sono la cosa di cui hai più bisogno in questo momento.
    Come indossi il piccolo congegno elettronico la solita voce ti risuona direttamente nelle orecchie.
    Attenuata però, più delicata, quasi umana...
    Il blocco di memoria centrale, sarebbe come dire il cervello stesso del professor Grebyich.
    Se fossi poetica potresti quasi pensare che ti stia parlando col cuore, se il suo non fosse adesso altro che un ammassso pulsante di cavi e circuiti elettronico-spirituali.
    Eppure conserva ancora un briciolo di umorismo assieme alla buona educazione, merce rara di questi tempi.
    Beh, buon appetito allora, nel caso voglia parlare con me prema il piccolo sensore all' altezza dell suo lobo, le risponderò immediatamente.
    In un paio di giorni se ha un design più di suo gusto me lo invii, sarò lieto di modificarlo, non nego che effettivamente il sensore abbia un aspetto un po' spoglio...nei prossimi giorni me lo invii pure, non sia timida, sarò lieto di migliorare la mia creazione per lei.

    E' dunque a quello che serve la propaggine simile ad un orecchino, e beh, in effetti un semplice cerchietto bianco è un po' spoglio.
    Pensare che abbia preso in considerazione anche il senso estetico femminile è un grande traguardo davvero, forse trasformarsi in una macchina gli ha fatto bene.
    Ed è più o meno lo stesso pensiero che corre sul volto di Sanya quando incroci il suo sguardo.
    Certo, appena prima che ti accompagni con la mano verso l' uscita salutando il suo superiore in forma virtuale con un secco saluto militare.
    Saluto che non viene imitato dalla proiezione, che si limita a salutare con l' allegria di un giovane di appena vent'anni.
    Prego, mi segua, la sala mensa è di quà
    E così abbandonate il laboratorio del professore per rituffarvi nella sterile e monocroma luce dei neon.
    All' uscita noti però un gruppetto di cinque soldati in uniforme da fatica, le divise verde oliva in perfetto ordine e le pistole al fianco, i distintivi argentei della settima con il dragone bronzeo intersecato rilucono debolmente sotto la luce mentre salutano l' arrivo del loro superiore, e anche il tuo, prima di disporsi attorno a voi come uno schermo protettivo.
    Senza degnarli di uno sguardo Sanya procede nel suo giro turistico illustrandoti di volta in volta determinati elementi della architettura della base: le uscite d' emergenza, gli armadi delle armi, le consolle di videosorveglianza e gli ambienti di riposo frammisti alle camerate.
    Almeno sino a quando non giungete davanti alla mensa, è allora che con un brusco cenno della mano la sottotenente Litvnaak ferma il vostro gruppetto ed ascolta con attenzione gli schiamazzi che provengono dalla sala.
    Con la professionalità di un soldato d'elite separa i vari suoni per capire quante e quali persone vi siano nella stanza, poi con un sospiro il suo volto diviene leggermente terreo e si massaggia delicatamente la fronte con pollice ed indice mentre la ruvida stoffa dei suoi mezzi-guanti di pelle nera fruscia con un rumore leggero.
    In un istante un piano d'azione prende forma nella sua mente, e istantaneamente si muove nel dare ordini, chiamando i suoi uomini per nome, con un piano ben preciso in mente per ognuno di loro.
    Chen, DaFelbe, Kurskovich, fate strada...
    Zoloviev, Kirov, voi coprite l' uscita

    Come un'unica entità i cinque si dispongono a raggiera, gli ultimi due nominati si pongono a lato degli stipiti della porta, rivolti verso l' esterno, mentre voialtri entrate con circospezione.
    messroom
    E varcare la porta della sala è come entrare in un mondo a parte.
    Una quarantina di quincy della settima sono riuniti in questa stanza, molti di loro ai tavolini a mangiare quello che sembra il menù standard, altri ancora impegnati in giochi camerateschi o più semplicemente a parlare ridacchiando allegramente.
    Tra di loro puoi tranquillamente distinguere come pesci fuor d'acqua quattro o cinque ragazzine, certamente membri della Epyon che ridono e scerzano come se fossero soldati di professione.
    Addirittura vedi con un misto di stupore ed incredulità una bambinetta dai corti capelli rossi di non più di quattordici anni priva della parte superiore dell' uniforme, sostituita da un top nero, intenta ad una partita di braccio di ferro con un quincy grosso almeno il doppio di lei...e la cosa più strana è, dalle grida di incitamento che senti, che quest' ultima sta anche vincendo!
    Comunque tralasciando gli hobby dei quincy in pausa, la tua attenzione viene attratta dallo sguardo di Sanya, che con orrore quasi palpabile stà guardando la scena che le si para davanti.
    Quattro quincy dall' aria indurita dei veterani, nonostante la loro età, stà parlottando e ridendo assieme a Setsuna e ad una delle sue commilitoni al tavolo riservato agli ufficiali.
    E la cosa più strana è che Setsuna pare quasi fare le fusa come un gattino, mentre uno dei soldati, un robusto ragazzo biondo le gratta la testa e gli scompigliati capelli blu.
    MOrdicchiandosi un'unghia la tua accompagnatrice e guardia del corpo mormora preoccupata.
    Si prepari, questa non ci voleva...di tutti i giorni proprio oggi doveva succedere...
    Poi fa un rapido cenno quasi invisibile ad uno dei suoi uomini, un robusto quincy di etnia probabilmente mongola o siberiana e sibila con un filo di voce...
    Chen, di a tutti di restare pronti all' azione, le cose si surriscalderanno...
    E senza un respiro udito l' ordine si allontana, passando, mentre attraversa la stanza, attraverso i tavoli e toccando due volte la spalla destra di alcuni suoi compagni, i quali sentito il cenno, si irrigidiscono per un istante, e con la massima naturalezza si aggiustano il cinturone a cui portano le loro armi, come se fosse una cosa di tutti i giorni.
    Ma come è ovvio, a te non sfugge, qualcosa bolle in pentola.
    Improvvisamente una voce estremamente calma e carismatica, quasi magnetica nel suo complesso, attira l' attenzione della intera sala mensa.
    Ufficiale in mensa! Tutti sull' attenti!
    E come un sol uomo, abituati a prendere ordini i quincy dell' ottava, tutti, nessuno escluso, si alzano in piedi, la mano alla fronte nel classico saluto militare.
    Con un sorriso quanto mai amichevole Sanya alza la mano come a voler dire "non importa" lasciando che tutti riprendano le loro consuete attività, prima di dirigersi alla mensa ufficiali lasciandoti indietro, ed esclama con aria allegra, anche se quanto mai artefatta.
    Riposo, Mihail, riposo, non c'è bisogno di essere formali.
    Il giovane e biondo ufficiale saluta anche con un cortese inchino, ed inizia a parlare con aria disinvolta, guardando prima la sua interlocutrice, poi Setsuna, che si è portata accanto a lui come un animaletto fedele, e poi te...
    solo che appena ti vede lo puoi osservare sbiancare in volto.
    Senti la voce morirgli in gola, mentre involontariamene non puoi fare a meno di noarei i suoi occhi grigi come il mare d'inverno, occhi così familiari, così come la sua faccia...
    Ma dove li hai già visti?



    Grazie signore...vedo che la nostra ospite si è svegliata, ne sono lieto...per...
    Sanya compie un rapido passo indietro, andandosi ad interporre tra te ed il quincy di nome Mihail, ptima di chiedere con aria diversa da prima, vagamente dura forse.
    Un qualcosa di freddo nella sua voce, fa chiaramente capire che c'è tensione nell' aria.
    Segno che stà per accadere qualcosa.
    Con aria il più possibile casuale la sottotenente si sistema il cinturone portando la mano vicina alla pistola che porta alla cintura, e domanda con disinvoltura.
    Hm? Che c'è soldato? Qualche problema?
    Tuttavia la risposta del ragazzo è gelida.
    Spietata quasi, senza un briciolo di rispetto ormai.
    E la causa del suo comportamento sei tu, lo capisci, quando ti punta un dito contro, e con tutto il disprezzo di cui è capace il sottufficiale mormora.
    Sì signore...c'è un problema...lei.
    Sanya cerca comunque di coprirti, spostandosi ancora all'indietro verso di te, tuttavia una sedia si mette sulla sua strada, facendole perdere per un attimo l'equilibrio.
    Miss Sadeki? Beh, lei è...
    Con una mossa tatticamente raffinata come quella di uno scacchista, Mihail e Setsuna sono rapidissimi ad approfittarsi dell' errore del sottotenente Litvnaak e si spostano in avanti, venendosi a trovare tra te e lei.
    Setsuna è ancora perplessa, ma pare più che abituata a seguire le mosse del compagno, segno che evidentemente lui stà usndo un qualche genere di segno segreto noto solo a loro due, cosa in effetti non inverosimile visto che paiono molto affiatati.
    E così dopo un paio di istanti di silenzio ed un tentativo stroncato sul nascere della tua guardia del corpo di replicare, Mihail sbotta.
    Signore, con tutto il rispetto non dica stronzate, perchè nessuno di noi se le berrà.
    Potrà essere la segretaria di Mishima, una normalissima ragazza giapponese o persino la vergine maria discesa sulla terra...

    E allora realizzi dove ai già visto quel quincy dallo sguardo così particolare.
    Solo che allora indossava una uniforme diversa, e tu avevi altro a cui pensare.
    Dovevi fermare un reattore, ma soprattuto neutralizzare una minaccia ancora più grande, Boris Ivanovich.
    Il vecchio capitano non era solo in quella stanza, con lui c'erano altri due soldati.
    Uno Sven lo aveva ucciso in duello, ma l' altro?
    Era svenuto in effetti, quando vi era stata quella bizzarra reazione energetica.
    E con tutto quello che era successo dopo lo avevi quasi rimosso dalla tua memoria.
    Ma lui era là, quando tutto era successo...
    E le sue parole, ti fanno gelare il sangue nelle vene, mentre urla con un misto di rabbia e disperazione
    mills01
    Ma quella... è la ragazza che ha ucciso il capitano!!!
    E in un istante si scatena il finimondo, voci, grida, rumore di sedie che si capovolgono.
    C'è chi si alza in piedi, chi rimane semplicemente immobile.
    Gli sguardi di tutti però, dopo pochi momenti si fissano su di voi, perplessi, smarriti.
    La rima a rompere il silenzio è Setsuna, la mano destra, inguainata nella vorgshwert scrocchia minacciosa, mentre cerca di capire se le parole del suo compagno siano o meno uno scherzo.
    Cosa? Mihail, si può sapere cosa diavolo dici?
    Ma la sua espressione non è affatto di chi ha voglia di scherzare.
    La mascella di Mihail trema in preda al nervosismo e alla rabbia, combattuto tra il suo dovere di rispettare i superiori e quello di buon soldato fedele alla memoria dell' ex-capitano.
    I suoi pugni si stringono nervosamente, prima che esclami, puntandoti un dito accusatorio conto, sul volto dipinta una tetra determinazione.
    Ha preso la sua decisione, e purtroppo per te, non ti è affatto favorevole.
    La sua voce è quasi rotta dalla commozione, mentre sibila con astio
    IO c'ero sottotenente, ero la sotto quando il capitano è morto...
    Prima di perdere i sensi l' ho visto chiaramente, c'erano tre quincy, e chi comandava quella squadra, era lei!

    Tutto è chiaro, è così ovvio che vorresti prenderti a pugni, tu, e il fato che ti è avverso.
    L'unica persona che poteva aiutarti, l'unico che poteva sapere la verità non ha visto nulla, l'esistenza di Yamato Sanada per lui è un completo mistero.
    E purtroppo l' unica cosa che ha visto prima di perdere i sensi sei stata tu, quindi è ovvio che la pensi così.
    Senti la bile risalirti in gola, rabbia verso questa frase così aggressiva, ma che tu riconosci come immotivata.
    Tu, e purtroppo solo tu.
    Vorresti replicare, ma le parole ti muoiono in gola, quando la mano libera di Setsuna ti afferra con forza e ti spinge indietro, con la tua trachea stretta in una morsa d'acciaio.
    La tua corsa prosegue, sino ad arrestarsi contro un tavolo posto a lato della parete, ed in un caleidoscopio di stoviglie e posate che volano da tutte le parti, miste a grida di allarme e di sorpresa ti ritrovi bloccata al muro, la gola che brucia, mentre persino respirare è difficoltoso.
    La stretta della sottonente è micidiale, la vista ti si offusca mentre lacrime iniziano a velare i tuoi occhi, ormai lucidi e annaspi per la mancanza di ossigeno.
    La testa si fà sempre più leggera, ma non abbastanza da non vedere lo sguardo della sottufficiale della Epyon.
    Poche volte hai visto uno sguardo tanto intenso, tanto che il blu delle sue pupille pare veramente un mare in burrasca.
    E al contempo la sua voce, crea uno splendido contrappunto, con il suono del vento che ulula sulle dstese del mare del nord
    отвратительный сука!!1 E così tu eri solo una semplice segretaria eh? Ci hai presi per il culo tutti sin dall' inizio! Era chiaro che eri in combutta con Mishima...
    Cazzo, se lo avessi anche solo saputo ti avrei dovuto lasciare lì a morire dissanguata come un animale!

    La voce ti sfonda i timpani, ma non è quello la cosa peggiore.
    Vorresti spiegare, replicare,rispondere...
    Ma la mano che ti serra la gola è una morsa d'acciaio, che ti blocca le parole.
    E più che di dare spiegazioni adesso, avresti bisogno di respirare un po' d'ossigeno.
    La stretta di ferro della ragazza si allenta per un istante, a mala pena sufficiente per inalare un po' di aria quando il secco rumore di un otturatore e di un cane alzato risuona nella sala mensa.
    Il freddo acciaio della Glock 17 impugnata da Sanya è puntato sulla nuca della compagna, anche se sul suo volto non è leggibile alcuna emozione se non freddezza e determinazione.
    Sottotenente...lasciatela andare....
    Contrariamente alla commilitone il sottotenente Aokiri pare molto più agitata, le vene sul suo esile collo pulsano ritmicamente mentre il suo sguardo si sposta da te alla pistola puntata verso di lei.
    La stretta si è allentata un minimo, ma la minaccia in esso sottintesa è chiara, fai anche un solo movimento, e il tuo collo sarà la prima cosa a spezzarsi.
    Così mentre ti trovi impossibilitata a muoverti senti chiaramente abbaiare con ferocia.
    Chiudi il becco Sanya, non sei certo meglio di lei...tu lo sapevi!
    E nel mentre vedi gli sguardi degli altri uomini della divisione puntati verso di voi...
    E non vorresti mai averlo fatto.
    Disprezzo, rancore, odio ferino sono solo alcune delle emozioni che permeano l' atmosfera.
    Gran parte di loro probabilmente preferirebbe vederti morta all' istante...
    L'altra metà, beh, sicuramente preferirebbe una morte decisamente più lenta e dolorosa.
    Ma l'attenzione di tutti ora come ora, è puntata verso lo scontro in cui nessuno di loro ha diritto di intervenire.
    Lo scontro tra due ufficiali.
    Lasciala andare... ho detto...lasciala andare, non voglio ucciderti, ma lo farò se necessario, capito?
    Due amiche, questo lo capisci, divise dal proprio dovere, dai propri ideali e dai propri ordini.
    E' questo che significa veramente appartenere ad una organizzazione dedita al proprio credo.
    E' questo, che ci si aspetta da un esercito creato per difendere la razza umana.
    Ed è una lezione che faresti bene a tenere a mente.
    Tuttavia nel caso di Setsuna la fedeltà verso Ivanovich era qualcosa di più che semplice dovere, liui le aveva salvato la vita, le aveva dato uno scopo, una famiglia.
    E a quanto ritengono tutti, tu lo hai portato via per sempre.
    Non dire stronzate, non hai le palle per farlo, tu lo ricordi vero il giuramento della settima, Tutti combattono, nessuno lascia...questa dannatissima ragazzina ha impedito al colonnello di rispettarlo, e ce lo ha portato via.
    Tu non mi fermerai, quel giuramento l' hai fatto anche tu...

    Puoi percepire la sua tristezza, e anche con le tue orami scarse capacità percettive puoi chiaramente vedere il reiatsu che permea la sua sagoma, agitandole l' uniforme e rilucendo sui bendaggi che ha sul fianco e sul petto, laddove le aperture nel tessuto li mostrano.
    Forse, ora come ora, non c'è nessuno sulla faccia della terra che odi più di te.
    Ma allo stesso modo, non hai possibilità di trovare un alleato migliore di Sanya.
    Una quincy, che oltre agli hollow ha tranquillamente avuto modo di avere a che fare con terroristi e spie di ogni etnia e religione.
    Forse è vero, ma gli ordini ricevuti dal maggiore sono di proteggere questa ragazza, e lo farò a costo della vita, e tu sai cosa significa questo per me vero?
    Tuttavia la risposta non è esattamente quella che si aspettava.
    Un sogghigno divertito affiora sul volto della ragazza, che replica con una risatina un po' isterica mentre i contorni del suo volto si inizino a smuovere leggermente, come spinti d una infinità di Tic nervosi.
    Sei fortunata però, sapevi dell' instabilità dei membri della Epyon, ma hai beccato l' unica che abbia un minimo di autocontrollo.
    Siamo entrambi cagnolini ben addestrati, non trovi? Fedeli al proprio padrone fino alla fine... d' altronde per un motivo o per l'altro ognuna di noi deve all'altro la vita...ironico no?
    Ora fatti da parte!

    Improvvisamente nel tuo campo visivo irrompe un'altra ombra, anch'essa tiene una pistola puntata avanti a sè, solo che questa volta è puntata contro Sanya che, a suo merito, non si mostra troppo sorpresa.
    I capelli biondi di Mihail sembrano quasi rilucere alla luce dei riflettori mentre con aria seria, facendo perfettamente mostra di non badare a te forse perchè non risponderebbe delle sue azioni si muove in maniera da poter colpire il sottotenente Litvnaak senza possibilità di errore, immediatamente imitato dagli altri quincy...
    Sottotenente, Si faccia da parte...è solo contro almeno quaranta di noi...
    Dice con quello che sembra essere un velo di tristezza nella voce.
    Solo per un istante Sanya abbassa lo sguardo, come a voler pensarci sopra un secondo, poi quando rialza il volto il primo cenno è per te.
    Un...occhiolino?
    E lascia andare un secco ordine dal suono roco e costante.
    Hai ragione...pareggiamo i conti...готовый!
    E nell'arco di un battito di cuore l'intera stanza pare sollevarsi in una enorme onda mentre circa metà dei presenti estrae le pistole e le punta contro i propri compagni, immediatamente imitata dall' altra metà.
    Sembra di essere i un incubo, compagni che minacciano compagni, il tutto ad un semplice ordine.
    Una parte di te vorrebbe piangere, l'altra invece quasi scoppiare a ridere nel vedere quanto drammaticamente fosse preparata la tua guardia del corpo ad una occasione simile.
    Infiltrare così tanti dei suoi uomini in una sala così controllata, beh, è veramente l'opera di un maestro di tattica.
    Una ottima mossa, come mostra anche il sorrisetto apparso sul volto dell'ufficiale della divisione "Drago"
    Perfetto, adesso siamo pari...e adesso, lasci andare la ragazza.
    La tensione è palpabile nell' aria, basterebbe solo una banalissima scintilla, solo un banale errore a far scoppiare il finimondo e molto probabilmente a decimare la divisione dall' interno.
    Già, perchè sul volto di ognuno di quelli che dovrebbero essere i tuoi uomini è dipinta la certezza che dovranno essere loro i primi a premere il grilletto.
    Ma l'ordine non arriva...
    Quanto piuttosto Setsuna torna a ribadire la propria posizione sollevandoti nuovamente per il collo, e stavolta anche per te è bizzarro osservare come una ragazzina tanto piccola abbia tanta forza.
    Abbastanza energia da sollevarti ad almeno dieci centimetri da terra, e soffocarti con altrettanta abilità.
    Sei fortunata che con una mano debba tenere la Vorgshwert puntata verso Sanya, perchè probabilmente ti avrebbe già sgozzata se ne avesse avuto il tempo, tanto pare grande la sua rabbia.
    Scordatelo! Piuttosto dovrai portarmi all' inferno con lei...
    E la sua disperazione, poichè la sua vendetta è a portata di mano.
    Non può aspettare, in fondo nonostante abbia visto tante morti, abbia compiuto tante stragi, abbia scoperto il peggio del genere umano...rimane pur sempre una ragazzina che ha perso quello che considerava un padre.
    Qualcosa, che in fondo è successo anche a te.
    Avrà la sua vendetta, anche se questo significasse la fine della divisione.
    Opinione che la sottotenente Litvnaak non condivide, sapendo perfettamente che la morte di un secondo inviato del consiglio comporterebbe la certa fine della Settima.
    Maledetta idiota! Lasciala andare e non complicare di più questo casino!
    Grosse lacrime iniziano a solcare il volto della giovane dai capelli blu, mentre singhiozza copiosamente.
    Ma non sono lacrime di tristezza, no, sono lacrime di rabbia.
    Puoi vedere i suoi occhi blu che ormai si sono rinserrati all' inverosimile, divenendo quasi due pupille veticali.
    Sta tremando, parecchio, e il suo reiatsu si sta scurendo.
    Chiari sintomi di una crisi di personalità...
    Non una sorpresa a giudicare dallo stress che ha ricevuto nelle ultime ore.
    Lentamente la sua testa si piega in avanti, mentre la senti ridacchiare sinistramente e mormorare qualcosa...di agghiacciante vista la serietà con cui lo pronuncia.
    Deve pagare per quello che ha fatto...deve pagare per aver ucciso il capitano Ivanovich, la sua anima non avrà pace sino a quando quelli con le mani lorde del suo sangue non saranno morti ai miei piedi!
    Lei è la prima, poi toccherà ai membri del consiglio...

    Sanya stranamente sembra a suo agio, come se ci fosse abituata.
    E forse lo è, dopotutto sono amiche di vecchia data.
    Con l' aria di una amica e confidente mormora facendo un passo avanti, mentre la sua diretta parigrado non si muove di un millimetro, guardandola con occhi dilatati all'inverosimile.
    Sei completamente di fuori, Secchan, calmati...
    Poi tutto accade in un battito di ciglia.
    Setsuna ha un breve singhiozzo, e la sottotenente Litvnaak si muove come un fulmine, passando al disotto della lama di reishi e colpendo la nuca della ragazza con il calcio della pistola facendole perdere la presa su di te.
    Nell' istante successivo ti afferra per il fianco, proprio come un principe ed allontana colei che ti minacciava, con un potente calcio, mandandola come un fulmine a schiantarsi sul tavolo adiacente.
    ADESSO!
    Un'altro secco comando e i suoi uomini si sganciano dall' azione portandosi a fianco di voi due, le armi sempre puntate, mentre alcuni dei compagni di tavolo di Mihail aiutano Setuna a rialzarsi, i capelli blu distesi scomposti sulla sua faccia.
    Visto ristabilito l'equilibrio della situazione Sanya si alza in piedi, e con un paio di passi, tenendoti ben protetta tra i vostri uomini, si porta nel mezzo della stanza e alza le mani, facendo segno di voler parlamentare.
    A quel gesto il dissenso inizia a serpeggiare tra gli ex-sottoposti di Ivanovich, che tuttavia però non abbassano ancora le armi.
    LA voce di Sanya è calma, calmissima, compassata.
    E' quella di una negoziatrice professionista.
    Sò che il comandante era insostituibile per voi, ma non è un buon motivo per ucciderla...
    La vendetta non lo è mai...
    Quello che stò per dirvi non deve uscire da questa stanza, ma non è stata Hay Sadeki ad uccidere il Capitano Boris Ivanovich

    E si scatena il putiferio.
    Urla, insulti, offese e semplici imprecazioni di incredulità iniziano a volare per la stanza.
    Nessuno dei presenti crede a quello che è stato detto, eccetto tu, che sai la verità.
    Persino gli uomini di Sanya sembrano perplessi e si scambiano alcune occhiate interrogative, ma è il soldato chiamato Mihail, quello che era presente nei sotterranei, a dare voce ai dubbi di tutti.
    Sottotenente, mi sta per caso dando del bugiardo? Vuole insinuare che mi sono inventato tutto? Che ho avuto una allucinazione?
    Sanya sospira, cercando di trovare le parole adatte, poi come gesto di buona volontà prende la propria pistola e la rinfodera, reinserendovi la sicura.
    Un gesto forse stupido vista la situazione, ma carico di un forte significato.
    Non voglio dire questo Mihail, sò che sarà dura da sopportare, ma vi prego di ascoltarmi...
    E per prima cosa abbassiamo le armi...tutti...è un ordine.
    Anche tu Secchan.

    Un gesto forse stupido, ma abbastanza chiaro per quelli che conoscono il sottotenente.
    Nessuno riporrebbe mai la propria darma davanti a qualcuno di cui non si fida.
    Non è maleducazione, è più di una regola qui, è un ordine non scritto.
    E a quanto pare per il giovane sottufficiale questo è più che sufficiente.
    Avanti, avete sentito il sottotenente? Abbassate le armi...
    Ci ha dato la sua parola, e a me basta...
    la prego, sottotente Aokiri

    Setsuna, che adesso pare tornata perfettamente normale non nasconde i lucciconi ai lati dei suoi occhi, tuttavia spegne la Vorgshwert, che si acquieta con un leggero sibilo stizzito, e si siede su una delle panche libere, il volto affondato nei ginnocchi, le braccia incrociate davanti alle gambe, raggomitolata come un gattino bagnato.
    Incredibilmente docile alle richieste del ragazzo, ma ancora carica di veleno verso di te.
    D'accordo Mihail, come vuoi tu.
    Ma non finisce qui...capito? Prega che Sanya mi dia una buona ragione per non spezzarti il collo, e che mi basti.

    Poi Mihail fa cenno a tutti di sedersi e con un gesto invita la sua superiore a parlare, pur riservandoti uno sguardo glaciale, chiaramente ancora indeciso se fidarsi o meno di te.
    Poi sospira grattandosi la testa come per scacciare brutti pensieri ed appoggia la mano sulla testa del sottotenente Aokiri scompigliandole i capelli e ricevendo in cambio un lamento soffocato...
    Che Secchan, come la chiamava Sanya, stia tenendo il broncio?
    E' un visione di un momento, ma abbastanza da farti sorridere, almeno fino a quando il giovane non prende la parola.
    Avanti, mi dica quello che sà sulla morte di mio padre...
    E con quelle parole di Mihail Andrej Josef Ivanovich sprofondi nel silenzio...
    Certa ormai che la tua sopravvivenza dipende dalle parole di Sanya, che a quanto pare ci sta prendendo gusto a farti da guardia del corpo.

    [...]



    с раздел подвода труба завод_
    7th Division Underwater sewer implant_


    Lukas Trishkovief, non aveva trovato parole per esprimere la sua emozione quando il sottotenente Aokiri tre mesi prima lo aveva nominato sergente alla morte del suo predecessore, il sergente Plakhrov.
    Era rimasto muto, senza dire niente, venire investito della stessa posizione del suo vecchio mentore era stato per lui un onore immenso, vedere i gradi cuciti sull' uniforme poi, una soddisfazione senza pari.
    Tuttavia in quel momento due parole ce le aveva chiaramente in testa, e dovette fare appello a tutta la sua forza di volontà per non aggiungerne altre.
    "Che schifo"
    Pensò con un filo di astio verso il mondo e tutti i suoi superiori mentre arrancava con l'acqua putrida che gli arrivava sin sotto il ginocchio.
    Aveva atteso per oltre tre anni una promozione, non era certo il migliore della squadra, ma di sicuro era quello più sveglio, e non era certo un novellino a cui mancava l'esperienza, visto che gli hollows che aveva ucciso erano nell' ordine delle due cifre.
    Certo, al contrario di molti suoi commilitoni non aveva combattuto vere e proprie guerre, era stato un membro delle squadre antisommossa certo...ma non aveva mai visto combattimenti come quelli in Afghanistan o in Cecenia.
    I novellini potevano sapere come abbattere un elicottero con semplici fucili d'assalto...
    Ma nessuno di loro di sicuro sapeva come combattere in un corridoio meglio di lui tra i soldati semplici.
    E probabilmente era per quello che l'avevano mandato laggiù, a pattugliare il condotto fognario, a sguazzare nei liquami mentre alla mensa si stavano certamente facendosi quattro risate.
    Mentalmente si appuntò di fare una scenata una volta rientrato con il resto dei ragazzi della pattuglia, e forse ci avrebbe provato con la nuova arrivata, la segretaria di Mishima, tutti dicevano che era carina...
    Ma ormai non aveva più l'età per queste cose.
    Era in servizio da più di tredici anni, e da tre era diventato quincy, abbastanza esperto oltretutto da meritarsi una Fangzshwert, simbolo dei veri quincy della VII.
    Stava per fare cenno ai suoi ragazzi di tornare indietro quando un rumore ben più strano degli altri attirò la sua attenzione.
    Era il rumore di qualcosa che strisciava nell' acqua.
    L'unica cosa che poteva fare un rumore era un topo che si tuffava nelle acque di scolo, ma di quelle dimensioni era decisamente impossibile.
    Con un sospiro strinse con forza l'impugnatura del suo fucile d'assalto SIG Sauer 500, leggero come una piuma, perfetto per quegli ambienti così ristretti, e fece cenno ai suoi uomini di disporsi ai lati del corridoio di drenaggio, sfruttando le coperture date dalle nicchie ai lati, preposte apposta alla difesa.
    Poi il rumore aumentò di intensità, facendosi sempre più intenso, fino a quando nella semioscurità si accesero due luci rosse come tizzoni d' inferno.

    kerberos00


    La figura mosse due passi in avanti, mentre i pesanti anfibi sguazzavano nell' acqua melmosa.
    Le ghiere montate sulle lenti dei visori infrarossi girarono con un basso miagolio stridente mentre mettevano a fuoco il lungo corridoio.
    Istintivamente tutti e cinque gli uomini della squadra di sorveglianza del sergente Trishkovief sollevarono i fucili d'assalto e li spianarono ad altezza uomo, puntandoli sull' intruso.
    Avrebbe voluto fare fuoco istantaneamente su quella figura così minacciosa, tuttavia con il viavai di nuovi volti che c'era ultimamente doveva andare sul sicuro, non poteva permettersi il rischio di uccidere un compagno.
    Maledì la sua fedeltà al regolameno e disse, con tono leggermente sicuro ma ancora autoritario
    -Identificatevi, questa è area militare riservata a personale autorizzato, rendete noti nome, squadra e numero di matricola! Adesso!
    La figura non diede segno di averlo sentito, si limitò ad alzare un braccio.
    E in un istante l'imboccatura della curva buia si riempì di trenta luci rosse a bassa intensità.
    Una leggera goccia di sudore scivolò lungo la fronte aggrottata di Lukas, mentre il dito scivolava sul grilletto.
    kerberos01
    Erano in sedici almeno, equipaggiati di tutto punto con armature rinforzate integrali, visori notturni, filtri anti agenti esterni e ognuno di loro portava un piccolo arsenale nella forma di mitragliatrici leggere SIG MG 55, roba talmente moderna e potente da far impallidire i loro fucili in quanto a cadenza di fuoco e penetrazione.
    Contro armi da fuoco del genere era inutile un giubbotto anti proiettile rinforzato, figuriamoci i loro corpetti in kevlar.
    Poi nella penombra riconobbe il simbolo sui loro spallacci reattivi...
    Una spada-croce, circondata dalla coda di uno scorpione che pungeva se stesso.
    Quegli uomini eano i commando Sclerotos, l' unità d'elitè della divisione di Saermak.
    Era tutto ciò di cui aveva bisogno come informazione.
    Con un ghigno tuonò ai suoi uomini
    -Fuoco a volontà! Furshov, Lensk, copriteci mentre arretriamo! Dobbiamo dare l' allarme!
    E in un attimo entrambe i gruppi aprirono i fuoco.
    Era un inferno, l' aria era satura dell' odore di polvere da sparo e di fumo mentre proiettili rimbalzavano dovunque.
    Il tipico sibilo dei proiettili ad alta velocita degli SG 500 si mischiava al basso e potente rimbombo dei proiettili ad alto potenziale delle MG 55 creando una cacofonia assordante.
    Mentre scaricava il suo caricatore verso le figure si sentì gelare il sangue nelle vene.
    Come creature da incubo gli uomini del commando corazzato avanzavano incuranti della pioggia di piombo, le armi livellate avanti a loro che sparavano ventagli di fiamme.
    I proiettili rimbalzavano innocui contro i loro spallacci e pettorali mentre gli elmi schermati rimbombavano con suoni più o meno metallici, mentre i suoi uomini invece, parevano fiorire, ricoperti di inquietantissimi fiori rossi di carne.
    kerberos02
    Vide Furshov e Lensk letteralmente sparire, fatti a pezzi e dispersi sul muro come carta straccia.
    Accanto a lui Fonette venne letteralmente tagliato in due da una raffica perfettamente orizzontale che lo fece cadere a terra per poi venire risucchiato nelle putride acque melomose.
    Igrov invece, il più giovane del gruppo, aveva smesso di fare fuoco in automatico ed era passato al colpo singolo.
    Prese la mira un secondo e fece fuoco.
    Finalmente uno dei commando cadde nell' acqua con il visore destro ridotto ad una massa informe di metallo e sangue, ma la gioia del quincy durò poco, un proiettile ad alto potenziale lo colpì in mezzo agli occhi proiettando il contenuto del suo cranio su un area di oltre un metro quadrato.
    Bestemmiando a più non posso Lukas sparò un' ultima raffica alle sue spalle prima di sparire in una nicchia, da dove spuntava una piccolissima consolle.
    Trascinandosi nell' acqua sporca con la gamba ferita, chissà in quale momento dello scontro, non lo sapeva neppure lui, alzò la mano e digitò un codice, conscio che in meno di trenta secondi l' allarme sarebbe scattato nella base.
    Con un ghigno estrasse dalla tasca la sua Fangzshwert che una volta attivata brillò debolmente di una luce bluastra ed incredibilmente sinistra, e si accucciò dietro un angolo aspettando la sua prima vittima.
    Non appena il rumore di passi si fece troppo forte per essere ignorato il sergente ripensò ai bravi ragazzi che aveva appena perso.
    Erano bravi soldati che facevano il loro dovere...anche i commando di Saermak...forse.
    Aveva sentito storie sulla loro brutalità ed efficienza, ma erano le stesse cose che dicevano della Epyon.
    Ripensando a quelle ragazzine gli venne da ridere, era insieme al Maggiore quando il povero capitano era ritornato con quel camion pieno di ragazzine scarne e vuote...
    A pensare come erano diventate si sentiva quasi meglio, non credeva di sentire dolore, ma forse era più che altro dovuto alla pedita di sangue.
    Girò lo sguardo e vide uno degli invasori, pareva non averlo visto.
    Curioso che se lo chiedesse adesso, ma aveva diritto di prendere la vita di quel soldato, non avendo la sua da salvare? Sarebbe stato omicidio puro e seplice, vendetta.
    Uccidere non per salvarsi la vita un estraneo.
    Mentre il freddo iniziava ad invadere il suo corpo sussurrò un motto, il motto della sua divisione.
    Nihil sine nefas, Nessuno è senza peccato.
    E con quella convinzione scattò in avanti con un ruggito, affondando la spada di reishi nel collo del fante corazzato.
    La lama spirituale, concepita per tagliare persino il Gillian più robusto affondò come burro nell' armatura del soldato recidendogli la carotide.
    Mentre sprofondava nella melma spinto dal peso del cadavere e la vita lo abbandonava Lukas udì in lontananza il suono dell' allarme che iniziava a suonare per la base...
    E non pensò di avere mai sentito un suono più bello di quello.
    Poi le acque scure si richiusero sul suo corpo.

    [...]



    с раздел буфет зал_
    7th Division Canteen hall_




    La spiegazione di Sanya è breve e concisa.
    Priva di fronzoli, essenziale, e stranamente identica alla realtà.
    Tutta storia vecchia, ma il cui significato è innegabile, non hai ucciso tu il Capitano Ivanovich, è morto combattendo contro uno dei membri dell'Organizzazione che egli stesso aveva tradito, e da cui era stato tradito.
    Usato, sfruttato e poi abbandonato come un qualsiasi oggetto inutile.
    Una cosa è certa, il discorso ha avuto il suo effetto, infatti nessuno più ti guarda con l' odio bruciante di prima, ma solo perchè alla rabbia si è sostituita la perplessità.
    Dopo alcuni secondi di silenzio Mihail è il primo a parlare, con un trasporto decisamente commovente, ma ancora perfettamente conscio di se e in grado di rimanere perfettamente calmo e compassato.
    Quindi, vuole farmi credere che mio padre avrebbe assecondato il progetto di una fantomatica organizzazione criminale...
    Un progetto che avrebbe rischiato di ucciderci tutti se portato a compimento, e che gli stessi membri di quella organizzazione avrebbero ucciso mio padre per impedirgli di parlare?
    Stronzate, non può essere vero! Mio padre era un uomo d'onore, non avrebbe mai fatto una cosa simile.

    E' commovente vedere un figlio che prende così le difese del proprio padre, ma quale figlio non lo farebbe?
    E' ovvio che abbia difficoltà ad accettare la verità, qualunque membro della divisione ne ha, scoprire che il proprio comandante ha giocato con le loro vite per uno scopo imprecisato per loro è impensabile.
    Ma lo è altrettanto che Sanya possa raccontare loro una menzogna su qualcosa di così importante.
    Vedendo che ormai il seme del dubbio ha fatto presa la sottotenente, che ai tuoi occhi si sta anche divertendo molto a fare la parte dell' avvocato aggiunge con aria grave e preoccupata rivolta a Setsuna con una frecciata micidiale, un vero capolavoro di arte oratoria.
    Purtroppo è così...non glielo hai mai detto Secchan?
    Una parte di te è leggermente disgustata, ma l' altra, beh, non può fare altro che essere ammirata dalle sue capacità.
    Un soldato come lei esegue gli ordini, e solitamente non si perde in queste sceneggiate, ma in fondo lo capisci.
    Lo sta facendo per te, per insegnarti ad essere un buon capitano in grado di muoversi sul campo di battaglia così come nella politica.
    Devi mettere da parte i sentimenti e dedicarti unicamente al tuo scopo, non importa che tu debba sfruttare le debolezze dell' avversario o ricorrere a mezzi poco corretti, tutto ciò che ceonta è vincere.
    Perchè un comandante non può permettersi di sacrificare i suoi uomini per uno scopo, come ha purtroppo fatto Ivanvich.
    IL sottotenente Aokiri pare estremamente imbarazzato, ora che un po' si è ripresa dalla crisi di prima, sembra più che altro una bambina spaurita davanti al genitore mentre si guarda attorno con gli enormi occhi blu velati di lacrime.
    No...lo sai, il capitano ci ha fatto giurare di non farne mai parola con nessuno...
    Una promessa, un'altra.
    Stanno iniziando ad esserci troppi accordi segreti, giuramenti e promesse da mantenere in gioco per i tuoi gusti.
    Rompere una promessa del genere è un atto sacrilego, rompere il muro del silenzio di un segreto ufficiale è uno dei peggiori atti di un soldato.
    Farlo significherebbe infangare la memoria di chi lo ha trasmesso e di chi lo rivelerà.
    Ma Sanya è irremovibile, come un muro di pietra.
    Devi dirglielo, deve saperlo, era suo padre.
    Setsuna sembra esitare, trema un secondo.
    Abbassa la testa e mormora, mentre la sua determinazione vacilla sotto gli sguardi ansiosi di sapere di tutti i presenti.
    Singhiozza.
    Io...
    Poi come un angelo vendicatore Mihail interviene, poggiando le mani sulle spalle del sottotenente Aokiri e fissandola negli occhi, con l'aria di un fratello premuroso.
    Il figlio di Boris Ivanovich, il figlio di quello che per lei era come un padre.
    L'ultimo fragile legame che le è rimasto, le chiede con voce implorante.
    La prego sottotente, devo saperlo, per quale motivo ci trovavamo in quel laboratorio, a cosa facevamo la guardia...
    Per cosa abbiamo combattuto, e per cosa mio padre ha dato la sua vita!

    E davanti ad una richiesta del genere, tanto accorata da parte di una persona a lei così vicina, la ragazza non può fare altro che crollare.
    Cade in avanti e affonda il volto nella spalla del giovane soldato piangendo a dirotto per un minuto buono.
    In fondo, pensi con una strana calma dentro al cuore, è ancora solo una ragazzina di diciassette anni.
    POi dopo essersi ripresa, con voce rotta dal pianto mormora.
    Io...non ne ho idea.
    Il Capitano non ci diede istruzioni precise, dovevamo solo collaborare con degli shinigami.
    Certo, non ci dovevamo far dare ordini, ma eravamo tenuti ad assisterli, io stessa ho lottato a fianco di uno di loro contro altri dei della morte.
    Miyako, Yuuko, Haruna, Shizune, e le altre della squadra Epyon che sono morte quel giorno.
    Tutte noi abbiamo giurato davanti al capitano che avremmo mantenuto il segreto, fino ad oggi...

    E dopo queste parole ricomincia a piangere e a singhiozzare mentre con aria fraterna alcuni degli uomini della divisione la portano in un angolo della stanza assieme alle altre due ragazzine della Epyon presenti, mentre gli altri uomini iniziano a ripulire il macello e a portare i piatti sporchi al tavolo delle vivande, con aria grave e pensosa.
    Hanno molto su cui riflettere, ed accetare una notizia del genere non è facile.
    C'è solo una persona che non riesce ad accettare quello che è stato detto, e a buona ragione.
    Ma questo non spiega perchè mio padre sia morto! Se non è stata questa ragazza o un altro quincy ad ucciderlo, chi è stato, chi era il mandante!
    Ma all' improvviso il rumore lacerante delle sirene d'allarme riempie l' aria con il suo lugubre lamento.
    Intrusi, intrusi nella base, adesso in un momento così critico?



    Ma proprio quando pensi di averle viste tutte e Sanya ti ha fatto accomodare su una sedia al tavolo ufficiali per riprenderti una voce tagliente come una scheggia di vetro giunge alle vostre orecchie.
    Aspra, stridente, mentre gli schermi sulla parete della sala si accendono autonomamente e su di essi appare un uomo.
    Un uomo il cui aspetto fa risuonare nelle menti di tutti un solo pensiero
    "Pericoloso".
    Quell'uomo è il pericolo in persona, guardare il suo volto sfregiato da numerose cicatrici è come guardare negli occhi un serpente.
    E la sua voce, suona come una promessa di morte.
    Oh, a questo posso rispondere io...
    L' intera sala piomba nel silenzio, mentre Sanya si occupa gentilmente di chiarire tutti i tuoi dubbi sull' identità del misterioso individuo in trasmissione.
    La sua voce gronda astio e disprezzo, con una punta di incredulità.
    Saermak?
    La reazione di Setsuna è più o meno la stessa, chiaro segno che probabilmente in tutta la divisione il Colonnello della Skorpio non ha molti amici...
    Forse non ne ha mai avuti a pensarci meglio, ma non è un dettaglio che importa più adesso.
    Tu...dannato traditore!
    Come se avesse ricevuto un complimento, il massiccio ufficiale rinnegato sorride.
    UN sorrivo velenoso, da predatore, un sorriso che molti hollow vorrebbero avere.
    Non è terribile, e nemmeno inquietante...è raccapricciante, anche se un aggettivo del genere non basta nemmeno lontanamente a descriverlo.
    E' un qualcosa che mette paura persino a te, nonostante tu abbia visto il peggio del peggio.
    Eppure quel quincy così inquietante pare anche capace di sentimenti umani quando ridacchia con aria divertita al microfono parlando agli speaker dell' intera base.
    gauron00
    Hello, hello! Signori quincy della settima divisione...
    Qui è il Colonnello Saermak che vi parla, da questo momento la base e tutti i suoi graziosi occupanti sono sotto il mio comando, vi invito dunque alla calma, alla pazienza e a supplicarmi per avere salva la vita...
    Quelli che desiderano unirsi a me sono invitati a farlo prima che decida di fare fuori tutti quelli che intendono ribellarsi.

    Mihail si scaglia verso la porta della mensa per raggiungere l' esterno, ma ogni suo tentativo di aprire la pesante uscita viene frustrato da un suono elettronico e da una luce rossa sulla serratura.
    Con aria preoccupata il giovane Ivanovich si rivolge ai suoi due superiori presenti, tu pari non esistere quasi.
    Ma in fondo è decisamente un miglioramento rispetto a prima, almeno ha ammesso la tua innocenza...forse.
    Ma con un nemico comune come Saermak chiunque può divenire un amico fidato.
    Sottotenente Litvnaak, Sottotenente Aokiri, il computer centrale è isolato, tutte le porte sono bloccate, quel bastardo deve aver preso controllo del computer centrale, ma questo è impossibile!
    Come se avesse ricevuto una ottima notizia l' immagine del colonnello applaude estremamente divertita, come se stesse partecipando ad un gioco a premi, prima di fare una panoramica della stanza in cui si trova, la stanza comando centrale, il cuore della divisione.
    Bingo, ragazzino! Sei sveglio, buon sangue non mente...
    Ma hai ragione solo per metà, sono nella sala di controllo centrale, ma non era affatto impossibile da occupare, certo ho sporcato un po' in giro, ma a tutto si rimedia...

    E nella carrellata vedete un paio di sagome a terra in un lago di sangue, presumibilmente ingengeri e guardie armate, mentre appogiato al muro più morto che vivo e con il camice insanguinato e carico di un rosso intenso, uno scienziato dai corti capelli neri gorgoglia qualcosa mentre grosse bolle di sangue affiorano dalle sue labbra.
    Almeno sino a quando un soldato inguainato in una pesante armatura nera come la notte gli taglia la gola con un rapido colpo di Fangzshwert.
    Stranamente Saermak non porta una armatura, o almeno non più a giudicare dai pezzi di corazza abbandonati i un angolo, chiaramente si trova di più a suo agio con l'uniforme della VII divisione, la SUA uniforme.
    Poi la sua voce assume una sfumatura estremamente ironica.
    Ora facciamo un bel giochino, si chiama "Arrivo per primo alla sala comandi senza farmi ammazzare e disattivo la bomba"... chi di voi vuole giocare?
    La telecamera ruota di nuovo, stavolta ad inquadrare un oggetto dalla forma inequivocabile.
    Due delle truppe in armatura pesante stanno portando dentro una sfera di circa un metro di diametro, con un monitor luminoso davanti su cui lampeggiano diverse cifre intermittenti.
    Non c'è possibilità di sbagliare, c'è un solo oggetto di quella forma e dimensioni.
    Non sei certissima, ma pare proprio una bomba.
    E le parole di Saermak non contribuiscono a smentire la tua idea.
    Questo è il mio piccolo nuovo giocattolino, non avete idea di che cosa si trova a cercare bene nei magazzini della vecchia Russia comunista.
    Non è bellissima?
    Io adoro il suo bip bip bip mentre scandisce i minuti...

    L' intera sala mensa è raggelata.
    Le parole di Sanya invece contribuiscono a rendere partecipe anche te della situazione.
    E della gravità della cosa.
    Per la prima volta puoi vedere Sanya veramente terrorizzata.
    Ma quella è una testata nucleare! Vuole farla detonare qua dentro? Ma è pazzo!
    Una esplosione del genere potrebbe annichilire l' intera Mosca, sarebbe un disastro senza precedenti...
    E morirebbe anche lui!

    Pazzo, lo hai sentito dire tante volte.
    Ma non hai mai visto qualcuno reagire come Saermak.
    Il quale si limita a ridacchiare con aria sinistra e a spiegare, come a voler sottolineare l' ovvio.
    Ma è ovvio mia cara, per giocare una partita c'è bisogno di puntare tutti lo stesso ammontare, voi rischiate la vostra vita, io la mia...
    Altrimenti non è divertente!
    Hehehehahahaha!

    E la sua risata è ciò di più terribile che esista.
    E' un pazzo, è un folle, non ha alcun rispetto per la vita in generale.
    Nè la sua, nè la vostra, nè quella di tutti gli abitanti di Mosca.
    Eppure nella sua follia c'è tutta la logica di un uomo perfettamente sano.
    Allora partecipate tutti quanti? Perfetto, iniziamo subito allora!
    Quest'uomo è un enigma, è un mistero vivente.
    C'è solo una cosa che conta ora però.
    Ed è uscire dalla stanza, disattivare la bomba e salvare non solo la Settima divisione, ma anche l' intera città di Mosca.
    Ma a quanto pare quest' uomo non ha nessuna intenzione di rendere il gioco facile.
    Vi rimangono circa quattro ore di tempo...
    Forza, fatemi vedere chi vince, giochiamo le nostre vite su un piatto d' argento!

    E l' inferno si scatena.
    La porta esplode proiettando schegge metalliche dovunque mentre una mezza dozzina di truppe d'assalto della Sclerotos entrano con una perfetta azione militare, puntando contro di voi le loro mitragliatrici d' assalto.
    Il loro capitano, riconoscibile per la fascia rossa che porta al braccio intima a tutti l' alt, mentre a poco a poco i sopravvissuti tra i vostri uomini si alzano e si riprendono dall' impatto.
    Avanti, branco di stronzi, mettete le mani al muro e non fate mosse sbagliate, oppure abbiamo l' ordine di ammazzarvi tutti come cani adesso...
    Controvoglia gli uomini si mettono al muro, seduti con le mani dietro la nuca, e tra essi Mihail, Sanya e Setsuna.
    Per quanto ti riguarda nessuno ti ha notata, mentre sei caduta dietro un tavolo a causa dello spostamento d' aria.
    Mentre con la testa ancora ronzante senti delle voci dal tono che non ti ispira assolutamente fiducia.
    Ehi, ehi, ehi...ma guarda qua cosa abbiamo qui...se non è il sottotenente Litvnaak.
    Uno degli uomini, l' ufficiale, strattona fuori dal mucchio dei prigionieri Sanya e la sbatte su un tavolo con violenza...
    Cosa voglia fare purtroppo è chiaro a tutti, e nessuno è in grado di opporsi.
    Animali, non sono altro che animali...
    La sottotenente cerca invano di ribellarsi ma non è nella posizione adatta.
    Sembra proprio che niente potrà evitare la violenza, almeno siano a quando non noti qualcosa accanto a te.
    Una pistola, la pistola di Ivanovich...la TUA pistola.
    I colpi sono in canna, la sicura è facilmente eliminabile semplicemente spostando una banale levetta.
    E quel che è più utile è che l' ufficiale ti sta dando le spalle tentando di bloccare la tua guardia del corpo.
    Hai sei colpi, il problema è uno solo...
    Riuscirai a sparare ad un uomo a sangue freddo?





    PoV - Turno (IV):



    L' inferno si è scatenato sulla terra.
    Proprio quando sembrava che tutto si fosse chiarito, tutti i dubbi e le incomprensioni risolte, una ombra oscura riaffiora dal passato della VII divisione decisa a compiere la sua vendetta.
    Combattuta tra i suoi demoni interiori e senza più i suoi poteri Hay Sadeki si trova davanti ad una scelta.
    Sprofondare nell' oscurità, nel fango e nel sangue per combattere i suoi nemici o mantenere la propria innocenza, a scapito dei suoi compagni...
    Una scelta solo in apparenza facile, che è solo il preludio di una delle battaglie più dure mai affrontate finora.
    Nella tetra oscurità delle prossime quattro ore, nel destino della Settima divisione...
    C'è solo violenza.

    Il Test di Hay Sadeki continua, nel prossimo episodio

    д скорпион жало
    The scorpion sting

    Non perdetelo.






    Glossario:

    отвратительный сука= E' preferibile non tradurre questo termine, che comunque è un dispregiativo decisamente offensivo
    готовый= Espressione gergale dell' esercito russo traducibile con "Eseguire!"
    Sclerotos= La parte superiore del carapace degli scorpioni, formata da ampie placche di chitina e cheratina di notevole spessore estremamente resistenti e flessibili.





     
    Top
    .
  8.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Group
    Amministratore
    Posts
    2,705
    Reputation
    +8
    Location
    Right behind you ... ~

    Status
    Offline

    » Act III
    Fangs into the dark




    Hay Sadeki non aveva mai visto qualcosa di simile in tutta la sua vita.
    Era un oggetto stravagante, un computer senziente o forse un uomo diventato computer. La ragazza ancora non riusciva a capire cosa fosse veramente.
    Non poteva però certo negare che non ne fosse in qualche modo affascinata.

    Mi fa piacere che l' abbia chiesto...questo è il centro di controllo di tutto il sistema informatico della settima divisione quincy, è uno dei molteplici terminali di interfaccia operativa del network wireless che monitora la base...
    Qui non c'è niente che passi inosservato: le riprese delle telecamere, gli sbocchi dell' aria, l' illuminazione, i file dei computer, tutto passa da qui, viene analizzato e rielaborato dal computer a matrice quantica, una invenzione geniale a mio dire, un sistema organico basato attorno ad un nucleo pensante che si evolve, si aggiorna e amplifica le proprie capacità con ogni interscambio di dati.


    Hay rimase ad ascoltare anche se di tutto quello che aveva detto non ci capiva proprio niente.
    Sembrava come se stesse ascoltando la spiegazione di un grande scienziato efferato in una materia che non era certo la sua.
    Ed era così, eppure quelle parole le sembravano tanto uscite fuori da un libro fantasy quanto vere.
    La tecnologia quindi si era mischiata direttamente alle funzionalità del Reiatsu.

    Affascinante, molto affascinate. Non trovi?
    Come poteva dargli torto?

    Mi spiego meglio, per voi biologici...

    §Per noi biologici? …§
    Sai Hay, in fondo noi siamo carne ed ossa. Quindi esseri biologici. Che non sono macchine come lui.
    - Ah! Wakatta.- esclamò come se avesse comprese ogni cosa.
    Anche se adesso che ci pensava il come aveva detto quella parola sembrava quasi una leggera offesa.
    Sembra che ci abbia dato degli esseri inferiori per questa nostra natura, dato che lui sembra aver fatto un passo avanti verso la tecnologia...ma ovviamente a te non te ne fregherà niente. Giusto?
    La ragazza non gli dette spago e nemmeno seguì il suo discorso.
    Continuò ad ascoltare Doc, anche perché il suo vero nome già se l'era scordato.

    Ho interfacciato il mio cervello al computer della base, adesso io SONO la base.
    Posso percepirne gli occupanti, sentire cosa dicono e cosa fanno...
    Ma era scritto tutto nei rapporti che Mishima le inviava periodicamente, lo sò perchè li ho letti.


    - Ah! Quindi se c'è un problema all'interno della base lei ne verrebbe a conoscenza immediatamente. Deve essere un compito molto difficile ma sembra davvero che si stia divertendo. In quella forma. Bene. Mi fa piacere sapere che comunque sia c'è qualcuno che supervisiona l'intera base.- pensò ad alta voce guardandosi attorno prima di essere scossa dall'ologramma.

    Ecco perchè sono a conoscenza del suo segreto Capit... ehm, voglio dire, Miss Sadeki.

    - Immaginavo, caro Doc. Grazie. Adesso che so che ci sono altre persone a credere a me e a comprendere la mia situazione e soprattutto a conoscere il mio segreto mi sento molto sicura. Grazie.- mentre parlava voltò lo sguardo prima verso Sanya e poi verso il dottore con un sorriso calmo e semplice sul volto relativamente steso.

    Ma non si preoccupi, non rivelerò a nessuno il suo piccolo segreto, io non sono un sentimentale come il resto dei miei commilitoni, basta che chiunque comandi non si intrometta nelle ricerche che svolgo e mi dia i fondi necessari, e potrà certamente contare su di me.

    Gli occhi della ragazza brillarono come investiti dalla luce del sole.
    - Non si preoccupi. Se diventerò Capitano può stare tranquillo che io l'aiuterò, molto volentieri. Penso che io e lei potremo andare molto d'accordo.- disse squittendo. Il solo fatto di poter lavorare accanto ad un genio simile la metteva di buon umore. Anche se in quel momento non poteva pensare a quello che avrebbe fatto dopo.
    Adesso doveva concentrarsi solo sul presente.
    E la cosa la mise di nuovo in quella condizione di disagio interiore.

    Beh, detto questo non vedo l' ora che prenda il comando, così le potrò mostrare i risultati delle mie ricerche...

    - Ne sarei veramente orgogliosa. Speriamo che vada tutto per il meglio, ma so che sarà così. Prima di allora si ricordi, come deve chiamarmi, va bene ? - annuì con la testa per poi sospirare.
    In quello stesso istante l'ologramma del dottore assunse una posa quasi meditativa prima di schioccare le dita.

    Se non sbaglio avete detto che vi dirigerete in sala mensa giusto? Credo proprio che vi farò compagnia...

    Già! Dovevano andare in sala mensa. Pure il suo stomaco fece eco a quel pensiero, ricordandole che aveva un bel po' di fame.
    - Co…Compagnia? E come? - gli chiese. Come poteva un uomo diventato macchina poter mangiare e bere ?
    Con il volto in un misto di perplessità, Hay Sadeki guardò l'ologramma che fece cenno di seguirlo a lei e alla sua compagna.
    Senza commentare altro, aspettandosi qualcosa di sorprendente ancora una volta, Hay Sadeki fece per seguirlo quando dal pavimento qualcosa fuoriuscì tanto da farla indietreggiare.
    Era un piedistallo e su questo la ragazza poteva scorgere un piccolissimo auricolare.
    Hay lo guardò con curiosità.
    Che razza di roba è quella?…
    Cosa che stava per chiedere a Doc quando lui stesso interruppe la ragazza e trillò contento spiegandole che roba era.

    Prego, prenda questo, è una trasmittente interfacciata direttamente al mio banco di memoria principale così se lo desidera potrà parlare con me in qualunque momento, d'altro canto per me adesso mangiare e dormire non hanno più alcun significato.

    Hay Sadeki prese quel piccolo orecchino e lo portò vicino al suo sguardo per vedere meglio come era fatto, come era possibile che una cosa così minuscola potesse avere una funzione così grande.
    Geniale.
    Era una specie di piccolo orecchino, almeno nella forma, con un cerchio di colore bianco. Una forma tanto inconsueta tanto semplice da nascondere come orecchino.
    Stratosferico sebbene quel tipo la metteva molto in soggezione non poteva certo dire che non fosse geniale.
    Senza attendere Hay Sadeki indossò il piccolo oggetto all'orecchio sinistro, e dopo averlo sistemato la solita voce di Doc le risuonò direttamente nelle orecchio, stavolta meno metallica, poteva dire quasi umana.
    Fantastico! Adesso sono due le voci oltre alle tue. Non voglio che questo tipo prenda il mio posto, mettitelo bene in testa! E cerca di ascoltare prima me di lui. Chiaro?
    In un certo senso era una situazione quasi comica, adesso non solo sentiva Orihara ma anche Doc. Se continuava così sarebbe impazzita.
    Per fortuna con un cenno del capo e un piccolo pensiero ammutolì il suo doppio e si concentrò su quella del dottore.

    Beh, buon appetito allora, nel caso voglia parlare con me prema il piccolo sensore all' altezza dell suo lobo, le risponderò immediatamente.
    In un paio di giorni se ha un design più di suo gusto me lo invii, sarò lieto di modificarlo, non nego che effettivamente il sensore abbia un aspetto un po' spoglio...nei prossimi giorni me lo invii pure, non sia timida, sarò lieto di migliorare la mia creazione per lei.


    - Non si preoccupi. Ha già fatto abbastanza così. Vedremo poi dopo. E grazie, le risponderei anche a lei, ma non so bene quanto possa servirle. Bene. Quindi se tocco qua posso direttamente parlare con lei. Ottimo! La ringrazio. Veramente tanto. - disse facendo un piccolo inchino per sottolineare il ringraziamento.
    Avere per alleato un tipo così era a dir poco strano, però, in fondo, era pur sempre un alleato. E viste le sue attuali condizioni, non poteva chiedere di meglio.
    Adesso poteva direttamente parlare con lui, chiedere informazioni sull'intera base, qualsiasi cosa fosse successa o stesse per succedere lui sarebbe stato di notevole importanza.
    - Allora andiamo a mangiare? - chiese rivolgendosi a Sanya per poi salutare gentilmente con un'alzata di mano l'ologramma.
    Così uscirono dalla stanza, e Litnaak salutò il dottore con un saluto militare prima che potessero abbandonare il laboratorio e dirigersi verso la mensa.

    Prego, mi segua, la sala mensa è di quà

    Non prima dell'uscita però Hay notò un gruppetto di cinque soldati dalle uniformi verdi oliva in perfetto ordine come se fossero state stampate addosso ai cinque più che vestite.
    Hai visto? Hanno il distintivo con il drago. Avevano infatti addosso lo stesso simbolo che vi era sull'uniforme di Sanya, quindi appartenevano al suo 'gruppo'.
    Essi dopo aver fatto il saluto militare sia a Sanya che a lei, si misero in formazione come una specie di scudo.
    §Sono agitata...§ il motivo le era ignoto, dato che al suo fianco aveva cinque soldati, Sanya e Doc.
    Eppure qualcosa si agitava nel suo stomaco e non era la fame.
    Devi stare tranquilla. Non ti accadrà niente finchè resti con loro. Non devi temere di nulla. Ma guarda! Deficiente. Da quando ti sto a consolare...bwah!
    Hay infatti rimase alquanto stupita. Cos'è? Quell'orecchino aveva avuto strani poteri sulla sua personalità?
    Scosse la testa.
    Così nel mentre si avvivavano alla mensa, Sanya le illustrò tutto quello che si trovava durante il loro cammino, come un vero e proprio giro turistico della base.
    Ma Hay in quel momento sembrava presa da altro.
    Chiusa nel suo silenzio.
    Ed ecco che arrivarono alla mensa, e pochi metri prima della porta la sottotenente fermò il gruppo e anche Hay si bloccò.
    Sanya sembrava si fosse messa in ascolto degli schiamazzi che giungevano dalla sala mensa, come per comprendere chi fosse là dentro.
    Hay assistette alla scena in silenzio in modo da non disturbare la sua compagna: solo dopo neanche un minuto la ragazza si massaggiò delicatamente la fronte con pollice ed indice.
    La cosa era semplice, anche Hay Sadeki comprese quello che stava avvenendo: lei aveva sentito qualcosa là dentro che probabilmente necessitava di un 'piano'. Altrimenti non si sarebbe messa lì a pensare a qualcosa.
    Qualche istante più tardi la voce di Sanya squilla a dare ordini ai cinque che stavano seguendo la coppia, decisa e ferma in quello che era un piano d'azione.
    Hay avvertì l'agitazione salirle alle stelle.
    Il cuore le batteva all'impazzata e la fame le era di colpo passata.
    Avrebbe detto molto volentieri a Sanya che adesso avrebbe saltato pure il pranzo, ma la voce della ragazza arrivò prima della sua.

    Chen, DaFelbe, Kurskovich, fate strada...
    Zoloviev, Kirov, voi coprite l' uscita


    § La cosa non mi piace…non mi piace…non mi piace…§ si ripeteva.
    Ma prima o poi avrebbe dovuto affrontare la situazione.
    Per quanto terrore avesse in corpo.
    Era riuscita a vedere in faccia quella ragazzina, adesso non poteva tirarsi indietro per entrare in una mensa!
    Sarebbe stato veramente da polli.
    Deglutì e seguì Sanya e i suoi uomini che si erano disposti secondo gli ordini della giovane sottotenente.
    Hay Sadeki pregò che tutto andasse liscio, quando entrò nella mensa.
    Vi erano più di terna Quincy a quanto poteva vedere da una prima occhiata, molti di loro intenti a consumare il loro pasto altri invece intenti a parlare altri ancora a giocare, insomma si respirava un'aria tranquilla e serena e questo in qualche modo riuscì per un attimo a distendere i nervi della ragazza.
    Tra tutte quelle persone poteva notare chiaramente le cinque ragazzine, certamente membri della squadra Epyon intente a ridere e scherzare.
    § Se pensi che quello che mi hai dato è un compito facile, ti sbagli di grosso. Ora comprendo perché la tua era una scommessa. Perché questa è veramente una scommessa.§ sospirò.
    Sarebbe stata dura.
    Ma in fondo quella era la sua scommessa, e di nessun altro.
    E avrebbe scommesso pure lei tutto quello che aveva che nessun altro avrebbe preso il suo posto in quel momento.
    Che idiota. Dico ma si può essere più scemi di te? No. Prima contenta del ruolo che hai e poi una volta entrata nella fossa del leone ne vuoi riuscire per paura. Ammettilo che non hai voglia di continuare.
    § No. Io continuerò. E' solo che…vederli così mi fa comprendere quanto io sia diversa da loro. §
    Scema! E' proprio per questo che quel vecchio là ti ha dato quell'opportunità, perché tu sei diversa da loro e solo tu con i tuoi insulsi modi di vedere il mondo e di trovare il bene anche dove non esiste che puoi cambiare le sorti e il destino di questa divisione.
    § Già...forse hai ragione tu. Solo una come me potrebbe adempiere a tale compito. Ma è davvero così che le cose andranno? §sospirò.
    In fondo Orihara l'aveva tirata un po' su. Probabilmente per tornaconto personale, come sempre. In alcuni casi però sembrava quasi che volesse davvero aiutarla.
    Baggianate.
    Però le piaceva pensarlo.
    Tornò a guardarsi intorno e con immensa incredulità notò ad un tavolo una bambina di poco più di tredici anni senza la parte superiore dell'uniforme, sostituita da un top nero, intenta ad una partita di braccio di ferro con un Quincy grosso il doppio di lei e sembra quasi dalle urla di incitamento che provengono dai tipi che assistono alla scena che sia proprio lei a vincere.
    § Come dicevo. Un pesce fuor d'acqua sono io che non riesco neppure a spostare il frigorifero di casa. § scosse la testa.
    Solo dopo lo sguardo della ragazza viene attratto da quello di Sanya, con orrore come se avesse visto una scena di violenza gratuita fissa la scena che le si para di fronte, e Hay lentamente seguì il suo sguardo.
    Quattro Quincy stavano parlando e ridendo assieme a Setsuna, la cui vista fece gelare nuovamente il sangue dentro la ragazzina assieme anche ad una delle sue commilitoni al tavolo dove anche loro due erano dirette.
    Le parole che Sanya poi rivolse ad Hay non la fecero tranquillizzare, anzi la misero ancora di più in una situazione di alto disagio morale.

    Si prepari, questa non ci voleva...di tutti i giorni proprio oggi doveva succedere...

    - Su…succedere cosa?- sussurrò a voce bassa e tremante e probabilmente la sottotenente non aveva compreso le sue parole.

    Chen, di a tutti di restare pronti all' azione, le cose si surriscalderanno...

    Hay Sadeki si voltò verso il nerboruto uomo che le aveva accompagnate fin là.
    La ragazza non sapeva cosa stesse succedendo. Ma tutto ciò aveva l'aria pessima di ' guai ' .
    Proprio quelli che non ci volevano.
    Senza un singolo fiato, l'uomo chiamato Chen attraversò la stanza e Hay poté notare che ad alcuni suoi compagni, forse, toccava la spalla e questi sentito il cenno si erano irrigiditi per un istante e dopo come se avessero afferrato la cosa con estrema naturalezza si aggiustarono il cinturone con appese le loro armi.
    Il fiato di Hay si fece corto.
    La tensione la percepiva, insinuarsi in ogni suo muscolo e in ogni centimetro di pelle.
    Qualcosa stava per accadere e non le piaceva affatto.
    Non c'era bisogno di un indovino, non c'era bisogno di chissà chi per comprenderlo.
    La situazione, quegli atteggiamenti furtivi, le parole di Sanya.
    Hay se avesse avuto il solo coraggio di fare un passo indietro se ne sarebbe tornata fuori da quella sala dato che pure l'appetito le era sparito.
    Poi un pensiero le era prevalso: che fuori sarebbe stata sola, là dentro invece no.
    Fu una voce prorompente a svegliarla, e tutti nella sala volsero lo sguardo a quel soldato.

    Ufficiale in mensa! Tutti sull' attenti!

    - … ? - Hay lo guardò, lo fissò.
    Aveva la netta impressione di averlo già visto. Nei laboratori Ivanovich?
    No forse era solo una sua impressione...
    Tutti si alzarono in piedi con saluto militare rivolti verso Sanya Litvnaak, e lei di tutta risposta alzò la mano per far tornare tutto alla normalità prima di lasciarla là dove era, e Hay decise che era meglio non seguirla senza un suo segnale o qualcosa che potesse rassicurarla nell'andare dietro a lei.

    Riposo, Mihail, riposo, non c'è bisogno di essere formali.

    § Mihail? ….chi è quel tipo? § chiese rivolta non più a se stessa ma ad Orihara.
    Non ne ho la più pallida idea, mia cara. Ma sembra che tu l'abbia visto.
    Quel 'tu' le suonava in modo terribile, non sapeva come mai ma quella situazione non la metteva affatto a suo agio. Per niente.
    Era un giovane, biondo, i suoi occhi per quanto la ragazza poteva scorgere erano molto penetranti: insomma proprio un bell'uomo.
    Il giovane aveva accanto a sè Setsuna che in quel momento più che una ragazzina sembrava quasi un animaletto domestico dedito a stare al fianco del padrone.
    Ci fu poi un secondo, sì. Un secondo.
    Gli occhi di Hay si incrociarono con quelli del ragazzo.
    Un brivido gelido si impadronì delle membra di Hay Sadeki, che in quel momento avrebbe dato tutto perché al suo posto vi fosse Orihara.
    Il volto di Mihail era completamente sbiancato, quasi avesse visto un fantasma là dove era lei.
    E il motivo era perché c'era lei lì.
    Sì, adesso ne era convinta. Quell'uomo lo aveva già visto.
    E il solo pensiero le faceva tremare le interiora.

    Grazie signore...vedo che la nostra ospite si è svegliata, ne sono lieto...per...

    La sua voce poi morì nella sua gola, dopo averla guardata, scrutata. In quel momento era come se uno scettico vedesse per la prima volta un'apparizione di fronte a sè: non ci crede all'inizio ma poi si rende conto che essa c'è ed è vivida di fronte a lui.
    Hay mosse un passo all'indietro, non lo fece apposta, sembrava essere stato dettato dall'istinto.
    Hay, mantieni la calma. Devi stare tranquilla. C'è Sanya con te. Nessuno può farci del male.
    Eppure quelle parole le risuonarono non molto tranquillizzanti.
    Sanya probabilmente vedendo chiaramente il cambio di voce e di pallore del viso di quel ragazzo mosse un passo andandosi ad interporre fra lei e Mihail.
    La voce di Sanya cambiò totalmente, divenne seria quasi fredda e distaccata come quella di un superiore che si trova a dover rimproverare un suo sottoposto.
    La tensione si sentiva, Hay la sentiva quasi si insinuasse come un serpente nelle sue vene e nelle sue ossa.
    Aveva paura.
    Lo ammetteva.
    NON - FARE - L'IDIOTA.
    Facile a dirsi per lui, ma lei la pensava e sentiva diversamente.
    Sì c'era un problema, e quel problema era lei.

    Hm? Che c'è soldato? Qualche problema?

    Come se avesse già previsto tutto, Hay Sadeki poté comprendere dalle parole del ragazzo che era veramente lei la causa della sua reazione.
    Quelle parole furono una lama gelida che trafisse il suo animo senza alcuna pietà, senza alcun rancore, spietata e letale.
    Hay Sadeki deglutì muovendo un ulteriore passo all'indietro lentamente.

    Sì signore...c'è un problema...lei.

    Disse mentre le puntava il dito contro come se la stesse accusando di eresia.
    Sanya invece si protrasse con un passo verso la ragazza come per cercare di proteggerla, peccato però che fra lei e Hay Sadeki si trovava una sedia e questa le fece quasi perdere l'equilibrio.

    Miss Sadeki? Beh, lei è...

    Fu in quel momento, approfittando di quell'attimo di distrazione che sia Mihail che Setsuna si portarono fra Hay Sadeki e Sanya Litvnaak.
    Hay sentì esploderle il cuore in gola.
    Avvertiva il pericolo e sapeva perfettamente che se ci fosse stata anche la minima possibilità di un qualche scontro lei non sarebbe stata capace di tenere testa a nessuno, nella condizione in cui era messa.
    Ma perché? Perché stava succedendo tutto questo?
    Almeno che…
    Che loro non sapessero qualcosa.
    Portò un altro passo all'indietro e si sentiva male al pensiero che fosse stata distaccata dalla sua compagna.
    Come un cucciolo che viene braccato e distaccato dal branco per poter essere carne facile per i predatori.
    Stai calma. Scema. Non ti devi agitare, fai finta che non stia succedendo niente.
    Hay non la pensava allo stesso modo.
    Così dopo un silenzio glaciale che era piombato su tutta la mensa Mihail fece tremare l'aria con la sua voce.
    E in quel momento Hay Sadeki sentì un malessere salirle fino al petto.

    Signore, con tutto il rispetto non dica stronzate, perchè nessuno di noi se le berrà.
    Potrà essere la segretaria di Mishima, una normalissima ragazza giapponese o persino la vergine maria discesa sulla terra...


    E fu proprio in quello stesso istante che un flash le abbagliò la mente, le illuminò quei ricordi che avrebbe voluto eliminare dalla sua storia.
    I Laboratori, aveva da compiere una missione di estrema importanza, aveva da disattivare un marchingegno e aveva dovuto scontrarsi con molti Quincy tra cui lui, Boris Ivanovich.
    Era stata la peggiore missione della sua vita, non se la sarebbe mai dimenticata.
    Fu proprio mentre ripassava alla mente quei momenti che realizzò dove aveva visto quel ragazzo di nome Mihail.
    Là, dove vi era Ivanovich, assieme a lui ve ne erano altri due di Quincy, che si erano scontrati con Sven mentre lei cercava di pensare al Capitano, per cercare di farlo ragionare.
    Un tuffo al cuore la fece sobbalzare, portò la mano al petto e iniziò a mancarle l'aria.
    Lui era lì.
    Calmati. Se non ti calmi qua succede un finimondo, ed io non ho voglia di intervenire nelle condizioni pietose in cui sei messa adesso, cerca di non badare a quello che dice.
    Hay Sadeki non l'ascoltò.
    Eppure…Hay Sadeki era convinta che li avesse uccisi entrambi Sven o meglio di uno ne era convintissima dato che lo aveva visto tranciato a metà ma…ora che ci pensava l'altro non lo aveva più visto e alla fine era troppo scioccata per pensare al resto.
    Poi quella frase.
    Quella frase che ruppe di nuovo quel silenzio e le fece gelare il sangue.

    Ma quella... è la ragazza che ha ucciso il capitano!!!

    Gli occhi di Hay si sbarrarono.
    Tutto sembrava essersi bloccato in lei. Il cuore, il respiro, il pensiero.
    Neppure Orihara riusciva a sentire.
    Il mondo sotto di sé sembrava essersi spaccato a metà.
    Rimase senza parola, il suo corpo era percorso da convulsioni, pareva fosse svenuta in piedi.
    Ma in quella pace irreale e terribile che si era creata in lei, non si accorgeva dell'inferno che era scoppiato fuori.

    Cosa? Mihail, si può sapere cosa diavolo dici?

    Hay Sadeki sapeva perfettamente cosa stava dicendo.
    Non mosse parola, non riusciva a muovere.
    Setsuna portò la mano sulla sua arma, ma Hay Sadeki non si mosse, neppure la vide.
    Era concentrata sulle parole del ragazzo, e un pensiero la attanagliò nel profondo: ' io morirò qui ' .
    Gli occhi di quel soldato non bramavano altro che la questo, avvertì la ragazza guardandolo.
    Quella sensazione agghiacciante la prese, la fece quasi sprofondare in un abisso.
    Questi tuoi pensieri sono indecenti. Ti mostri soltanto debole se non sai tenere testa ai deliri di uno come quello che farnetica contro di te e non sa qual'è la verità. TU sai qual'è la verità. Questo è il tuo, il nostro punto di forza. Comprendi?
    Ma Hay Sadeki pensava ad altro.
    Quelle parole le echeggiarono nella mente e si persero nei meandri dei suoi abissi.
    La mascella di Mihail tremò vistosamente in preda a chissà quali emozioni o sensazioni, così come i suoi pugni che si serrarono in preda al tremito prima di puntarle nuovamente il dito contro.
    Aveva paura di quell'uomo. E nella sua situazione si sentiva impotente, incapace di difendersi.
    Non aveva la possibilità di sfuggirgli se avesse voluto ucciderla, adesso, lì.
    La voce del soldato proruppe con velenoso odio verso di lei, una voce a tratti rotta dalla commozione.
    E Hay in quel momento comprese tutto, e avrebbe tanto voluto che tutto quello fosse soltanto un sogno…o un incubo da cui risvegliarsi.

    IO c'ero sottotenente, ero la sotto quando il capitano è morto...
    Prima di perdere i sensi l' ho visto chiaramente, c'erano tre quincy, e chi comandava quella squadra, era lei!


    § Lui….lui c'era?? §adesso ne era più che convinta. Adesso comprendeva cosa diavolo stava succedendo, il perché di quelle reazioni così esagerate da parte sua.
    Lui era lì quando il capitano stava combattendo con lei, lui era svenuto quando era giunto Yamato e aveva inferto quei colpi a Ivanovich.
    Ma quel che era peggio lui aveva visto Hay Sadeki lì, accanto al suo Capitano in punto di morte.
    Hay Sadeki abbassò lo sguardo mentre i pugni le si andarono a serrare mentre le unghie iniziavano a martoriare i suoi palmi.
    Sì, non poteva negare di essere stata lei la caposquadra ma…lei fin dall'inizio aveva voluto provare a fare ragionare il Capitano Ivanovich su quello che stava facendo.
    Purtroppo non c'era riuscita, e questo tutt'ora non se l'era perdonato.
    Hai scelto la strada più lunga e dolorosa My Lady. Addossarti tutto il loro odio e il loro rancore. E anche la stessa morte del Capitano. Quando sai, che non è stata colpa tua.
    Quanto di questo pensi che potrà giovarti? …. se continui a pensare così verremo uccisi adesso ed io non ti permetterò di fare una cazzata simile!

    § Taci! Non dire altro. NON DIRE ALTRO. § fu la prima volta che Hay ordinò alla sua doppia personalità di tacere.
    E lui non osò ribattere.
    Quei sentimenti che provava adesso la ragazza, quei sentimenti che quel soldato le aveva fatto ricordare e le aveva ravvivato dentro la stavano massacrando: ed erano più forti di Orihara.
    Rimase in silenzio, non sapendo cosa dire o come agire.
    Avrebbe voluto urlargli che quello che stava pensando, la verità, ricostruire quel maledetto giorno ma...
    - ?? - come un fulmine, troppo veloce da poter evitare e troppo forte per potersi ribellare, la mano di Setsuna l'afferò con una forza mostruosa spingendola all'indietro, mentre le sue dita sottili si serrarono alla sua gola quasi impedendole di respirare.
    Quella spinta all'indietro terminò quando la schiena di Hay Sadeki impattò violentemente contro la parete smorzandole il fiato e provocandole un dolore allucinante alla spina dorsale e alla testa.
    - Ngh!! - con una smorfia di dolore le mani di Hay Sadeki si serrarono a sua volta, quanto le sue forze attuali permettevano attorno alla mano della ragazzina, guardandola con occhi colmi non di odio, non di paura ma di disperazione.
    Sebbene provasse a parlare, cercasse di voler spiegare cosa veramente era successo, la stretta era così dolorosa che quello che usciva dalla bocca della Quincy erano soltanto gemiti strozzati di dolore.
    I suoi polmoni, di cui uno già messo a dura prova dall'operazione, bramavano aria ma non riuscivano altro che a catturarne meno di quello che tentavano di prendere.
    In quel momento si sentiva come un pesce fuor d'acqua.
    Le sue unghie si serrarono sulla pelle della ragazzina, cercando di allentare quella presa che sembrava quella di un lottatore professionista, una morsa dalla quale senza lottare non sarebbe sopravvissuta.
    L'aria continuò a mancarle, sentiva il cuore pulsare dolorosamente in testa, quasi volesse scoppiare, mentre la mancanza d'aria iniziava ad influire sul suo corpo già debole.
    La vista iniziò ad offuscarsi, i contorni della ragazza diventarono sfuocati, per poi tornare di nuovo a fuoco ripetendo questo gioco sgradevole per almeno tre volte quando tutto diventò di un colore grigio opaco.
    I rumori, le voci, tutti i suoni diventarono ovattati, e dai suoi occhi iniziarono a sgorgarle calde lacrime mentre serrava i denti per resistere con tutte le forze che aveva in corpo.
    Non aveva intenzione di mollare, non aveva intenzione di cedere almeno finché non avrebbe saputo la verità.
    La bava iniziava a scenderle dalla bocca, non avendo modo di inghiottire tanto quella morsa si serrava sulla sua gola.

    отвратительный сука!! E così tu eri solo una semplice segretaria eh? Ci hai presi per il culo tutti sin dall' inizio! Era chiaro che eri in combutta con Mishima...
    Cazzo, se lo avessi anche solo saputo ti avrei dovuto lasciare lì a morire dissanguata come un animale!


    Riuscì a comprendere poche parole di quelle che aveva sentito.
    § No… Non è vero. NON E' VERO!! § quelle parole erano un'accusa ingiusta. ma non poteva ribattere dato che le era impossibile quasi respirare.
    Lei non sapeva, non poteva comprendere ma…allo stesso tempo Hay poteva capire come si sentiva.
    Ed era frustrante non poter comunicarle la verità, era frustrante sapere che nonostante tutto lei non sarebbe stata creduta.
    Ma Sanya…dov'era in quel momento?
    Gli occhi di Hay si socchiusero, le mani tremavano attorno al polso della ragazzina oramai sfinite, senza forza.
    Il suo volto dai muscoli serrati si distese…e rimase così, alla mercé di Setsuna Aokiri.
    Solo per un istante la sua mente si allontanò da quello che succedeva nella realtà.
    Un istante, o forse qualche minuto? Non lo sapeva.
    Il tempo sembrava essersi fermato.
    Le voci si fecero distanti, le voci si fecero lontane ma continuava a percepirle, continuava a riconoscerle.
    La sua mente vacillò, e avvertì quel torpore.
    Lo sentì comprese cosa esso significava e una sola voce uscì lieve dalle sue labbra, e potè sillabare quelle lettere perché in quel momento la presa sembrava essersi allentata stranamente.
    - Ori...hara. - un debole sussurro, nulla di più.
    Il buio l'avvolse e si sentì cadere, ma non svenne no.
    Rimase presente nonostante la sua assenza, i suoi occhi nella realtà sembravano privi di qualsiasi energia vitale.
    Freddi. Vuoti.

    { - }




    Hay Sadeki adesso si era risvegliata in un luogo che lei aveva già visto una volta.
    Una distesa di neve.
    Un'immensa distesa di neve sotto i suoi piedi e l'immensità profonda di tenebre che ricopriva il cielo. Quello era il suo abisso, quello era ciò che aveva dentro di lei, e sapeva benissimo chi là era l'indiscusso padrone.
    - Orihara -
    La sua voce articolò quella parola, quel nome, flebilmente tanto sapeva che lui l'avrebbe sentita.
    Passi nella neve, venivano da dietro di lei. Leggeri come quelli di un cervo.
    Si voltò lentamente e lo vide, ma stavolta si sorprese di non averlo visto nella sua forma 'umana' quella di tratti simili alle persone che lei amava se non per il fatto che i suoi capelli erano di colore bianco latte.
    Invece no.
    Di fronte a lei vi era un lupo.
    Non a caso aveva scelto quella forma, Hay lo sapeva, glielo aveva detto lui stesso il perché di quella strana scelta.
    Sei venuta qui allora, è da tanto che non ci ' vediamo '.
    Hay lo guardò mentre un'immenso senso di solitudine e di rassegnazione la invadeva.
    - Avevi ragione. -
    Ho sempre ragione. Hai scelto una strada da cui non puoi tornare indietro. Da cui non possiamo tornare indietro.
    Il volto della ragazza guardò con cupa tristezza gli occhi di Orihara.
    - Ho paura. Ho tanta, troppa paura. Non so che fare. Non so come agire, non mi credono e non mi crederanno mai! ... io ... -
    Lo so. E' questo che fa di te un essere debole, e un essere umano. Dimmi Hay. Come puoi biasimare i loro atteggiamenti. Tu al loro posto avresti fatto veramente diversamente? So che hai paura. Lo so. Ma non sei tu quella che prima di venire qui mi disse: ' Io darò loro un futuro, anche se questo significa addossarmi la responsabilità della morte di Ivanovich. Anche se questo significa portarmi addosso il peso del loro dolore, del loro odio e del loro rancore. ' Tu hai detto queste parole. Non io. Non loro. TU, e allora dimmi Hay. Di cosa hai paura? Di non poter riuscire a sopportare questa situazione a lungo, di morire o di credere che ha sparato la più grande cazzata della tua vita? Tu sei forte, noi siamo forti. Ed proprio la paura che ci rende tali. Perchè chi non conosce la paura è soltanto uno stolto, chi non hai mai provato paura non può comprendere affondo cosa significa la vera forza.
    E sono io quella forza, Hay.

    -...- la ragazza restò muta assimilando le parole dure e fredde della sua controparte.
    Sapeva che lui aveva detto la verità, e quel discorso lo aveva fatto veramente ad Orihara.
    Si domandò di cosa avesse più paura. Forse di morire.
    O forse aveva qualche importanza arrivare a comprendere di cosa veramente lei aveva paura?
    La cosa che le premeva era che non sarebbe riuscita a dire la verità a Setsuna e a Mihail, perchè loro non le avrebbero creduto.
    Era questo forse che la tormentava di più, più della paura di rimetterci la vita per mano loro.
    Ascolta. Tu non sei da sola. Guardati intorno per una buona volta razza di idiota! Qui ci sono io che faccio la differenza, e non sarai mai sola perchè là fuori c'è qualcuno che sta combattendo per te.
    Ululò ringhiando, esprimendo quella rabbia che adesso sentiva squassarle violentemente il petto.
    E in quello stesso istante avvertì, come un eco in quella distesa silenziosa la voce di...

    Sottotenente...lasciatela andare....

    - Sanya ? - la voce della sua compagna la scosse, un barlume di speranza si accese, e gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime.
    Allora, cosa ti dicevo? Sei una stupida se credi che da sola tu possa sobbarcarti tutto quel peso.Devi smetterla di essere così egoista da pensare che l'unico accanto a te sono io. E poi cretina non ci terrei nemmeno ad essere considerato come tale.


    Chiudi il becco Sanya, non sei certo meglio di lei...tu lo sapevi!

    La voce di Setsuna come un rombo di tuono scosse il silenzio che in quel momento si era creato, e Hay tremò per un istante.

    Lasciala andare... ho detto...lasciala andare, non voglio ucciderti, ma lo farò se necessario, capito?

    Di nuovo Sanya, questa volta l'aveva anche minacciata di morte...e tutto quello lo stava facendo per...lei?
    Hay si rese conto di quanto fosse debole rispetto a loro, e quanto forte potevano esserlo le due. Comprese anche però una cosa, che anche lei era forte.
    Che nonostante tutto lei sarebbe dovuta andare avanti nelle sue convinzioni perchè...lei sapeva la verità.
    Adesso devi ascoltarmi. Hai sentito quelle parole? C'è qualcuno là fuori che è deciso a combattere per te, come qualcuno qua dentro che è deciso a fare la stessa cosa alla stessa stregua. Sta a te decidere cosa fare.
    Se arrenderti o combattere.


    Non dire stronzate, non hai le palle per farlo, tu lo ricordi vero il giuramento della settima, Tutti combattono, nessuno lascia...questa dannatissima ragazzina ha impedito al colonnello di rispettarlo, e ce lo ha portato via.
    Tu non mi fermerai, quel giuramento l' hai fatto anche tu...


    Orihara, Sanya e Setsuna.
    Se ti arrendi sappi che sarà la volta buona in cui io ti estirperò, perchè non permetterò che le tue idiozie mi portino alla rovina.
    - Sempre il solito egoista.- sussurrò mentre le lacrime continuavano a scenderle dalle guance, l'aria oramai che riusciva a sentire nei suoi polmoni non era molta ma quanto bastava per poterla mantenere in vita.
    Ho imparato dalla migliore.

    Forse è vero, ma gli ordini ricevuti dal maggiore sono di proteggere questa ragazza, e lo farò a costo della vita, e tu sai cosa significa questo per me vero?

    La conversazione andava avanti ma Hay non riusciva a tornare alla realtà.
    Attendeva, guardava con occhi lucidi la sua controparte, le sue fattezze e si chiese se veramente non fosse un caso che si fosse mostrato a lei così.

    Siamo entrambi cagnolini ben addestrati, non trovi? Fedeli al proprio padrone fino alla fine... d' altronde per un motivo o per l'altro ognuna di noi deve all'altro la vita...ironico no? Ora fatti da parte!

    Cani fedeli al proprio padrone. Quella frase la fece tremare, era qualcosa che non aveva mai sentito pronunciare da nessuno.
    - E noi, cosa siamo? - chiese in un filo di voce ad Orihara, evitando di incontrare il suo sguardo.
    Noi? Siamo Lupi. Lupi che combattono per il proprio branco, non per un proprio superiore. Noi siamo Lupi. Selvaggi, liberi, non abbiamo niente da spartire con nessuno, noi non abbiamo un posto dove fare ritorno se non nel nostro branco. Perchè il branco è casa e famiglia.
    Questo noi siamo. Adesso però sta a te decidere qual'è il posto in cui faremo ritorno.

    Le sue parole erano chiare, Hay le avvertì come una potente scossa.
    Quella domanda così strana in realtà voleva dirle tante cose, stava a lei decidere per chi o cosa combattere. Dove fare veramente ritorno, quale branco sarebbe stata la sua famiglia. Giappone, I Divisione o Russia, VII Divisione ?
    - Come potrei dimenticare qual'è la mia famiglia? .... Qui. E' questo il nostro posto. Orihara.- disse senza ripensamenti. Nei suoi occhi c'era ciò che Orihara voleva vedere riflesso.
    Si voltò dandole le spalle, lasciandola là, muovendosi e tornando alle tenebre che lo avevano generato, consapevole che lei aveva compreso quello che aveva detto.
    Consapevole di aver fatto anche troppo bene il suo dovere nei suoi confronti.
    Hay alzò lo sguardo al cielo plumbeo dove una luce adesso splendeva come una stella lontana, e non sapeva perchè ma quel torpore iniziava a farsi sentire freddo, l'aria iniziava a investirle i polmoni.


    { - }



    Gli occhi di Hay si accesero di nuovo della sua vita, la sua testa reclina in balia della forza di gravità si alzò.
    Le sue mani fecero forza e perno su quelle di Setsuna che ancora non aveva mollato la presa.
    Le lacrime che le avevano solcato il volto si fermarono e i suoi occhi andarono a fissare quelli di Setsuna e riuscì a sostenere il suo sguardo.
    Una rinnovata forza prese le membra della ragazzina, una rinnovata voglia di non arrendersi.
    Fu proprio in quell'istante che la voce di Mihail ruppe quell'attimo di silenzio che si era creato tra Setsuna e Sanya.
    Adesso Hay Sadeki poteva vedere chiaramente la situazione che si era persa in quei pochi attimi in cui aveva visto nel suo abisso.

    Sottotenente, Si faccia da parte...è solo contro almeno quaranta di noi...

    Setsuna continuava a tenerla per la gola e non sembrava avere la minima voglia di lasciarla andare, dietro di lei Sanya sembrava puntare addosso alla sua compagna la sua arma e neanche lei aveva la minima intenzione di mollare la presa, mentre Mihail teneva la sua pistola spianata verso di lei.
    E molti altri nella sala erano con loro, sembrava che il gioco suo e della Sottotenente Litvnaak fosse oramai perso. Se non fosse per il fatto che Hay notò qualcosa sul volto leggermente contratto di Sanya.
    Un segnale, forse, Hay ne rimase alquanto perplessa e nel frattempo cercò nuovamente di liberarsi da quella presa seppur non riuscendoci.
    Il suo volto era una maschera pallida, anche se lentamente il colorito le stava ritornando dato che la presa attorno al suo collo sembrava aver perso molta di quella forza che prima l'aveva quasi strangolata.

    Hai ragione...pareggiamo i conti...готовый!

    In quel momento Hay comprese quello che stava accadendo.
    Quel segnale fece scatenare quasi un inferno, e ... quasi tutta la sala come una grande onda si alzò mentre ognuno dei presenti puntava la pistola ai propri compagni mentre l'altra metà come uno specchio riflesse su di loro le proprie armi.
    Compagni contro propri compagni, e tutto questo per lei.
    Questo iniziò a prendere spazio tra i suoi pensieri, ed era una cosa agghiacciante: puntare le armi ai propri compagni, e alla stessa famiglia.
    La scena che le si era presentata davanti era veramente drammatica, avrebbe preferito veramente andarsene via o farsi anche uccidere eppure questi pensieri non toccarono in fondo quello che adesso i suoi occhi mostravano.
    Stupefatta.
    Era sorpresa e stupefatta dalle doti che Sanya aveva avuto nel prevedere ogni cosa.
    Un leggero sorriso di soddisfazione si allargò sulle sue labbra tremanti.

    Perfetto, adesso siamo pari...e adesso, lasci andare la ragazza.

    La tensione era così pesante che si poteva quasi tagliare, pochi istanti e tutto poteva mutare nella peggiore delle situazioni, come se già essa non fosse complicata.
    Un solo istante e ognuno poteva premere il grilletto verso l'altro e fare dei propri compagni carne da macello.
    Nonostante adesso avesse la piccola possibilità di poter parlare, Hay Sadeki si era decisa di restare in silenzio.
    Una parola e tutto quello che aveva fatto Sanya sarebbe stato inutile e vano.
    Si fidava di lei, ecco.
    E questo le bastava.
    Non ebbe più timore, neanche quando con rinnovata violenza Setsuna tornò a stringerla nuovamente per la gola, e sebbene fosse una ragazzina più piccola di lei poté notare perfettamente quanto essa fosse più forte.
    ' Perchè chi non conosce la paura è soltanto uno stolto, chi non hai mai provato paura non può comprendere affondo cosa significa la vera forza. '
    Quanta paura aveva avuto Setsuna? Quanta nel aver perso chi per lei non era soltanto un capitano ma anche un padre?
    Gli occhi di Hay la fissarono, senza odio, senza timore.
    Fermi, immobili.
    - Ngh… !- e quel suo piccolo impeto di ribellione non fece altro che far serrare la mano della ragazza attorno alla sua gola tornando a soffocarla.
    Era solo fortuna che la sua lama fosse puntata verso Sanya perché altrimenti avrebbe fatto della sua testa un soprammobile, poco ma sicuro.

    Scordatelo! Piuttosto dovrai portarmi all' inferno con lei...

    § Fantastico… non chiederei di meglio nella vita. § pensò cercando di sdrammatizzare quella sua posizione, per non cadere di nuovo nella disperazione.
    Nonostante tutto Hay compativa quella ragazzina.
    Lei al suo posto avrebbe fatto lo stesso, o forse avrebbe già portato a termine la sua vendetta…se di fronte a sè avesse chi le aveva portato via il fratello.
    Quella ragazzina avrebbe avuto la sua vendetta, e anche se era lei, Hay Sadeki, il capro espiatorio non riusciva a darle torto.
    Ma lei sapeva con certezza cosa significasse vivere per vendetta.
    Ed era proprio stato quel giorno, nei Laboratori Ivanovich, di fronte a Yamato che aveva compreso quanto la vendetta non porta altro che ad una strada sbagliata, inutile, di sofferenza, paura e viltà.
    Era cambiata quel giorno.
    Ma come farglielo capire? Come farle capire la verità?
    Già… come fare capire a tutti che non era stata lei? Non negava di essersi addossata la colpa della sua morte.
    Ma un conto è la colpa, un conto ed essere marchiata come assassina.
    Cosa fare? Tentare di opporre resistenza un'altra volta?
    Inutile e sprecare le energie che già andavano ad affievolirsi non era la migliore delle idee.

    Maledetta idiota! Lasciala andare e non complicare di più questo casino!

    Già. Un vero e proprio casino.
    Non c'erano altre parole per definire meglio quella situazione.
    - Mh? - in quello stesso istante lacrime iniziarono a scivolare giù sulle guance di Setsuna, e un improvviso senso di tristezza immensa prese le membra di Hay.
    Non sono lacrime di tristezza, in realtà Hay non riuscì bene a capire quali sentimenti la stavano scuotendo.
    I suoi occhi si incrociarono con le fessure ferine della ragazza.
    Iniziò a tremare come una foglia scossa violentemente dal vento, e Hay non poté non comprendere cosa le stesse accadendo.
    Semplicemente perché anche lei aveva avuto qualcosa di simile.
    La testa della ragazza si reclinò in avanti e dalle sue labbra uscirono parole fredde e taglienti come una lama che fecero rabbrividire Hay, e in quel momento desiderò di non essere mai arrivata là.

    Deve pagare per quello che ha fatto...deve pagare per aver ucciso il capitano Ivanovich, la sua anima non avrà pace sino a quando quelli con le mani lorde del suo sangue non saranno morti ai miei piedi!
    Lei è la prima, poi toccherà ai membri del consiglio...


    § COSA ? § la sua mente vacillò, e quel suo pensiero non uscì dalle sue labbra, perché la pressione delle dita della ragazzina si fece sempre più forte fino a quasi toglierle per la seconda, o terza?, volta il respiro.

    Sei completamente di fuori, Secchan, calmati...

    Tutto poi accadde in così pochi secondi che Hay quasi non se ne rese conto.
    Un singhiozzo ruppe la guardia di Setsuna e come un lampo la Sottotente Litvnaak approfittò di quell'attimo passando sotto alla sua lama, colpendo la ragazzina con il calcio della pistola facendole perdere le presa che aveva su Hay Sadeki e prima che potesse cadere a terra Sanya la afferò per un fianco facendo allontanare colei che la minacciava mandandola a schiantarsi violentemente contro un tavolo con un calcio ben piazzato.

    ADESSO!

    La bocca di Hay si aprì inghiottendo più aria possibile, tossì ripetutamente cercando di ristabilirsi.
    Si portò le mani alla gola e la massaggiò là dove erano ancora presenti i segni rossi delle dita della ragazzina: respirava affannosamente e ogni respiro, ogni boccata d'aria fredda era uno spillo che le martellava al polmone destro, là dove aveva subito l'intervento.
    La sua testa le girava ma per quello che poteva notare la situazione si era completamente ribaltata.
    Alcuni compagni di Sanya adesso si erano posti come scudo sempre con le armi spianate mentre i compagni di Mihail aiutarono Setsuna a rialzarsi.
    Hay si concedette quegli attimi per riprendere fiato e risistemarsi: su pulì con la manica della camicia la bava che le era scivolata sul mento e le lacrime che ancora bagnavano il suo volto, mentre con lo sguardo restava incollata alla situazione che adesso si era scaldata.
    Sanya si alzò in piedi e con passi lenti lasciandola protetta dai suoi uomini si portò nel centro della sala alzando le mani facendo cenno di voler parlare.
    Nonostante quel gesto i sottoposti di Ivanovich non avevano la minima idea di abbassare le armi.
    Eppure nonostante tutto la voce di Sanya che arrivò alle orecchie di Hay sembrava calma e tranquilla, come se stesse parlando normalmente ai suoi commilitoni.
    Il respiro di Hay tornò alla normalità sebbene il suo cuore continuava a batterle fortissimo nel petto, e barcollante riuscì a mettersi in piedi tenendosi al muro.

    Sò che il comandante era insostituibile per voi, ma non è un buon motivo per ucciderla...
    La vendetta non lo è mai...
    Quello che stò per dirvi non deve uscire da questa stanza, ma non è stata Hay Sadeki ad uccidere il Capitano Boris Ivanovich


    Hay abbassò la testa.
    Già. La vendetta non è mai un buon motivo per uccidere o per vivere.
    E da quelle parole si scatenò il finimondo: urla, offese e imprecazioni si levarono in tutta la stanza.
    Nessuno crede alle sue parole, Hay Sadeki lo sapeva perfettamente. Nessuno crede alle sue parole tranne lei.
    Persino gli uomini della sottotenente Litvnaak parevano perplessi, e come potere dare torto a tutti quanti?
    Eppure non si fidavano delle parole di Sanya? In fondo se non volevano credere a lei, Hay Sadeki, perché non credere alle parole della loro Sottotenente?
    Era una situazione tosta, irreale quasi.
    Per tutti quanti.

    Sottotenente, mi sta per caso dando del bugiardo? Vuole insinuare che mi sono inventato tutto? Che ho avuto una allucinazione?

    Eppure lui, Mihail, c'era stato. Era là nei sotterranei, era là. Nella stanza dove vi era anche lei.
    Era stata proprio Hay Sadeki a chiedere di salvare e curare i superstiti, ma non avrebbe mai immaginato che lui avesse visto e si fosse perso la parte dello scontro con Yamato.
    Per lui era veramente lei l'assassina del Capitano Ivanovich. Per lui non c'era alcun dubbio.
    Ogni tentativo di smuoverlo dalle sue convinzioni era come dargli del pazzo, e del bugiardo.
    In quel momento di massima tensione Sanya rinfoderò la sua pistola, inserendovi la sicura.
    § Cosa diavolo sta facendo? § perfino Hay rimase sorpresa e perplessa per quel gesto all'apparenza stupido da parte di Sanya.

    Non voglio dire questo Mihail, sò che sarà dura da sopportare, ma vi prego di ascoltarmi...
    E per prima cosa abbassiamo le armi...tutti...è un ordine. Anche tu Secchan.


    Un gesto stupido, ma chiaro come il sole, ben studiato.
    Nessuno oserebbe mai rinfoderare l'arma di fronte ai propri nemici.
    Ma quelli con cui stava parlando erano suoi commilitoni, compagni…di loro si fidava, sapeva certamente che avrebbero compreso.
    Almeno questo Hay sperava, dato che la sua vita e le sue speranze adesso erano riposte nelle mani della sottotenente Litvnaak.

    Avanti, avete sentito il sottotenente? Abbassate le armi...
    Ci ha dato la sua parola, e a me basta...
    la prego, sottotente Aokiri


    Hay trasse un grande sospiro di sollievo e la tensione si diramò, almeno per il momento.
    Setsuna agli ordini di Mihail si portò verso una delle panche e lì vi si sedette con le braccia incrociate davanti alle gambe, chiusa in sè stessa, eppure quando i suoi occhi si incrociarono con quelli di Hay, la ragazza poté notare ancora quanto essi erano carichi di rancore verso di lei.

    D'accordo Mihail, come vuoi tu.
    Ma non finisce qui...capito? Prega che Sanya mi dia una buona ragione per non spezzarti il collo, e che mi basti.


    Hay rimase in silenzio, non accennò a nessuna risposta, riuscì a tenere il peso del suo sguardo e delle sue parole deglutendo.
    Non fiatò e se davvero Sanya non avesse convinto tutta la platea probabilmente Setsuna non avrebbe avuto neanche un collo da spezzare.
    Hay Sadeki tornò a guardare il ragazzo biondo che con un cenno fece tornare tutti a sedere e ricevette anche da lui uno sguardo freddo più del ghiaccio.
    Le parole che avrebbe usato Sanya avrebbero decretato la sua vita o la sua morte.
    Su questo non ne aveva dubbi, ma si fidò di lei.
    Eppure c'era qualcosa in quel ragazzo dall'aria fredda e spietata che la fece intenerire.
    Il modo con cui lui si rivolgeva a Setsuna, trattandola quasi come una sorella più piccola.
    Mettendosi poi a sedere accanto a lei Mihail disse qualcosa che fece cadere di nuovo Hay in un nuovo abisso di pensieri e silenzio.

    Avanti, mi dica quello che sà sulla morte di mio padre...

    § Co…Cosa? § la voce di Hay non articolò quelle parole.
    Era completamente caduta dalle nuvole.
    Suo padre… ?
    Suo padre era il comandante Ivanovich?
    Hay rimase sbalordita, rimase turbata da quella rivelazione.
    Adesso hai compreso il motivo della sua reazione alla tua vista. Non mi stupirei. Ma non perdere la concentrazione. Non farti prendere troppo dalle emozioni.
    Hay Sadeki ascoltò le parole di Orihara ma non fiatò, neppure gli rispose.
    Adesso capiva il perché di tutte quelle reazioni.
    Se per Setsuna Ivanovich era un padre adottivo, per quel ragazzo era il padre naturale.
    Avevano davvero perso un importante membro della loro famiglia.
    Come poteva Hay biasimare quel loro atteggiamento?
    Non poteva.
    Questo la fece piombare in un nuovo triste silenzio, e i suoi occhi diventarono lo specchio di una tenerezza che non aveva mai fatto vedere a nessuno.
    O forse solo ad un uomo, e non ad un uomo qualsiasi, forse il primo che le aveva fatto battere veramente il cuore, un ragazzo strano che come lei aveva lo stesso bisogno di quell'affetto vero che in pochi aveva trovato e che poi aveva perso. Quell'affetto che nasce da profonde cicatrici che nessuno mai avrebbe curato. Quel tenero bisogno che nasce dalla lontananza, dalla diversità, dall'abisso dei loro mondi.
    Quegli stessi occhi non riuscirono a staccarsi dalla figura di Mihail.
    E così partì la spiegazione di Sanya, ma Hay non ci dette peso, quasi le sue parole parevano un eco distante per lei.
    Era fissa sulla figura del biondo soldato, figlio di Ivanovich e si chiese per la prima volta cosa diavolo ci stesse facendo lei veramente lì.
    Portava solo guai, solo disperazione, solo scombussolamento.
    Ma lei aveva un compito ben preciso e questo lo sapeva e non poteva per niente al mondo tirarsi indietro.
    Sanya espose come lei non c'entrasse niente con la morte di Ivanovich ed espose il fatto dell'Organizzazione e la cosa lasciò perplessa gran parte della platea.
    Sembrava che pochi conoscessero questa Organizzazione con cui si erano alleati, che li aveva sfruttati e poi abbandonati al loro destino.
    Così dopo pochi minuti di silenzio Mihail decise di rompere il ghiaccio e parlare.

    Quindi, vuole farmi credere che mio padre avrebbe assecondato il progetto di una fantomatica organizzazione criminale...
    Un progetto che avrebbe rischiato di ucciderci tutti se portato a compimento, e che gli stessi membri di quella organizzazione avrebbero ucciso mio padre per impedirgli di parlare?
    Stronzate, non può essere vero! Mio padre era un uomo d'onore, non avrebbe mai fatto una cosa simile.


    La sua voce, il suo tono e le sue parole. Sembrava non essere quel ragazzo che un attimo prima la voleva morta ai suoi piedi.
    Il ricordo di suo padre lo faceva stare male e allo stesso tempo lo rendeva incapace di comprendere affondo quello che era successo.
    Prendeva le sue difese, ma chi al posto suo non lo farebbe?
    Sanya rispose, con una frase che lanciò come una freccia micidiale verso Setsuna Aokiri.

    Purtroppo è così...non glielo hai mai detto Secchan?

    § Quindi anche lei sapeva di questa storia dell'Organizzazione… ma… allora è davvero....§ si trattenne da quel pensiero evitando di continuare la frase dicendo cose che forse non pensava proprio affondo.
    ... mh ... stronza? ovviamente Orihara aveva una lingua fin troppo lunga per i suoi gusti. Molto più lunga della sua almeno e molto più sboccata.
    Sarebbe stata davvero dura.
    Pensare che ognuno là dentro sarebbe dovuto diventare suo sottoposto, se qualcuno non poneva fine alla sua vita a breve.
    Eppure in tutto ciò che era accaduto aveva compreso molte cose, che avrebbe dovuto tenersi a mente per un futuro prossimo.
    Hay voltò lo sguardo verso Setsuna Aokiri che pareva essere in netto imbarazzo, adesso pare essere tornata quella bambina che era, e i suoi occhi blu lucenti si guardavano attorno con aria spaventata.

    No...lo sai, il capitano ci ha fatto giurare di non farne mai parola con nessuno...

    Quelle parole le strapparono un sorrisetto.
    § Allora era proprio una sua abitudine. §
    Solo adesso si rese conto che in ballo vi erano troppe promesse, troppi segreti e troppe verità nascoste.
    Non solo per lei ma anche per la maggior parte dei presenti.

    Devi dirglielo, deve saperlo, era suo padre.

    Lo sguardo si Hay gravitava da Sanya e Setsuna, e quest'ultima adesso sembrava esitare di fronte alle parole della sua compagna.
    Abbassò lo sguardo mormorando qualcosa che Hay non comprese.
    Tutti gli occhi di tutti i presenti erano fissi su di lei. Lei sapeva qualcosa che a molti era sconosciuto, perfino allo stesso Mihail che poggiò le mani sulle spalle della ragazzina chiedendole con voce quasi implorante la verità.

    La prego sottotente, devo saperlo, per quale motivo ci trovavamo in quel laboratorio, a cosa facevamo la guardia... Per cosa abbiamo combattuto, e per cosa mio padre ha dato la sua vita!

    A molte delle sue domande avrebbe risposto Hay Sadeki, ma lei decise di non intromettersi….perché il compito di rispondergli non spettava a lei di diritto. Questo sentiva e questo la fece restare muta a guardare con aria di compassione il ragazzo che chiedeva verità su quel maledetto giorno.
    In quello stesso istante la ragazzina sprofondò sulla spalla del suo commilitone e iniziò a piangere sommessamente per un po' prima che dal suo pianto uscissero fuori altre parole.

    Io...non ne ho idea.
    Il Capitano non ci diede istruzioni precise, dovevamo solo collaborare con degli shinigami.
    Certo, non ci dovevamo far dare ordini, ma eravamo tenuti ad assisterli, io stessa ho lottato a fianco di uno di loro contro altri dei della morte. Miyako, Yuuko, Haruna, Shizune, e le altre della squadra Epyon che sono morte quel giorno.
    Tutte noi abbiamo giurato davanti al capitano che avremmo mantenuto il segreto, fino ad oggi...


    Hay abbassò il volto e non potette non pensare che quella in fondo restava pure una ragazzina, una ragazzina che aveva perso l'affetto più caro che aveva.
    Questo la faceva stare male.
    Pensare che c'era stata lei a vederlo esalare l'ultimo respiro. Non Mihail, suo figlio. Non Setsuna. Lei.
    Ricominciò a piangere e singhiozzare mentre altri due presenti la portarono via vicino alle altre due ragazzine della squadra Epyon presenti mentre il resto dei soldati presenti in sala iniziarono a sbaraccare il macello che avevano fatto portando i piatti sporchi al tavolo delle vivande.
    Aleggiava un silenzio pesante, nessuno osava parlare, tutti immersi nei loro pensieri.
    Mihail Ivanovich sembrava essere l'unico che non riusciva a restare in silenzio, ad accettare quello che Setsuna aveva appena detto, e ne aveva tutte le ragioni del mondo.

    Ma questo non spiega perchè mio padre sia morto! Se non è stata questa ragazza o un altro quincy ad ucciderlo, chi è stato, chi era il mandante!

    Quando tutto sembrava prendere finalmente la piega desiderata ecco che tutto precipitò in un nuovo e più terribile caos.
    Il rumore sordo di una sirena dall'arme iniziò a propagarsi e rompere l'aria e il silenzio.
    Hay si guardò attorno come se potessero esplodere le pareti da un momento ad un altro, fino a che il suo sguardo non si incrociò con gli occhi di Sanya.
    Ma quello che ebbe in risposta non preannunciava niente di buono.
    Sanya venne verso di lei e la fece sedere ad una sedia vicino ad un tavolo per farla riprendere e fu proprio in quell'istante che una voce, fredda e tagliente come una lama riecheggiò fra le pareti della mensa.
    Mentre Hay cercò di capire cosa stesse succedendo leggendo sui volti dei presenti, non riuscì a scoprire niente finchè non vide lei stessa le risposte accendersi sugli schermi in una parete della sala.
    Un uomo fece la sua comparsa.
    Aria trionfante, sicura di sè, volto sfregiato da cicatrici di ogni genere, sguardo quasi ipnotizzante e crudele e non ci voleva molto neanche per Hay per comprendere che quella figura non prometteva niente di buono.
    Se al peggio non c'è mai fine, lui stava su un gradino più in basso.

    Oh, a questo posso rispondere io...

    La sala piombò in un rinnovato silenzio, gelato negli sguardi di coloro che osservavano la figura riflessi negli schermi.

    Saermak?

    Hay voltò lo sguardo verso Sanya e cercò di riportare alla mente dove aveva già sentito quel nome.
    - Saermak ? - la sua voce nominò quell'uomo ricordandosi di cosa aveva detto Sanya a proposito di lui.

    Tu...dannato traditore!

    Setsuna fece eco all'altra sottotenente, eppure quell'espressione di puro odio che trasudava veleno fece sorridere l'uomo che andava sotto il nome di Saermak, che si mostrava attraverso i monitor sulla parete.
    Quando tutto sembrava essere ritornato alla normalità ecco che qualcuno arriva a rompere le uova nel paniere.
    Ma questo le metteva veramente i brividi.
    Era davvero inquietante, il modo in cui sorrideva era agghiacciante, a vederlo i brividi le facevano venire la pelle d'oca.
    Ce ne erano stati molti che le avevano messo paura, molti che solo guardandolo aveva provato un timore che non aveva fine, e quelli di certo erano molto, infinitamente più temibili di lui.
    Eppure c'era qualcosa in lui che lo accomunava a tutti quegli altri.

    Hello, hello! Signori quincy della settima divisione...
    Qui è il Colonnello Saermak che vi parla, da questo momento la base e tutti i suoi graziosi occupanti sono sotto il mio comando, vi invito dunque alla calma, alla pazienza e a supplicarmi per avere salva la vita...
    Quelli che desiderano unirsi a me sono invitati a farlo prima che decida di fare fuori tutti quelli che intendono ribellarsi.


    Hay rimase a bocca aperta.
    Era venuto lì, per … ucciderli ?
    La sua voce agghiacciante le fece gelare il sangue nelle vene.
    § La base è sotto il suo controllo, quindi non abbiamo possibilità di fuga? § un pensiero veloce che sembrava essere stato recepito alla perfezione da Mihail che si scagliò vero la porta cercando di aprirla e constatare con orrore che essa era bloccata, sigillata a quanto poteva notare dalla luce rossa lampeggiante e dal suono elettronico che essa emetteva.
    Con aria preoccupata si volse verso i suoi superiori presenti, senza degnarla di uno sguardo.
    Ma questo non le importava proprio per niente, dato che adesso la situazione stava precipitando verso qualcosa che nemmeno lei si sarebbe aspettata.

    Sottotenente Litvnaak, Sottotenente Aokiri, il computer centrale è isolato, tutte le porte sono bloccate, quel bastardo deve aver preso controllo del computer centrale, ma questo è impossibile!

    - Il controllo del computer centrale? … Doc. - il suo volto divenne preoccupato pensando a quello strambo dottore che si era completamente fuso con le macchine.
    Come era stato possibile che avesse preso il computer centrale?
    Di rimando alla sua constatazione il colonnello Saermak applaudì divertito da tale scena.
    Allora era così.
    No, non era affatto possibile.
    Il suo indice della mano destra si portò verso l'orecchio cercando di attivare la comunicazione con Doc.
    Qualche secondo passò e subito fu distratta dalla voce gelida del colonnello che si fece sentire attraverso il monitor.

    Bingo, ragazzino! Sei sveglio, buon sangue non mente...
    Ma hai ragione solo per metà, sono nella sala di controllo centrale, ma non era affatto impossibile da occupare, certo ho sporcato un po' in giro, ma a tutto si rimedia...


    - Bastardo.- fu il commento sibilato di Hay che in quel momento comprese come Orihara non si era mai fatto sentire per tutto questo tempo.
    Però pareva proprio che da lui stesse imparando molto.
    E così aveva già ucciso, loro erano chiusi in trappola come topi, non ci sarebbe voluto molto prima che potessero diventare anche loro carne da macello.
    Hay si portò entrambi le mani alla bocca soffocando un grido di orrore, disgusto e disperazione mentre di fronte agli occhi di tutto sullo schermo potevano vedere adesso stese a terra figure immobili in lago di sangue mentre poco distante appoggiato al muro un uomo con un camice bianco insozzato di sangue cercò inutilmente di dire qualcosa prima che un uomo in armatura nera come l'abisso non gli tagliasse la gola con un colpo rapido e preciso della sua Fangzshwert.
    Era un mostro, spregevole.
    Non aveva altre parole per definire quella persona.
    Quell'uomo era così sicuro di avere tutto in pugno che non si era neanche messo l'armatura, si era lasciato la sua divisa della VII Divisione.
    Sicuro che nessuno sarebbe arrivato fino a lui.
    Le braccia di Hay caddero lungo i fianchi, e i pugni si chiusero tremanti di rabbia, così come il suo volto si contrasse in una smorfia di puro disgusto.



    Ora facciamo un bel giochino, si chiama "Arrivo per primo alla sala comandi senza farmi ammazzare e disattivo la bomba"... chi di voi vuole giocare?

    Aveva anche la voglia di scherzare.
    Hay e tutti gli altri ascoltarono attentamente quello che stava dicendo.
    § Una bomba? § La telecamera ruotò di nuovo per inquadrare stavolta qualcosa che fece di nuovo rabbrividire Hay: anche se di armi non ci capiva niente anche una come lei, anche solo basandosi sui film che aveva visto poteva dire che quella era una bomba.
    E non sembrava neppure una qualsiasi.
    Due soldati in armatura portarono dentro una stanza una sfera, grande abbastanza da metterle paura, e aveva un monitor luminoso su davanti che non prometteva niente di nuovo.

    Questo è il mio piccolo nuovo giocattolino, non avete idea di che cosa si trova a cercare bene nei magazzini della vecchia Russia comunista.
    Non è bellissima?
    Io adoro il suo bip bip bip mentre scandisce i minuti...


    § Quest'uomo è completamente pazzo. § sembrava proprio un film e invece no. Era la realtà, la terribile e sconcertante realtà.
    Quell'uomo aveva piazzato una bomba all'interno della VII Divisione.
    Fu Sanya a rompere quel silenzio e Hay poté notare quanto lei fosse terrorizzata da tale uomo.

    Ma quella è una testata nucleare! Vuole farla detonare qua dentro? Ma è pazzo!
    Una esplosione del genere potrebbe annichilire l' intera Mosca, sarebbe un disastro senza precedenti...
    E morirebbe anche lui!


    - Testata nucleare? - sussurrò, facendo eco alla sua compagna.
    Incredula. Non era possibile una cosa del genere, era...veramente impossibile che tutto questo stia succedendo proprio a lei, tutto in un unico maledetto giorno.
    Eppure questa era la realtà dei fatti, che le piacesse oppure no.
    § Scommessa è? E' già tanto che sia sopravvissuta ai suoi uomini, ma non pensavo certamente che la posta in gioco fosse così alta. Dannazione. § cercò di sdrammatizzare quella situazione che le incombeva come un incubo su di sè. Non riuscendoci.
    Chi mai potrebbe mettere una testata nucleare dentro la VII Divisione? Di certo non uno sano di mente e di certo Saermak non era tale.
    Hay Sadeki iniziò a tremare.
    Era così quindi che sarebbe finita?
    Era così quindi che avrebbe finito la sua vita e con lei non solo i Quincy della VII Divisione ma anche persone innocenti, ovvero tutta Mosca?
    La testa di Hay iniziò un lento movimento come se volesse negare quello che stava succedendo, come se non volesse credere a quelle parole.
    Si portò le mani alle tempie mentre si rimise a sedere in seguito ad un piccolo mancamento.

    Ma è ovvio mia cara, per giocare una partita c'è bisogno di puntare tutti lo stesso ammontare, voi rischiate la vostra vita, io la mia...
    Altrimenti non è divertente!
    Hehehehahahaha!


    La risata di Saermak si insinuò nella sua testa e nelle sue vene, terribile e agghiacciante.
    Quella di un demone non sarebbe stata diversa.
    Fottutamente pazzo. Hay non devi perdere la lucidità.
    La voce di Orihara agì a risvegliarla dal suo momentaneo stato di shock.
    Eppure nonostante la sua follia fosse qualcosa che facesse parte della sua vita, in tutto questo lui sembrava ragionare a mente lucida.
    Ed era questa la cosa più terribile che potesse esserci.

    Allora partecipate tutti quanti? Perfetto, iniziamo subito allora!

    Hay voltò lo sguardo verso di lui.
    Con un espressione terribile stampata nel volto, attraversato dal terrore e dal disgusto, dalla disperazione.
    Ma non dalla rassegnazione no, perché il loro compito era ben preciso.
    Uscire dalla stanza e disattivare la bomba prima che potesse esplodere e spazzare via l'intera città di Mosca.

    Vi rimangono circa quattro ore di tempo...
    Forza, fatemi vedere chi vince, giochiamo le nostre vite su un piatto d' argento!


    § Quattro fottutissime misere ore? § non fece a tempo a finire quel pensiero che l'inferno si scatenò in tutta la sua terrificante natura.
    La porta esplose con un rombo sordo facendo completamente sbalzare Hay dietro il tavolo dietro al quale era seduta che si capovolse, fortunatamente facendole scudo, a causa dell'enorme spostamento d'aria.
    Si trovò distesa a terra dietro il tavolo, capelli spettinati che le cadevano sul volto e quando aprì gli occhi e cercò di comprendere quello che stava accadendo ecco che poté sentire chiaramente il rumore dei passi e delle armi spianate che coloro che erano entrati aveva con tutta probabilità puntato ai presenti.
    La ragazza invece scelse di fare la cosa più giusta in quel momento. Restare ferma, muta e…aspettare.
    Odiava farlo, non avrebbe voluto per tutto l'oro del mondo ma la situazione che si presentava di fronte a lei non poteva permetterle altre soluzioni intelligenti.
    Strisciò portandosi lentamente e silenziosamente più possibile vicino alla fine del tavolo, si alzò in ginocchio e così vi rimase, a gattoni, in modo da non farsi trovare stesa a terra nel caso ci fosse necessità di correre e non farsi vedere dai nemici presenti nella stanza.
    Poi una voce proruppe nel silenzio che si era creato.
    Hay Sadeki tese le orecchie cercando di capire, comprendere la situazione che si era creata, dando uno sguardo di sfuggita là dove il tavolo finiva, portando l'occhio ai soldati in completa armatura con le mitragliatrici spianate pronti a far fuoco ad un minimo cenno di ribellione da parte di tutti i presenti.

    Avanti, branco di stronzi, mettete le mani al muro e non fate mosse sbagliate, oppure abbiamo l' ordine di ammazzarvi tutti come cani adesso...

    Hay Sadeki osservò la scena, osservò i suoi compagni posare le armi e andarsi a sedere in fondo all'angolo più lontano da lei, con le spalle rivolte verso il muro e le mani dietro la nuca.
    E fra loro vi erano anche Mihail, Sany e Setsuna. Non avevano opposto resistenza, come era logico che fosse ma…adesso cosa sarebbe accaduto?
    Lei era la sola che non era stata vista, la sola che poteva fare qualcosa.
    § Dannazione! Cosa posso fare? Cosa posso fare? § si chiese in continuazione come un disco rotto, ritraendo il suo sguardo per poi protendersi all'indietro sedendosi sulle sue gambe mordendosi le labbra per la tensione.
    § Orihara che posso fare? § i suoi occhi di nuovo diventarono lucidi, e non sapeva veramente più cosa fare.
    Aspetta.
    La risposta che le arrivò non le piacque. Non le piacque per niente.
    E poi, cosa avevano intenzione di fare quelli lì ? Fucilarli tutti o cos'altro? D'altronde era stato lo stesso Saermak a dire che cosa veramente lui voleva fare con chi si sarebbe opposto a lui.
    Se queste erano le intenzioni del gruppo di soldati….come poteva lei, senza poteri Quincy, disarmata, fare qualcosa?
    Si chiuse in sè stessa come per cercare delle risposte che non le sarebbero state date da nessuno.
    Una cosa era certa e che era l'unica ad andare in suo favore.
    Nessuno l'aveva notata. Nessuno.
    Strinse i denti, cercò di alleviare anche il suo respiro come se avessero dei sensi più acuti dei suoi nell'individuare le prede.
    Sì, perché loro non erano altro che prede.
    E poi accadde qualcosa che non avrebbe mai voluto sentire o vedere in tutta la sua vita.

    Ehi, ehi, ehi...ma guarda qua cosa abbiamo qui...se non è il sottotenente Litvnaak.

    Di colpo senza pensarci il suo sguardo si protrasse fuori dalla copertura quando venne pronunciato quel nome.
    - San…- le sue mani andarono a coprire le sue labbra, il suo cuore iniziò a pulsare violentemente dentro la cassa toracica.
    Un errore che le avrebbe potuto costare la vita.
    Si rilassò comprendendo che nessuno si stava avvicinando a lei, continuò a guardare con la coda dell'occhio quello che stava accadendo e vide qualcuno, l'uomo che pareva essere il capo di quel manipolo di soldati, che si portò verso Sanya, la strattonò con irruenza dal gruppo dei prigionieri e la sbatté su un tavolo, proprio quello di fronte a lei.
    Di fronte ai suoi occhi.
    Il cuore in gola e l'adrenalina che si mischiava alla rabbia che lentamente montava dentro di lei.
    Maldetto schifoso bastardo.
    Fu Orihara a commentare quello che le sue labbra avrebbero detto.
    Un animale.
    No, un animale agisce sempre secondo il proprio istinto.
    Quello non era istinto, era crudeltà, perversione e depravato divertimento.
    Sanya cercava invano di ribellarsi ma non era in una posizione adatta per farlo, e ogni suo tentativo sembrava vano.
    Hay si ributtò a sedere con la schiena vicino al tavolo ed inizio a piangere sommessamente con gli occhi chiusi, di rabbia e di frustrazione.
    Dai gemiti che le arrivavano alle orecchie sembrava che niente potesse fermare quella violenza.
    Li riaprì sbarrati, persi, vuoti e colmi di lacrime amare.
    Nessuno poteva aiutarla. Nessuno, tranne lei.
    § Come…? COME ? COME ? COME ???!!! § la frustrazione la stava facendo impazzire, la tensione la stava uccidendo e la rabbia le stava bruciando il petto.
    Solo in quel momento il suo sguardo venne catturato da un oggetto accanto a lei, che forse nel trambusto dell'esplosione le era caduto.
    I suoi occhi si posarono su quella pistola.
    La pistola di Ivanovich, la sua compagna, la sua pistola.
    Carica, sei colpi, la sicura facile da eliminare, forse l'unica cosa che sapeva di quell'arma.
    No, non avrebbe mai fatto qualcosa di simile, o forse sì ?
    Con le lacrime che le solcavano le guance, la mano tremante di Hay Sadeki andò a cingerla.
    La prese tra le sue tremanti mani.

    Adesso toccava a lei scegliere. Cosa avrebbe fatto ?
    La tolse, le mani smisero di tremare e tornò lentamente ad alzare la testa alla scena orribile che si stava consumando di fronte ai suoi occhi.
    I suoi denti si chiusero in una stretta ferrea mentre notava l'uomo che le deva le spalle intento a bloccare la Sottotenente.
    Adesso era lei che aveva in mano la vita di Sanya e non solo la sua.
    Ma quella di tutti gli altri.
    No, non avrebbe permesso oltre ma, sarebbe stata veramente capace di farlo?
    Quel pensiero iniziò a roderle l'anima, mentre la mano destra si serrò sulla pistola e il dito indice iniziò lentamente a premere sul grilletto.
    No, non ce l'avrebbe fatta.
    Non voleva, non voleva uccidere anche se quello che aveva davanti era il più spregevole uomo della terra.
    Ma doveva aiutare Sanya, lo doveva fare. Non poteva permettere che le facessero del male.
    Devi fare qualcosa, Hay! E subito!
    Urlò la sua controparte dentro di lei. E aveva ragione.
    Doveva fare qualcosa e alla svelta adesso che ne aveva le possibilità.
    § No... no, io non ce la faccio!§
    Strinse gli occhi mentre le lacrime le scendevano sulle guance, tutto di lei tremava.
    Non avrebbe ucciso un uomo a sangue freddo. Non ce l'avrebbe fatta.
    Hay aveva un'anima troppo pura e incorrotta per poter fare qualcosa del genere.
    Eppure non riusciva a togliersi quell'immagine disgustosa dalla mente.
    Guarda dentro di te, guardami. Vuoi che sia io a farlo? Se vuoi questo resterai sempre una codarda, che ha paura di proteggere coloro che le stanno accanto. Lei non ha avuto paura quando ti ha difeso dai suoi stessi compagni. Allora cosa vuoi fare? Vuoi rimanere qui a nasconderti e vedere i tuoi compagni morire e le tue compagnie venire violentate da quei bastardi? Dimmelo!!
    Un ennesimo gemito venne fuori dalle labbra di Sanya e fu quello oltre alle parole di Orihara a farle capire da che parte doveva stare e cosa doveva fare.
    Il suo corpo si bloccò, si rilassò.
    I suoi occhi divennero cupi. La sua voce fredda e piatta.



    - No . -



    Un istinto primordiale si impossessò di lei, iniziò a trascinarla con sè.
    Ci fu un istante in cui la sua mente ebbe un tremito, dopo un tuffo al cuore che le aveva quasi tolto il respiro.
    I capelli neri, lunghi, arruffati sul volto sporco di polvere e graffiato che lasciava però due occhi neri come l'abisso in cui aveva guardato, quello dentro di sè.

    Cieca determinazione.


    Il suo respiro si fece lento, il suo cuore si ammutolì.

    Nessuno è senza colpa.


    Si rispecchiò nella canna della pistola, osservò i suoi stessi occhi e prese un grande respiro.

    Nessun'anima è senza macchia e senza peccati.


    Avrebbe fatto ciò che un commilitone avrebbe dovuto fare.
    Combattere, attaccare alle spalle, di sorpresa, fare dell'imprevedibilità la propria arma, uccidere per i propri compagni e per la propria famiglia.

    Combattere per vivere e vivere per combattere.


    No. Nessuno le avrebbe portato via anche questa famiglia.
    Nessuno.
    O sarebbe morta in nome di quell'ideale, mantenendo vivida quella promessa e quella scommessa cui adesso si erano alzate le poste in gioco.

    Tutti combattono, nessuno lascia.


    E lei era decisa a rispettare quel codice.
    Le sue orecchie potevano ancora sentire quello che stava accadendo, l'odio, la rabbia e il rancore iniziarono a salirle fino alla testa, fino al cuore.
    Nei suoi occhi vi era un'ombra adesso, e la sua mente smise di pensare, la sua anima smise di tormentarla: i sui denti digrignarono come quelli di un lupo che si appresta a difendere il branco.
    Tutto ciò non apparteneva ad Orihara, ma a lei soltanto.
    In un branco un singolo individuo non conta, ma può fare la differenza.
    E lei non contava, contava meno di zero per la gran parte di quella gente ma lei e solo lei adesso poteva decidere di fare la differenza.
    Il pensiero della morte non la toccò neanche di striscio.
    Trasse un profondo respiro e lo bloccò in gola, tanto da sentire il battito del suo cuore rimbombargli per la testa.
    Lentamente si mise in ginocchio, potè vedere la scena di fronte a lei.
    Potè vedere il suo bersaglio.
    Era lì.
    Di fronte a lei, non andava certo sotto la definizione di uomo, ma bersaglio.
    Non aveva armatura.
    Indifeso.
    I suoi occhi diventarono quelli di una fiera, che aveva appena trovato la sua vittima.
    Il disgusto la attanagliava ma non pensò che stava per uccidere un'uomo a sangue freddo, no.
    Il vuoto aveva soppresso i suoi pensieri tranne uno: ' Tieni duro che adesso è il mio turno di difendere te ' .
    Doveva proteggerla, e per questo doveva uccidere.
    L'indice si serrò attorno al grilletto, mentre la canna della pistola sfiorava il tavolo.
    Lo sguardo di Hay si posò sullo spregevole individuo, prese la mira.
    Spara a quel lurido bastardo.
    Con gli occhi gonfi di rabbia, mirò alla colonna vertebrale dell'uomo, almeno se il proiettile avrebbe deviato per qualche motivo lo avrebbe comunque colpito in qualche altro punto.
    Si immobilizzò, tutto di lei divenne un solo istante e il solo istante divenne un solo corpo e l'arma con esso.
    Ora.
    Un secondo.
    Un battito di cuore impossibile da captare.
    Tutto il tempo sembrava essersi fermato, come per concederle quell'attimo tutto per sè e…

    BANG!



    Senza alcun ripensamento premette il grilletto.
    Il rumore dello sparo riempì l'aria e per lei sembrava essere stato un rombo di tuono.
    Un colpo, e i polmoni della ragazza agguantarono l'aria, e in quel momento le sembrò che il mondo dentro di lei si squarciasse.
    Qualcosa subentrò in quel momento nella sua mente, nella sua anima, una scarica elettrica come non ne aveva mai sentite prima gli corse dentro il corpo assieme al rinculo dell'arma.
    Ma quello non era Orihara.
    Sentì la sua anima sfuggirle di mano, così come la lucidità: non ci vide più, non sentiva più nulla.
    Tutto attorno a lei divenne ovattato in quei pochi istanti dopo lo sparo.
    Aveva sparato ad un uomo.
    E in quello stesso istante, una sensazione terribile le salì nel petto e allo stesso modo terrificante.
    La sua mente vacillò e alla lucidità subentrò la follia.
    Un istante, il tempo sembrava essersi fermato, così come il suo respiro, così come il battito del suo cuore.
    Tutto sembrava congelato in quell'estremo istante.
    Il suo sguardo mutò, i suoi occhi rossi e pieni di lacrime si sbarrarono e parevano essere diventati quelli di un demone, e il suo sguardo e il suo volto erano gli stessi di un angelo cui è stato bandito dal suo paradiso per essersi macchiato di un crimine contro la sua stessa natura.
    Odio, rancore, rabbia.
    Ma questi non erano sentimenti di Orihara, no. Andavano anche oltre la sua natura.

    Non fare l'idiota o ti farai ammazzare!

    Tuonarono quelle parole, come se fossero dette da una divintà ma lei non le ascoltò, passarono come vento su un campo di grano.
    Aveva lo sguardo gelido di un assassino.
    Neppure Orihara sarebbe riuscita a fermarla da quella pazzia.
    I suoi occhi si tinsero di furia omicida e un sorriso sadico solcò le sue labbra e si apprestò a balzare dalla parte opposta del tavolo, digrignando i denti come un lupo che si appresta a difendere il proprio branco.
    La sua anima rispecchiava il colore del buio inferno che si stava per scatenare dal fondo della sua pistola.
    Non vi sarebbe stata pietà, neppure debolezza.
    L'inferno dentro di lei si stava scatenando, in preda alla follia, e un grido dalle sue labbra si levò al cielo, e non aveva niente di umano.
    Il lupo bianco finalmente ululò e mostrò anch'esso le sue zanne dalle profondità del suo abisso.



    Edited by Allen92 - 29/3/2012, 00:12
     
    Top
    .
  9.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Trinity Tea Party

    Group
    Amministratore
    Posts
    4,164
    Reputation
    +19
    Location
    Will you save me, Sensei?

    Status
    Offline
    Sottotitoli


    -гордость предлог россия-

    The Pride of Russia



    -поступок (V): д скорпион жало.-

    Act (V): The scorpion stings



    с раздел буфет зал_
    7th Division Canteen hall_





    E il mondo scompare, improvviso, subitaneo, dal tuo sguardo.
    Tutto diventa buio, incoerente, distorto, mentre l' istinto ti sopraffà.
    Laddove prima giaceva Hay Sadeki, la quincy, ora dimora solo una bestia.
    Un predatore, un vendicatore animalesco.
    Che proprio come un animale da preda rilascia il proprio ululato.
    Il Sottotenente Halam al'Rashem del battaglione Skorpio non ha neppure il tempo di rendersi conto di cosa lo abbia colpito.
    Il primo proiettile lo colpisce alla base del collo, spezzandogli la carotide, la giugulare e il midollo spinale.
    Poi prosegue la sua corsa, inserendosi nella morbida carne del collo.
    Una espressione di sorpresa si dipinge sul volto dell' uomo mentre il proiettile Casull calibro.40 full metal jacket si apre la strada attraverso la sua gola, schiacciando la trachea e la tiroide, per poi fuoriuscire in una eruzione di sangue e saliva.
    Il suo cadavere non ha raggiunto il pavimento, che già sei avanti a lui.
    Ogni parvenza di pensiero logico scomparsa.
    Tutto ciò che importa ora è il fuoco che arde dentro di te, infiammandoti con il desiderio di uccidere.
    Senza neppure riflettere sollevi l' arma, e spari di nuovo ai cinque soldati, che neppure hanno alzato le armi.
    Le loro armature scintillano, lucide come chitinoze corazze di scarabei.
    Sono come paralizzati dal ruggito animalesco che hai emesso.
    E non solo, sono schiacciati da quello che...no, non può essere.
    Si staranno sbagliando, non puoi emettere un reiatsu così potente come quello che percepiscono.
    Tu hai perso i tuoi poteri.
    Eppure, eppure quegli uomini, che infinite volte hanno caricato attraverso i cancelli dell' inferno, veterani temprati da centinaia di battaglie, sono come raggelati.
    Terrorizzati da una semplice ragazzina.
    La SIG-Sauer tuona ancora una volta, due, tre...dodici volte, sino a quando il cane e l' otturatore non suonano a vuoto.
    Tre dei commandos sono a terra, le loro maschere antigas e i respiratori sono a brandelli, così come le lenti dei visori ad infrarossi.
    I loro cervelli così come i loro denti giacciono sparsi alla rinfusa all' interno dei pesanti elmetti.
    Senza sapere nè come, nè perchè, getti la pistola, mentre l' ultimo incursore solleva la sua pesante mitragliatrice.
    Non farai in tempo a ricaricare, non hai proiettili di riserva.
    Il tuo istinto, ancora una volta prende il sopravvento, mentre getti a terra l' arma, e salti in aria, con l' agilità di un felino predatore.
    Un balzo di più di otto metri, un gesto sovrumano.
    Sei talmente ebbra di sete di sangue, che neppure ti accorgi del reiatsu che avvolge le tue gambe.
    In un lampo sei addosso al tuo bersaglio.
    La sagoma corazzata tenta disperatamente di sollevare il cannone d'assalto, e preme il grilletto con le mani guantate, ma sei troppo vicina.
    La pioggia di proiettili perforanti reattivi alla massa riesce soltanto a crivellare e sventrare il soffitto, distruggendo alcune lampade.
    Ma è troppo tardi, per fermarti, e per fare qualsiasi altra cosa.
    E' allora che sollevi il tuo pugno.
    E' una follia, cosa potrà mai fare il tuo pugno nudo contro una armatura di flak antischegge?
    Creata per resistere a proiettili calibro dodici, le tue fragili dita si sfracelleranno.
    E invece no.
    Ancora una volta il reiatsu infiamma il tuo pugno, mentre si abbatte con la forza di una meteora sul volto mascherato.
    Vedi con una espressione crudele sul volto lo sguardo inorridito del soldato, mentre la tua mano penetra in profondità nella sua faccia.
    Un geyser di sangue, ossa e fateria cerebrale ti imbratta il braccio e la candida uniforme, mentre mugghiando in preda ad una furia cieca continui ad abbatterti implacabilmente sul commando, che a terra si dibatte ancora, colto degli spasmi dell' improvvisa morte.
    E ancora e ancora lo colpisci, senza pietà, mentre un sorriso bestiale, indipendente dalla tua volontà si dipinge su di te.
    Violenza, sangue, morte...ma no, non sono abbastanza.
    La voce nella tua testa, non Orihara, non Hay, ma quella che tutti noi sentiamo quando la bestia prende il controllo ti incita ad andare avanti.
    Ancora, più sangue, più violenza, questa offerta di morte non è abbastanza.
    Il dolce sapore del sangue, è come un nettare, il sensuale e paterno abbraccio della morte.
    E poi il potere, quel potere che hai perso, al quale aneli disperatamente.
    E' come una droga il potere, una volta che l'hai provato non puoi più farne a meno, lo brami, lo concupisci.
    Quale sensazione è, il tenere tra le mani la vita di un altro essere vivente e sentirla scivolare via lentamente.
    Di più, ne vuoi di più, mentre il tuo pugno ancora una volta scende,ammantato di reiatsu, in quella cruenta rovina che è, o meglio era, il volto di un essere umano.
    Sei una dea della guerra, un mostro, ti nutri di sangue, di anime...
    No!
    Lo realizzi solo un istante più tardi.
    Non è così, questa non sei tu, non vuoi esserlo!
    Questo, è ciò che brama un hollow, non tu.
    E' il tuo lato oscuro certo, la parte celata della tua anima, ma non vuoi, non puoi assecondarlo.
    Altrimenti, diventeresti come gli animali che hai appena ucciso.
    Come era giunta, la rabbia che ti sostentava, che ti spingeva avanti, scompare.
    E il tepore che ti avvolge adesso, che ti penetra sino in fondo al cuore, è quello di un paio di braccia esili ma toniche.
    Avvolte in una mimetica color verde oliva.
    Ciò che ti riporta indietro è una voce, rotta dallo spavento, dalla paura, dalla tristezza.
    E un profumo leggero, un sentore di fiori, uno shampoo che già ti aveva accolta al tuo risveglio nell' ospedale della VII.
    Basta...la prego...si fermi, è finita...
    Un singhiozzo, un groppo alla gola che rende difficile parlare.
    Lo intravedi nel riflesso di uno dei vetri caduti dal soffitto.
    Sanya, è dietro di te, le braccia tese a cingerti in un abbraccio.
    sanya02
    I lunghi capelli scarmigliati, disordinati.
    Il volto, rigato a malapena da due lacrime, è affondato nella tua schiena.
    E tutto attorno a voi, sangue.
    Sangue inzuppa le tue vesti, e gocciola dal tuo guanto destro.
    Così come coperte di fluido rossastro e bollente, sono entrambe le vostre facce.
    E a poco a poco realizzi quello che hai fatto.
    Hai ucciso, e non solo.
    No, quello che hai provocato qui non può essere definito come un semplice omicidio.
    No, è qualcosa di molto più grande, molto più cruento, più feroce, più violento.
    Tu non hai ucciso quei soldati, li hai letteralmente massacrati, smembrati.
    E comprendi l'entità del tuo gesto solo quando guardi la cruenta rovina di quella che un tempo forse doveva essere stata una faccia, ma ora è solo una pasta cremisi, simile a carne macinata.
    Vorresti vomitare, ma non ce la fai.
    Non hai più energie, è come se fossi svuotata dentro.
    Le tue braccia pendono inerti ai tuoi fianchi.
    Il tuo respiro è affannoso.
    Ma soprattutto, per la prima volta in vita tua hai ucciso degli esseri umani.
    Dei bastardi, dei mostri forse, ma in tutto e per tutto esseri umani.
    Le tue mani si contraggono erraticamente, mentre inizi a tremare.
    La testa ti pulsa come se venisse martellata da un percussore automatico.
    Nella gola senti l'acido della bile, la nausea che aumenta.
    E' finita...sto bene ormai...
    Mormora Sanya in un soffio, stringendoti sempre più forte.
    Eppure, fa freddo, fa sempre più freddo.
    La tua visione è annebbiata, fai fatica a respirare.
    Neppure il calore che promana dalla sottotenente e ti irradia la schiena sembra sufficiente.
    Non vedi più niente, se non il sangue.
    Dappertutto, sulle pareti, laddove i proiettili sono fuoriusciti dagli elmetti dei soldati, sul pavimento...
    E poi sulle tovaglie, sui tavoli, sulle panche, sul cibo, sulle sedie.
    E su di te.
    Hai salvato qualcuno, ma nel farlo hai sacrificato l'unica cosa che ti ha tenuto in piedi sino ad ora.
    Hai ceduto ai tuoi istinti, non sei certo meglio dei tanti hollow che hai massacrato sino ad ora.
    Certo, hai scartato la tua umanità per salvare qualcosa, ma quanti abomini mascherati non l'hanno fatto?
    Loro almeno uccidono per sfamarsi, ubbidendo ad una necessità.
    Ma tu, tu hai macellato quegli uomini a sangue freddo.
    Avresti potuto incapacitarli, sparare alle mani o alle articolazioni, ma non l'hai fatto.
    Hai scelto di uccidere, e ti sei trovata ad indulgere nel piacere di recidere una vita.
    In cosa sei meglio di loro?
    La tua ragione brancola, trema nel buio dell' ignoranza.
    Perchè lo hai fatto? Non esiste una risposta, in quanto è insita nella natura umana.
    Ma finchè non la troverai, non potrei andare avanti.
    Devi avere una risposta, lo senti, lo percepisci, è come se un artiglio gelato ti stringesse il cuore dentro una streta terribile e lo dilaniasse, colpo dopo colpo.
    Gli occhi vitrei dei cadaveri ti fissano, in una muta accusa.
    Tuttavia, proprio quando sei sul punto di romperti, ti spezzarti come un fragile vetro.
    Qualcosa di pesante si posa sulle tue spalle.
    Soffice, tiepido, ti riscuote dal tuo stato di choc.
    Si tratta di una giacca, una giacca della VII.
    Giri a malapena la testa, gli occhi annebbiati dalle lacrime.
    Solo per trovarti davanti il volto di una imbarazzata Setsuna.
    Sbuffante, dolorante mentre una macchia sempre più ampia imporpora il suo fianco di rosso cremisi.
    Devono essersi riaperte le sue vecchie ferite.
    Eppure, è proprio lei a tenderti la mano, boffonchiando a mezza voce.
    Devo ringraziarti...per aver salvato Sanya...
    Che carina, è imbarazzata.
    Sebbene pochi minuti fa cercasse di ucciderti, è bastato farle aprire gli occhi sulla realtà.
    Ma in fondo è così che funziona con quelle come lei.
    Le ragazze di quel tipo sono sempre dirette, schiette.
    Per loro, un gesto vale più di mille parole.
    "Tutti combattono, nessuno lascia", e il tuo gesto, incarnava perfettamente quell' ideale.
    E al sottotenente Aokiri, per quanto folle, la tua dimostrazione di ferocia è piaciuta non poco.
    E chi meglio di lei potrebbe capirti?
    A lei è stato inculcato sin dalla più tenera età ad odiare.
    Le è stato insegnato solamente ad uccidere, a vedere scorrere il sangue.
    E ormai, per lei non esiste altro, se non il calore dei suoi commilitoni.
    Avere salvato Sanya, per lei è stato più che abbastanza.
    Il tuo intervento ha formato un legame profondo, forse addirittura duraturo.
    Ma di sicuro, ha sucitato il suo rispetto...cosa tra l'altro non facile da ottenenere
    Devo ammetterlo, quando sei saltata fuori ululando in quel modo...beh, sei stata una vera guerriera.
    Lo confesso, mi hai davvero sorpreso, hai dimostrato di avere seriamente le palle...
    Probabilmente, ti ho giudicato male, Mishima non avrebbe mai sporcato la sua bella uniforme per noi.

    E dietro di lei finalmente li vedi.
    Tutti e cinquanta, in piedi, gli sguardi fissi su di te.
    E per la prima volta, nei loro sguardi non leggi il disprezzo, ma l'apprezzamento.
    Stanno tutti guardando te.
    Sono Fieri, di te.
    Sanya d'altro canto, in mezzo a loro ti guarda con una intensità incredibile.
    Non servono parole per esprimere il debito di gratitudine che ha con te.
    Era preparata al peggio, è un soldato, ma nel profondo, è soprattutto una ragazza.
    E tu, non le hai salvato la vita, ma anche l' onore.
    China la testa, in segno di stima e di rispetto.
    E la imitano tutti i suoi uomini.
    Salvando il loro comandante, è come se avessi salvato anche l'onore di tutti loro.
    Con voce ferma si alza in piedi, e gonfiando il petto esclama.
    Capitano Sadeki, le parole non possono esprimere quanto io e i miei uomini le dobbiamo.
    Da adesso in poi ci consideri ai suoi ordini, saremo la sua spada ed il suo scudo.
    Io stessa, giuro di servirla al meglio delle mie capacità, almeno sino a quando la vita che mi ha salvato non abbandonerà finalmente le mie membra.

    Capitano.
    Una parola pesante, carica di significato.
    Non un semplice grado, no, molto di più.
    Un segno del rispetto e della stima che ti portano.
    Solo pochi, solo dieci quincy sulla faccia del pianeta possono fregiarsi di questo titolo.
    Non perchè siano i più potenti tra i loro pari, no.
    Ma perchè tra di essi, sono quelli più capaci di ispirare i loro uomini.
    Le loro abilità non hanno a che vedere con il combattimento, ma con l'attitudine al comando.
    Perchè non basta un allenamento, per esercitare autorità sui propri sottoposti.
    Ciò che è necessario, è lo spirito, e la forza di carattere.
    Quello del comando è un sentiero che solo pochi possono percorrere sino in fondo.
    Ed è quella, la risposta.
    Ciò che cercavi per sentirti di nuovo completa, per accettare nuovamente la tua stessa esistenza.
    Solo chi esercita il comando infatti, può permettersi di togliere una vita senza esitazione.
    Ma non ne ricava piacere, per chi ricompre il compito di guidare gli uomini, è una necessità.
    Solo un cammino pavimentato di sacrific può condurre infatti alla vittoria.
    Uno a uno il tuo sguardo si posa sui presenti.
    Infine su Mihail, Mihail Ivanovich.
    Il ragazzo ti squadra, da capo a piedi, come fosse indeciso sul da farsi.
    Poi sorride, mestamente, con il sorriso di chi è piagato da peso insostenibile, la morte del padre ancora viva nei suoi occhi.
    Ma nonostante questo, unisce i piedi, e porta la mano alla fronte.
    E lancia per primo, dopo Sanya e i suoi uomini, il saluto ufficiale.
    Ai suoi ordini, Capitano!
    Sir, yes sir!

    E uno dopo l' altro, tutti i presenti salutano, sino a quando l'aria non rimbomba delle loro voci.
    Un boato, sessanta voci, che esclamano come una sola.
    E scandiscono una frase che non lascia spazio a dubbi.

    Sir, yes sir!


    Tutti, nessuno escluso.
    Persino la forma olografica di D.O.C, salutano sull' attenti.
    Persino Setsuna e le altre ragazze della Epyon presenti salutano.
    Sembra un sogno.
    ...
    Eppure nel ritmico battere dei tacchi, nel coro delle voci, senti un sibilo.
    Un sibilo acuto, uno schiocco più basso.
    Familiare, terribilmente familiare.
    Una piccola nuvoletta di fumo si stacca dalla parete avanti a te.
    heartshotg
    E da essa sbuca un raggio di luce.
    Un piccolo foro, dal quale si può ammirare il cielo.
    Tanta è l'emozione di questo momento che un grande calore ti si spande nel petto.
    Un calore che però aumenta, sino a trasformarsi in incendio.
    Tutto pare farsi più lento, mentre le tue gambe cessano di reggerti.
    In un minuscolo battito di ciglia, un nanosecondo il tempo pare fermarsi.
    Le espressioni di giubilo e di allegria si spengono, come il soffio su una fiamma di candela.
    Ed esse, vengono subito sostituite da una espressione di puro orrore.
    Perchè non puoi notarlo, nel sangue che imbratta l'uniforme, ma ormai esso, non è più soltanto delle tue vittime.
    Non puoi vedere il foro di proiettile, che hai all' altezza del cuore.
    Così come non hai potuto vedere il proiettile calibro.65 che ha perforato il muro, colpendoti al cuore.
    Un cecchino, dotato di un fucile ad alto potenziale e con un visore termico.
    Un tiro impossibile, se non per un mago.
    Un colpo da una parte all' altra dell' enorme spirale che scende sin nelle profondità della terra, sfruttando l'ampio piazzale al centro del complesso.
    Oltre mille e duecento metri coperti in meno di un secondo.
    Un qualcosa che nessuno avrebbe potuto evitare.
    Il mondo inizia a girare, mentre cadi a terra.
    Le gambe non ti reggono più, e il mondo attorno a te inizia a svanire.
    Solo poche voci, oramai riescono a raggiungere le tue orecchie.

    Hay....HAY-DONO!!!



    Un cecchino! Fuori, fuori dalla stanza, e state bassi per l'amor di dio!
    Qualcuno prenda il capitano, cazzo!



    Dio mio, sta perdendo troppo sangue! Un medico, un medico presto!


    Poi, a poco a poco tutte le voci scompaiono, lasciandone solo una.
    Una voce che conosci sin troppo bene, e che hai imparato persino ad apprezzare.
    E' la voce di Orihara, che, come fosse del tutto naturale ti dice con voce atona.
    E allora? Che ci fai a terra? Rialzati.
    Non è finita, lo senti.
    Perchè nel tuo petto adesso, arde una nuova energia nella forma di un piccolo sole.


    Kремль, Теремной дворец, духовенство защита оффис _

    Kremlin, Terem palace, Ministry of defence office _







    Il Cremlino, la grande fortezza entro la quale il governo della russia tesseva i propri intrighi.
    Sei volte più grande del Pentagono, tre volte più sorvegliato, in quel momento era sotto livello di allerta rosso.
    Esistevano pochi posti più sicuri di quello sul pianeta.
    Nessuno poteva entrare, nessuno poteva uscire.
    Guardie armate pattugliavano gli ingressi e piantoni avevano trovato posto ad ogni ascensore.
    Centinaia di membri dello staff amministrativo percorrevano a velocità folle i corridoi, indaffarti come formiche.
    Era necessario prendere drastici provvedimenti, evacuare il presidente e il primo ministro, mettere a tacere i giornalisti, mobilitare l' esercito.
    Ma nessuno, nessuno doveva sapere che c'era una bomba nucleare sotto i loro piedi.
    Si doveva evitare il panico.
    Solo un luogo all' interno dell' edificio era perfettamente tranquillo.
    Seduto su una comoda poltrona di pelle nera, posta dietro una enorme scrivania di mogano, Andrej Verevkin, ministro della difesa della grande Russia stava comodamente fumando una sigaretta.
    kalinin01
    Davanti a lui solo un monitor e una piccola radio ad onde corte.
    Nelle orecchie un paio di cuffie con microfono, mentre con aria del tutto tranquilla muoveva una serie di pedine su una piccola mappa.
    Sergente, sergente Keverich, mi ricevi?
    Disse con voce atona, mentre il monitor davanti a lui faceva passare una dopo l'altra le immagini dei monitor di sorveglianza.
    Potevano aver tagliato fuori D.O.C dal sistema, ma lui aveva ancora i suoi metodi per vedere cosa stava accadendo in quel momento a ottocento metri di profondità.
    Era quello il suo compito, osservare, e reagire, nelle ombre, con prudenza, come imponeva il suo ruolo.
    Coloro che seguivano la via del comando lottavano sul campo, pavimentavano la propria strada con i morti mietuti sul loro cammino.
    Ma lui, lui seguiva una strada diversa, ben più dura.
    Lui, doveva pianificare, era il suo ruolo muovere le pedine, affinchè i comandanti trovassero il metodo migliore per avanzare verso la gloria.
    E quello, era ciò che si apprestava a fare.
    Regolò la frequenza, e si mise in contatto con la sua pedina più importante, senza la quale non avrebbe potuto neanche iniziare a giocare la sua partita.
    A oltre otto kilometri di distanza e uno di profondità, il sergente Sasha Keverich si portò la mano all' orecchio, scostando i lunghi capelli biondi dalle orecchie, mentre si sporgeva dalla ringhiera dove era sdraiato per prendere meglio la mira.
    Qui Keverich, sono in posizione, quando vuole lei, anche se tutt'ora non sono sicuro sia la cosa giusta da fare.
    L'anziano graduato, nel suo ufficio, inspirò una boccata di fumo, e spense la sigaretta nel posacenere.
    Fumare era una pessima abitudine, danneggiava le cellule cerebrali e logorava i nervi.
    Per questo era molto morigerato con la quantità di sigarette che assumeva.
    Quella, era la sua ultima per oggi.
    Si lisciò i baffi color argento, e disse, senza alcuna esitazione.
    Con la voce dura, fredda, di chi è abituato a comandare.
    Era un tono che non ammetteva repliche.
    Il tuo compito non è mettere in dubbio le mie parole.
    Esegui e basta, non appena hai una soluzione di tiro dai il via all' operazione "Nuova Alba"
    Mi raccomando, il fallimento non sarà tollerato.

    Nelle profondità del complesso dell VII Divisione, Sasha scosse le spalle.
    Quando mai era stato tollerato il fallimento?
    Ad ogni modo non era più un suo problema.
    Le sue preoccupazioni erano decisamente più pressanti.
    Con un dito attivò la levetta dell' attivazione del mirino termico, ed in un istante il mondo si colorò.
    Poteva benissimo vedere quello che stava accadendo diversi piani più sotto attraverso gli spessi muri di cemento armato.
    Ecco là due guardie, e poi un'altra e un'altra ancora.
    Infine ecco là quello che stava cercando.
    La sala mensa, il punto dove si trovava il suo bersaglio.
    Le crociere del mirino si sovrapposero, mentre il potente fucile di precisione SSG-500snp stabiliva una traiettoria per il proiettile.
    Era un proiettile anticarro quello, in grado di perforare il cemento.
    Assolutamente perfetto per quello che aveva in mente.
    Lo impugnò più saldamente, il calcio ben puntato sulla guancia, e mirò al suo bersaglio.
    Una macchia isolata, che non si muoveva, immobile.
    Poteva percepirne il battito cardiaco, i movimenti erratici, quasi terrorizzati.
    Inspirò a fondo e prese la mira.
    Meno di un istante, e si blocco come fosse fatto di pietra.
    Una leggera pressione, e con uno sbuffo il proiettile partì a velocità supersonica dalla volata con un schiocco secco.
    L'ogiva del proiettile in uranio impoverito sfondò il muro grazie all' enorme calore sprigionato.
    In un nanosecondo una mini esplosione nucleare grande quanto la capocchia di uno spillo fuse una parte del muro, permettendo al proiettile all' interno di proseguire verso la morbida carne.
    La nuova testata liberatasi nell' impatto, argento macedone spiritualmente carico e reishi concentrate affondò con facilità nel petto di Hay Sadeki con una rosa di sangue, prima di rilasciare il suo carico di reishi sature di energia sul punto critico.
    Merda!
    Esclamò rabbioso il cecchino.
    Era un tiro impossibile, 1200 metri dall' obbiettivo, una possibile deviazione al millimetro capace di compromettere il tutto.
    Ma se qualcuno poteva riuscirci,quello era Keverich.
    Con aria preoccupata il ministro chiese, desideroso di sapere.
    Non poteva permettersi errori, specialmente in quel momento.
    In cerca di conferme domandò, l'ansia a malapena percepibile.
    Keverich, voglio un rapporto sulla situazione, adesso.
    Molto più in là, Sasha inspirò a fondo.
    C'era riuscito, era stato un successone.
    Era un colpo impossibile, eppure grazie alle sue capacità e alla tecnologia vi era riuscito.
    Non aveva bisogno di vedere per sapere cosa era successo.
    Il proiettile era entrato nella carne in una esplosione di sangue, prima di dissolversi in reishi.
    Hay Sadeki era stata colpita in pieno.
    La odiava, la odiava quella cosa.
    Non desiderava colpire i propri compagni, figurarsi poi una ragazza così carina come Hay.
    kurz01
    A lui lei piaceva, eppure non aveva scelta, gli ordini che aveva ricevuto erano assoluti.
    Sparare un colpo ben preciso alla segretaria di Mishima.
    Non poteva ignorarli, ma poteva esprimere tutto il suo disgusto.
    Non è niente signore, la missione è stata completata con successo.
    Il bersaglio era esattamente laggiù dove aveva previsto, il punto è stato colpito correttamente.
    Però, non mi abituerò mai a questo schifo.
    Perchè ha scelto me?

    Sapeva di avere fatto la cosa giusta, ma erano i metodi a disgustarlo.
    Sparare ad una ragazza così giovane e abile, e oltretutto pure affascinante.
    Tradire i suoi compagni, agire in proprio ed assassinare un superiore.
    Era un lavoro orribile, ma qualcuno doveva pur farlo.
    Colpire esattamente a tre millimetri dal cuore lo snodo semiatrale del sistema spiritico.
    A 1200 metri attraverso un muro.
    Era impossibile, ma non per lui.
    Lui era più di un cecchino, era il mago del tiro di precisione.
    Ed era per questo che l'avevano scelto.
    Eccellente Sasha, ottimo lavoro.
    Perchè ho scelto te ragazzo? Per salvare Hay Sadeki.
    E per farlo, era necessaria una magia.
    Sei congedato ora, muoviti da adesso in poi come ritieni opportuno.

    Con una bestemmia sussurrata il giovane cecchino si tolse le cuffie e le sfracellò con lo stivale.
    Odiava prendere ordini a quel modo, lui era un lupo solitario.
    Si limitò a ringhiare, sperando un giorno di poter ricevere il perdono del suo capitano per quello che aveva fatto.
    Ricevuto, maggiore Verevkin, passo e chiudo.
    Chiuso il collegamento, il ministro Andrej Verevkin, responsabile della difesa nazionale e maggiore della VII Divisione quincy sorrise.
    Quel colpo di fucile era stata una tappa necessaria, dolorosa ma necessaria.
    L' intervento di Saermak e dei suoi uomini era stato una manna dal cielo, una tragedia imprevista certo, ma anche un indiscutibile vantaggio nello stimolare il nuovo comandante dell'ordine.
    Se Hay Sadeki doveva diventare capitano della VII Divisione, allora doveva averne le capacità: sia mentali, sia fisiche.
    Presto i poteri latenti della neo-capitano si sarebbero risvegliati, sollecitati dal proiettile carico di reishi.
    Era stato necessario un lungo lavoro: farle sperimentare una situazione in bilico tra la vita e la morte, spingerla ad un livello di furia mai provato prima, costringerla ad esaurire il reiatsu e poi colpirla, mentre era distratta e aveva i muscoli rilassati, in un punto di pressione spirituale a tre millimetri dal cuore con una forte emissione di reishi.
    Una scommessa rischiosa, ma aveva funzionato.
    Rimosse dunque una delle pedine dal plastico, la regina bianca.
    Adesso, aveva perso una pedina sulla scacchiera, ma aveva iniziato il processo che avrebbe creato un nuovo giocatore per quella partita.
    Sprofondò nella poltrona, mentre pensava al futuro della divisione.
    Solo quella, contava per lui.
    E se per farla sopravvivere si fosse dovuto affidare ad Hay Sadeki, l'avrebbe accettato di buon grado.
    Laggiù, nelle buie aule del Cremlino lontano dagli occhi del mondo, il Maggiore congiunse le mani mentre rifletteva su quale sarebbe stato il futuro.
    La sua nuova allieva avrebbe avuto molto da imparare.
    E lui, molto ancora da insegnarle.




    с раздел приказ комната_

    7th division control room_







    La sala di controllo, il cuore della VII divisione, pareva essere un limbo completamente a parte.
    L'aria era satura di sangue dopo che l'esplosione aveva sparso i resti degli uomini della sicurezza per i muri della stanza, e altri cinque cadaveri in un angolo restavano a testimonianza della brutale efficenza degli uomini dello "Sklerotos".
    Tuttavia la grande sala, un tempo brulicante di attività era pressochè deserta.
    Solo una mezza dozzina di uomini in armatura completa piantonava le entrate, mentre il loro comandante, seduto sulla poltrona di comando osservava gli eventi che si stavano verificando in quel momento per tutta la base.
    Gorislav Saermak, colonnello della VII divisione quincy e capo del battaglione "Skorpio", trasalì quando una voce incredibilmente calma e affabile si rivolse a lui.
    - Vedo che le cose si stanno mettendo male per i tuoi uomini Gorislav...
    Hai niente da dire a tua discolpa? -

    Si trattava di una figura avvolta in un abito elegante, alta sartoria probabilmente italiana, un anonimo completo da impiegato.
    Eppure, nonostante l'aria apparentemente inoffensiva, quella "cosa" era forse l'essere più letale sulla faccia del pianeta.
    Ma in quel momento si stava limitando a giocherellare con un portatile nero come la notte.
    Un computer, il personal computer di Boris Ivanovich.
    La dentro vi erano le informazioni di una vita, codici bancari, nomi, liste di bersagli, le registrazioni della vita di un signore del crimine di calibro internazionale.
    Ma soprattutto dei progetti, ed era per quelli, che era venuto.
    Era per recuperare quei piani che aveva ingaggiato ciò che rimaneva del battaglione del colonnello.
    gauron01
    E quest'ultimo a quel rimarco ghignò, mostrando l'espressione di un predatore.
    Tuttavia replicò con aria annoiata, cercando di essere quanto più calmo possibile.
    Tra la bomba alle sue spalle e l'essere che aveva davanti, era difficle capire quale fosse più pericoloso.
    Solo una cosa era chiara, entrambi erano da maneggiare con estrema prudenza.
    Perchè dovrei? Non ha senso che tu mi chieda una cosa del genere dopo che ho accettato di seguirti in una missione suicida
    La persona (se così la si poteva chiamare) dall'aspetto elegante, sollevò le spalle con fare condiscendente.
    Era di buonumore quel giorno, e non voleva rovinarsi la giornata per colpa di un cadavere ambulante.
    Lo sapevano entrambi che Gorislav non sarebbe uscito vivo da quella base, ma nonostante questo, il prezzo in denaro offerto era stato troppo allettante.
    Pari al bilancio di un piccolo stato Africano era costato una piccola fortuna, ma pur di impadronirsi dei file presenti in quel computer, avrebbe volentieri sborsato una cifra tre volte maggiore.
    I progetti di "quello", erano di fondamentale importanza per i suoi piani.
    Sapeva anche che Saermak aveva una sua personale agenda e dei progetti in corso, ma non gli importava assolutamente.
    Era irrilevante, almeno fino a quando i progetti del colonnello traditore non avessero interferito con i suoi.
    - Vero, in fondo non hai tutti i torti.
    Ma in ogni modo il mio lavoro qui è finito, il tempo di finire di copiare i dati e me ne andrò.
    Pensi di riuscire a trattenerli a sufficienza?-

    Il computer era criptato dai più avanzati sistemi di sicurezza esistenti, era pressochè a prova di bomba, solo con la password qualcuno sarebbe riuscito a penetrarvi.
    Non c'erano hacker in questa terra capaci di riuscirvi.
    Ma per quella creatura non c'erano assolutamente problemi, la sua chiave, non era di questo mondo.
    Frugando nella tasca vi estrasse un piccolo UMD avvolto in un alloggiamento nero come la notte.
    Lo sbattè sul polso un paio di volte dandogli dei piccoli colpetti per togliere la polvere e lo inserì nell'apposito alloggiamento a lato del PC.
    Rosarita Tracente, l'arrancar che era stata compagna di Ivanovich per più di otto anni aveva la capapcità di trasformare il reiatsu in energia elettrica e viceversa, per lei infiltrarsi nel computer dell'ex-capitano e recuperare la password era stato un gioco da ragazzi.
    E nonostante fosse morta due anni prima nei laboratori in Siberia, aveva comunque fatto in tempo a salvare la password.
    Con un leggero cicalio elettronico il computer portatile si aprì emettendo un bagliore intermittente, mentre le informazioni sul progetto 0, venivano riversate nel dischetto.
    Ci sarebbero voluti circa sette minuti, secondo più, secondo meno.
    L'incognita era solo se Saermak sarebbe sopravvissuto abbastanza da permettergli di andarsene.
    A volte temo tu mi stia sottovalutando grande capo, lo sai?
    Sicuramente la figura avvolta nel gessato nero avrebbe potuto uccidere tutti coloro presenti nella struttura in meno di quattro minuti se avesse voluto, ma lui odiava sporcarsi le mani, e avrebbe consumato troppe energie.
    Vista la gente con cui doveva avere quotidianamente a che fare non poteva permettersi di abbassare la guardia nemmeno per un istante.
    Ma non ne aveva dubbi sul fatto che non ce ne sarebbe stato bisogno, quell'uomo sarebbe morto anche due volte, pur di completare la misssione assegnatagli.
    Gli piacevano i militari: efficienti, spietati e non si ponevano troppe domande.
    Sin troppi dei suoi alleati erano costantemente afflitti da dubbi, rosi dal sospetto.
    Quelli come l'uomo che aveva davanti invece, beh, la pensavano esattamente come lui.
    Non erano fermati da cose inutili come la propria coscienza o dagli scrupoli.
    Agivano solo in base alle proprie convinzioni, senza ripensamenti.
    - Non ho mai pensato niente di diverso Gorislav, o devo chiamarti colonnello Saermak?
    Sai, non sono mai stato bravo con le gerarchie militari, ho sempre preferito i numeri.-

    Il graduato della "skorpio" rise di gusto.
    Una risata acida, al vetriolo, carica di una freddezza e di un veleno terribili.
    Come era possibile che una persona del genere potesse essere così pericolosa?
    Aveva eliminato una pletora infinita di persone nella sua vita, ma mai come il suo committente per quella missione.
    Sin da quando lo aveva incontrato nella sua base, quando aveva tentato di combatterci, era rimasto impressionato.
    gauron02
    Ricordava quello scontro come fosse avvenuto il giorno prima, e ancora ne portava i segni sul corpo.
    Non aveva avuto paura però, ricordava chiaramente di essersi divertito quella volta.
    Per lui era stato subito chiaro che quell'individuo avrebbe potuto garantire il suo desiderio.
    Ha...Gehahaha!
    Sai, in un altro luogo e in un altro tempo forse ti avrei ucciso sul posto se ne avessi avuto la possibilità

    Il visitatore strinse le spalle.
    Era quella la sua vita ormai, circondato da persone del genere.
    Erano poche le persone, in tutti i mondi, a non volerlo morto.
    E principalmente perchè ignoravano la sua esistenza.
    Ma in fondo era stato lui stesso a scegliere di circondarsi di persone del genere.
    In fondo, gli permetteva di tenere i suoi sensi sempre all' erta.
    Di non abbassare mai la guardia.
    Con un sibilo elettronico il piccolo dischetto fuoriuscì dal suo alloggiamento su un fianco del personal computer.
    Lo afferrò con una mano e lo pose in una piccola custodia, prima di cancellare ogni prova dell' esistenza di quei piani dal terminale.
    Non aveva interesse in tutti gli altri file, che li tenessero pure.
    A lui interessava solo quello per cui era venuto.
    Messo via il prezioso contenitore dati si girò verso l'ufficiale e disse con espressione neutra.
    - Lo so, ecco perchè ho scelto proprio te per questo incarico, in fondo la paga era ottima no?
    Anche se non sembri pensarlo ho molta stima nelle tue... chiamiamole qualità.
    Ora, mi affidi una scorta o devo trovare l'uscita da solo?-

    Saermak sogghignò, mentre i rumori di battaglia si facevano più vicini.
    Dei quaranta uomini con cui era entrato non ne rimanevano che una decina, cinque erano a formare una ultima linea di difesa all' ingresso del bunker in cui si trovavano, gli altri erano lì con lui e alla piattaforma di atterraggio.
    Non gli servivano così tanti uomini.
    Si limitò a girare la poltrona verso l' entrata e disse con aria irridente.
    Prendi pure tutti gli uomini che vuoi grande capo, in fondo quelo che paga sei tu.
    Ho solo una ultima raccomandazione da fare prima che tu te ne vada.
    Va' all' inferno.

    Mentre si allontanava, la misteriosa figura per la prima volta dall' inizio di quella missione sorrise.
    Non il suo sorriso affabile, chiaramente artefatto, ma un genuino sorriso di divertimento.
    Quell'uomo era una pedina importante nel suo gioco, e perderlo era una vera sciagura.
    Tuttavia quello che aveva recuperato ne valeva assolutamente il prezzo.
    Si girò un'ultima volta verso il suo complice, e disse, con una espressione che trasudava determinazione.
    - Non ho mai avuto altra intenzione che quella Gorislav, te lo assicuro.-
    Poi si incamminò verso la porta che dava sull' eliporto, dove lo aspettava il suo velivolo.
    Sei uomini del commando "Sklerotos" sollevarono all' unisono le armi e salutarono per l'ultima volta verso il loro colonnello, prima di incamminarsi e seguire il loro nuovo comandante.
    Mentre percorreva il lungo corridoio, accompagnato dal ritmico battere dei pesanti stivali delle sue guardie del corpo, il "Numero Uno" si concesse un attimo di relax.
    Era stata una giornata decisamente produttiva, ma stancante.
    Si fece passare un cappotto da uno dei quincy, e lo indossò.
    La Russia era un bel posto, affascinante, suggestivo, ma decisamente freddo.
    A lui, era sempre piaciuto il caldo.
    Mentre l'enorme Mil-Mi 24 "Hind" faceva girare il potente rotore sollevando spruzzi di neve, si concesse un ultimo sguardo agli edifici della VII Divisione, prima di salire a bordo.

    hind


    Mentre il pesante elicottero d'assalto si allontanava mormorò a mezza voce, inudibile nel frastuono.
    -Dasvidania colonnello Saermak.-
    Sarebbe stato una pedina difficile da rimpiazzare, ma aveva ancora molte altre risorse da impiegare.
    Il suo progetto, non si sarebbe fermato.



    PoV - Turno (V):



    Un tradimento insospettabile, un piano ben congegnato, una colpa indelebile.
    Ci sono molti modi per definire quello che è accaduto, ma uno solo di essi importa.
    Una morte, una rinascita, infinite possibilità si aprono davanti a lei.
    Un tuffo nelle profondità del proprio essere, l'ascensione ad un nuovo piano di esistenza.
    E infine il contrattacco, sino a giungere finalmente davanti al proprio odiato nemico.
    Hay Sadeki intrappolata in una ragnatela di intrighi si ritrova finalmente libera dai legami della sua impotenza.
    Libera di vivere, e finalmente, anche di combattere.

    Il Test di Hay Sadeki prosegue, nel prossimo episodio

    д Bспециалистойна желание
    The Warmaster's wish

    Non perdetelo!






    Glossario:


    NOTA: Per evitare fraintendimenti è statto deciso di sostituire il termine "Divisione" per indicare le sottounità della VII, con il termine ben più comprensibile e chiaro di "Battaglione"

    Es: Divisione "skorpio" => Battaglione "skorpio"







     
    Top
    .
  10.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Group
    Amministratore
    Posts
    2,705
    Reputation
    +8
    Location
    Right behind you ... ~

    Status
    Offline

    » Act IV

    The Wolf's Pride & The Moon


    moonpl



    Una scossa si abbatté sul suo corpo, diramandosi su ogni centimetro della sua pelle.
    Il suo cuore pareva per quei pochi e brevi istanti essersi fermato, il rumore dello sparo rimbombò nella sua testa e le sue orecchie divennero ovattate, non percepì più niente dopo che la pallottola venne espulsa dalla canna della pistola di Ivanovich.
    Qualcosa dentro sembrò sfuggirle di mano, qualcosa scivolò via, ingoiata dentro di sé.
    La sua mente smise di pensare, la sua anima smise di vibrare.
    Qualcosa di più oscuro e più terribile stava sorgendo dentro di lei, qualcosa di cui perfino Orihara ne era impaurito: vani i suoi tentativi di riportare la sua seconda personalità alla lucidità.
    Hay Sadeki adesso non era altro che una macchina da guerra.

    hmad



    Un lupo spietato che non teme la paura e la morte, perché in lui vi dimora solo il bieco istinto del cacciatore, l’istinto di uccidere.
    Non aveva mai provato qualcosa di simile prima di allora, quella sensazione che estingue ogni altro tentativo della ragione e dello spirito di produrre razionalità, emozioni e pensieri.
    Hay Sadeki aveva sparato ad un uomo: la ragazza che mai avrebbe fatto del male a qualcuno con le proprie mani aveva sparato alla schiena di un uomo.
    Non aveva tremato, non aveva esitato.

    Neanche un solo attimo


    Perché era il solo modo di salvare la vita e la dignità di una persona che per lei in quel momento valeva quel gesto.
    Era sola, non aveva coperture, non aveva proiettili sufficienti per uccidere tutti quanti, era in svantaggio numerico e i suoi compagni di sventura non avevano possibilità di aiutarla.
    Era veramente sola.
    Un lupo di fronte ai cacciatori, di fronte ai loro fucili spianati.
    Una pazzia, era semplicemente una follia quella che stava per compiere, un suicidio in piena regola.
    Ma la sua mente non produsse alcun pensiero e l’anima non la degnò neppure di un respiro di paura.
    Il suo corpo si mosse in avanti, seguendo una volontà che andava al di sopra di lei.
    Non vedeva, non sentiva, non percepiva altro che la furia ed il desiderio di vedere il loro sangue sulle sue mani.
    Con gli occhi di una belva, i denti digrignati, le mani salde sulla pistola, e il volto di un demone, Hay Sadeki si gettò in avanti senza curarsi di nient’altro che raggiungere e uccidere i suoi obiettivi.
    Il suo cuore riprese a battere, l’adrenalina scorreva a fiumi nelle sue vene, le sue gambe si muovevano veloci verso il primo nemico.
    Aveva perso completamente la ragione, poco ci voleva per capirlo: e la cosa più impressionante era che Orihara non governava quel corpo, ma solo e soltanto lei.
    Lei aveva scoperto la parte più oscura e più terribile dentro di sé, Orihara in confronto non era altro che polvere, tanto che neanche lui poteva riuscire ad arrestare quella furia.
    Non gli era concesso altro che starsene fermo ad attendere e a cercare con le parole di farla tornare a ragionare, anche se era un’impresa alquanto impossibile.
    Ma se avesse continuato così, le possibilità che si sarebbe lasciata uccidere da qualcuno sarebbero salite vertiginosamente: non poteva fare altro che attendere in quell’ombra che adesso era diventata più cupa del buio stesso.
    E proprio là, nel profondo di quelle tenebre si agitavano emozioni negative che avevano fatto nascere quel mostro che era lei adesso, e Orihara con i suoi occhi vi si rispecchiò, ma mai, mai avrebbe permesso che esse potessero prendere il suo posto, che potessero arrivare fino in fondo all’anima di Hay Sadeki.
    Altrimenti di lei, e di quella sua purezza non vi sarebbe rimasto più niente.
    La stessa purezza che con quell’atto si era macchiata, di un crimine che aveva commesso per salvare un’altra vita.
    Se credi che ti lascerò Hay, ti sbagli di grosso… Sero-nim.
    La voce di Orihara non arrivò alle orecchie di Hay, oramai chiuse a qualsiasi rumore.
    Oh sì, era stato lui ad uscire fuori da quelle tenebre, e mai vi sarebbe ritornato.
    La battaglia si sarebbe consumata da lì a poco.
    Ma quella più importante veniva combattuta all’ombra, nelle viscere di un’anima, contro l’Ombra stessa.
    Se avesse lasciato che Hay venisse inghiottita da quell’oscurità, avrebbe certamente perso tutto quello per cui avevano lottato fino ad adesso.
    Sarebbero diventati entrambi schiavi delle emozioni più negative, e sarebbero arrivati al pari degli Hollow che combattevano.
    Sono stato suo schiavo per molto tempo, e non lo diverrò di nuovo a causa tua.
    Follia, era una follia quella che stava commettendo Hay Sadeki, i suoi occhi si erano tinti di una furia omicida.
    E non si sarebbe fermata, non fino a quando sarebbe stata sazia.
    La pallottola aveva già raggiunto l’uomo del battaglione Skorpio e penetrò proprio alla base del collo aprendosi la strada tra carne senza che potesse accorgersene o arrestare quel colpo.
    Il sangue spruzzò, e fu proprio quel colore, quel rantolo e quello sguardo di pura sorpresa e dolore che fece salire l’eccitazione dentro Hay, come un fuoco che bruciava tutto ciò che era stata quella ragazzina, lasciando il posto soltanto a cenere.
    Hay Sadeki intravide con i suoi occhi rossi, le sue guance rigate da lacrime che non avevano più un senso e da un sorriso beffardo, il cadavere dell’uomo che lentamente si arrendeva alla forza di gravità: lo superò prima di sentire il tonfo e i suoi ultimi gorgoglii.
    Non c’era niente in Hay della solita ragazza piena di insicurezze e di mille pensieri.
    Solo furia omicida.
    Così come Orihara cercava di arrestare quel fuoco nero come la pece che divampava dentro di lei, così lei stessa lo faceva accrescere ogni secondo di più.
    Danzava con lui e da lui veniva trascinata in un abisso sempre più profondo.
    Il corpo della ragazza agì da solo, come un automa, Hay Sadeki non esitò neanche un secondo a mirare ai cinque soldati colti alla sprovvista dalla sua furia cieca e a premere il grilletto.
    Non avevano neanche alzato le armi, tanto erano stati repentini i suoi movimenti, tanto quell’azione era stata impossibile da prevedere.
    Nessuno poteva sapere che cosa era quella ragazzina, nessuno. Neanche lei.
    Rimasero impietriti dall’urlo animalesco che Hay Sadeki aveva emesso prima di gettarsi contro di loro come un lupo affamato.
    Loro, un elite scelta, uomini nati sul campo di battaglia.
    Tutti stavano impietriti a guardare una sola ed unica ragazzina, si sentivano forse impotenti di fronte a lei.
    Sembrava quasi che un’aurea di morte la avvolgesse e si agitasse attorno a lei.
    Un Oni.
    Non era altro che un demone.
    La sua pistola tuona, una volta, un’altra, e un’altra ancora, e così via finché l’aria non è pervasa dal rumore del rimbombo e dai sibili delle pallottole.
    Dodici volte le dita sottili della ragazza aveva premuto sul grilletto, finché i tuoni non cessarono: neppure aveva preso in considerazione che quei soldati fossero armati di tutto punto e avevano pure le armature, niente di tutto ciò era passato nella sua mente.
    Niente poteva entrare o uscire.
    Nel suo cammino si limitò solo a guardare oltre la pistola, gli uomini che cadevano a terra, il sangue spruzzato sul pavimento e sulle pareti.
    Sembrava quasi volerne afferrare il sapore, dato il suo sorriso che di umano aveva oramai ben poco.

    png
    La carneficina aveva avuto inizio.
    Sì, non poteva chiamarsi in altro modo.
    Carneficina.
    Un brivido di piacere percorse la sua schiena vedendo i brandelli dei loro patetici cervelli dispersi e fumanti sul pavimento e sulle mura.
    Senza neanche pensare a cosa stesse facendo gettò la pistola, la pistola di Ivanovich che per lei rappresentava tutto quello per cui adesso stava lottando.
    Aveva perso importanza o semplicemente aveva perso la sua utilità.
    Tutto sembrava scorrere lentamente, procedere come se il tempo si stesse congelando riservando alla ragazza la possibilità di vedere e anticipare le mosse dell’avversario, di erigersi sopra la sua umanità.
    Calpestarla.
    Toccava al prossimo adesso, all’ultimo, ed eccolo là di fronte a lei, sollevare la sua mitragliatrice pronto a porre fine all’esistenza di quella minaccia che aveva già fatto fuori altri quattro dei suoi compagni.
    Terminarla una volta per tutte.
    Hay Sadeki guidata da un istinto più forte del suo non poté fare altro che balzare addosso al suo prossimo bersaglio.
    Senza pensare, senza sentire niente, neanche quel briciolo di Reiatsu che le avvolgeva le gambe, ecco che accadde qualcosa di cui lei non poteva accorgersene.
    Come una fiera, la ragazza balzò più di otto metri per saltare addosso alla sua preda.
    Hay!!! Smettila immediatamente o ti farai ammazzare!! Ascoltami! Non cedere, non cedere all’odio. Tu non sei, tu non sei così!
    Le sue parole erano inutili. Nessuno poteva più controllarla.
    Nessuno poteva più fermarla.
    Era veloce, troppo veloce per poterla uccidere.
    Il soldato tentò con un gesto dettato più dalla disperazione che dalla volontà di sollevare la sua arma e premere il grilletto: i proiettili riuscirono solo a forare il soffitto e ad abbassare la luce nella stanza.
    Lei era maledettamente troppo vicina.
    Impossibile da colpire, impossibile da evitare.
    E fu allora, a pochissimi secondi dall’uomo che Hay serrò le dita della mano destra e caricò il pugno.
    Lei che della lotta non sapeva niente, che non aveva mai picchiato nessuno nella sua vita, lei che la violenza l’aveva sempre ripudiata.
    Oramai Hay Sadeki, quello che era, era morto nello stesso istante in cui quella dannata pallottola aveva ucciso quell’uomo.
    Adesso basta!! Non puoi… andare avanti così! Non puoi perdere ciò che sei! Non puoi volerti cambiare e diventare al pari di quegli esseri immondi che noi combattiamo! Non puoi volere questo! Finiscila!! Ti prego… Hay
    La voce di Orihara tuonò dentro di lei, ma non la raggiunse mai.
    Per tutto quel tempo lui aveva provato a fronteggiare quell’ombra ma non poteva riuscirci da solo.
    Doveva fermare Hay, prima che fosse troppo tardi. Prima che perdesse il senno, o la parte più bella di lei.
    Ma non ce l’avrebbe fatta, lo sapeva.
    Non ce l’avrebbe fatta a farla ragionare, a farla tornare in sé: Hay non era più lei, era solo una macchina che seminava morte, nessuno poteva fermarla.
    Un insaziabile desiderio di sangue le pervase il petto e si preparò all’impatto.
    Cosa avrebbe potuto fare quel pugno contro una corazza anti-proiettile?
    Quella era una pura e semplice follia.
    Il colpo venne portato in avanti, infiammato da una forza che non aveva mai sentito prima, poi l’impatto.
    Come una palla di cannone, il pugno della ragazza si abbatté con una forza inaudita sul volto mascherato dell’uomo: sentì scricchiolare sotto le sue dita le ossa del suo cranio, si specchiò per poco negli occhi sbarrati e inorriditi dell’uomo, mentre le sue nocche penetrarono la sua faccia.
    Il sangue, le ossa rotte, e parti della materia cerebrale spruzzarono fuori dalla profonda ferita che Hay gli aveva inferto, macchiando il volto della ragazza.
    png
    Un volto corrotto da un espressione distorta, pupille dilatate, sorriso bieco e sadico sul volto e un fremito di macabro piacere che si stendeva su tutta la sua persona.
    Sì, sentire il sangue scorrere sulla sua mano, sentire le ossa spezzarsi sotto la propria forza, avere la vita degli altri nelle proprie mani e strapparla via come un erbaccia.
    Non vi era niente di più bello e di piacevole di questo, per Hay Sadeki.
    Il corpo del soldato cade a terra, ma questo non riuscì a fermare quella frenesia, e Hay lo colpì, ancora, ansimando per la fatica e per l’ebbrezza, di nuovo sul volto ancora e ancora e sotto di lei il corpo oramai esanime venne colto da spasmi, sia per quella morte violenta che per i continui colpi inferti alla massa cerebrale.
    Hay basta! Adesso smettila! Devi cercare di tornare in te! Guarda cosa sei diventata!! Piantala adesso o non potrai più tornare indietro!!
    La ragazza si fermò, giusto il tempo per osservare il frutto della sua pazzia, e gioirne.
    Mentre con una mano teneva fermo il collo del cadavere, l’altra ricominciò a colpirlo e a penetrare in quella che era stata la faccia di un uomo fino a ridurre ancora più a gelatina il cervello del soldato: pezzi di questo e gocce di sangue venivano spruzzati via ad ogni colpo e finivano sul volto della ragazza.
    E non trovava pace, se non continuare, se non sfogare tutto quello che aveva in corpo.
    Tutto quello che finiva sulle sue labbra se lo leccava avidamente come un lupo.
    Si sentiva stanca ma quella stanchezza non era niente in confronto a quella sensazione inebriante che l’aveva presa in quel momento, a quella frenesia.
    Questo era il frutto di tutti quegli anni in cui non aveva fatto altro che tenersi dentro di sé tutto ciò che più di peggiore vi è in un essere umano.
    Tutto era esploso in quegli istanti.
    Ed era spaventosa, terribile, impossibile dire se quella era veramente Hay o no.
    E se anche sarebbe tornata alla normalità, qualcosa sarebbe certamente cambiato in lei, forse tutto.

    Ancora. Ancora. Ancora. Ancora!


    Sero-nim. Finiscila. Adesso.
    Io. Sono solo io che posso dire ad Hay quello che deve o non deve fare.
    Non ti permetto di prendere il mio posto.

    Il fuoco nero pareva continuare a bruciare, e a non dargli minimante ascolto.
    Immerso in quelle fiamme doveva resistere fino alla fine, perché non avrebbe permesso che qualcos’altro si insinuasse tra lui e Hay.
    C’era posto solo per due.

    Basta.



    Il pugno della ragazza colpì di nuovo, e sentì stavolta che le sue nocche erano arrivate fino in fondo alla cavità che aveva aperto, quasi a sentire la parte posteriore del cranio.
    Ancora, sì…
    Desiderava più sangue perché lei per questo era nata, per questo viveva: per uccidere, per strappare la loro misera vita, per distruggere e saziarsi delle carni di esseri umani.
    E fu proprio in quel momento che qualcosa la scosse.
    Un ululato forte si propagò per la mente della ragazza, ed essa riacquistò per un momento, un solo momento la lucidità che aveva perduto.
    E il suo pugno si fermò a mezz’aria, tremante, con le dita gonfie e pulsanti.
    Si fermò e dai suoi occhi svanì quell’espressione di gioia perversa, così come dal suo volto.
    Divenne una maschera priva di espressione.
    Sembrava essersi completamente bloccata.
    Dall’interno Orihara si erse trionfante, dopo aver vinto la sua battaglia, e poté gioire dell’Ombra che si stava dissolvendo.
    Hay. Adesso è tutto finito. Non tornerà mai più.
    La sua voce arrivò alle orecchie della ragazza che non riuscì a trattenere nuovamente le lacrime.
    Era come se si fosse risvegliata da un incubo.
    In cui lei stessa era l’incubo.
    La rabbia scomparve, così come l’odio, come la sua voracità, come il suo insano desiderio di sangue.
    Si trovò impietrita a fissare il cadavere sotto di lei, mentre una sensazione di calore lentamente l’avvolse.
    Calore umano, che mai aveva percepito da nessuno.
    Due braccia esili le si strinsero alla vita e la riportarono al presente, percepì fino in fondo al cuore quella sensazione di tenerezza dimenticata da tempo immemore.
    Poi quella voce, una voce che conosceva, il cui tono era sprofondato nella completa tristezza e quasi nella paura.
    L’odore acre del sangue si spense a quel profumo dolce, di fiori, lo stesso che aveva percepito quando si era risvegliata dopo quell’incidente.

    Basta...la prego...si fermi, è finita...

    Poteva sentire benissimo il nodo alla gola che opprimeva le sue parole, e quell’aria da profonda tristezza.
    Era finita.
    Il pugno di Hay Sadeki era ancora in tensione, fermo, gocciolante di liquido rosso, tremante.
    Sanya era là, era vicino a lei, la poté vedere riflessa in uno dei vetri caduti a terra.
    Era tutto finito.
    Hay Sadeki ansimava, e non riusciva a proferire parola.
    Sentì il suo abbraccio, come nessuno mai glielo aveva dato, la sua testa era affondata nella sua schiena, sentiva il suo singhiozzo.
    E il braccio destro scivolò, perse completamente energia e cadde sul suo fianco: come risvegliatasi da un incubo, solo adesso i suoi occhi poterono finalmente vedere la scia di sangue che aveva lasciato.
    - Ah- … – solo adesso poté vedere e comprendere il massacro che aveva compiuto.
    Il sangue colava dal suo volto, ma non era il suo.
    Lo vide, di fronte a sé, quella che era stata un tempo una faccia che lei aveva rotto, scavato e distrutto a forza di pugni.
    - No…- iniziò a tremare, presa da convulsioni, mentre osservava lo scempio che aveva compiuto.
    Aveva ucciso.
    No, non aveva solo ucciso.
    Quello che aveva fatto era molto peggio, degno di un Hollow, degno di un essere che non si può più definire umano.
    Quella non era lei, non lo era mai stata.
    Eppure adesso che si guardava le dita della mano destra potè comprendere che era stata veramente lei a ridurre quel volto ad un ammasso informe di carne, sangue e materia gelatinosa.
    Era stata lei ad infierire su quel cadavere più e più volte tanto che adesso non riusciva a stendere le dita della mano destra.
    Tentò di portarsi le braccia a cingersi lo stomaco, mentre un conato di vomito la assalì facendola ripiegare in due, ma non vi riuscì.
    Non aveva più energie in corpo, neppure per abbracciarsi il ventre.
    Oltre alla nausea, allo sconvolgimento emotivo che quella vista le aveva provocato, un senso di vuoto iniziò ad inondarla.
    Si sentì veramente vuota, priva di tutto.
    Priva anche di umanità.
    Adesso è tutto finito, Hay.
    La sua voce non arrivò certo a consolarla.
    - Ho ucciso…ho ucciso, sono stata io. Sono stata io a farlo… no. Io…io non… io ho ucciso.- la sua voce tremante e flebile iniziò a ripetere le stesse cose, ansimando.
    Tremava come una foglia, era in un evidente stato di shock e certamente nessuno l’avrebbe riscossa.
    Eppure nessuno poteva fargliene una colpa: aveva compiuto un massacro.

    Gli uomini cambiando quando sono posti di fronte a scelte come quelle di uccidere altri esseri umani.
    Ed allora qualcosa sfugge al loro controllo, tutto diventa buio e il mondo prenderà il colore del sangue.
    Il sonno trascina via i pensieri e la mente muore, e solo in quel momento quando tutto è stato inghiottito da un abisso profondo, un demone nasce, inarrestabile, imbattibile.
    Solo la luce della ragione o dell’anima possono salvare l’individuo dall’annichilimento.


    Orihara non aveva fatto altro che combattere quelle tenebre, per ristabilire quella luce che lei gli aveva donato, e che nessun altro aveva il diritto di prendersi.
    Se non ci fosse stato lui, le possibilità che Hay perdesse completamente la lucidità e si riducesse ad una macchina da guerra potevano essere elevate, per fortuna ciò non era accaduto.
    Sebbene adesso Hay si trovasse a fronteggiare il frutto della sua follia, tutto era finito dentro e fuori di lei.
    - Io… non volevo...- si strinse a sé, chiuse gli occhi per opprimere il senso di nausea che sentiva montare dentro di lei.

    E' finita...sto bene ormai...

    Sanya fu la prima a cercare di consolarla.
    La strinse a sé, più forte che poteva, ma questo non bastò a riscaldare quel gelo che Hay Sadeki in quel momento sentiva dentro di sé.
    Era una sensazione che già aveva provato: il gelo ed il vuoto assoluto, il tutto mischiato alla nausea che saliva come la bile alla sua gola.
    Nonostante fosse tutto apparentemente finito Hay non riusciva a risollevarsi, sentiva il suo respiro farsi sempre più corto, quasi stesse per avere un attacco di cuore.
    Tutto era completamente sbagliato: lei non era una delle creature abominevoli che correvano in quel mondo chiamate Hollow, lei non era come loro eppure si era comportata alla stessa maniera.
    Non aveva avuto un briciolo di pietà o risentimento.
    Non aveva provato altro che febbrile gioia nell’uccidere quelle persone: erano nemici, erano dei bastardi ma pur sempre esseri umani.
    Non poteva avvalersi della scusa che stavano facendo del male alle persone che lei aveva giurato di proteggere, e che stavano buttando al vento tutto quello per cui lei era venuta fin lì.
    Lei aveva ucciso.
    Niente sarebbe tornato indietro.
    Niente sarebbe tornato come prima.
    Né ora né mai.
    Alla fine però aveva fatto la cosa più giusta, sentiva di averlo fatto per una buona causa, anche se questo non poteva giustificare il modo in cui gli aveva uccisi.
    Non appena i suoi occhi si aprivano, non poteva far altro che notare il sangue che aveva spanto dappertutto, non solo sui suoi vestiti e sul suo volto.
    Occhi vitrei continuano a fissarli, due di questi completamente strappati dalle orbite e giacenti a terra.
    Fu in quell’attimo di cupo e terribile senso di colpa misto a disperazione che qualcosa di caldo andò a posarsi sulle sue spalle, come le ali possenti di un angelo.

    png


    Hay Sadeki in quel momento si riprese, e i suoi occhi ancora rossi dalle lacrime e dallo sforzo tremendo si voltarono lentamente, prima a vedere la giacchetta di un membro della VII, per poi posarsi su Setsuna.
    Sì, proprio lei, i suoi occhi non le mentivano.
    Era là accanto a lei, notevolmente imbarazzata, con le ferite riaperte a quanto poteva giudicare dalla macchia rossa che aveva al fianco.
    Le tendeva la mano.
    Non riusciva a credere a qualcosa di simile, e quasi le sembrò impossibile che la ragazza che la voleva uccidere pochi minuti prima le stesse tendendo la mano per rialzarla, per aiutarla a tornare in sé.
    Tu non sei mai da sola. Adesso non lo sei più, e non lo sarai mai.
    Odiava che Orihara avesse sempre ragione su tutto, ma quelle parole le toccarono il cuore, e si sentì meglio, e incredibilmente sollevata da quanto era successo.
    Il modo migliore adesso era non dimenticare, perché quello che aveva fatto potesse rimanere vivido nella sua mente perché non commettesse più qualcosa di simile.

    Devo ringraziarti...per aver salvato Sanya...

    Dalla sua voce pareva veramente imbarazzata, e Hay con lei.
    Voleva dire qualcosa, qualcosa come: ‘ Dovere ’ ma niente uscì dalle sue labbra, le parole non riuscivano a prendere forma per quanto volesse sforzarsi.
    Il groppo alla gola era doloroso.

    Devo ammetterlo, quando sei saltata fuori ululando in quel modo...beh, sei stata una vera guerriera.
    Lo confesso, mi hai davvero sorpreso, hai dimostrato di avere seriamente le palle...
    Probabilmente, ti ho giudicato male, Mishima non avrebbe mai sporcato la sua bella uniforme per noi.


    Hay abbozzò un sorriso compiaciuto.
    Quelle parole l’avevano veramente colpita, soprattutto perché erano state pronunciate da una persona molto speciale.
    Setsuna, quella che la voleva uccidere, l’ultimo nome che aveva fatto Boris Ivanovich.
    Adesso che ci pensava aveva usato pure la sua pistola, si voltò alla ricerca dell’arma ma non la vide, ritrasse disgustata lo sguardo dai corpi che aveva seminato in quella stanza.
    L’avrebbe recuperato dopo quando si sarebbe completamente ripresa.
    - Davvero? ... Grazie, Sottotenente. – doveva essere stato un grande spettacolo il suo, ma non ne andava fiera.
    Hay non avrebbe voluto sapere altro per quanto riguardava quello che aveva fatto, il solo pensiero la faceva rabbrividire e faceva salire di nuovo la bile alla gola.
    Si alzò a fatica, le sue gambe le tremavano come se i suoi muscoli fossero stati portato allo stremo, come lo era di fatto.
    Solo adesso sentiva pulsare le dita della mano destra.
    E solo in quel momento quando sollevò la testa, i suoi occhi poterono vedere tutti quanti i suoi compagni, tutti e cinquanta guardare lei.
    Solo e soltanto lei con espressioni non più di odio ma di gratitudine.
    Sentì il cuore iniziare a batterle all’impazzata, si sentiva quasi in imbarazzo sotto gli sguardi di tutti.
    Te lo sei meritato, è stato folle. Molto folle, ma… sono fiero di quello che hai fatto, e loro sono del mio stesso parere.
    Non devi mai dimenticarti ciò che ti sei lasciata alle spalle, perché d’ora in poi non sarai più la Hay Sadeki degli ultimi anni. Questo è il tuo nuovo inizio.

    Hay non riuscì a trattenere le lacrime.
    Aveva compreso tutto quello che Orihara le stava dicendo e non sapeva come fare per ringraziarlo, ringraziarlo abbastanza per ciò che non l’aveva fatta diventare.
    § Grazie...grazie di tutto. §
    Si sentì rispondere un grande e sarcastico ‘ Baka ’, e ne fu felice.
    In mezzo ai soldati Sanya la guardò come mai l’aveva vista prima di adesso.
    Ringraziò chinando la testa in segno di profondo rispetto e con lei tutti quanti i soldati la imitarono, facendo piombare Hay Sadeki in un completo imbarazzo.
    Si ricompose dopo tenendo la testa alta e cercando di trattenere quelle lacrime che stavano arrivando dal profondo.
    § Abbiamo vinto? § il suo pensiero si spostò sulle ultime parole di Boris Ivanovich.
    Quella scommessa che doveva vincere.
    Che stava vincendo.

    Capitano Sadeki, le parole non possono esprimere quanto io e i miei uomini le dobbiamo.
    Da adesso in poi ci consideri ai suoi ordini, saremo la sua spada ed il suo scudo.
    Io stessa, giuro di servirla al meglio delle mie capacità, almeno sino a quando la vita che mi ha salvato non abbandonerà finalmente le mie membra.


    Hay Sadeki rimase a bocca aperta, fece cadere le braccia ai fianchi.
    No, non ci credeva, era impossibile.
    L’aveva chiamata Capitano. No le sue orecchie non aveva capito male quella parola.
    Le lacrime iniziarono a sgorgare senza che potesse fare qualcosa per fermarle.
    Capitano.
    Ancora non riusciva a credere alle parole che aveva usato.
    Quello non era un termine e neppure un grado.
    Per lei valeva più di quanto qualcuno poteva immaginare.
    - Abbiamo vinto.- sussurrò in preda alla commozione. Non io, ma noi.
    Sapeva perfettamente a chi si rivolgeva, a qualcuno che su di lei aveva scommesso ben oltre le sue parole.
    Il nome che portava adesso era qualcosa che la contraddistingueva su tutti, nel mondo che viveva solo dieci persone potevano vantarsi di tale titolo e lei era una di queste.
    Avrebbe portato con onore quel nome, e avrebbe adempito a tutti i compiti e a tutte le responsabilità che quel titolo comportava.
    Il primo tra questi la sorte della Divisione stessa.
    Probabilmente Ivanovich aveva visto molto più in là di lei, molto più in profondità, aveva visto che in quella stupida ragazzina che era disposta a lottare, a farsi carico della responsabilità di Capitano, a farsi carico dell’odio e del rancore che i suoi sottoposti potevano avere nei suoi confronti, che in quel corpicino non allenato alla guerra vi batteva un cuore e vi risedeva un’anima da condottiero.
    Aveva la stoffa per diventare un grande Capitano, e una grande forza portante.
    Non contavano i muscoli, l’arroganza, serviva il cuore, l’anima e la mente per essere un grande comandante.
    E lei ne aveva a sufficienza.
    Si asciugò le lacrime con la mano meno insanguinata e tornò a posare il suo sguardo sui presenti.
    Uno sguardo fiero, privo di esitazione o risentimento.
    Guardò tutti per poi posarsi su Mihail Ivanovich.
    Gli avrebbe voluto dire molte cose, avrebbe voluto spiegargli: la vita era stata ingiusta con lui, era stata lei a rimanere vicino al padre fino alla fine, non lui.
    Gli avrebbe detto molto e tutto ma quello non era il momento.
    C’era un pericolo più grande adesso da sistemare: dopo ne avrebbe avuto tutto il tempo.
    Adesso era sicura che avrebbe portato fino in fondo quella missione, nessuno l’avrebbe più fermata.
    Mihail la squadrò da capo a piedi, mentre un sorriso triste gli solcò il volto, e lei sapeva perché…e non avrebbe mai più voluto vedere sul suo volto simile espressione, era una cosa che gli doveva.
    Gli sorrise dolcemente, e un senso profondo di nostalgia la prese ma durò poco, il tempo giusto per permettergli di portare una mano alla fronte e gridare il saluto ufficiale seguito a ruota da tutti gli altri presenti.

    Ai suoi ordini, Capitano!
    Sir, yes sir!


    Anche Hay Sadeki abbozzò un saluto militare tremolante, e tutta la sala si riempì delle grida di tutti gli uomini.
    Capitano della VII Divisione Quincy.
    Hay Sadeki sentì il cuore batterle all’impazzata nel petto, e il gelo che aveva sentito prima era totalmente svanito.
    Adesso una sensazione calda e avvolgente le prendeva ogni cellula del corpo.
    Si sentiva al settimo cielo.
    Era una sensazione che non aveva mai provato, era quasi un sogno.
    Un sogno che era diventato realtà.
    E quel momento era solo suo, anche Orihara la lasciò sola, perché potesse godersi tutto quanto.
    Tutti, tutti quanti, anche D.O.C. anche le ragazzine della squadra Epyon, tutti quanti la salutarono.
    Indescrivibile la gioia che stava provando, tanto che aveva completamente scordato la carneficina che aveva lasciato alle spalle.
    Eppure in tutti quei rumori, in tutte quelle parole, c’era un suono che stonava con tutto quanto.
    Un sibilo acuto, familiare, molto familiare ruppe l’aria.
    Lo sentì, e non poteva assimilarlo al battito del suo cuore e neppure ai tacchi dei soldati che l’avevano salutata.
    No era qualcos’altro.
    Lo aveva già sentito ma non riuscì a trovare qualcosa di simile nella sua mente.
    Di fronte a lei un piccolo ammasso di polvere si alzò dalla parete, e un piccolo raggio di luce penetrò all’interno della stanza.
    Ma non ci fece molto caso tanta l’emozione che aveva dentro di sé, tanta la gioia che gli esplodeva nel petto.
    Il volto della ragazza si contrasse, sentì un calore anormale infiammarle il petto, e non era eccitazione o gioia.
    Qualcosa stava divampando come un enorme focolare sul suo petto.
    I suoi occhi si posarono sui presenti, e tutto iniziò ad ondeggiare, iniziò a farsi troppo lento per essere assimilabile alla realtà.
    Le sue gambe iniziarono a tremare, e non per la fatica, ma per il peso.
    Il suo peso.
    - Ah…- sentì il suo cuore battere, lento, tanto che poteva benissimo battere tre volte le ciglia prima di sentirlo.
    Il tempo iniziò a fermarsi, il suo volto si distese e un’altra lacrima scese dal suo volto, mentre i suoi occhi si spalancarono in un’espressione di puro terrore.
    Così come quelle delle persone di fronte a lei si trasformarono in puro orrore mentre assistevano alla scena.
    Si portò la mano al petto, là dove sentiva bruciare, e riuscì a sentire una fitta di dolore che attraversò tutta la sua spina dorsale.
    Sentì il sangue imbrattarle nuovamente la mano, ma non era delle sue vittime, era troppo caldo.
    Hay Sadeki cadde in ginocchio e poi all’indietro a peso morto.
    Sentì il respiro mancarle, la vista calarle e tutto iniziò a venire divorato dal buio, solo le sue orecchie percepivano ancora un rumore distante, distorto.
    Iniziò ad avere paura quando il suo corpo sembrò irrigidirsi, i muscoli divenire massi, il calore scivolare via, il dolore farsi sempre più pungente e più freddo.
    Qualcuno chiamava il suo nome, un altra voce gridò qualcosa come ‘cecchino’.
    Per quanto avesse voluto urlare, non ne aveva la forza.
    Sentì la voce di Mihail e un pensiero le attanagliò la mente.
    § Io non posso morire adesso. Non voglio. Non posso….§
    Il suo corpo venne percorso da spasmi incontrollati, sentì qualcuno premere sul suo petto, e questo bruciarle oltre ogni modo.
    Cercò con lo sguardo un volto familiare, ma non trovò altro che forme indistinte.
    Sentì il calore del suo corpo abbandonarla, sentì la sua vita scivolarle di mano.
    Ma non poteva finire così, non proprio quando aveva raggiunto il suo obiettivo, non quando era stata chiamata Capitano.
    Le dita insanguinate della mano destra si chiusero rabbiose.

    png


    - Non… adesso...- parole flebili come un soffio uscirono dalle sue labbra mentre le sue palpebre si chiudevano.
    Altre voci distanti susseguirono, un battito di cuore più grande del normale le attraverso come un’onda tutto il suo corpo.
    E poi il buio e il silenzio.

    { - }




    E allora? Che ci fai a terra? Rialzati.
    Orihara.
    Non sapeva il perché ma quella voce la riconosceva ancora.
    png
    Pareva stranamente potente e normale in quell’istante.
    Tutto era finito, lei era morta, uccisa da chissà chi, pochi secondi dopo la sua nomina a Capitano e lui aveva un tono normale?
    E soprattutto, come poteva fare a sentirlo?
    In quel buio qualcosa iniziò a muoversi, a prendere una forma.
    Hay lo vide.
    Per la seconda volta apparve Orihara nella sua forma umana, tanto simile a suo fratello e a Shinji, tanto che morire con quella vista non sarebbe stato poi così tanto crudele.
    Ho detto rialzati, razza di stupida. Quante volte te lo dovrò ripetere?
    - Siamo morti, Orihara. -
    Commentò con tono terribilmente triste, come a voler fargli capire la situazione.
    E se non era ancora finita, a breve lo sarebbe stato.
    Quello era l’ultimo addio e lui era così ... così rilassato?
    Ah sì? E secondo te perché siamo ancora qui a parlare? E sopratutto perchè non sono agitato e neppure incazzato con te?
    Già bella domanda la sua.
    - Non lo so. -
    Sentì la sua voce rimbombare nell’oscurità.
    Lui si portò vicino, e le porse la mano, mostrano un volto che non aveva niente da rimproverarle, quasi sereno.
    E' perchè non è ancora finita.
    Commentò con tono fermo e serio.
    Questa frase le piaceva, ma non si fidava così tanto di lui nel sentire quelle parole.
    Ma come faceva a dirlo?
    Gli prese la mano e si alzò sentendosi stranamente sollevata.
    Perché c’è qualcosa che si è smosso dentro di te, grazie a quel colpo. Noi possiamo ancora combattere. Non è finita finchè non è finita. E non è finita. Non siamo ancora morti. Spetta a te, però, decidere cosa fare.
    Hay Sadeki si sentiva persa e perplessa.
    Quelle parole la sollevarono un po' ma erano intrise di enigmi che non riusciva a risolvere.
    Ma se non era morta, che cosa era successo?
    -Fare cosa?-
    Scegliere. Puoi continuare a vivere e a portarti sulle spalle il peso di quella Divisione o finirla qui.
    Hay Sadeki scosse la testa per quanto potesse.
    Non voleva assolutamente che finisse così.
    E lui lo sapeva perfettamente, perché neanche lui voleva morire.
    - Certo che voglio vivere! Sono arrivata fin qua con quello scopo, non voglio andarmene adesso! E non in questo modo...-
    Già. E poi hai ancora da fare un bel po’ di cose, e da… incontrare ancora una persona. E poi sì, hai molto da fare ancora e anche io. Soprattutto io.
    Quelle parole le strapparono quasi una sorriso.
    - Qualunque sia il prezzo da pagare raggiungerò il mio scopo... -
    Quelle parole stranamente le suonavano come sue anche se non lo erano, sospirò.
    Noi abbiamo già pagato il nostro prezzo…adesso è arrivato il momento di prendere ciò che è nostro di diritto.
    Fu in quel momento che Orihara voltò lo sguardo e seguendolo l’attenzione di Hay fu rapita da qualcosa che iniziava a brillare di fronte a loro.
    Una luna, immensa, così grande che avrebbe potuto quasi arrivare a toccarla.
    Bellissima, essa possedeva una strana aura, qualcosa di familiare, di tremendamente familiare.
    Quella sensazione, quel potere le era mancato.
    E adesso era là, di fronte a loro, e non sapeva neppure come.
    Guardala. Quella è la nostra luna. Ricordi il giorno in cui sono arrivato? Tu hai perso i poteri, quello è stato il prezzo più alto da pagare per te. E’ arrivato il momento di ritornare ai vecchi tempi. Che ne dici, My Lady?
    Hay non poteva credere a quelle sensazioni, lo sentiva, sentiva quel potere che invadeva quella sfera, lo sentiva.
    Strinse la mano della sua doppia personalità, così vera e così calda.
    - Li rivoglio. Rivoglio i miei poteri, soprattutto adesso che ho da proteggere e guidare la mia famiglia. -
    Orihara la guardò e sorrise, poco aveva usato quella parola e quasi suonava strana.
    Sapevano entrambi che il loro destino adesso era legato a quella Divisione.
    -Mi dirai poi, come mai non siamo morti? -
    Bhè, non posso sapere sempre tutto, no?
    Molte domande sarebbero rimaste forse insolute.
    Insieme guardarono la luna di fronte a loro, pronti a sfiorarla, assieme.
    Loro due soltanto.
    Due giorni.
    -Mh?-
    Due giorni a settimana per me, senza contare che puoi richiedere il mio aiuto quando vuoi. Due giorni a settimana di libertà. Il lunedì e il venerdì. Ci stai?
    Hay Sadeki non riuscì a credere alle sue parole, contrattare la volontà che avrebbe guidato il suo corpo.
    Ma d’altronde se era arrivata fin lì era anche opera sua.
    Orihara meritava qualche giorno di libertà anche se trovava la cosa alquanto riluttante.
    - Due giorni. Non uno di più.-
    Notò le sue zanne spalancarsi in un sorriso sadico e insieme portarono avanti le loro mani finché non riuscirono a sfiorare la loro luna.

    handeg


    Questa rimpicciolì fino ad arrivare ad assumere le dimensioni di un chicco di grandine per poi esplodere e inondare con la sua luce azzurra le tenebre che là nel profondo dimoravano.
    Hay Sadeki si sentì risucchiare, trascinata via: la sua mano lasciò la presa e...


    { - }



    ... passarono pochi istanti prima che potesse sentire l’eco di un tamburo lontano, quello di un cuore che riprendeva a battere, quello di una vita che ritornava a vivere.
    Quello di un essere umano che tornava ad essere un Quincy.
     
    Top
    .
  11.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Trinity Tea Party

    Group
    Amministratore
    Posts
    4,164
    Reputation
    +19
    Location
    Will you save me, Sensei?

    Status
    Offline
    Sottotitoli


    -гордость предлог россия-

    The Pride of Russia



    -поступок (VI): д Bспециалистойна желание.-

    Act (VI): The Warmaster's wish



    с раздел бункер сложный_
    7th Division Bunker complex_






    Un battito ritmato, lento e pesante.
    Un colpo dopo l' altro, pesanti, come il rullo di un tamburo.
    E un calore, un calore intenso.
    Un aumento di temperatura repentino, che pare bruciare sino nelle profondità più recondite della tua anima.
    A poco a poco il bollore ti invade, distendendo le tue vene, sciogliendo i tuoi muscoli, inondandoti di potere allo stato puro.
    E la tua anima brilla come non mai.
    Il tuo corpo, ogni fibra del tuo essere risuona di un potere così intenso da non potere essere controllato.
    Come un fiume in piena che devasta gli argini, travolgendo ogni cosa sul suo cammino.
    Riprendi conoscenza, mentre con lo sguardo appannato il tuo viso cerca invano di riconoscere qualcosa.
    Lacrime velano i tuoi occhi, una reazione del tutto naturale.
    Eppure il liquido scaturito dai dotti lacrimali ottunde i tuoi sensi, trasformando ciò che ti circonda in niente più che in un insieme di sagome sfocate ed indistinte.
    Una di esse, lucente, quasi traslucida, pare muoversi, sfarfallando sotto il tuo campo visivo ottuso e rallentato.
    Ed esclama con voce sintetica, artificiale, inumana quasi.
    Buone notizie signori! Il polso è stabile, il battito cardiaco regolare, il flusso sanguigno sia arterioso sia venoso non presenta particolari alterazioni di sorta e l'encefalogramma è assolutamente nella norma, se si eccettuano alcune fluttuazioni a livello emotivo certo, ma credo sia perfettamente comprensibile vista la sua situazione.
    E poi un nuovo calore, stavolta nela tua mano.
    Tenuta stretta da altre due, fasciate in un paio di mezzi guanti umidi di sangue.
    Del tuo sangue, dello stesso sangue che imbratta il pavimento e la tua uniforme un tempo bianca.
    E' Sanya, che disperatamente stringe la tua mano, la fronte poggiata sulle tue dita, a poco a poco sempre meno esangui.
    La puoi udire chiaramente mentre mormora a mezzavoce, estremamente sollevata.
    Oh dio, Grazie...grazie al cielo...meno male...
    E attorno a lei i volti degli uomini e delle donne che compongono la settima divisione.
    Sulle loro espressioni è dipinto il sollievo, per non avere perso un altro comandante.
    Volti duri, scavati dalla guerra, dalla sofferenza, in un mondo dove ogni giorno può essere l'ultimo.
    Eppure un mondo gentile, dove i propri compagni contano più di ogni altra cosa.
    Dove la vita che salvi oggi, potrà venire a salvarti nel momento del bisogno.
    Tre paia di braccia forti si stringono attorno a te, sollevandoti e poggiandoti sopra uno dei tavoli della mensa.
    Puoi solo assistere immobile mentre la tua uniforme, almeno la parte superiore, viene aperta co noncuranza.
    E' un bene che tu non possa ancora vedere bene, probabilmente la vista della cruenta rovina che è la carne della tua scapola sinistra potrebbe farti svenire di nuovo.
    Su, cosa aspettate? Tiratela su per l'amor del cielo, e passatele una uniforme pulita, non vedete che la sua è ridotta ad un macello?
    Iniettatele 30cc di Scopolamina, 10cc di immuno betabloccanti e bendatele la ferita in maniera che non sanguini troppo...
    La testata del proiettile pare essersi dissolta all'impatto, limitandosi a sfiorare il giunto spiritico del nodo senoatriale di appena tre millimetri...hummmm
    Decisamente una bella botta di fortuna non c'è che dire!

    Ascolti con noncuranza queste parole, mentre mani esperte si occupano di rammendare il foro sanguinante all' altezza del tuo petto, mentre gli antidolorifici iniziano a scorrere nel tuo corpo.
    E' come trovarsi in un'altra dimensione, mentre l' eco degli spari risuona nell' aria, e i secchi ordini scandiscono il ritmo della battaglia.
    Hai oramai scavalcato il confine tra la vita e la morte, per tornare nel mondo dei vivi.
    Il mondo a cui appartieni, ma non è certo finita qui.
    Se le ferite del tuo spirito si sono rimarginate, lo stesso non si può dire per quelle del tuo corpo.
    In fondo, hai ricevuto un bel proiettile in corpo dovresti ritenerti fortunata ad essere ancora viva.
    Le parole di DOC, perchè è lui a parlare, possono suonarti distanti, incomprensibili, ma il senso è chiaro.
    Sei ancora viva, per il destino o per un capriccio del fato.
    Viva, e ancora in grado di muoverti, sebbene molto a fatica.
    Ma chi diavolo ha sparato? Possibile non ci sia ancora nessun rapporto dalle squadre d'assalto? Esigo immediatamente una risposta, che io sia dannata se riuscirà a farla franca!
    La voce del sottotenente Litvnaak si leva rabbiosa, mentre in ginocchio accanto a te continua a dirigere gli uomini.
    La sala mensa trasformata negli scorsi minuti in un vero e proprio centro di comando risuona dei passi frenetici dei quincy, mentre mappe e schemi appaiono mentre vengono incollati alla bene e meglio alle pareti.
    I caricatori scorrono nei loro alloggiamenti quando i fucili vengono caricati, mentre i lamenti dei feriti riempiono l' aria.
    Guerra, è questo quello che riempie l' aria, mentre la cordite, il fycilene e l'odore del sangue si mescolano allo starter e alla polvere da sparo.
    E' Mihail, a rompere la monotonia e il sordo rombo delle deflagrazioni, mentre si ferma accanto a voi e saluta con posa marziale, il corpetto antiproiettile in kevlar lacerato in più punti, il fucile d'assalto posto a tracolla.
    Sottotenente Litvnaak! Una comunicazione urgente dalla squadra Ural, si tratta di Keverich!
    Dice di avere...beccato un probabile cecchino sulla balconata est! La strada è libera!

    Un boato di trionfo si leva tra gli uomini presenti, mentre a modo loro esultano con gioia.
    Un altro torto è stato vendicato.
    Se non altro, chi ha attentato alla tua vita, non ha fatto una bella fine.
    O almeno questo è quello che tutti voi credete.
    Ironico no, che tu debba ringraziare chi in realtà ti ha sparato, ma l' inganno, la finzione, molto spesso bastano a salvare una vita.
    E in un qualche modo un ringraziamento, anche se non lo sai, al sergente Keverich lo devi comunque.
    Per avere fatto di te quella che sei adesso.
    Per avere riattivato i tuoi circuiti spirituali con un tiro che può essere definito solo come opera di un mago.
    La voce lieta e determinata di Sanya riecheggia nelle tue orecchia, mentre a poco a poco riesci a riprendere il controllo del tuo corpo.
    I movimenti si fanno sempre meno ostacolati, sempre più fluidi.
    E bravo Sasha, almeno un peso me lo sono tolto dalla coscienza, quel bastardo è stato fortunato che non gli abbia messo io le mani addosso, almeno ha avuto il vantaggio di una morte rapida...ben più di quanto si meritasse.
    Ringrazialo a nome mio, digli che gli devo un favore...

    La sottotenente non fa in tempo a finire, che il giovane Ivanovich la interrompe bruscamente, portandosi la mano all' orecchio.
    Il piccolo auricolare trilla debolmente, mentre una voce soffocata si può udire chiaramente levarsi dal padiglione auricolare.
    Una voce calma, determinata, intervallata dal seco detonare di un fucile di precisione e dal basso sibilo scopiettante di una mitragliatrice pesante.
    L'espressione del giovane militare si tramuta dunque in sorpresa, prima che il biondo russo esclami con aria meravigliata.
    Un momento...è sempre Sasha, la sua squadra e la squadra Bajkal sono sotto un intenso fuoco di sbarramento, numerosi contatti, almeno dodici! Ripeto, almeno dodici ostili! Equipaggiamento pesante e barricate!
    Come un rapido incendio un mormorio si spande nell' improvvisato centro di comando.
    GLi uomini parlottano tra di loro, mentre la situazione sulla mappa logitattica viene costantemente aggiornata.
    Regna un cauto ottimismo tra i componenti della settima divisione.
    Per la prima volta dall' inizio della giornata di oggi, la vittoria pare a portata di mano, con il tempo che scorre inesorabile.
    Tutti sono concentrati al massimo, ben consci che poco si frappone tra loro e la loro deatomizzazione.
    Nessuno però osa dare voce a quel pensiero, sino a quando il sottotenente Litvnaak non esclama come se fosse preda di una illuminazione, la lunga spada al suo fianco poggiata a terra.
    Madre Russia! Quel bastardo ha trovato Saermak! Grandissimo figlio di buona donna, non so se ucciderlo o sposarlo sul posto!
    Tuttavia Mihail la riporta rapidamente alla sua usuale flemma, indicando il tuo corpo a terra, che adesso ha ripreso finalmente non solo colore, ma anche conoscenza.
    E assieme a lui si forma attorno a te un piccolo capannello di quincy desiderosi di ricevere notizie sulle tue condizioni di salute.
    Sottotenente guardi, Sade...ehm...il capitano si stà svegliando.
    Capitano, suona così strano...
    Eppure in un certo senso anche naturale.
    png
    Vorresti dire qualcosa, ma tutto quello che riesci ad emettere è un gorgoglio inarticolato.
    Seguito poi da un colpo di tosse, mentre i tuoi polmoni iniziano ad espellere il sangue che vi si era depositato.
    E la spalla destra inizia a dolere, come un dannatissimo fuoco che ti si accenda nelle ossa.
    E brucia, brucia maledettamente.
    Anche troppo, abbastanza da lasciarti emettere una leggera esclamazione di dolore.
    E come se tutta la tensione fosse scomparsa, un panno pesante pare calare dentro di te, coprendo tutto con una pesantezza indescrivibile.
    Il respiro si mozza, respirare diviene quasi impossibile, mentre la tua gola annaspa in cerca di aria.
    E' incredibile, indescrivibile, il potere dentro di te ti stà erodendo, consumando un corpo che prima non vi era abituato.
    Privo persino dei poteri più marginali, figuriamoci sotto la spinta di una energia così smisurata.
    Capitano, capitano Sadeki, si sente bene? Riesce ad alzarsi? Doc, ha difficoltà a respirare, può fargli una iniezione di stimolanti?
    La voce giocosa di DOC è un contrappunto alla tua drammatica situazione.
    Neppure ti accorgi dunque della siringa che delicatamente ti penetra sottopelle, iniettandoti una massiccia dose di elementi tensioattivi, atti a favorire la circolazione del sangue e del reiatsu.
    All' atto pratico sei stata drogata, è vero, ma come per magia tutti i sintomi che avvertivi paiono dissolversi come nebbia al mattino.
    E la tua mente pare schiarirsi, mentre riacquisti facoltà di pensiero che prima non credevi neppure di avere.
    E? come risvegliarsi all' improvviso da un lungo dormiveglia.
    Con tutta l'adrenalina che questa ragazza ha in corpo sottotenente, non ho idea di quale utilità possa avere, ma non credo che tornerà più utile di un caffè.
    Ma se lo dice lei, non vedo dove sia il problema, comunque a giudicare dalla pressione spirituale direi che si è decisamente ripresa hohoho!

    E allora anche tu la noti, osservando le espressioni stupefatte dei tuoi commilitoni, dei tuoi uomini.
    Santo cielo, ma è incredibile! Questa quantità di energia spirituale ha superato tutte le letture precedenti, è completamente fuori scala!
    L' aura blu intenso che ti circonda, che schiocca come una belva feroce, divorando affamata l'aria circostante.
    Ti avvolge come un sudario, fasciando le tue membra ed increspandosi come un mantello.
    Schiocca, quasi fosse una creatura viva, un lupo fedele solo al suo padrone.
    Carico di energia, desideroso di muoversi, di cacciare.
    E' persino maggiore di quella di mio padre...
    Decisamente maggiore, ma lei...lei è davvero la stessa ragazzina di prima?
    Dove la nascondeva tutta questa energia...c'è così andata piano con noi?

    Un leggero fraindentimento, che non può fare a meno di farti sorridere.
    C'è andata piano, un vero eufemismo.
    Era già tanto per te, riuscire a sopravvivere.
    Ma non fai in tempo a gioire, o a dare niente più che una breve rassicurazione, che una voce ben nota risuona nell' aria.
    Heh...*cough*...ma guarda un po'.
    Allora la segretaria non era così indifesa come sembrava.
    E brava la nostra...*cough*...volevo dire, congratulazioni, signore!

    Emergendo da un gruppetto di feriti, il sottotenente Aokiri avanza zoppicando, sorretta a braccia da due dei suoi sottoposti, dall' aria visibilmente stanca ma soprattutto preoccupata.
    Il torso strettamente fasciato, la tempia cinta da un pesante bendaggio macchiato di rosso cremisi.
    Evidentemente una delle schegge della porta deve averla ferita al volto.
    Abbastanza gravemente da costringerla a doversi fasciare un occhio.
    Sanya scatta immediatamente in piedi e le si para davanti con aria decisamente determinata, la mano destra poggiata sulla spada, la sinistra reclinata su un fianco.
    Secchan, si può sapere cosa credi di fare nelle tue condizioni?
    Falla finita e sdraiati, hai quattro costole rotte e una brutta ferita alla testa per l'amor di dio!
    Rischi di ammazarti se continui così!

    L'ologramma di DOC rincara la dose, avvicinandosi a lei e piazzandosi direttamente davanti all' uscita, le braccia spalancate ed un sorrisetto divertito sul volto.
    png
    Si china leggermente in avanti oscillando la mano in un gesto ampio ed educato, prima di canticchiare come fosse un allegro motivetto.
    Sottotenenteeee, se continui ad agitarti così finirai per perdere l'occhio sinistro...
    E io non credo di avere protesi dello stesso colore blu dei tuoi occhioni lo sai?

    La giovane quincy non pare però apprezzare.
    Con un gesto nervoso agita la mano, disperdendo le particelle dell' ologramma prima che questo si riformi di nuovo.
    L'espressione di Setsuna è feroce, quasi animalesca.
    I suoi occhi brillano di rabbia a stento repressa.
    Fanculo Vladislav! Lo sai quanto tempo ho aspettato questo momento? Anni della mia vita!
    Anni! Ho giurato di uccidere con le mie mani quel verme di Saermak, di farlo penzolare da una forca.
    Ed è quello che ho esattamente intenzione di fare a quella merda! La pagherà per aver rinchiuso me e le ragazze in quell'istituto, quanto è vero che...*uhhhhk*

    <un improvviso grugnito soffocato, e la ragazza crolla a terra, il sangue che sgorga copioso dalla tempia e dal costato.
    La sua uniforme bianca si intride di sangue, mentre a malapena la distruttrice spirituale riesce a reggersi in piedi.
    Dondola un paio di secondi, cercando disperatamente di mantenere l' equilibrio, prima di cadere in ginocchio a terra, digrignando i denti per l' intenso dolore.
    Secchan!
    Erompe Sanya, gettandosi a sorreggerla, con fare quasi protettivo, quasi fossero sorelle.
    Dello stesso avviso non è però Vladyslav, che con una piroetta indica gli uomini attorno alla sua proiezione olografica ed emette una serie di ordini decisamente poco amichevoli.
    Tanto che nei suoi occhi puoi leggere una nota di fastidio.
    Per un medico non c'è niente di peggio che un paziente che non voglia ascoltare.
    Si risistema gli occhiali cpon un rapido gesto della mano, prima di tuonare.
    Come ufficiale medico di grado più alto, con il permesso del capitano ovviamente, mi vedo costretto a metterti agli arresti Secchan!
    Ragazziiii, bloccatemi il sottotenente Aokiri per favore...e se non era chiaro, non è una richiesta, è un ordine!

    E una mezza dozzina di quincy si precipita a tenere ferma la giovane, che nel frattempo ha ripreso a scalciare, in lacrime.
    Lacrime di rabbia, di frustrazione, di odio verso un corpo, il proprio, che non vuole più obbedire agli ordini, troppo malconcio e bisognoso di riposo.
    Aaaaaaargh! Fanculo! Lasciatemi dannati bastardi!
    Grida la fanciulla dai capelli blu, mentre cerca di divincolarsi disperatamente.
    Del tutto sorda agli appelli dei suoi commilitoni e dei suoi sottoposti.
    Anzi, un paio dei ragazzi finiscono a terra, colpiti al mento da un colpo di stivale decisamente ben piazzato.
    Il clamore continua ancora per un minuto, sino a quando con un gesto fluido, Sanya non pratica una rapida iniezione ala base del collo della fanciulla, che immediatamente, sotto effetto dei calmanti, si paralizza all' istante, prima di cadere in un confuso dormiveglia indotto farmacologicamente.
    Sigh...mi spiace Secchan, capisco i tuoi sentimenti, ma è troppo rischioso.
    L'unica qui che può eliminare Saermak è oltre ogni ragionevole dubbio il capitano, nelle tue condizioni riusciresti solo a farti ammazzare...
    E lo sai, è inutile che cerchi una buona morte, adesso calmati e fai la brava bambina.
    Yuri, Pavel, Solveig,passatemi i tranquillanti, dategliene uno ogni trenta minuti, e se cerca di fare qualcosa di avventato sigillate la porta, sono stata chiara?

    Mormora a mezza voce Setsuna, cercando di rispondere, lo sguardo perso nel vuoto.
    Probabilmente ha perso parte delle proprie facoltà cognitive, ed è un miracolo che ancora riesca a parlare, sebbene la sua voce si sia fatta molto, molto più impastata di prima.
    Ti odio, vi odio tutti...cazzo!
    Una dose da cavalli, probabilmente abbastanza da stendere un bufalo.
    Il fatto che una ragazza all' apparenza così fragile ancora riesca ad esprimere un concetto comprensibile è una prova decisamente tangibile della sua resistenza e della sua determinazione.
    Decisamente non il tipo che vorreste come nemico.
    Sempre più provata, allunga però una mano al guanto corazzato che porta sulla mano sinistra e se lo toglie, lasciandolo scivolare a terra e mugolando con fatica crescente.
    Ghhh, almeno date questo al capitano...
    Che gli strappi il cuore da parte mia...merda....
    Vi...vi odio...davvero...*kuh*

    Riesce a malapena a finire la frase, prima di crollare a terra, addormentata come un angioletto.
    Sebbene sia difficile immaginare un angelo ferito dalle schegge di una esplosione.
    Non è facile immaginarla mentre apre come lattine gli invasori della base, dilaniando senza distinzione carne e metallo.
    Eppure anche lei è parte integrante della realta con la quale d'ora in poi farai i conti.
    Che ti piaccia o no, è parte del destino che ti è stato affidato.
    Sanya nel frattempo raccoglie la Vorgshwert di Setsuna e te la porge con deferenza, chinando la testa in segno di scuse.
    Signore, questo è da parte del sottotenente Aokiri, mi spiace che si sia comportata così, ma la prego di scusarla, è effettivamente emotivamente sconvolta dai recenti accadimenti.
    png
    La prego di perdonarla, è una mia sincera richiesta, prettamente personale.
    Mi occuperò io stessa di redarguirla quando tutto questo sarà finito.

    Detto questo si rivolge poi al dottore, mentr eil guanto, sembra quasi muoversi, attirato dalle tue reishi.
    Lo puoi sentire, mentre riconosce il tuo reiatsu come una essenza affine.
    La "Vorgshwert", l'artiglio del lupo.
    Doc, quanto ci vorrà per la sincronizzazione dei parametri spirituali e Biologici?
    Pare poprio un segno del destino.
    L' arma perfetta per te, per Hay Sadeki, il capitano della settima divisione quincy.
    Il tuo reiatsu avvampa, mentre tutto attorno a te il mondo inizia a muoversi con lentezza.
    Beh, stimando che abbiamo all' incirca trentanove minuti e quaranta secondi prima di venire ridotti in atomi...beh, direi che posso impiegarci circa quattro minuti e diciassette secondi a partire da...ORA!
    IL predatore si è svegliato.
    E come tutti i grandi cacciatori, adesso che un nemico è entrato nella sua tana.
    E' tempo di cacciare, per proteggere il branco.
    Il tuo branco, che rapidamente, dopo averti visto in piedi, si dispone in due file ben organizzate.
    Una serie di piccoli arti meccanici nel frattempo inizia ad assicurare il guanto corazzato alla tua mano, iniziando il breve processo di sincronizzazione.
    Un processo che porterà l'arma ad agire come una estensione della tua volontà.
    Il meglio del meglio che la tecnologia dell' ordine possa concepire.
    Ed è tuo.
    Così come i quincy avanti a te che salutano in maniera marziale.
    Signore, Settima divisione quincy a rapporto e in attesa di ordini!
    Da te, non aspettano che una parola.
    Un ordine, affinchè la caccia possa iniziare.










    Kремль, Теремной дворец, духовенство защита оффис _

    Kremlin, Terem palace, Ministry of defence office_


    Terem palace, il palazzo d' Inverno, fremeva di attività.
    Uomini, donne, sodati e segretarie, uomini d'arme e uomini di stato.
    Tutti si affaccendavano per i corridoi come formiche in frenetica e spasmodica corsa.
    In pochi minuti il palazzo era stato evacuato, il presidente ed il primo ministro erano al sicuro nel bunker antiatomico della residenza presidenziale, tutti gli schedari sigillati e ogni membro del personale al suo posto.
    Nonostante stessero fronteggiando una possibile morte però, non uno dei dipendenti dava segno di spavento.
    Tanto che le numerose comitive turistiche, ignare del pericolo che stavano correndo, continuarono il loro giro in maniera del tutto naturale.
    Solo una persona però, l'unica ad essere a sua volta a conoscenza del tutto, era completamente fuori di sè.
    Andrej, per dio, non puoi essere serio!
    Il generale Grigorji Grimka, l'ufficiale che aveva accompagnato Hay Sadeki e Mishima all' areoporto, sbattè con violenza il pugno guantato di pelliccia nera sul tavolo, con aria irata.
    La pelle tirata, il volto invaso da un diffuso rossore.
    Sudava, mentre le mostrine sulla sua uniforme tintinnavano debolmente sbattendo le une contro le altre.
    Davanti a lui, il ministro della difesa, Maggiore, e secondo in comando della VII divisione quincy Andrej Verevkin, stava invece perfettamente composto.
    La barba argentata perfettamente curata, la divisa ufficiale dell' esercito assolutamente senza pecche.
    Pareva quasi fosse nato per indossare quella divisa.
    Tuttavia nonostante il pericolo imminente, il vecchio soldato era assolutamente inamovibile ed imperturbabile.
    Tant'è che si limitò ad accavallare le gambe e a versare del liquore per sè e per il suo compagno.
    Sono sempre serio Grigorji, e tu dovresti saperlo bene, quanti anni è che collaboriamo insieme noi due? Trenta? Quaranta? Abbastanza perchè tu abbia imparato a conoscermi più che bene suppongo.
    Il Maggiore Verevkin e il generale Grimka in effetti si conoscevano da parecchio, da trentadue anni e nove mesi per essere precisi.
    Avevano fatto il corso di addestramento nella stessa unità, così come il corso all' accademia ufficiali.
    Si erano trovati a combattere fianco a fianco in Afghanistan prima e in Cecenia dopo, e persino dopo che il maggiore era entrato nell' unità di Ivanovich, avevano continuato a vedersi alle riunioni dell' alto comando.
    Era una amicizia la loro che durava da tempo, l'uno rispettava l'altro, il loro era un legame nato non solo sul campo di battaglia, ma nelle baracche del personale.
    Tra una partita a carte e bicchieri di vodka.
    Il generale poggiò il cappello che teneva sotto braccio sulla scrivania del ministro della difesa, e si sedette su una delle poltroncine dello studio, accettando con un cenno del capo uno dei bicchieri.
    Lo prese e lo vuotò in un solo sorso.
    Poi rimase un secondo in silenzio ad osservare il bicchiere vuoto, prima di riprendere a parlare.
    Ti rendi conto di quello che mi hai detto? Sotto Mosca in questo momento, nella TUA base, c'è uno dei terroristi più ricercati al mondo, un mostro a cui abbiamo dato la caccia per anni. Un TUO commilitone, che ha tra le mani una testata nucleare che minaccia di far saltare sotto la MIA città riducendola in briciole!
    Il tono di voce di Grimka era decisamente alterato.
    Le sue mani tremavano mentre parlava, sul suo volto era chiaramente visibile non solo la preoccupazione, ma anche l' ira.
    Il suo trasporto aveva appena varcato le porte della città che subito si era visto convocare al Cremlino in tutta furia.
    Quando aveva sentito la notizia per poco non era stato colto da un infarto.
    Saermak, Gorislav Saermak, il drago a nove teste, il serpente dei Balcani, Lo scorpione, il macellaio.
    Era lì, nella sua città, uno dei più grandi criminali del globo.
    Era lui il responsabile dell' assalto all' ambasciata Americana di Kiev, era lui ad avere assassinato l'Ammiraglio Korsakov abbattendo il suo aereo e i duecento passeggeri che lo accompagnavano, vittime innocenti, tra cui vi era anche suo suocero.
    Poi meno di dodici ore dopo, Andrej lo aveva fatto chiamare, solo per rivelargli che non solo sapeva dove si trovava il bastardo, ma anche che quel maniaco aveva una testata nucleare, e minacciava pure di farla saltare!
    Era una situazione ai limite del catastrofico.
    Eppure il suo sompagno se ne stava così, placido, tranquillo.
    Verevkin sollevò il bicchiere e glielo rimepì di nuovo offrendoglielo.
    Per prima cosa calmati Grigorji, e bevi qualcosa...
    Seconda di poi non è un mio commilitone, non più da tanti anni ormai.
    A essere sinceri non è nemmeno la TUA città, è la NOSTRA città...
    E se vogliamo essere pignoli, non è più nemmeno la mia base, visto che non sono più il più alto in grado.

    Il generale Grimka non riuscì più a trattenersi.
    Sollevò il bicchiere e con un urlo di rabbia lo scagliò lontano, mandandolo in frantumi sul pavimento.
    Si alzò di scatto, le vene sul collo incredibilmente tese.
    LA oltrona cadde a terra con un botto, mentre il suo interlocutore si limitò a scavallare le gambe, appoggiando i gomiti sul piano della scrivania.
    Che cosa? Si può sapere cosa cazzo stai dicendo vecchio idiota?!
    Verevkin scosse le spalle, girando la sua sedia verso la finestra al suo fianco.
    Da essa si vedevano le guglie multicolore del Cremlino, ed oltre di esse la metropoli tentacolare di Mosca.
    Ignara del pericolo che correva.
    Come d'altronde era ignara anche del pericolo continuo rappresentato dagli hollows, ignara persino di coloro che la difendevano dalle ombre.
    Quincy come lui, che ogni giorno morivano per assicurare la sopravvivenza della razza umana.
    Esattamente quello che hai sentito amico mio, non farmelo ripetere, sai che odio ripetermi.
    Ho già deciso a chi affidare il comando della divisione, dopo tanti anni ho infatti realizzato che il nostro tempo è passato.

    Il generale era assolutamente allibito.
    Il vecchio soldato era forse impazzito di colpo?
    Aveva faticato ad accettare l'esistenza di quei cosiddetti quncy od hollows, aveva avuto seri problemi a supporre l'esistenza di un mondo così diverso dal suo.
    Un mondo che non poteva vedere, che non poteva comprendere.
    Così simile dal suo universo, di pallottole, sangue e guerra, eppure allo stesso tempo così diverso.
    Come poteva esserlo una lotta contro gli alieni o contro un orda di mostri spaziali.
    Eppure quella frase era così priva di senso.
    Non dopo tutto quello che avevano fatto per arrivare sin lì.
    Spalancò la bocca, prima di mormorare con una voce così bassa da sorprendere anche lui stesso.
    Andrej, non capisco, sei impazzito forse?
    Il Maggiore Verevkin chiuse gli occhi e reclinò il capo come a voler ricordare qualcosa, o qualcuno.
    Il suo sguardo si perse sul soffitto, prima che mormorasse, poggiandosi le mani in grembo ed inspirando a fondo.
    Guarda in faccia la realtà generale Grimka...
    Tese la mano verso una serie di quadri che adornavano il suo ufficio.
    Mostravano i momenti più grandi della storia dell'ex-unione sovietica.
    Un paese che loro stessi avevano contribuito a creare.
    Le arringhe di Lenin, La presa di Berlino, Il porto di Sebastopoli, I sottomarini di classe Akula che pattugliavano i mari del mondo.
    E poi Le orgogliose sfilate dell' armata rossa, i suoi soldati, i suoi carri armati, quei T-62 che tanto arditamente avevano occupato Praga dando inizio alla omonima Primavera.
    Tutto ciò era solo il relitto di un passato ormai precluso loro.
    La grande guerra fredda l'avevano vinta gli Stati Uniti d'America alla fine.
    La vecchia URSS è morta da tempo, oramai è finita l'epoca in cui il Cremlino risuonava delle sontuose parate militari, del vigoroso battere in sincrono degli stivali dei nostri soldati mentre sfilavano perfettamente inquadrati a passo di marcia...
    Il mondo non trema più alla minaccia dei nostri missili nucleari, persino la nostra flotta, il nostro orgoglio non è che lo spettro di un tempo.
    Le nostre navi da battaglia e i sottomarini con cui dominavamo i mari e contendevamo gli abissi agli Stati Uniti d'America oramai sono lasciati ad arrugginire in disarmo nei porti della Russia come le carcasse spolpate degli antichi dinosauri.
    E noi, noi non siamo altro che le mummie di un antico passato che si rifiutano di abbandonare il comodo trono di opulenza che hanno occupato per anni.

    Grimka scosse il capo come a voler scacciare il pensiero.
    Lui stesso sapeva che era vero, eppure non era certo un mistero.
    Erano stati loro, i militari, a traghettare i rimasugli della URSS verso la sua forma moderna.
    Loro avevano preso il potere e assieme ai dirigenti del partito avevano permesso alla Russia di giungere intatta nel nuovo secolo.
    Indebolita, ma sempre una grande potenza.
    Eppure, quel vecchio ppazzo era disposto a gettare tutto ciò per cosa?
    Cosa lo aveva convinto a tanto? Negli ultimi giorni non era successo niente di particolare se non...
    Si immobilizzò mentre la verità gli passava davanti agli occhi.
    E' stata lei a farti cambiare idea non è vero? E' stata quella ragazza giapponese che era con Mishima! L'ho capito subito che non era una comune ispettrice come volevate farmi credere...
    SI sentiva uno stupido.
    Avrebbe dovuto capirlo che quei giapponesi, quelle scimmie gialle volevano metterlo nel sacco.
    Era sospetta, tutta quella scorta per una semplcie segretaria.
    Odia i quincy, odiava l'alone di mistero che si portavano dietro, odiava tutti i loro segreti e sotterfugi.
    Lui era un soldato, la politica per lui poteva andare al diavolo, almeno sino a quando non si scontrava con la sua carriera personale.
    E quel caso, era decisamente parte di quest'ultima categoria.
    Come se avesse intuito i suoi pensieri il Maggiore sorrise bonariamente, mentre tornava a fronteggiarlo.
    png
    Freddo come sempre, impassibile, il suo sorriso chiaramente di cortesia.
    Ti sbagli Grigorji, lei è solo un mezzo per raggiungere uno scopo, esattamente come noi due.
    Lei è il motore che ci porterà al cambiamento, esattamente come tanti anni fa noi abbiamo mutato la nostra madrepatria in una potenza mondiale.
    E' più simile a noi di quanto tu possa pensare, credimi...
    Si tratta di una scommessa che che dovevo fare.

    Quelle parole non avevano senso, niente aveva senso.
    Rischiare tutto per una ragazzina venuta dal nulla?
    Per una bimbetta che ancora puzzava di latte e non sapeva niente del mondo?
    Probabilmente andava ancora a scuola in Giappone, e quel folle di Verevkin voleva metterla a capo della sua organizzazione di quincy?
    Cosa era che non sapeva lui? Cosa vedevano in lei gli occhi di Andrej che lui non riusciva a capire?
    E tu...tu metteresti in pericolo tutto quello che abbiamo costruito in tutti questi anni per una scommessa?
    Rischieresti tutto ciò per cui hai lavorato sulla base di una intuizione?

    La risposta la gelò sul posto.
    Tanto da farlo arretrare per la sorpresa.
    Erano parole che mai si sarebbe aspettato di sentire dal suo collega.
    Un militare navigato, un conservatore, famoso ta i suoi pari per la sua integrità e per il rispetto delle tradizioni.
    Un membro della vecchia guardia, una delle colonne del suo paese.
    Esatto, è il futuro che ce lo richiede.
    E' il mondo, sono le nuove generazioni che anelano al cambiamento.

    Quello sguardo ispirato, era rivoltante.
    Sembrava di sentire un santone, uno di quei politici buoni a nulla che parlavano alla televisione.
    Eppure poteva capirlo, lo leggeva nello sguardo del suo compagno.
    Il ministro della difesa era adamantino nella difesa delle sue posizioni.
    Andrej, l'Andrej che conosceva, il soldato che si scandalizzava per le uniformi troppo liberali, per le aperture al sistema così liberale occidentale.
    Che ora parlava di aprirsi al futuro.
    No, non poteva permetterlo, quell'uomo stava giocando con le vite di tutti loro!
    Questo è troppo! Tu e i tuoi Quincy avete decisamente passato il segno! Non ascoltero un secondo di più le tue farneticazioni!
    Con un movimento fluido estrasse la pistola che portava al fianco e la puntò al volto del compagno di stanza.
    In meno di un secondo la compatta e pesante MP-443 Grach emerse dalla fondina e si trovo ad ondeggiare a mezz' aria, la sicura disinserita e il colpo in canna.
    A quella distanza nemmeno un esperto come Verevkin avrebbe potuto evitare i suoi colpi.
    Al primo movimento sospetto avrebbe premuto il grilletto e in meno di 2.4 secondi l'intero caricatore di 17 proiettili 9x19mm 7N21 avrebbe lasciato la canna ad una velocità di più di 250km/h per sfracellare il cervello dell' anziano militare e proiettarlo per tutto l' ufficio.
    Grimka non era certo un maestro del tiro, ma aveva fatto il militare per una vita, il che lo rendeva estremamente pericoloso.
    In fondo, era un professionista, e i numerosi anni dietro una scrivania non avevano certo arrugginito le capacità derivate da una vita sui campi di battaglia.
    Abbaiò dunqu eal suo ostaggio, porgendogli un piccolo telefono satellitare.
    Andrej, chiama immediatamente il capitano Verkowitz e i suoi Spesnatz.
    Contatta lui e tutti gli agenti dell' FSB1 disponibili, e ordina loro di far saltare il complesso della tua divisione...
    Non è troppo tardi, l' ammiraglio Karlenkoff a bordo della "Novaja Zemlija" può lanciare i suoi missili sull' obbiettivo in meno di un minuto e quaranta secondi...
    Chiamalo, è un ordine!

    Non era certo uno scherzo.
    Gli Spesnatz del capitano Verkowitz erano conosciuti per essere i milgiori assaltatori della russia, ed avevano un conto in sospeso con Saermak dopo che quest'ultimo aveva massacrato una decina dei loro migliori elementi da solo nel corso dell' ultima disastrosa operazione per catturarlo.
    La "Novaja Zemlija" invece era una delle tre portaerei di classe Admiral Kuznetsov.
    Quel mastodonte del mare avrebbe facilmente potuto devastare in caso di emergenza qualunque bunker con i suoi missili P-700 modello Granit, perfettamente in grado di cancellare dalla faccia della terra sino a quattro kilometri quadrati.
    Sarebbe stato un massacro, ma di scala decisamente minore rispetto ad una bomba nucleare.
    Un prezzo che era dispostissimo a pagare.
    Verevkin semplicemente si limitò a fissarlo meravigliato.
    Quasi non si aspettasse una reazione del genere da parte del suo amico e commilitone.
    Metti via quell' arma Grigorji, ti prego, non sei in te in questo momento, non ti rendi conto di cosa stai facendo.
    Grimka balbettò un istante cercando di trovare le parole.
    Era assurdo, tutto ciò era semplicemente assurdo.
    Quell' uomo era davvero l'Andrej Verevkin che conosceva e rispettava?
    Cosa gli era successo negli ultimi anni in cui non lo aveva visto?
    Cosa poteva averlo mutato così tanto.
    Tenne la pistola tesa avanti a sè, avvicinandosi di un passo.
    Voleva vederlo negli occhi, doveva esserne certo.
    Cosa lo aveva trasformato così tanto?
    No, sei tu ad essere impazzito Verevkin, se ti sentissi lo capiresti...
    Adesso prendi quel telefono e dai l'ordine, o ti sparero, prima di contattare io stesso la "Novaja Zemlija"!

    Nonostante la minaccia dell' arma, il ministro della difesa si alzò in piedi e sospirò, fissando negli occhi il generale.
    Pareva non vedesse affatto la pistola.
    png
    Quegli occhi azzurri, freddi come il ghiaccio erano puntati nei suoi.
    No, conosceva quello sguardo.
    Quello era il solito Andrej, inamovibile, inossidabile, adamantino nelle sue convinzioni.
    Come un coltello, sempre lucido, sempre affilato.
    E la sua voce, trasmetteva solo un grandissimo dispiacere.
    Mi dispiace vecchio amico mio, ma non posso permettere a nessuno di ostacolare il futuro...nemmeno a te.
    Era serio!
    Un brivido corse lungo la schiena dell'anziano generale.
    Un brivido mille volte più grande di quello che aveva provato quando aveva incontrato quella ragazzina, Hay Sadeki, più grande di quello che aveva percepito stringendo la mano al compianto Boris Ivanovich.
    Era come un topolino davanti ad un serpente.
    Riusciva a muovere solo l' indice, davanti al grilletto.
    Stava tremando, sudando come una fontana.
    Lui, un militare addestrato, lui che aveva fronteggiato la morte guardandola negli occhi.
    Ora non riusciva a reagire.
    Aveva provato solo una volta una sensazione del genere, in Sibera, tanti anni fa, quando insieme ad Andrej aveva salvato quella donna cinese, sanguinante in mezzo alla neve.
    Già, quei discorsi erano uguali, esattamente come quelli che raccontava quella donna.
    Lei, sempre lei...da quando era giunta nella loro vita lo aveva cambiato per sempre.
    Da allora il magigore Verevkin non era stato più lo stesso.
    Riuscì a riscuotersi solo grazie alla rabbia, fissò òo sguardo sul suo vecchio amico e sibilò con massimo disprezzo.
    Lo sapevo! Tutte queste chiacchiere sul futuro sono identiche a quelle che raccontava lei! Sia maledetto il giorno in cui hai incontrato quella donna! Quella puttana cinese in Siberia!
    Da allora non sei più stato lo stesso, sia dannata quella Cha...

    Non riuscì a concludere la frase.
    Con la velocità di un fulmine il pugno del Maggiore si abbattè sull' interno del suo gomito, piegandolo.
    Prima ancora che riuscisse a realizzare, il suo avversario portò la mano sopra la sua, ed iniziò a premere l' indice sul grilletto.
    Il Generale Grimka guardò con orrore la sua stessa pistola poggiarsi sulle sue labbra, mentre cecava disperatamente di spingerla via.
    Fu tutto inutile, la presa di Andrej era d'acciaio.
    Un istante dopo, l'indice di Grigorji si arrese alla pressione, e il calcio della 9mm scattò con un suono secco.
    Il generale non ebbe nemmeno il tempo di realizzare mentre tre proiettili 9x19mm 7N21 perforavano il suo cranio arrivando diritti al cervello e inondando la poltroncina alle sue spalle di sangue e materia cerebrale.
    Il quincy sospiro con aria di rimpianto mentre lasciava andare a terra il corpo senza vita di quello che un tempo era stato il suo migliore amico.
    Ma non aveva avuto scelta.
    Mormorò in maniera inespressiva.
    Mi dispiace Grigorji, davvero, non avrei voluto finisse così, se solo avessi cercato di capire...
    Poi la porta dell' ufficio si spalancò d colpo, lasciando entrare una giovane ragazza dai lunghi capelli biondi raccolti in una treccia, la pistola sfoderata e pronta al fuoco, una piccola croce d'argento che tintinnava al suo polso destro.
    La segretaria fece appena in tempo a inginocchiarsi che si trovò davanti il cadavere del generale Grimka, la pistola ancora fumante, il volto distorto in una espressione di meraviglia.
    Maggiore! State bene?
    Oh mio dio! Cosa è successo?

    Il vecchio soldato si sisemò l' uniforme immagolata, prima di rimettersi a sedere e sollevare il telefono satellitare.
    Lo soppesò un attimo e poi lo fracassò con una potente pressione della mano.
    Fece un cenno del capo alla sua sottoposta prima di mormorare.
    Non preoccuparti Masha, io stò bene.
    Piuttosto chiamami in linea criptata Jorgessonn e Miljevich e dì loro di portarmi in ufficio una poltrona nuova oltre a far sparire ogni possibile traccia di quello che è successo...

    Si alzò poi in piedi e si avvicinò alla finestra, a contemplare il paesaggio davanti a lui.
    Se avesse fallito la sua scommessa sarebbe stata l'ultima volta in cui lo avrebbe visto in quelle condizioni.
    E quello era un peccato.
    Lui amava Mosca, amava il suo paese, proprio come amava la sua divisione.
    Loro erano i suoi figli, e in quanto tali li avrebbe protetti, anche se ciò avesse significato affidare tutto nelle mani di una esterna.
    Anche se ciò avesse significato uccidere il suo migliore amico.
    Dopo Ivanovich ovviamente, ma Boris non era più tra i vivi oramai.
    Ironico chequella che tutti ritenevano la sua assassina fosse la stessa destinata a prenderne il posto.
    Ma in fondo, se il vecchio orso aveva fatto quella scelta, forse un motivo c'era.
    Si rivolse nuovamente a Masha, lo sguardo ancora una volta duro e freddo.
    Ah, prepara anche un comunicato urgente per la stampa a nome del ministero della difesa.
    png
    Informali che i sanguinosi fatti di oggi sono dovuti ad un gruppo terroristico ceceno non identificato e che siamo carichi di cordoglio per la morte di tanti cittadini innocenti.
    Poni particolare enfasi sul fatto che il generale Grimka si è assunto la piena responsabilità per aver permesso che una tale cosa succedesse, ed ha espiato il suo fallimento con il suicidio.

    La ragazza annuì con un secco saluto militare.
    Era già sulla porta quando si fermò e chiese aggiustandosi gli occhiali.
    Signorsì signore!
    Desidera per caso far organizzare dei funerali di stato per il generale Grimka?

    Il vecchio militare si girò...
    E sorrise, con l'aria bonaria di un padre di famiglia.
    Erano proprio dei bravi ragazzi, e lui li avrebbe protetti.
    Lui, e se fosse sopravvissuta, questo compito sarebbe ricaduto anche sulle spalle del nuovo capitano.
    Grazie Masha, sarebbe perfetto, sapevo di poter contare su di te...ma che siano sontuosi.
    In fondo questo mondo ha bisogno di eroi...
    Tutti noi, abbiamo bisogno di eroi.

    Detto qusto sollevò lo sguardo al grande orologio che adornava la parete.
    I secondi scorrevano incessanti.
    Mancavano meno di venti minuti all' esplosione.
    mille e duecento secondi, prima di scoprire se la sua scommessa sarebbe andata a buon fine.
    Il Maggiore sospirò ancora una volta.
    Tutti avevano bisogno di eroi...
    Anche se quelli veri, in quel momento, all'insaputa di tutti stavano lottando a costo della vita.
    Il mondo, si disse scrollando le spalle, era davvero un luogo crudele.
    Fuori dalla finestra invece, il vento soffiava incessante...proprio come il lento e modulato ululato di un lupo.








    с раздел приказ комната_

    7th division control room_


    Proiettili, il basso sibilo delle mitragliatrici pesanti riempie il breve corridoio.
    Schegge di pietra, di cemento, frammenti incandescenti di metallo risuonano per l'intera lunghezza della sala.
    Diversi cadaveri a terra da entrambi i lati della stanza, alcuni in uniforme verde, il giubbotto antiproiettile lacerato da munizioni dirompenti a carica cava.
    Poco più in là all' altezza di una porta a tenuta stagna, riparati dietro una decina di scrivanie e tavolini rovesciati, sagome nere, ammantate di pesanti armature scure e maschere antigas.
    Un paio degli assediati sono a terra, in una pozza di sangue, le pesanti armature in flak rinforzato dilaniate dai segni quella che pare essere stata la deflagrazione di una granata.
    All' entrata del corridioio, una dozzina di uomini.
    Quincy, i volti determinati e segnati dalla battaglia.
    E tra di loro voi, il capitano e i suoi ufficiali.
    E' la voce di Sanya la prima a levarsi oltre il fragore delle esplosioni.
    Merda! Siamo inchiodati! Devono avere almeno due mitragliatrici pesanti, e questo è l'unico accesso al bunker di comando, il tempo stringe maledizione...
    Ancora due, tre raffiche, lente, controllate, hanno munizioni da vendere.
    Si sono posizionati bene, a differenza dei loro compagni.
    Usciti dalla mensa avete avuto gioco facile contro i pochi elementi rimasti ancora attivi lungo il perimetro.
    Le loro armature antiproiettile poco hanno potuto contro i vostri equipaggiamenti, concepiti per abbattere persino gli hollows più potenti.
    QUelli che non si sono arresi sono stati falciati con brutale efficienza.
    Il tempo stringe, e non c'è stato tempo per eventuali interrogatori o ascoltare scuse.
    O la resa, o la morte, un discorso molto semplice ed elementare.
    Guardandoti incontro puoi vedere i tuoi uomini, accucciati contro le pareti, i fucili d'assalto stretti in pugno, i corpetti in kevlar saldamente assicurati al corpo.
    Sono loro i tuoi ragazzi, coloro che guiderai d'ora in poi, con il fuoco nel petto e una preghiera sulle labbra.
    Combatteranno, e moriranno per te.
    Arriva comunque la voce di Mihail a destarti dalla tua contemplazione, facendoti notare un particolare puttosto anomalo.
    Guardi capitano! Hanno cessato il fuoco...segnali luminosi, vogliono parlamentare!
    Solo allora realizzi.
    Il costante sordo e penetrante ronzio dei proiettili da 45mm si è improvvisamente interrotto.
    Il perenne suono di sottofondo che ha incorniciato la tua avanzata è momentaneamente scomparso.
    Sostituito solo da una lucetta rossa intermittente, un laser.
    Un codice morse elementare.
    пе-рем-ир-ие
    Quattro sillabe ripetute più volte.
    Tregua.
    Una frase che certo non ti saresti aspettata, non dagli sklerotos.
    Commandos fedeli ad un solo obbiettivo.
    Portare a termine la propria missione.
    Tuttavia Sanya non pare della stessa opinione.
    L'espressione concentrata e tutt'altro che pacifica.
    Solleva la mano e presenta alcuni gesti.
    Troppo complicati perchè tu ancora possa capirli, ma certamente in codice.
    Adesso? Mancano appena venti minuti all' esplosione, si può sapere cosa hanno in mente? Tutti pronti ad assaltare al mio segnale...
    Quando improvvisamente, come un fulmine a ciel sereno, una voce secca e dura rompe l' aria.
    Uno dei membri del commando d'assalto, un Tenente, a giudicare dalle mostrine dorate sul suo spallaccio si alza in piedi.
    I capellineri sono tagliati corti in maniera militare, l'aspetto caucasico invece gli dona un aria simile a quella di una spada sguainata.
    Una cicatrice dall' aria incredibilmente dolorosa attraversa il suo volto sulla verticale dell' occhio destro tagliando in due metà perfette i sopracciglio.
    Solleva in alto la sua mitragliatrice, una automatica calibro 45. ancora fumante, e portando una mano all' orecchio esclama, probabilmente udendo le parole del suo superiore dall' auricolare.
    Sono il tenente Gabriel Tchiltzskin, della VII divisione, Brigata Skorpio e secondo in comando dell' unità.
    A tutti voi, richiedo un cessate il fuoco, il capitano Saermak ha una proposta per voi, abbiamo l'ordine di garantire l' accesso al bunker per incontrarlo di persona!

    Un mormorio confuso si leva ta gli uomini, mancano meno di dodici minuti all' esplosione, e solo ora si mettono a temporeggiare?
    La prima risposta è un colpo di pistola, che sfiora l' orecchio del Graduato.
    Quest'ultimo però sogghigna soddisfatto nel vedere chi ha sparato.
    Sanya è leggermente sporta dall' angolo, i suoi occhi carichi di un odio bruciante.
    Non c'è garanzia migliore, un soldato esperto come la Sottotenente l'avrebbe facilmente colpito in mezzo agli occhi se avesse voluto.
    Un bel coraggio per uno che si ostina a farsi chiamare capitano, non crede Tenente?...
    Gabriel si limita achiudere gli occhi e a scrollare le spalle, come a voler dire, sono gli ordini.
    png
    Sospira, in parte annoiato in parte sollevato.
    La pesante armatura nera come la notte si solleva ritmicamente mentre si alza in piedi, le mani alzate.
    I suoi commilitoni, i volti invisibili dietro le lenti cremisi delle maschere antigas continuano invece a tenere puntate le armi.
    Il tenente d'altro canto, sempre con le mani alzate, si fa avanti e con un calcio apre un passaggio nella barricata, e ne esce mentre i suoi anfibi rinforzati risuonano sull' impiantito.
    Non sono io che decido, sottotenente...
    Il capitano Saermak ha posto una unica condizione all' accesso e alla nostra resa...
    Che la ragazza giapponese, Hay Sadeki, entri da sola.
    Se lo desidera può portare le proprie armi con se, il Drago è stato molto esplicito su questo punto

    Non ti chiamano capitano, per loro ancora non lo sei.
    E' chiaro, ma d'altro canto, se si arrendono lo dovranno fare prima o poi.
    E' il loro codice d'onore, il più forte sopravvive, è questa la logica che li spinge.
    In futuro potranno diventare un ottimo strumento nelle tue mani...
    Sempre che tu sopravviva.
    La stessa preoccupazione è condivisa anche dal resto dei ragazzi della VII, di cui Mihail fa da portavoce.
    State scherzando spero! E' folle! Capitano, non può accettare!
    Gabriel si limita ad aggiungere con aria assolutamente neutra, mentre abbassa le mani e le mette in tasca, prima di raggiungere la barricata ed aprire la porta stagna che stanno difendendo.
    Poi appoggia un istante la mano all' orecchio e prosegue, dopo aver ricevuto nuove istruzioni.
    La scelta è vostra, il capitano aggiunge, sta a voi decidere se accettare o venire deatomizzati, in ogni caso lui vince lo stesso, o almeno così riferisce, e il tempo non è clemente con voi
    Quest'ultima frase è accompagnata da un sorriso soddisfatto, quando vede che inziate a discutere sul da farsi.
    POchi rapidi minuti, opinioni contrastanti, e del tutto inutili, perchè alla fine sei tu a dover prendere una decisione.
    Tu, a dover dare gli ordini, e sempre tu ad accettare il rischio.
    Perchè in fondo, è la migliore possibilità che avete.
    Fai per alzarti ed andare, quando improvvisamente i tuoi quincy si alzano in piedi e salutano.
    Prima che Sanya aggiunga semplicemente.
    La prego signore...lo fermi...e faccia attenzione.
    Non abbiamo alcuna intenzione di celebrare il funerale di un altro capitano.

    Un ultimo amaro sorriso, prima di oltrepassare la barricata.
    Dietro di essa rimane ancora una dozzina di soldati assaltatori, le armature graffiate e ammaccate dal fuoco, ma tutto sommato vivi.
    Munizioni in quantità, e a malapena quattro feriti.
    No, decisamente potrebbero reggere ancora per ore.
    La scelta, è stata quella giusta.
    Il tenente della Skorpio apre la porta, e con aria sin troppo cavalleresca per essere un macellaio ti fa segno di entrare.
    Prego, da questa parte, il Drago la aspetta nella prossima sala...
    Due minuti dopo il suo ingresso consegneremo le armi e ci arrenderemo.
    Se mai tornerà viva, beh, se la fa stare più tranquilla sopporteremo di doverla chiamare Capitano...
    Lo consideri un omaggio nel caso sconfigga Gorislav.

    Gorislav, evidentemente devono essere vecchi amici, probabilmente compagni da più tempo di quanto non sembri.
    E' probabile che tra lui e Saermak ci sia lo stesso rapporto che hai con Sanya, o chissà, forse ancora più stretto.
    Una amicizia, un rispetto, nato sui campi di battaglia.
    E in effetti Tchiltzskin pare il tipo giusto di persona a cui affidare i compiti più ingrati.
    Un coltello, uno strumento più che ottimo per i lavori più sporchi.
    A quanto pare anche Saermak possiede armi estremamente affilate.
    Poi, Gabriel si alontana, lasciandoti sola nel centro di comando.


    E allora lo percepisci.
    Un gelo, penetrante, pericoloso, però soffocante.
    Come una caverna a centinaia di metri di pressione.
    E' come se un serpente strisciasse tutto attorno a te.
    png
    No peggio, è come essere entrata in una favola.
    Sola, dentro una immane caverna, al cui centro, siede lui...
    Il drago.
    Una bestia delle leggende, una creatura in grado di oscurare il sole con la sua mole.
    Tanto ti sovrasta, con il suo reiatsu indicibilmente carico e violento.
    E brividi scuotono tutta te stessa, quando ti parla con la sua voce velenosa.
    Tagliente, come la lama di una spada.
    Yo ragazzina...o dovrei dire capitano Sadeki?
    Su, vieni avanti, non mordo mica?

    E lui, è lì.
    Poco più avanti, sdraiato su un lettino.
    Ti osserva con i suoi occhi più penetranti di un proiettile, quasi potesse leggerti nell' animo.
    E poi ingoiarti, tutta intera.
    Sei così schiacciata dalla sua presenza, così intimidita dal suo sguardo, nonostante i tuoi immensi poteri, che impieghi un attimo a realizzare.
    Il perchè di tutti quei macchinari che lo circondano, il perchè del lettino.
    O meglio, è l'unica cosa che potrei farti al momento....
    Ghigna il drago a nove teste.
    Ghigna, Gorislav Saermak, bloccato sul lettino che negli ultimi tre mesi è stato la sua casa.
    Un leggero movimento del torso, e il lenzuolo che lo ricopre cade a terra.
    Rivelando il suo corpo incredibilmente muscoloso.
    Il fisico di un soldato, una macchina per uccidere.
    Un vero dio della guerra...
    Oramai privo di braccia e gambe.
    Laddove dovevano esserci possenti braccia nerborute e grandi polpacci in grado di superare qualunque essere umano, adesso si trovano solo moncherini.
    Le prostetiche e l'uniforme che ha usato per fare il video giacciono abbandonati in un angolo della stanza.
    Perchè non importa quanto avanzata possa essere la tecnologia dei quincy, ancora non può che creare imitazioni degli arti veri e propri.
    Il reiatsu che permea la stanza mostra perfettamente cosa è accaduto e come ha fatto a muoversi sinora.
    Il Rensotengai, una mossa conosciuta solo ai Maestri quincy, una tecnica capace di muovere il proprio corpo come fosse una marionetta.
    Una tecnica che però ha due seri problemi.
    Non può essere usata a lungo, e prosciuga l'utilizzatore di tutte le sue forze.
    E ride, ride uno dei più grandi maniaci della storia.
    Indicando con il mento il proprio corpo menomato.
    Divertente vero? Il mio ultimo cliente non ha apprezzato molto il mio fine umorismo, men che meno il mio rifiuto di aiutare quel vecchio idiota idealista in Siberia...
    Il suo cliente? Chi lo ha assunto?
    E poi aiutare il vecchio, Ivanovich in Siberia?
    Possibile che anche lui faccia parte di...
    Oh andiamo, cos'è quella faccia sorpresa?
    C'eri anche tu laggiù, sai benissimo per chi lavorava... me lo ha raccontato un uccellino.
    Un cazzo di uccellino nero dalle piume decisamente taglienti, come abbiamo potuto entrambi toccare con mano...Hehehehahaha!

    La sua risata ricorda lo stridere violento di una motosega, mentre la gola arrochita proietta la sua crassa rabbia per tutta la sala.
    Uno shinigami vestito di nero e le piume taglienti, inconfondibile.
    Un solo nome può risuonare alla memoria associanto questi fattori.
    Yamato...Yamato Sanada.
    Il braccio e la ghigliottina del gruppo noto come Organizzazione.
    Possibile che ancora una volta siano loro a cercare di interferire con la tua vita?
    png
    Ma Saermak seppur ridotto a quello che è, non sembra minimamente preoccupato da quello che stà accadendo.
    Anzi, ghigna, come un felino, come un predatore, mentre ti guarda con sufficienza.
    Zuccherino, lo sai cosa si prova a diventare una larva umana?
    No, è chiaro che non lo sai, altrimenti non saresti certo arrivata fin qui, ma ti posso assicurare che non è una esperienza piacevole, non lo è affatto...

    Sghignazza, come se potesse ucciderti in un qualunque momento.
    Come se la sua morte non gli importasse affatto.
    E in effetti perchè dovrebbe?
    Cos'altro puoi fargli? Cos'altro puoi portargli via che non gli sia già stato sottratto?
    Il suo onore? Non ne ha mai avuto.
    Amici? Mai avuto uno che dal suo punto di vista potesse chiamarsi tale.
    Famiglia? Potresti, se non l'avesse uccisa lui stesso molti anni prima.
    La vita? Potresti.
    Ma cosa sarebbe per lui come perdita, se pare volerla gettare via in questo stesso istante?
    Ora però veniamo agli affari signor Capitano...
    Sarai piena di domande immagino, ma odio deluderti, sono una persona parecchio impegnata come puoi vedere dall'orologio sopra la mia testa.
    Ho poco meno di sette minuti di tempo prima del mio prossimo impegno in agenda, quindi sarò breve.

    E in effetti la noti solo ora.
    La bomba.
    Nera, massiccia, come un cancro sulla parete della strumentazione.
    E al centro un enorme timer, le cui cifre lampeggiano debolmente.
    Sette minuti, è quanto rimane da vivere a te e a gran parte della popolazione di Mosca.
    Ma come fare? Su cosa agire?
    Che si tratti di un altro sadico gioco di quel maniaco omicida che era Gorislav Saermak?
    No, non pare, o almeno così sembra dalla sua espressione mentre ti parla.
    La bomba che vedi, il timer più che altro, è collegato ai miei sistemi vitali.
    Il compito per casa è semplice, uccidimi e si spegnerà, ma vedi di non sbagliare e dammi una morte rapida e indolore, perchè altrimenti Mosca diventerà uno dei più sontuosi funerali che il mondo avrà mai visto...
    E non sarebbe un buon biglietto da visita per l'aldilà no?
    Rincontrare tutti i tuoi amichetti la fuori e dire loro "scusate, ho sbagliato, ma non sono riuscita ad ucciderlo"

    Lo dice come se fosse naturale.
    Osservando il suo corpo con una espressione di disgusto, nell' osservare la larva che è diventato.
    Vuole che sia tu ad ucciderlo...
    Ma perchè? Perchè proprio tu e non Setsuna?
    O Sanya?
    O Mihail?
    La risposta arriva accompagnata dal movimento della sua lingua che si lecca le labbra.
    Ma non dovrebbe essere un problema per te no?
    Visto come hai allegramente massacrato Ahmad.
    E poi hai una certa esperienza nell' uccidere i capitani di questa divisione no, zuccherino?

    Rabbia, odio, disprezzo montano dentro di te senza che tu possa farci niente.
    E in effetti è come se ti stesse manipolando, non con i gesti, non con poteri particolari.
    Ma, proprio come i draghi delle leggende, con la sua parlantina sciolta.
    Perchè è questo che rende pericoloso quest'uomo, questo demone.
    Il suo carisma, la sua oratoria, tutto in lui è predisposto a far innervosire ed infuriare l' avversario.
    E ci risce, ci riesce benissimo.
    Sì...perfetto!
    E' quello lo sguardo che ti voglio vedere!
    E' quella l'espressione di un vero dio della morte, non come quei froci vestiti di nero con le loro spadine...

    Brutale, brutale e diretto.
    Il sorriso sul suo volto pare quello di un bambino che finalmente ha trovato il giocattolo che stava cercando da una vita.
    O che lo abbia ricevuto per natale.
    Scrolla le spalle, mentre i moncherini si muovono inconsultamente...
    Questo prima di continuare a parlarti, con superiorità, come un maestro che sgridi il proprio allievo.
    Pare proprio una abitudine dura a morire, che i quincy della VII in punto di morte si mettano a dispensare consigli.
    Siccome mi sento generoso e ho tempo da buttare oramai, ti lascio una lezioncina, lupacchiotta, visto che sarai tu a levarmi da questo mondo di merda...
    Noi quincy non siamo eroi, e prima te ne renderai conto meglio sarà.
    Noi siamo animali, siamo una armata di teschi che si diverte a fare la guerra!
    Non siamo nati per morire bene, non possediamo un cazzo di onore per tenere alta la testa...
    Vuoi sapere a cosa serve quel nostro codice dei Quincy?
    A un cazzo di niente! Al massimo è buono per pulircisi il culo.

    Ridacchia, per niente sorpreso della propria sboccataggine.
    E in fondo perchè dovrebbe curarsene?
    Presuntuoso, e soprattutto spavaldo.
    Sicuro i sè anche dinnanzi alla morte.
    Sono volgare eh? Non me ne frega niente, ho poco da vivere e me lo posso permettere.
    L' onore non ti salva la pelle...
    La fredda terra, mentre vomiti sangue con le budella ridotte a poltiglia da un colpo di pistola.
    La sensazione delle ossa e dei muscoli del braccio schiacciati e divorati dalle zanne di un Hollow
    Il sangue che zampilla come una fontana dopo che una spada ti ha reciso una gamba di netto...
    Dove è il tuo onore in quei momenti?
    Da nessuna parte, eccoti la risposta

    Poi prosegue imperterrito, gongolando mentre i secondi scorrono.
    Basterebbe un colpo di pistola, uno solo, oppure potresti svuotare il caricatore.
    Oppure trapassarlo con la Vorgshwert.
    Ci sono tanti modi, eppure, nessuno di questi riesci a mettere in pratica.
    png
    Le sue parole sono come ipnotiche.
    In un qualche modo, vogliono essere ascoltate.
    Quasi fosse un indovino che prevede il futuro.
    Un futuro, che non ti dovrebbe piacere affatto.
    Ed è per questo che voglio sia tu a farla finita.
    Prima hai perso il controllo, ti ho vista...
    Hai sentito anche tu quella voce, quella che sentiamo tutti quando perdiamo il controllo.
    La bestia, l'animale assetato di sangue che è dentro di noi...
    Lo leggo nel tuo sguardo, l'hai sentita anche tu.
    E un giorno, che ti interessi o meno diverrai come me, come tutti noi.
    Sei un soldato ora, un mostro ragazzina, che tu lo voglia o no.
    Il tuo futuro da adesso, è solo una montagna di cadaveri.
    Cadaveri che impilerai per andare avanti sulla strada del conquistatore.
    Ma sappilo sin da ora, non importa quanti morti metterai sotto i tuoi piedi...in cima, non ci arriverai mai.

    E mentr eil timer pigola, dopo essere entrato nei sessanta secondi finali, il drago a nove teste ride.
    Sguaiato, eccitato, probabilmente esaltato.
    Perchè il momento della sua liberazione è finalmente giunto.
    E allora urla, contro di te, scagliandoti contro il suo reiatsu carico di istinto omicida.
    Con un comando, un ordine.
    Il suo ultimo ordine.
    Oh, ma lo senti il bip bip? Hai trenta secondi zuccherino...
    Facciamola finita con questo teatrino...
    SPARAMI....QUINCY!

    E non appena il suo cuore cessa di battere, anche il tiemer lo segue a ruota.
    Il bip bip si arresta dopo dieci secondi, lasciando meno di venti secondi tra Mosca e il suo inevitabile destino.
    Vicino, ma non abbastanza.
    E quando abbassi lo sguardo, Gorislav Saermak è lì.
    Disteso sul suo lettino, un sorriso di beatitudine dipinto sul viso.
    Il bastardo, dopo tutto quello che ha fatto, dopo tutto il dolore che ha inflitto.
    Se ne è andato così, felice, avendo realizzato il suo obbiettivo.

    png


    E' ingiusto, incredibilmente, terribilmente, fottutamente ingiusto.
    E così, l'ultimo suono a risuonare nel centro di comando, è il tuo grido di rabbia.
    Ma di questo sul tuo volto, quando esci finalmente dalla stanza, non ve ne è più traccia.
    Quello che presenti ai tuoi nuovi uomini, è il tuo nuovo volto.
    E finalmente lo puoi sentire.
    Il tuo primo giorno come capitano...è oramai finito.


    PoV - Turno (VI):



    Il cavaliere sconfigge il drago, salva la principessa e il regno e torna a casa.
    Le favole sono sempre così.
    E questa non fa eccezione, tuttavia...
    Tuttavia come tutte le fiabe anche questa deve avere un lieto fine.
    Perchè nessuno ricorda mai che c'è sempre alcune righe, prima del
    Per sempre felici e contenti

    Il Test di Hay Sadeki Continua e Finisce, nel prossimo episodio


    -Prayer for the fallen-

    Restate con noi e non perdete la conclusione!



    Glossario:


    FSB= Acronimo per Federal’naja služba bezopasnosti Rossijskoj Federacii (Servizi federali per la sicurezza della Federazione russa), trattasi di una organizzazione nata nel 3 aprile 1995 in sostituzione del vecchio KGB.
    I suoi membri in gran parte sono gli stessi dei vecchi servizi segreti, anche se la loro riorganizzazione è stata capillare.
    Sono noti per addestrare alcuni dei reparti più abili delle forze armate russe, tra cui i famigerati commandos dello Spesnatz



    Note:

    A seguito degli eventi in questa ruolata, il PG Hay Sadeki ottiene meritatamente i seguenti riconoscimenti

    - Ottiene con successo l' Energia Blu

    - Ottiene con successo il grado di Capitano della VII Divisione Quincy

    - Ottiene l'accesso a tutte le abilità e tecniche che il suo grado e la sua energia Implicano

    - Ottiene l' equipaggiamento personale Vorgshwert, che potrà sostituire in seguito mediante richiesta con un'altra arma personale di sua scelta se lo desidera.

    Altri premi arriveranno nel prossimo (e ultimo) post.

    Congratulazioni!







     
    Top
    .
  12.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Group
    Amministratore
    Posts
    2,705
    Reputation
    +8
    Location
    Right behind you ... ~

    Status
    Offline

    » Act V

    Hauptmann





    Calma, quiete.
    Era arrivata al capolinea, eppure si sentiva tranquilla, per niente eccitata. Era come se lei già sapesse come sarebbe andata a finire quella storia.
    Era arrivata fin lì. Aveva visto l’orrore e aveva combattuto assieme ai suoi uomini per arrivare fin lì.
    Fino a lui.

    Entrare in quella stanza e trovarsi faccia a faccia con il Drago, con quello che aveva causato tutto quel casino, che aveva fatto così tanti morti…che aveva tradito era una sensazione agghiacciante.
    Nonostante tutto non provò paura, neppure quando lui le rivolse la parola.
    Lei era lì per impedire una catastrofe e anche per una regolamentazione di conti.


    Neppure una lacrima avrebbe versato. Un Capitano della Divisione Russa dei Quincy non dovrebbe mai mostrare la sua debolezza, e lei adesso lo era.
    Non avrebbe più pianto perché quell’inferno che aveva passato e che aveva vissuto l’aveva fatta cambiare, l’aveva resa più forte.
    Non avrebbe versato neanche una lacrima perché quello non era un triste addio.
    Vendetta? No. Non era lì per questo.
    Pietà? Alcuna. Nonostante la vista di quel corpo scempiato.
    Il suo respiro era calmo e nei suoi occhi scuri e leggermente stanchi si poteva leggere l’orgoglio di ogni uomo che aveva lasciato fuori da quella stanza.
    E lui era lì, di fronte a lei.
    La causa di tutto questo? No. Solo un pedone nelle mani di qualcuno che stava sopra di lui.
    La speranza di poter recepire informazioni da quell’individuo si era del tutto spenta: non le importava più.
    Adesso era un Capitano a tutti gli effetti e da tale doveva comportarsi.
    Niente più stronzate, niente più atti egoisti, niente più debolezze, niente più Hay Sadeki…o almeno non più quella che era un tempo.
    Ma non c’era tempo per pensare, solo istanti per agire.
    Senza pensarci sopra ancora, con calma e sangue freddo, senza ricorrere all’aiuto di nessuna doppia personalità, la ragazza estrasse la pistola di Boris Ivanovich che era ancora carica, forse di un proiettile forse di due.
    La puntò alla testa dell’uomo il quale sorriso era come quello di un demone, e lei lo avrebbe rispedito da dove era sortito.
    Nessun rimpianto, nessun rimorso.
    - Riposa in pace. Fino a che non verrò a romperti il culo di nuovo.-

    Quel colpo di pistola, unico e ravvicinato rimbombò per poco nelle pareti della stanza e con una pallottola in fronte il cuore del mostro smise di battere e la bomba cessò il suo count down.
    Rinfoderò la pistola e si pulì una goccia di sangue che si era depositata sulla guancia: pericolo scampato.
    Non aveva avuto altra scelta e adesso si doveva solo mettere il cuore in pace nonostante avesse voluto fargli molte domande, avere mille spiegazioni: ma la vita dei suoi uomini valeva molto di più.
    Non aveva chiuso gli occhi, neppure nell’istante in cui il suo indice si era serrato sul grilletto, neppure quando gli occhi del mostro persero la loro bieca lucentezza.
    Adesso era ancora lì, con un sorriso divertito sul volto, gli occhi spenti: tutto era andato secondo i suoi piani, e lei non aveva potuto fare altro che assecondare anche quella sua ultima scelta.
    - Stronzo. – apostrofò il cadavere.
    Sapeva che quel corpo aveva ancora in sé moltissime informazioni che la riguardavano. Sapeva perfettamente che avrebbe potuto dare una risposta ad alcune delle mille domande che da sempre la accompagnavano.
    Ma adesso era finita, e con la morte del drago era anche morta quell’ultima parte di lei che si ancorava ancora al passato.
    Avrebbe vissuto una nuova vita al fianco dei suoi uomini e avrebbe finalmente deciso di mettere una pietra sopra il resto.
    Questo era quanto, e si sentì sollevata da ciò, si sentì meravigliosamente bene e in pace con sé stessa.
    Trasse un profondo sospiro di sollievo perché fuori da quella stanza la aspettava una nuova vita.
    Ancora nel suo petto vi era quella sensazione rampante che l’aveva riportata in vita, e le aveva restituito i poteri.

    In quell’istante prima di riaprire gli occhi aveva sentito quel calore nel petto che le bruciava così tanto che il suo cuore sembrava dovesse esplodere da un momento all’altro.
    Quanto era stata bella, gratificante, meravigliosa e terribile allo stesso modo: essere inondati dal potere.
    Da un potere che neppure lei credeva di avere celato dentro di sé.
    Ma forse non tanto quel rinnovato potere quanto il calore, l’affetto e l’espressione di ogni singolo uomo e donna presente in quella stanza era stato il dono più grande che avessero potuto farle.
    Ed era proprio quel potere che lei lo avrebbe messo a loro disposizione.
    Per proteggerli e farli tornare ad essere una famiglia, come Ivanovich le aveva chiesto.


    - Vecchio orso …hai vinto davvero. Alla fine…-
    Adesso si sentiva profondamente stanca, ma avrebbe resistito, stavolta non sarebbe svenuta, stavolta no, sebbene ne avesse tutte le ragioni.
    Aveva perso parecchio sangue e anche tutti quegli sbalzi emotivi, dolore e l’essere scampata alla morte non erano certo state cose da niente.

    Quel potere, una volta che ebbe ripreso conoscenza in quella stanza sembrava quasi divorarla dall’interno tanto che il silenzio era calato dentro di lei.
    Soltanto le voci di Mihail e Sanya sentiva, e quella parola “Capitano” così strana. Non ne era abituata e credeva che fosse soltanto un riverbero della voce dovuto al fatto che ancora aveva la testa pesante e i sensi ancora ovattati.


    E invece no, l’avevano proprio chiamata “Capitano” e nonostante il dolore che aveva provato, nonostante la sofferenza che la torturava dall’interno fosse quasi impossibile da tenere a freno…quella semplice parole alleviava ciò che sentiva.
    Ancora non era abituata a quella nuova se stessa, e ci sarebbe forse voluto un bel po’.
    Ringraziava mentalmente Doc per la somministrazione di antidolorifici che, per fortuna, l’avrebbero fatta andare avanti quel che bastava per guardare in faccia i suoi uomini e ritirarsi in un luogo per riposarsi.

    Quell’aura bluastra che l’aveva circondata sembrava viva.
    I suoi schiocchi come quelli di zanne fameliche che si chiudono bramosi di divorare qualsiasi cosa si frapponga sulla loro strada. Il riassunto di tutto quel potere era uscito fuori dalle parole di Sanya: fuori scala.
    Era perfino maggiore di quella di Boris Ivanovich a quanto aveva sentito dire dal figlio. Meglio così. Aveva più possibilità di tornare utile alla sua divisione.


    Prima di uscire dalla porta osservò le sue mani e ancora poteva riconoscere quel barlume che come un velo prima la ricopriva. Quel suo nuovo potere sarebbe stato devastante se usato nel modo corretto: doveva solo imparare e studiare affondo il modo di usarlo nel migliore dei modi.
    E sapeva già su cosa fare pratica: quel guanto molto simile a quello che aveva avuto molto tempo prima ma semplicemente più letale.
    Pareva la zampa di un lupo, munita di lunghi e inquietanti artigli, sarebbe stata perfetta come sua arma tanto da sentirsi a suo agio indossandola.
    Era stato il sottotenente a dargliela: certo non aveva strappato il cuore a quel bastardo ma almeno gliel’aveva fatta pagare per i crimini che aveva commesso e aveva sventato la distruzione totale della Divisione.
    Quante vite erano state perse quel giorno, e quante erano state salvate? Non lo sapeva ma quello che l’avrebbe attesa nei prossimi giorni sarebbe stato un grosso lavoro.
    C’era da rimettere in piedi la Divisione, ripulirla, celebrare i funerali con tutte le dovute onorificenze e da coordinare parecchie cose.

    Eppure le parole che quel demone aveva sputato contro di lei non erano state del tutto vane.
    Avevano sortito il loro effetto anche se ammetteva di non sapere come era riuscita a non perdere le staffe.
    Anche un tipo come lui le aveva riservato delle sorprese: forse aveva ragione, i Quincy non sono degli eroi e lei non credeva di esserlo.
    Non era arrivata fin lì per puro spirito da giustiziera, era lì per mantenere alto l’onore della VII Divisione che era stato perduto.
    Su questo aveva torto.
    L’onore forse non serviva a niente in quel mondo di merda come diceva lui, non serviva a salvarti la pelle nei momenti più orrendi della tua vita ma averlo poteva aiutarti a rimetterti in piedi ed era, e lei credeva fermamente in questo, uno dei vanti che ancora potevano permettersi di avere.


    Forse un giorno avrebbe ripensato alle parole di Saermak con un sorriso beffardo e avrebbe pensato “quel lurido bastardo aveva ragione” ma forse doveva passare ancora troppa acqua sotto i ponti e lei era solo all’inizio di quel lungo cammino.
    Una cosa era certa. Animali o non animali, lei non sarebbe diventata come lui.
    Forse in fondo una parte di lei era così, e certo era che nella sua vita avrebbe ammassato –per mano sua o non- una bella pila di cadaveri se fosse stato necessario perché adesso tutto era cambiato.
    Sul piatto della bilancia non si trovava più lei ma tutti i membri della VII Divisione Quincy.
    Adesso aveva delle responsabilità e non sarebbe stata più una bambina, aveva tra le sue mani la vita dei suoi uomini e li avrebbe protetti e li avrebbe tenuti uniti come Boris Ivanovich aveva in mente.
    Si voltò giusto un attimo per rivedere il cadavere senza vita di quell’uomo.
    - Arrivare in cima? Ho già qualcuno là che mi aspetta… ma non è il momento.- no, forse non lo sarebbe stato mai.
    Prima di quel giorno sarebbe stata un grande Capitano.

    { . . . }



    La cattedrale di San Basilio era quasi vuota a quell’ora.
    Faceva veramente freddo, ma era una questione di abitudine.
    Tento di riscaldarsi le mani coperte dai guanti, alitando aria calda nel mezzo per poi sfregarle tra di loro ma non servì poi a molto.
    Non sapeva se c’erano dei termosifoni in quella cattedrale, e se c’erano probabilmente avevano avuto un guasto.
    La sua guardia del corpo, il grosso omone della VII Divisione la guardava con un sorrisetto divertito mentre lei tentava in tutti i modi per non sentire quel freddo… soprattutto dietro al collo.
    Forse essersi tagliata i capelli così corti non era stata poi una grandiosa idea, ma urgeva un cambiamento estetico e così aveva optato per una versione di lei meno ragazzina e più adulta.
    Anche il suo portamento era cambiato da quando era stata nominata Hauptmann, Capitano della VII Divisione Quincy.
    Erano passate si e no due settimane, in realtà era stata a riposo per qualche giorno e aveva ancora qualche problema temporale.
    Era una cosa che doveva e voleva fare quella a tutti i costi, si era promessa di andare a trovare e a rendere omaggio alla tomba di Borsi J. Ivanovich, l’uomo che aveva affidato a lei un complicato e duro compito.
    Aveva fatto una scommessa e a quanto pare aveva vinto, il suo buon cuore –anche se ultimamente si era indurito con il freddo – aveva vinto e aveva fatto breccia in quello degli altri (o almeno nella maggior parte dei suoi uomini).
    L’aspettavano giorni interminabili, pieni di lavoro da sbrigare – e già ne aveva avuto un assaggio – ma non ne aveva timore.
    Li aspettava con gloria, anzi, perché solo così poteva rimettere in piedi la Divisione.
    - Grazie.- dalle sue labbra screpolate uscì solo quest’unica parola che in realtà voleva dire molto di più. Un sorriso sincero si irradiò dalle sue labbra mentre con un saluto militare si apprestava a rendere omaggio alla memoria di quell’uomo che le aveva dato l’opportunità di cambiare non solo la sua vita ma anche quella di molti altri.
    Forse non poteva esprimere appieno la sua gratitudine ma sapeva che da qualche parte egli forse sarebbe stato fiero della sua scommessa e chissà… magari le avrebbe portato consiglio in qualche modo.
    Sospirò, in realtà il suo tempo era quasi scaduto e doveva tornare a casa.
    - Non so tu, ma io sto avendo una gran fame…- si voltò verso Misha mentre il suo stomaco brontolò qualcosa.
    In un momento sciolse la tensione di quel momento che le stava tirando un po’ la cicatrice sul petto e sdrammatizzò.

     
    Top
    .
11 replies since 26/9/2010, 10:51   1294 views
  Share  
.